Nel 'Libro dell'anno 2005' Treccani Intelligence e sicurezza nazionale |
Mario MORI |
Su gentile concessione dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani la redazione offre ai lettori l’intervento del Direttore del SISDe, Prefetto Mario Mori, sul tema ‘Intelligence e sicurezza nazionale’, pubblicato sul LIBRO TRECCANI DELL’ANNO 2005. Nelle seguenti pagine, quindi, si affrontano tematiche ‘procedurali’ attraverso cui razionalizzare significato, ambito e sistemi concettuali che sono le fondamenta stessa dell’attività di intelligence, con ciò contribuendo all’elaborazione di una dottrina che vanta antichi precursori. Inoltre, si propone uno spaccato sulle altre realtà internazionali dell’intelligence, soprattutto riguardo ai diversi sistemi di difesa della sicurezza nazionale e alla cultura socio-politica e giuridica sottesa. Si analizza anche l’evoluzione delle minacce e il crescente rischio che si integrino, come il terrorismo e la criminalità, in aree profondamente destabilizzate dello scenario geopolitico globale. In conclusione, il complesso delle valutazioni consente di apprezzare quanto importante sia per uno Stato dotarsi di una efficace organizzazione di sicurezza che da una parte sia sostenuta dalla fiducia collettiva e dall’altra, trasfondendo l’esperienza maturata ai modelli operativi e organizzativi, sia in grado di anticipare e intercettare le nuove manifestazioni della minaccia. In tal modo, ben lungi dall’agiografia o, al contrario dal pregiudizio, si può offrire un contributo validissimo al decisore politico per la difesa delle istituzioni democratiche. Una definizione La funzione decisionale, quale che ne sia il livello o l'ambito, ha la necessità di disporre di dati informativi idonei per operare le scelte volte a risolvere i problemi di sua competenza. La gestione delle informazioni, quindi, che in una società globalizzata e complessa, qual è quella attuale, è sempre più elaborata e richiede competenze sempre più diversificate, costituisce una delle fasi più delicate e sensibili del processo che deve portare a definire ogni scelta strategica. Non a caso essa è oggetto di numerosi ed accesi dibattiti nei fori nazionali e internazionali. Si moltiplicano, inoltre, organizzazioni specializzate in attività di consulenza, analisi e supporto informativo. Ciò è dovuto al fatto che il bisogno di conoscere va assumendo nel tempo un'inedita centralità, fuoriuscendo dai canonici spazi politico-militari a cui sembrava indissolubilmente legato. L'informazione diventa un bene primario ed il suo mercato misura la competitività di attori statuali, sovranazionali e globali. Su queste basi è possibile affermare che l'intelligence è l'insieme delle attività informative volte ad acquisire le conoscenze necessarie a sostenere ogni processo decisionale di natura complessa. Gli ambiti dell'intelligence Le prime applicazioni di quella funzione che poi si definirà intelligence si rintracciano storicamente nel campo militare. Già nella guerra tra il regno del faraone Ramsete II e quello ittita, nelle fasi precedenti la battaglia di Qadesh (1296 a.C.), si rilevano tracce di attività di esplorazione che rappresentano in nuce le prime forme conosciute di ricerca informativa. Per molto tempo l'ambito connesso all'efficienza bellica ha costituito il settore d'applicazione dello spionaggio. Quando, a partire dalla rivoluzione industriale, i parametri per valutare le potenzialità di un paese si sono ampliati e differenziati, anche gli organismi che svolgevano funzioni di ricerca si sono andati specializzando, acquisendo conoscenze in un complesso di aspetti nuovi, relativi ai settori economico, tecnologico, industriale, politico e terroristico-criminale che si sono aggiunti al contesto specificatamente militare. L'intelligence, nella fase attuale, è dunque praticata anche da soggetti e organizzazioni private, ma quella degli Stati resta la più significativa. Si riferisce, infatti, direttamente alla sicurezza nazionale che, globalmente intesa, riguarda trasversalmente ogni settore della vita pubblica. Essa, infatti, tende ad assicurare il regolare ed efficace funzionamento del ‘sistema Stato’, sia all'interno, rispetto ai consociati, sia all'esterno, nei confronti di partner e competitori. In questo ambito una definizione più mirata di intelligence può essere: raccolta e analisi di informazioni comunque acquisite, necessarie al processo decisionale del potere esecutivo in tema di sicurezza nazionale. Al potere politico, infatti, è devoluta la competenza in materia di sicurezza nazionale e spetta la facoltà decisionale per assicurare il perseguimento degli obiettivi strategici e salvaguardare il paese dalle minacce che ne attentino le fondamenta e la competitività. Il suo bisogno informativo è ampio e in parte è soddisfatto nell'ambito di ciascun settore amministrativo dipendente. L'esecutivo, però, ha la prioritaria esigenza di disporre di un completo quadro informativo circa le criticità che incidono sulla sicurezza intesa in senso lato, raggiungibile solo attraverso strutture espressamente dedicate. In quest'ottica, l'intelligence si pone come una distinta ed autonoma attività operativa. La necessità di un'azione a carattere preventivo in ambiti di minacce inedite, emergenti o embrionali e quella di avvalersi di strumenti e metodologie informali hanno indotto le strutture di intelligence ad assumere canoni di segretezza e clandestinità oggetto sovente di valutazioni negative. L'attività segreta dei servizi, peraltro, attiene alla sensibilità delle informazioni trattate, ai meccanismi di ricerca di conoscenze ‘non altrimenti acquisibili’ e alla necessaria tutela del rapporto con le fonti delle notizie. Si perfezionano in tal modo circuiti che sono orientati a perseguire una prevenzione strategica tesa spesso a conseguire il ‘non evento’ (impedire che accadano fatti dannosi per il paese), vincolata solo agli oneri di dipendenza/comunicazione verso l'autorità politica, che ne traccia gli orizzonti generali. Il meccanismo costituisce il valore aggiunto dell'intelligence di sicurezza, in termini di competenze, più elastiche e aderenti all'emergenza della minaccia, e di modello operativo, flessibile, autonomo e aperto a ogni utile tecnica di ricerca. Processo di intelligence L'azione d'intelligence è organizzata in modo razionale e sistematico, perché possa produrre qualificati livelli di efficacia. Infatti, la notizia, materia informativa grezza, deve essere elaborata all'interno di un processo che la valorizzi quale informazione affidabile ed utilizzabile. Tale processo consta normalmente delle seguenti fasi: a) acquisizione delle notizie, attraverso la ricerca anche non convenzionale, la raccolta e la valutazione dei dati. Nell'ultimo caso sono previsti criteri standardizzati che facilitano la condivisione del giudizio di affidabilità sia della fonte sia dell'informazione. Invece, la ricerca, nonostante l'esperienza abbia elaborato tecniche efficaci, è in continua evoluzione e dispone di ogni strumento che risulti utile a soddisfare il bisogno informativo. Essa si avvale di fonti umane (HUMINT, human intelligence), elettromagnetiche (SIGINT, signal intelligence; ELINT, electronic intelligence; IMINT, imagery intelligence), e aperte (OSINT, open sources intelligence), costituite da documenti, studi, stampa e Internet; b) gestione delle informazioni, attraverso il loro confronto, l'integrazione, l'interpretazione e l'analisi dei dati, perché dall'insieme delle tessere disponibili possa essere composto un più ampio mosaico, al fine di apprezzare l'intero spettro della minaccia; c) comunicazioni all'ambito decisionale, sotto forma di informative e di analisi elaborate su singoli aspetti di un rischio o sulla globalità delle minacce, così da prevedere indirizzi e possibili fenomeni inediti, sostenere la politica di sicurezza e prevenire o intercettare le crisi con mirati provvedimenti tecnici e normativi. Il personale I molteplici settori d'azione di un servizio d'intelligence impongono forme differenziate di reclutamento e un inquadramento successivo del personale in ambiti articolati secondo quelli che sono gli indirizzi operativi che l'organismo sceglie di privilegiare. La prima e più generale suddivisione prevede tre comparti: amministrativo, operativo e tecnico. Una piattaforma addestrativa mirata differenzierà competenze e impieghi successivi. Gli agenti provengono dal mondo privato, accademico, militare, investigativo o amministrativo e possono essere contrattualmente legati da un rapporto definitivo o temporaneo. Quest'ultima soluzione consente di aggiornare le risorse umane disponibili, adeguandole a eventuali esigenze specialistiche congiunturali, affiancando le nuove competenze all'esperienza radicata degli ‘interni’. In Italia, a coloro che provengano dalle forze di polizia, è sospesa la qualifica di operatore di polizia giudiziaria, per evitare dipendenze estranee all'autorità politica. Ciò conferma la natura dell'intelligence, profondamente diversa da quella investigativa, per funzioni, vincoli e tecniche operative. Diversità di modelli L'intelligence è lo specchio del paese in cui opera. Le strutture, l'organizzazione e i modelli di gestione si modulano differentemente secondo le rispettive connotazioni istituzionali, la cultura e le esigenze della committenza. In ogni nazione ai vari organismi civili che operano nei vari settori si affiancano uno o più servizi militari con compiti relativi alle attività di ciascuno specifico settore. Per quanto concerne il supporto tecnologico, molti paesi optano per una struttura a sè stante, altri lo inseriscono, quale branca specialistica, in uno dei servizi già esistenti. In Gran Bretagna sono presenti due Servizi, l' MI5 (Security service) e l'MI6 (Secret intelligence service), rispettivamente con funzioni di sicurezza all'interno e di ricerca all'estero. I due Servizi sono alle dirette dipendenze del primo ministro e, rispettivamente, del ministro dell'Interno (l’MI5) e del ministro degli Esteri (l'MI6). Il controllo e il coordinamento delle attività dei due Servizi sono affidati al Joint intelligence committee, che ha il compito di definire le strategie e gli indirizzi generali dell'attività di intelligence e al quale pervengono richieste di informazioni od offerte di cooperazione da parte di tutti gli altri ministeri e gli apparati statali. Quindi, la politica informativa e di sicurezza scaturisce da una pluralità di sollecitazioni, sia di tipo politico sia di carattere amministrativo, tutte comunque rese coerenti e gestite unitariamente nella fase finale del processo informativo. Nella Repubblica federale tedesca l'intelligence e la sicurezza sono suddivise su base geografica (interno/estero) ed affidate a due servizi: il BFV (Bundesamt fur Verfassungsschutz), che ha il compito di tutelare la stabilità interna della Repubblica e il BND (Bundesnachrichtendienst) con il compito di raccolta all'estero di informazioni utili alla sicurezza nazionale. Ambedue i servizi dipendono dal cancelliere federale che per la gestione, il controllo, la direzione ed il coordinamento dei due organismi si avvale del segretario generale della Cancelleria, il più alto funzionario politico dell'Amministrazione dello Stato, e dei ministri dell'Interno e degli Esteri, interlocutori istituzionali in materia di sicurezza e d'intelligence. Ancora più interessante il caso degli Stati Uniti. Infatti, la comunità dell'intelligence statunitense (IC, Intelligence Community) è composta da 15 servizi segreti, di cui 8 militari. Tra di essi emergono la CIA (Central intelligence agency) e l'FBI (Federal bureau of investigation): la prima raccoglie informazioni all'estero, il secondo è, a tutti gli effetti, una forza di polizia alle dipendenze del ministro della Giustizia, sebbene operi liberamente con la configurazione di servizio di sicurezza nei settori della sfera d'azione tipica dei servizi interni, compresi il controspionaggio, il terrorismo e la sovversione. Il direttore della CIA dipendeva direttamente dal presidente, cui giornalmente riferiva sul livello della minaccia. A seguito dei risultati delle numerose commissioni d'inchiesta sull'inefficienza delle strutture informative evidenziatasi in occasione dell'attentato alle Torri gemelle di New York dell'11 settembre 2001 è emersa l'urgenza di modificare l'assetto dell'IC. Per tale motivo è stata istituita la figura del direttore nazionale dell'intelligence (DNI), che assume il ruolo di consigliere principale del presidente in materia di intelligence, riferisce quotidianamente sui livelli di minaccia, dispone la raccolta di nuove informazioni, assicura il coordinamento delle diverse agenzie e ha ampi poteri sul bilancio e il personale. E' una riforma importante che cerca di risolvere le annose difficoltà statunitensi di raccordo tra le diverse articolazioni informative, erodendo la supremazia del direttore della CIA. In Francia vige un sistema binario interno-estero, che presenta però l'anomalia di due servizi per le competenze interne. Infatti la DGSE (Direction général de la surveillance extérieure) svolge compiti esclusivi di ricerca all'estero, mentre gli RG (Renseignements généraux) sono competenti per la sicurezza interna con funzioni di antiterrorismo interno e internazionale e la DST (Direction surveillance du territoire) è anch'essa competente per la sicurezza interna con compiti di controspionaggio. In Russia dalle ceneri del KGB, che era un unico ed enorme servizio (con compiti di spionaggio, controspionaggio, polizia politica, controllo delle frontiere), sono nati l’FSB (Federal'naja sluzhba bezopasnosti), che ha competenza di sicurezza interna antiterrorismo, anticriminalità organizzata e controspionaggio e l'SVR (Sluzhba vnešhnej razvedki), che svolge funzioni di ricerca spionaggio all'estero. In Spagna, invece, è previsto un sistema di sicurezza unitario: il CNI (Centro nacional de intelligencia), alle dipendenze del primo ministro. Il CNI, che è di creazione molto recente (la legge istitutiva è entrata in vigore il 7 maggio 2002), nella sua parte operativa, è diviso in tre settori: intelligence (ricerca all'estero), controspionaggio e antiterrorismo. In realtà, il servizio aggrega tre autonome branche, ciascuna delle quali ha un profilo operativo ed una filosofia d'impiego specifici, alle dipendenze di funzionari di grado molto elevato. Il direttore del CNI ha il rango di ministro ed è di nomina reale su proposta del ministro della Difesa, mentre il vice direttore (che ha il nome di segretario generale del Centro) ha il rango di sottosegretario. In Italia l'intelligence di sicurezza è regolata dalla legge nr 801 del 24 ottobre 1977, varata dopo un lungo dibattito innescato dalle vicende giudiziarie che videro coinvolti i vertici del Servizio informazioni difesa (SID) e dall'emergere, sul finire degli anni Settanta, di un fenomeno terroristico interno e internazionale portatore di una forte potenzialità destabilizzante. Il legislatore ha attribuito al presidente del Consiglio, che esercita la tutela del segreto di Stato, l'alta direzione, la responsabilità politica e il coordinamento della politica informativa. Sono stati istituiti il SISMI (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare), cui è affidata la difesa dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato sul piano militare, carattere che lo ha progressivamente orientato verso una generale competenza all'esterno e, tipicità tutta italiana, al controspionaggio, e il SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), che assicura la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni contro l'eversione e ogni altra forma di minaccia riferita al territorio nazionale. Sono inoltre previsti: il CESIS (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza), con funzioni di coordinamento, analisi degli elementi forniti dai Servizi e gestione delle relazioni internazionali; il CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, composto dai ministri dell'Interno, degli Esteri, della Giustizia, della Difesa, dell'Economia e delle Finanze e delle Attività produttive), con funzioni di consulenza e proposta al presidente del Consiglio sugli indirizzi e gli obiettivi da perseguire; il CSIS, comunemente indicato come COPACO (Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato), con funzione di controllo sull'applicazione dei principi della legge istitutiva dei Servizi. L'intelligence italiana, quindi, è sostanzialmente caratterizzata da un sistema binario interno/esterno, cui è connessa la differente natura civile/militare. Unica eccezione al criterio territoriale è la competenza al controspionaggio del SISMI. Modello unico e modello binario Prima del 1977 l'Italia ha avuto un servizio di intelligence unico (il SIM, fino al secondo dopoguerra, il SIFAR fino al 1967, il SID sino al 1977). Si trattava di servizi militari che dipendevano dallo Stato Maggiore della Difesa. A essi si affiancava l'Ufficio affari riservati del Viminale fino al 1976, e l'SDS (Servizio di sicurezza) nel biennio 1976-78, quale forza di polizia con funzioni di sicurezza interna sul modello dell’FBI americano. Un modello tipico di servizio unico è stato quello del KGB sovietico. Questo era diviso in Direttorati principali con varie competenze (interno/estero/guardia di frontiera ecc.), ciascuno dei quali per poteri e dimensioni, equivaleva a un singolo servizio occidentale. Oggi nel mondo occidentale la gran parte dei servizi è strutturata su una conformazione binaria, con competenze, rispettivamente, inter-no/estero. Per non accentrare nelle mani di un'unica personalità politica (che dovrebbe essere necessariamente il capo del governo) le competenze e la gestione di tutta la sicurezza nazionale (nelle sue versioni di security o sicurezza difensiva e intelligence, raccolta di informazioni all'estero) si è preferito suddividerle tra ministri competenti (l'Interno, per la security e gli Esteri o la Difesa per l'intelligence). Un'eccezione significativa è rappresentata, come già ricordato, dalla Spagna, in cui il Centro nacional de intelligencia, competente per l'interno e per l'estero, ha assorbito i precedenti Servizi interni ed esteri, tutelandone le diverse capacità d'impiego ma assicurando per contro una gestione di vertice unitaria, economica ed efficace. L'eventuale impostazione unitaria non prescinde comunque dalla previsione di organismi di intelligence che operino autonomamente nel settore militare e tecnologico. In Italia, mentre il comparto tecnico è competenza del SISMI, nell'ambito specificatamente militare opera il RIS (Reparto informazioni e sicurezza), che ha riunito i SIOS (Servizi informazioni operative e situazione) delle forze Forze Armate. Per quel che attiene, invece, alla competenza autonoma nei settori della tecnologia avanzata, si citano a titolo d'esempio la NSA (National security agency) americana e il GCHQ (Governement communications headquarters) britannici, la cui importanza è sottolineata dalla cospicua parte del bilancio destinata alla sicurezza che è a loro riservata. In Italia si è ventilata recentemente la possibilità di riadottare un modello unico, nel quale tutte le componenti sarebbero ricondotte sotto un’unica direzione che risponderebbe al potere esecutivo. Ovviamente la struttura operativa, nelle sue articolazioni dedite a ricerca, controspionaggio, controterrorismo interno e internazionale, contrasto alle minacce economiche e alla criminalità organizzata, vanterebbe personale distinto per formazione, professionalità e impiego, essendo troppo marcate le differenze sul piano dell’attività pratica. Tale soluzione consentirebbe sia una più incisiva specializzazione, attraverso l’affinamento progressivo di esperienze professionali utili a fronteggiare le moderne forme di minaccia asimmettriche, globale e transnazionali, sia una maggiore economicità, in un settore dove i costi di gestione sono molto elevati e in costante aumento. Le nuove strategie operative Il crollo del Muro di Berlino ha rappresentato emblematicamente la fine di un'era, iniziata quando volgeva al termine la Seconda guerra mondiale e già si confrontavano, nonostante fossero alleati contro la minaccia nazista, da una parte l'Occidente liberale e dall'altra l'Oriente europeo comunista. Da allora, gli USA e l'URSS hanno combattuto una quarantennale guerra, seppure fredda, fondata sull'intimidazione preventiva, anche in ambito nucleare, e sul tentativo di erodere l’influenza che i contendenti esercitavano nello scenario internazionale. In tale contesto la ricerca informativa si rivelava lo strumento necessario per comprendere non solo i disegni del diretto antagonista, ma anche le criticità locali che potevano incidere sui rispettivi assetti di potere nello scenario internazionale. Anche la sicurezza interna era concentrata sui possibili favoreggiatori del nemico, in chiave di controspionaggio e antisabotaggio. L'intelligence si occupava anche di propaganda e contropropaganda, in un quadro più ampio di manipolazione delle informazioni che ciascun contendente perseguiva per sostenere la propria penetrazione ideologica in campo avversario. In sintesi si trattava di un confronto che richiedeva uno sforzo d'intelligence pressoché totalizzante. Dal 1989 la situazione è radicalmente cambiata. Alcuni paesi, già satelliti dell'URSS, fanno ora parte integrante o hanno chiesto di aderire alla NATO e all'UE. I servizi segreti di conseguenza hanno dovuto convertire lo strumento della ricerca, adeguandosi progressivamente alle emergenti minacce, soprattutto economiche, sociopolitiche e religiose. Infatti, la caduta dell'URSS e il mitigarsi del confronto Ovest-Est, che aveva funzionato come un valido contenitore indirizzando bipolarmente le criticità, hanno prodotto la liberazione incontrollata di tensioni locali, che si sono talvolta legate in una minaccia reticolare di ancor maggiore pericolosità. La fine della guerra fredda ha dunque privato l'intelligence di un riferimento certo, identitario e definito in una sorta di gioco delle parti. A essa si è sostituita una minaccia policentrica, non statuale e al di fuori di ogni opzione fondata sulla tradizionale logica della dissuasione. La globalizzazione, che connette mercati e popolazioni e sembra ormai superare il concetto di frontiera, finisce per accelerare processi di disfacimento istituzionale, aumenta la richiesta di separatismi e amplia il distacco tra le società che hanno accesso ai benefici del nuovo modello mondiale di economia e quelle escluse, ancor più emarginate. Fioriscono focolai locali di tensione che sfociano in sanguinosi confronti civili ed etnici. Esemplari, a riguardo, i conflitti nella ex Jugoslavia e nelle Repubbliche musulmane della dissolta Unione Sovietica. Al terrorismo e alle variegate forme di eversione nazionali, che ap-paiono ciclicamente negli scenari locali affinando anche legami transnazionali sempre più forti, si affiancano movimenti antiglobalizzazione strutturati in sodalizi efficaci e interattivi mentre emergono fermenti anarchici diffusi ed aggressivi. Inoltre, i contrasti etnici fanno da sfondo e spesso da occasione per l’innesco di tensioni integraliste di estrazione islamica che dall'area d'origine si trasferiscono sempre più in Occidente. La matrice religiosa veste i tentativi di alcune organizzazioni, appoggiate da gruppi di potere interessati, determinate ad assumere la referenza delle istanze fondamentaliste. Il terrore diventa uno strumento di comunicazione globale. L'intelligence, di conseguenza, è costretta a rimodularsi, stanti la non linearità e la polverizzazione della minaccia nello scenario globale. L'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 ha rappresentato l'inizio di una nuova fase storica per l'umanità, avendo definitivamente dimostrato che non vi sono più santuari irraggiungibili per un certo tipo di terrorismo: un sentimento questo avvertito soprattutto negli Stati Uniti, fino a quel momento fiduciosi nella loro strategica ‘insularità’ e nella carica dissuasiva dell'’essere America’. I sistemi dell'intelligence statunitense e occidentale in genere hanno dimostrato tutta la loro vulnerabilità rispetto a una tipologia di offesa per la quale non erano attrezzati. Il fondamentalismo islamico ha aggregato le sue risorse ma ha scelto un modello inedito: una rete distribuita, silente, irregolare, in cui i nodi, connessi solo dalla possibilità di riconoscersi nella guerra santa (jihad), sono spesso materialmente slegati da una centrale direttiva. Tale situazione ha un effetto destabilizzante sia in Occidente, sottoposto a una costante intimidazione, che nello stesso Oriente islamico, in cui si attenta alla politica moderata di molti leader per favorire l'ascesa dei gruppi fondamentalisti. La guerra in Iraq, la questione palestinese e quella libanese, le tensioni nel Maghreb e sinanche la difficile ricomposizione dello scenario balcanico sono l'occasione per avviare risorse musulmane al terrorismo islamico. La forza dell'arma mediatica esaspera gli effetti psico-sociali della pressione terroristica. L'intervento dell'intelligence si estende geograficamente ma diventa anche più puntiforme e selettivo, dovendo coniugare ricerca e sicurezza, all'estero ed all'interno. Soprattutto, deve rinnovare la conoscenza di un mondo più complesso e non diviso da alcuna cortina. L'emergenza nazionale Accanto alla presenza di minacce globali, che intessono una fitta rete transnazionale, permangono a livello nazionale alcune criticità che attentano seriamente alla sicurezza interna. In Italia i servizi sono tuttora impegnati a fronteggiare minacce diversificate, da una parte terroristiche, rappresentate dalle componenti marxista-leninista, eversiva ed antagonista, e dall'altra criminali, caratterizzate da organizzazioni di tipo mafioso, etniche (albanesi, turche, nigeriane, cinesi, romene, maghrebine, russe ed ucraine) e transnazionali (dedite soprattutto al narcotraffico e alla tratta degli esseri umani). Nel primo caso l'Italia è l'unico paese europeo dove una specifica forma di terrorismo, quella rivoluzionaria marxista-leninista, si è sviluppata in una dimensione significativa, sopravvivendo, con uno stacco temporale di una decina d'anni, sino ai nostri giorni. Tale peculiarità non consente di distogliere l'attenzione sui diffusi potenziali epigoni del fenomeno. La sicurezza è inoltre minata dal proliferare di gruppi eversivi e antagonisti aggressivi, tra i quali emergono gli anarco-insurrezionalisti, responsabili di attentati contro gli aspetti emblematici di una società non accettata. Sul fronte della criminalità organizzata, infine, viviamo un complesso periodo di transizione, in cui i modelli mafiosi evolvono spesso in modo conflittuale. Da una parte resiste la mafia tradizionale (cosa nostra siciliana, 'ndrangheta calabrese, camorra campana e criminalità organizzata pugliese) che cerca di controllare ogni espressione sociale e economica del territorio a cui è ancorata, dall'altra parte, agisce un'altra componente mafiosa che degenera ed assorbe atteggiamenti tipici del banditismo. Sempre più rilevanti appaiono le diversificate forme di criminalità transnazionale e la presenza di organizzazioni straniere che trasferiscono sul nostro territorio costumi e mentalità delle aree di origine, anche attraverso il veicolo dell'immigrazione clandestina. Il futuro dell’intelligence Il mondo globalizzato impone eccezionali velocità di sviluppo. Anche le minacce evolvono rapidamente, cosicché l'intelligence, per essere efficace, deve saperne individuare i diversi profili prima che diventino incontrollabili. Alle minacce conosciute se ne aggiungono continuamente altre. Alcune attengono a più evolute modalità offensive di rischi noti o alla loro saldatura, che può produrre mutazioni pericolose ed imprevedibili. Altre, invece, riguardano: la crescita di tensioni etniche, che si ripropongono con sempre maggiore violenza ed attentano ai già precari equilibri di aree critiche; l'infiltrazione e l'alterazione delle regole del mercato economico e finanziario, attraverso l'acquisizione di una competitività viziata dallo sfruttamento del lavoro e dallo spionaggio industriale, che depaupera l'originalità produttiva nazionale; l'inquinamento dei sistemi di trasferimento di denaro; l'uso deviato della biotecnologia; il cyberterrorismo e, soprattutto, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, ancor più se in aree sensibili della geografia politica internazionale. Tuttavia sempre più nei fori internazionali, come nella pratica operativa di ciascun organismo di sicurezza, si afferma la piena consapevolezza che la nuova minaccia consiste soprattutto nella logica che favorisce progressivamente forme integrate di illegalità, pronte a recepire e trasferire obiettivi ed interessi per conto terzi. Ciò spezza la logica causale e specialistica tradizionale ampliando esponenzialmente le possibili aggressioni allo Stato. Alle nuove sfide l'intelligence si dedica da tempo, cercando di acquisire le professionalità necessarie a valutare i rischi e a orientare il potere decisionale su priorità sostanziali. Non si tratta più dello sforzo di una sola comunità dell'intelligence che, per quanto dotata, comunque non riuscirebbe ad affrontare compiutamente il problema. Appare sempre più evidente la tendenza tra servizi di Stati diversi ad aprirsi alla collaborazione attraverso la condivisione di esperienze e d'intese, per lo più bilaterali, su singoli aspetti di natura operativa. In tale ambito l'intelligence rappresenta anche uno dei mezzi con cui si possono avviare rapporti e relazioni tra Stati che, a livello formale, potrebbero apparire prematuri o addirittura inopportuni. I servizi mirano quindi a livelli di efficienza sempre più avanzati, cercando di correggere gli errori compiuti. Tra questi il più recente ed emblematico è stato quello della corsa a dotazioni elettroniche sempre più complesse, nella convinzione che il dominio informativo dipendesse esclusivamente dalla supremazia nel campo tecnologico. Questo indirizzo ha prodotto criticità dagli effetti perversi. Infatti, da un lato, l'intelligence non è riuscita ad analizzare l'eccesso di dati informativi ottenuti, escludendo importanti acquisizioni dai processi decisionali politici e operativi; dall'altro, non si è potuto, in assenza di fonti umane, comprendere realtà etniche distanti e poco condizionate dall'aspetto tecnico. La constatazione ha prodotto una progressiva rivalutazione, nella ricerca, del fattore umano che meglio consente di cogliere le matrici socio-culturali delle minacce emergenti. Carenze di questo tipo nelle più recenti aree di crisi sono costate ai servizi occidentali un prezzo elevato in termini di credibilità ed efficacia. Ormai viene universalmente accettata la tesi che solo una giusta integrazione tra fattore tecnico e apporto umano può produrre ricavi operativi soddisfacenti e proporzionali agli oneri economici sostenuti. L'intelligence infine per evitare pericolosi distacchi dalla realtà deve aprirsi all'esterno, confrontandosi ed interagendo con le espressioni più significative della società. L'asserto sembra in contraddizione con il carattere di riservatezza che ne dovrebbe circondare l'attività, ma questo indirizzo, con i dovuti temperamenti, appare ormai ineludibile per conseguire quella sensibilità che sola può permettere alla funzione informativa di costituire il necessario valore aggiunto utilizzabile come significativo contributo alla crescita di una moderna collettività. |