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Forum |
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A diversi mesi dalla vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi, si continua a riflettere su un evento che, come accade spesso in questi tempi convulsi ma significativi per il nostro futuro, ha una portata tale da far coincidere il presente che si vive con la storia che si leggerà. Dopo le prime reazioni “rigide” alla prospettiva della gestione, da parte di un gruppo che ha fatto del terrorismo il suo principale strumento di azione, di un’area piccolissima, povera ma fondamentale per gli equilibri geopolitici mondiali, traspaiono oggi un atteggiamento forse più ottimista ed analisi che cercano di individuare con estrema curiosità le dinamiche che accompagneranno l’inevitabile adeguamento di questa organizzazione verso le responsabilità politiche cui si è voluta prestare, responsabilità che potrebbero essere la chiave per far evolvere la violenza a dibattito. Gli scenari da individuare, possibili e probabili, sono dunque molteplici. (foto ansa)
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Saggi e articoli |
| | In questo numero della Rivista si è ritenuto di dover approfondire la conoscenza di quanto sta accadendo in Palestina. Coerenti alla linea editoriale adottata sin dal primo numero offriamo punti di vista diversi e l’analisi della situazione secondo varie prospettive. Oltre al ‘forum’, dunque, diamo ai lettori un ulteriore strumento per disegnare lo scenario in quell’area. Spesso ci si confronta con analisi degli eventi mediorientali dalle quali ricaviamo la sensazione che, evidentemente, quella civiltà è molto diversa dalla nostra e segue dinamiche sue proprie, che gli esperti si sforzano di rendere ancora più ermetiche e complesse. Meno di frequente, invece, si ottiene una visione di quegli stessi eventi ricca di una intelligente semplicità. In questo articolo, infatti, l’esame della situazione ‘politica’ palestinese e degli equilibri tra le varie fazioni viene proposto svelando aspetti del tutto simili a quelli cui siamo abituati osservando quanto accade nelle vicende occidentali. E’ un processo reso possibile dall’abilità dell’autrice che arricchisce il percorso logico offerto al lettore di tutte quelle informazioni necessarie a disegnare il quadro complessivo della situazione e lasciando così liberi di riconoscere quegli aspetti, quelle strategie che è possibile interpretare e ’leggere’ senza l’ausilio di alcuna peculiare expertise. (foto ansa)
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| | Su gentile concessione dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, la redazione offre ai lettori l’intervento del Direttore del SISDe, Prefetto Mario Mori, sul tema ‘Intelligence e sicurezza nazionale’, pubblicato sul LIBRO TRECCANI DELL’ANNO 2005. Nelle seguenti pagine, quindi, si affrontano tematiche ‘procedurali’ attraverso cui razionalizzare significato, ambito e sistemi concettuali che sono le fondamenta stessa dell’attività di intelligence, con ciò contribuendo all’elaborazione di una dottrina che vanta antichi precursori. Inoltre, si propone uno spaccato sulle altre realtà internazionali dell’intelligence, soprattutto riguardo ai diversi sistemi di difesa della sicurezza nazionale ed alla cultura socio-politica e giuridica sottesa. Si analizza anche l’evoluzione delle minacce ed il crescente rischio che si integrino, come il terrorismo e la criminalità, in aree profondamente destabilizzate dello scenario geopolitico globale. In conclusione, il complesso delle valutazioni consente di apprezzare quanto importante sia per uno Stato dotarsi di una efficace organizzazione di sicurezza che da una parte sia sostenuta dalla fiducia collettiva e dall’altra, trasfondendo l’esperienza maturata ai modelli operativi e organizzativi, sia in grado di anticipare ed intercettare le nuove manifestazioni della minaccia. In tal modo, ben lungi dall’agiografia o, al contrario, dal pregiudizio, si può offrire un contributo validissimo al decisore politico per la difesa delle istituzioni democratiche.
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| | Il processo di analisi segue un tracciato che inevitabimente impone un abbrivo teorico per giungere a conclusioni indispensabili per un corretto approccio operativo. L’approfondimento storico, ideologico e culturale crea le basi per individuare soluzioni e strategie. Questo articolo è una dimostrazione, appunto, di questo percorso. La validità del contributo, però, non si limita a questo aspetto, anzi esso è interessante soprattutto per la capacità di offrire uno scenario chiaro delle paradossali problematiche di natura sociologica e politica che il terrorismo fondamentalista è stato in grado di determinare. L’articolo spiega, con grande semplicità, le difficoltà che i governi occidentali incontrano in un conflitto che pone rischi enormi ma che non può essere definito “guerra”, se non in una accezione retorica, e che comunque non è percepito come tale dalle società che amministrano. Ma c’è di più. L’elaborato suggerisce di interpretare in modo adeguato le strategie fondamentaliste e di riconoscere in esse obiettivi di natura politica che impongono soluzioni che anzitutto abbiano la stessa matrice. Combattere il terrorismo solo sul campo della repressione non è sufficiente, non è auspicabile. E’ indispensabile creare “opinione”, offrire valori a cui aderire ed integrare certune istanze di natura socio-culturale. Questi obiettivi non competono al linguaggio delle armi e delle investigazioni ma a quello della politica e della programmazione. (foto www.//news.bbc.co.uk/)
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| | Dio non perdona chi uccide in suo nome: è una semplice frase che potrebbe essere interpretata quasi come una tautologia dei principi che soggiacciono ad una qualsiasi fede religiosa, come un naturale sottinteso, quando si crede che esista un Essere superiore alle cose terrene, non scosso dai semplici sentimenti umani. Comunque la si voglia interpretare, la circostanza che nessun Dio potrebbe suggerire uno strumento quale quello della morte per imporre la fede, o per punire la mancanza, è un concetto meno evidente di quanto sembri se è stato necessario che un Pontefice, Benedetto XVI, lo ricordasse utilizzando la frase sopra richiamata. Ma il monito del Papa non è giunto a caso: questo momento che si attraversa rischia nuovamente di trasformare le paure, le incertezze sul futuro, l’ostilità nei confronti di chi è diverso da sè, in fanatismo e terrore. Il terrorismo religioso costituisce un macrocosmo complesso e variegato che solo le cronache degli ultimi anni ci hanno abituato ad archiviare nel desktop della nostra mente con una icona che richiama atmosfere islamiche. E invece non si può dimenticare che la violenza ha fatto e fa parte del lato oscuro di ogni fede. La violenza che il terrorismo può suggerire, nelle idee di coloro i quali accedono a queste visioni distorte dell’esistenza, è la più pericolosa poiché trasforma l’assassinio (e/o il suicidio) in una azione ‘giusta’ e suadente, capace di aprire al regno dei cieli con pieno merito. E’ come dire che l’esistenza terrena potrebbe essere anche cancellata completamente, tanto è effimero il suo valore. Ed è probabile che questi uomini, persi tra i fumi del delirio mistico, non abbiano bisogno del perdono di Dio: nella loro mente è più che sufficiente credere di averne avuto la piena approvazione.(foto ansa)
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| | La maggior parte delle organizzazioni fondamentaliste islamiche fa riferimento, nelle attività di proselitismo e nei documenti di propaganda e di rivendicazione, al ‘califfato’, quale forma di governo arabo da restaurare. Ciò ha fatto sì che in Occidente tale ambizione venisse interpretata come un prodotto utopistico del radicalismo islamico. In realtà, il setaccio del laicismo occidentale comporta delle forti limitazioni semantiche a concetti che, quasi sempre, per il loro connaturato od acquisito significato religioso, sono molto più ampi ed assolutamente non patrimonio esclusivo di frange violente. L'approfondimento di questo argomento fa emergere una forma di governo che, pur con alterne fortune, è sempre stata presente nella storia degli arabi e dei musulmani, anche in quella contemporanea. Anzi, proprio le disparità sociali, le difficoltà economiche, il percepito trattamento non paritario sulla scena internazionale, il timore di un crescente neocolonialismo in previsione di un progressivo ed inesorabile esaurimento delle materie prime, soprattutto in campo energetico, contribuiscono a mantenere più viva che mai questa alternativa alle attuali forme di conduzione politica. Certamente molteplici sono le posizioni dottrinarie e, nelle più recenti, le teorie classiche sono dovute venire a patti col nazionalismo, ma in tutte il califfato costituisce il mondo ideale cui ambire per l'equanimità che garantirebbe nell'amministrazione della vita terrena. La redazione vuole offrire una 'guida al califfato' che, pur non potendo prescindere da alcuni dati storici minimi, permetta al lettore di affrontare un corretto approccio teologico ed ideologico a questo richiamo istituzionale di grande attualità nel mondo arabo e musulmano. (foto ansa)
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| | Si è spesso affermato che l’Occidente combatte una guerra asimmetrica, contro un nemico che non ha territorio ne divise. A ben vedere, il popolo jihadista, questo insieme di individui che costituisce il ‘nemico’ che dobbiamo combattere, ha in realtà un suo territorio, raggiungibile ed identificabile. Si tratta però di una territorialità che richiede una visualizzazione diversa dal solito, che è presente in un sistema dove non esistono confini geografici ma elettronici, dove non ci sono volti ma nickname e non c’è frontiera ma login e password. L’attenzione che giustamente si presta a tutto quanto appare in rete trasforma il network fondamentalista elettronico in una sorta di ‘Stato virtuale’, di ‘Stato’ nel senso più antico del termine, e cioè Stato-comunità, che in quanto tale assume una propria attendibilità, un proprio potere che si basa sulle caratteristiche e la struttura del sistema mondiale dei media che, involontariamente, contribuisce a fornire ‘copertura’ e diffusione alle armi-messaggio e ai codici islamisti. (foto ansa)
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| | La camorra è il fiore della Campania che soffoca ed avvelena. L’indagine di Feo, conoscitore da tempo delle vicende camorristiche e dotato di spiccata sensibilità per le ‘cose campane’, offre riflessioni sulle dinamiche mafiose degli ultimi anni anche attraverso le ombre che si muovono sullo sfondo e che tessono trame sottili e ambigue. Tra le righe il richiamo a un risveglio civile, il dispettoso rimbrotto agli stereotipi analitici e il desiderio di capire la criminalità per un futuro che non sia solo speranza. (foto ansa)
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| | Informatori a pagamento, infiltrazione di agenti per fomentare liti interne, omicidi, blitz a ripetizione e spregiudicato uso dei mezzi di informazione: operando con questi metodi, al confine della legalità, fra la seconda metà degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, gli agenti dell'FBI misero fuori combattimento le «Pantere Nere» ovvero l'organizzazione di militanti afroamericani che si proponeva di sovvertire l'ordine pubblico. Il precedente delle «Pantere Nere» viene studiato dalla comunità di intelligence americana in quanto presenta alcune analogie con il pericolo posto dalle cellule di terroristi islamici sul fronte interno: oggi, come allora, il pericolo viene da gruppi di cittadini americani che, accomunati da forti motivazioni ideologiche, operano in maniera organizzata sul territorio nazionale, ponendo gravi minacce alla sicurezza collettiva, e puntano sulle opere di beneficienza per rafforzarsi sul territorio e reclutare nuovi seguaci. (foto www.crimelibrary.com)
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| | La lotta disperata e violenta dei NAP (Nuclei Armati Proletari), attivi lo spazio di appena quattro anni, si inserisce nella storia delle 'organizzazioni combattenti' con peculiari caratteristiche. All'insegna dello slogan "rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei all'esterno", aspirano a una società senza classi e soprattutto senza carceri. I NAP si rivolgono al delinquente comune e nelle loro fila operano ex-carcerati 'politicizzatisi' dietro le sbarre. Prerogative del gruppo sono anche il radicamento nella realtà meridionale (Napoli) e l'utilizzo di esplosivi, una modalità questa decisamente distante da quella delle Brigate Rosse, con cui peraltro i Nuclei realizzeranno anche un'alleanza operativa. (foto ansa)
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| | IN-Q-TEL (www.inqtel.com) è un fondo di investimento finanziato dalla CIA, operativo dal 1999, che ha come missione “investire e incoraggiare la produzione e la ricerca delle tecnologie più innovative e promettenti”, a supporto dell’attività dell’US Intelligence Community. Nella consapevolezza che “al ritmo forsennato con cui avanza l'innovazione, è difficile per un ente pubblico reggere il passo con le ultime novità nelle tecnologie informatiche", la CIA ha affidato a IN-Q-TEL il compito di identificare e selezionare rapidamente nuovi strumenti a salvaguardia della sicurezza nazionale, finanziando i progetti industriali più interessanti. Il portfolio di partecipazioni azionarie di IN-Q-TEL vanta attualmente una cinquantina di imprese, tra le quali figurano aziende che sviluppano tecnologie TAL. Con il termine TAL (Trattamento Automatico della Lingua), si definiscono le discipline che trattano di modelli, metodi, tecnologie, sistemi e applicazioni concernenti l’elaborazione automatica della lingua, sia scritta sia parlata. Il TAL comprende dunque sia lo “Speech Processing” (SP), o elaborazione del parlato, sia il “Natural Language Processing” (NLP), o elaborazione del testo. Le tecnologie impiegate per il parlato sono tese ad elaborare la parola per la codifica del segnale vocale e la sintesi del testo, tramite macchine in grado di leggere, e per il riconoscimento del parlato, tramite macchine capaci di scrivere. Per lo scritto, l’elaborazione automatica del testo mira a riprodurre la capacità umana di comprendere la lingua, attraverso analizzatori sintattici e semantici, basati per lo più su algoritmi o moduli statistici oppure modelli di rappresentazione della conoscenza e metodologie di apprendimento automatico. (foto www.serfin.biz)
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Rubriche |
STORIE DI CASA NOSTRA | | | La capacità di innovare, ossia quel meccanismo che consente ad una organizzazione di evolversi anticipando i mutamenti del sistema in cui vive, è stata senza alcun dubbio il fattore in grado di assicurare ‘forza’ e ‘resistenza’ alle organizzazioni criminali italiane. Schumpeter affermava che l’innovazione è un processo ineludibile e che i sistemi che non sono capaci di adeguarsi in modo congruo e tempestivo sono destinati a sparire; la reazione congrua, invece, ad una pressione innovatrice provoca un rafforzamento dell’organizzazione poiché genera una selezione ‘virtuosa’ a discapito di quegli elementi non più necessari, anzi discriminanti per la sopravvivenza del gruppo. Il brano che segue è un quadro, colorato e fruibile, di questo complesso meccanismo socio-economico che, di là dalle teorizzazioni scientifiche, riesce a spiegare i suoi effetti anche in una struttura sociale semplice ed a matrice ‘tribale’, cioè nel sistema che caratterizza la delinquenza organizzata calabrese. (foto www.rai.it/)
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DALL'ARCHIVIO ALLA STORIA | | | Oggi, sentendo parlare di “reddito minimo garantito”, a tutto si potrebbe pensare tranne che alla California degli anni ‘60. Eppure, si tratta di una delle richieste formulate nel programma del Partito delle Pantere Nere, nato sulla West Coast alla fine del 1966. Nell’articolo proposto in questo numero della rivista, Maurizio Molinari ricostruisce le strategie adottate dall’FBI per contrastare il movimento all’interno di una vasta e articolata operazione di intelligence. I documenti qui presentati, provenienti dagli archivi dell’agenzia americana, hanno lo scopo di mettere a fuoco l’organizzazione, evidenziando chi erano e “che cosa volevano” le pantere afroamericane. Innanzitutto, una breve scheda che riassume, in una pagina, le notizie di rilievo raccolte sul partito. Poi, la piattaforma programmatica, significativamente intitolata “Cosa vogliamo. In cosa crediamo”. E’ un manifesto in dieci punti che abbraccia, scandendoli con efficace retorica, tutti i campi del vivere sociale, dal lavoro all’istruzione, dal servizio militare ai diritti processuali. Ed è al contempo un documento di denuncia, che ci mostra in filigrana un’America ancora lacerata da problemi di convivenza inter-razziale, quell’America che, in mancanza della CNN, veniva raccontata dal “Buio oltre la siepe”. Infine, una poesia composta per celebrare l’animale scelto dai neri come simbolo della lotta e onorarne i caduti. Un’ode alla pantera dal lucido manto nero e dai denti affilati, che ama la libertà e combatte sino all’ultimo respiro. (foto www.slantpoint.com)
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RECENSIONI | | | |
CRONOLOGIA DEL TERRORISMO | | | |
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Appendice
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