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GNOSIS 2/2006
Le parole del Corano le immagini dei martiri

La strategia mediatica dei guru di Al Qa'ida


articolo redazionale

Si è spesso affermato che l’Occidente combatte una guerra asimmetrica, contro un nemico che non ha territorio ne divise. A ben vedere, il popolo jihadista, questo insieme di individui che costituisce il ‘nemico’ che dobbiamo combattere, ha in realtà un suo territorio, raggiungibile ed identificabile. Si tratta però di una territorialità che richiede una visualizzazione diversa dal solito, che è presente in un sistema dove non esistono confini geografici ma elettronici, dove non ci sono volti ma nickname e non c’è frontiera ma login e password. L’attenzione che giustamente si presta a tutto quanto appare in rete trasforma il network fondamentalista elettronico in una sorta di ‘Stato virtuale’, di ‘Stato’ nel senso più antico del termine, e cioè Stato-comunità, che in quanto tale assume una propria attendibilità, un proprio potere che si basa sulle caratteristiche e la struttura del sistema mondiale dei media che, involontariamente, contribuisce a fornire ‘copertura’ e diffusione alle armi-messaggio e ai codici islamisti.


foto ansa


Innalzamento del livello di scontro

Uno dei must nelle metodologie operative dei gruppi terroristici, e non solo loro, è quello di elevare il livello conflittuale dello scontro tra le parti per rafforzare il consenso ‘interno’ anche grazie agli attacchi ‘di ritorno’ dell'avversario. Infatti, provocando l'avversario a riversare contro le proprie ‘truppe’ ogni tipo di azione, viene rafforzata la necessità di ‘serrare le file’, di una maggiore e più coriacea difesa, coagulando le forze come ‘un sol uomo’ nella ‘condivisione dell'obiettivo’.
L'avversario va ‘provocato’.
In tal senso, tali azioni raggiungono contemporaneamente due obiettivi, uno ad intra (le proprie truppe) e uno ad extra (il nemico).
Questo must è ancor più vero a livello mediatico e, anzi, la moderna tecnologia offre come non mai, anche grazie alla sua versatilità, una pluralità di possibilità nello svolgimento della ‘guerra psicologica’.


Finalità, obiettivi e metodi

Volendo fare, adesso, una sintetica analisi della guerra jihadista combattuta sulla rete, sembra opportuno evidenziare finalità, obiettivi e metodi utilizzati, al fine di poter meglio predisporre, poi, adeguate misure di contrasto.
A nostro parere, lo sviluppo dell'uso di Internet, da parte dei gruppi jihadisti, ha come finalità:
a) il ‘posizionamento sul terreno’ contro i diversi nemici del jihad globale;
b) la ‘propaganda’ nelle sue varie forme;
c) lo ‘scambio di informazioni’ tra gruppi operativi jihadisti in maniera occulta.
Tali finalità sono relativi a due obiettivi che, fondamentalmente, sono:
1) un obiettivo ‘ad intra’: il mondo islamico e particolarmente, sia quanti appartengono alla realtà jihadista, sia quanti sostengono questa realtà, sia, ancora, quanti sono combattuti tra l'adesione alla lotta armata e la ricerca di altre strade meno cruente, per la ‘difesa dell'Islam’;
2) un obiettivo ‘ad extra’: tutti quei soggetti che genericamente possiamo definire ‘nemici del vero Islam e del jihad globale’ (in questa categoria di ‘nemici’ vanno inseriti una pluralità di attori, dai ‘regimi arabi corrotti’, ai gruppi integralisti che accettano però alcuni aspetti delle regole democratiche occidentali, ai ‘crociati e sionisti’).
La funzione che intende svolgere, l'uso del mezzo internet, nei confronti dell'"obiettivo ad intra" (mondo islamico) si può riassumere con: diffondere l'idea di una ‘Ummah (Comunità islamica) virtuale’; far assurgere a ‘modello da imitare’, sia la comunità jihadista, sia il suo Capo, l'Emiro Bin Laden, per l'instaurazione di un nuovo Califfato (di cui peraltro Bin Laden non dice di voler essere a Capo, in quanto non ne avrebbe i requisiti formali), anche se solo ‘virtuale’; distinguersi dai ‘regimi arabi corrotti’, che fanno accordi con l'Occidente ed hanno paura ad attaccarlo; veicolare la propria interpretazione teologico/politica dell'Islam, che vuole essere globale e al tempo stesso unificante, presentandosi come l'unica capace di superare le divisioni interne al mondo islamico, specie sunnita; fornire messaggi facilmente percepibili per chi appartiene alla cultura islamica, ma spesso ‘criptici’ per chi appartiene ad altre culture.
Questo dato vuole segnalare anche una ‘superiorità’ culturale dovuta al fatto che la lingua araba è poco conosciuta dagli occidentali, mentre l'inglese, e anche il francese, sono lingue note nel mondo arabo; esaltare il jihad e chi combatte per essa, attraverso filmati di guerra e riprese di attacchi jihadisti, facendo diventare Internet una ‘vetrina dei successi jihadisti’; reclutare altri jihadisti (1) ; individuare gli ‘obiettivi’ da colpire e ‘segnalarli’ alla ‘comunità jihadista’, fornendo anche la gradualità e la scala di valori (2) ; diffondere idee jihadiste a basso costo.
Non c'è bisogno di grossi capitali per mettere su un ‘giornale jihadista’ o un ‘tg jihadista’ ma, soprattutto, non si deve rispondere ad un ‘finanziatore’. Per cui ‘massima libertà a bassissimo costo’ (anche se ci sono sempre dei finanziatori); infine, the last but not the least, permettere l'attività ‘operativa’ jihadista, attraverso lo scambio di informazioni nel web sommerso o utilizzando diversi espedienti (ad es. la ‘buca morta’). Inoltre è molto forte anche il ‘training on-line’ con la nascita di vere e proprie ‘accademie virtuali’, con le varie sezioni dei corsi (dottrinari e militari). Non ultimo, il web è utilissimo per ottenere mappe di città o luoghi simbolo contro cui fare attentati o informazioni specifiche su persone o cose.
Per quanto concerne l'obiettivo ‘ad extra’, sempre sinteticamente, vediamo quale funzione svolge l'uso di internet: prendere posizione sul campo di battaglia per la ‘netwar’. Internet appartiene a pieno titolo alla sezione: ‘guerra psicologica’.
‘La guerra ai nemici di Dio non si fa solo con le armi ma anche con la penna, la conoscenza e la spada’; porsi di fronte al nemico, a viso aperto, mostrando di non aver paura; inviare ‘messaggi’ di minacce all'Occidente, perché deve mettere fine all'occupazione del Dar al Islam e allo spogliamento dei beni dell'Islam (3) ; condurre un terrorismo mediatico, nel quale ‘spaventa e terrorizza’ il nemico, mostrando come questi, dopo essere stato avvisato, venga ‘colpito al collo’ (la decapitazione diventa una forma di ‘citazione’ del Corano); cercare di condizionare ‘politicamente’ le scelte dei Paesi occidentali; mandare messaggi di tregua, che se non accolti diventano avvertimento di un ulteriore attentato; evidenziare in diversi modi la superiorità dell'Islam di fronte al proprio nemico.
All'interno di questo schema, poi, c'è da dire che su Internet vi sono una pluralità di ‘tipologie’ di siti, che determinano tutta una gradazione di appartenenza al mondo jihadista, da quelli chiaramente riconducibili a gruppi jihadisti, fino a quelli, che sono solo ‘simpatizzanti’. Così possiamo avere webmaster jihadisti, siti terroristi, ma anche gruppi di media indipendenti, fino ad arrivare a gruppi chiaramente non terroristi, ma che assolvono alla funzione, più o meno consapevole, di ‘supporto esterno’.
In questo senso, oltre ad internet, deve essere fatta una considerazione sul mezzo televisivo, che spesso può assolvere proprio a questa funzione.
In un recente comunicato, Bin Laden, nel criticare il ‘macellaio della libertà nel mondo’ - G. Bush che ‘prende di mira i media che riportano i fatti sulla situazione reale’ - e nel segnalare che comunque l'informazione è controllata dall'Amministrazione Usa, fa un riferimento alla televisione qatariota, Al Jazeera, di cui, pur definendola ‘una delle vostre creazioni’, tuttavia ricorda come siano state bombardate le sedi di Kabul e Baghdad, e come fosse al vaglio dell'amministrazione americana l'idea di attaccare anche la sede principale nel Qatar. Emerge quasi, dalle parole dell'Emiro yemenita, che questa televisione sia oggi il minor male, nel panorama dei media.
In questo senso, allora, alcuni programmi, come quelli di Yousef al-Qardawi, possono essere interessanti da seguire in quanto - essendo lo Sceick fonte islamica autorevole e molto ascoltata nel mondo musulmano - è capace di formare e indirizzare le opinioni degli ascoltatori correligionari. Ancor prima dell'analisi dei contenuti del tele-predicatore islamico, resta significativo il fatto che la sua presenza, sullo schermo qatariota e per tutto l'orbe islamico, sia quasi quotidiana e tocca le ore di maggiore ascolto , a seconda della fascia orararia in cui vengono trasmesse (4) .
Pertanto, se tale autorevole fonte islamica è favorevole, ad esempio, agli attacchi suicidi, ed è veicolata nelle ore di maggior ascolto su una rete satellitare in lingua araba, per quanto questa non sia direttamente legata ad al Qa’ida di fatto svolge un ruolo di ‘supporto esterno’ (involontario?), nella diffusione della ‘jihadist moral suasion’.
Tornando all'uso di Internet, invece, per una analisi più puntuale dei messaggi veicolati, preliminarmente devono essere considerati almeno quattro elementi base: quale sito pubblica la minaccia; chi la firma; la data del messaggio; la lingua utilizzata.
Facendo, ad esempio, una breve considerazione sui messaggi di minacce all'Italia - tenendo presente che quanto minacciato da Bin Laden è ben diverso da quanto minacciato dalle Brigate Abu Hafs al Masri - è possibile cogliere alcuni elementi di fondo:
1) l'Occidente è in guerra contro l'Islam, e questo comporta ‘l'obbligo individuale’ di ciascun musulmano di difendere il sacro suolo dell'Islam;
2) chi è associato agli Usa e a Israele in questa guerra, è automaticamente un ‘nemico’ da colpire;
3) l'Italia è tra i Paesi che appoggia gli Stati Uniti, in Afghanistan e in Iraq, quindi deve essere colpita.
Questo è quello che potremmo definire il dato politico. Liberazione ‘politica’ delle Terre islamiche, sia dal giogo militare che dall'asservimento economico e culturale.
A tal fine, spesso, Bin Laden o Zawahiri fanno riferimento ad accadimenti storici del passato, vds. il colonialismo, per confermare che questa perenne guerra tra Occidente cristiano e Oriente arabo continua e finirà solo con la fine dell'uno o dell'altro.
E qui subentra l'altro dato, quello religioso e ‘apocalittico’.
In questa lotta perenne, Roma ha un significato tutto particolare. Se da una parte Bush è definito il ‘nuovo Cesare’ o il ‘Faraone’, emblema quindi del male e dell'Impero romano-cristiano, a capo delle truppe crociate, quasi ad assumere una doppia valenza politico-religiosa (con una confusione dei ruoli e dei dati storici notevolissima, ma ininfluente ai fini dell'uditore islamico), d'altra parte la città di Roma, l'Italia e il Vaticano mantengono tutta la loro carica simbolica e, per gli islamisti, sono il riferimento di tutta la cristianità, assurgendo così a doppio elemento simbolico, politico e religioso.
A tale riguardo, c'è tutta una letteratura politico-religiosa islamica, a forti tinte ‘apocalittico-millenaristiche’, che viene così ripresa e sfruttata a fini politici.


foto ansa


Funzione comunicativa del simbolo

Un piccolo chiarimento, in ordine proprio alla funzione dei simboli.
Ogni ‘simbolo’ ha sempre un ‘plus’ che va oltre il ‘significante’ e il ‘significato’, che lo fa essere aperto all'interpretazione del lettore. E' la forza comunicativa del simbolo, tipica dell'analogia e dell'allegoria.
Così, mentre nella mentalità occidentale ciò che prevale, generalmente, è la ‘logica dell'identità’, tipica del pensiero razionale scientifico-matematico, per cui ad "A" corrisponde un significato "A", nel mondo orientale in generale, e quello arabo in particolare, spesso prevale la ‘logica dell'analogia’, così che ad "A" possano corrispondere più significati. E' il parlare simbolico tipico dei poeti.
In tal senso il substrato della cultura araba è fortemente influenzato dalla poesia e dalla cultura ‘orale’ (5) . Lo stesso Corano, con la ‘recitazione’ del poema ‘Sacro’ è considerato dagli islamici un testo poetico e non di prosa.
Allora non può passare inosservato il fatto che siano state attribuite, proprio all'Emiro Bin Laden, alcune poesie, così come il fatto che i suoi discorsi siano pieni di citazioni coraniche, della Sunna e di dotti interpreti delle Tradizioni islamiche.
In altri termini, la piena ‘islamicità’ dell'autore emerge dalla misura in cui la sua ‘storia culturale’ appare in sintonia con la ‘sensibilità’ di quanti possano riconoscerlo come ‘guida’, in quel dato contesto sociale. E' per la comune ‘cifra culturale’ che emerge quel ‘riconoscimento’ legittimante il leader, laddove la legittimità è ‘verificata’ dall'obbedienza data dagli uditori, attraverso il fatto di seguire le indicazioni della guida.
Nel caso di Internet tale obbedienza non nasce da una costrizione, ma da un'adesione libera e volontaria, frutto maturo di quell'etat d'esprit che si evidenzia come segno di massima unione tra ‘governante’ e ‘governato’. E' la ‘moral suasion’, per ottenere la quale chi parla deve essere in grado di conoscere e muovere le corde del ‘cuore’ e della ‘testa’ di chi ascolta.
E' indubbio che tutto questo ‘si muove’ in rete, e Bin Laden, Zawahiri ed accoliti sanno toccare spesso proprio queste corde.


Come ‘trattare’ questo fenomeno?

‘Trattare’ tale fenomeno, nel senso molteplice del termine, significa:
1) conoscerlo, 2) seguirlo, 3) fermarlo.
Quanto al ‘conoscerlo’, si ritiene sia già stato illustrato. Quello che bisogna sapere è quale siano: obiettivo; finalità; mezzi usati; risorse disponibili; risorse ricercate. E' un conoscere come monitoraggio, come approfondimento del mezzo usato ma anche dei termini linguistici, della cultura sottostante, delle tecniche militari, dei riferimenti dottrinari e quelli storici, sia religiosi sia militari. E' un immergersi nel mondo islamico a ‘tutto tondo’. Ci vuole tempo, pazienza, volontà e soprattutto, desiderio di farlo.
E qui non può non emergere una riflessione disincantata.
Mentre è tipico della cultura araba, avere ritmi di vita meno frenetici di quelli che si vivono in Occidente, noi, sovente, siamo così presi dalle cose che ci occupano senza avvertire più il ‘gusto’ di fermarci, un ‘tempo adeguato’, per riflettere su quello che facciamo. Non abbiamo mai ‘tempo’. Avere il tempo, di riflettere, è una grande ricchezza e, in chiave ‘militare’, una grande forza. Se altri hanno avuto ed hanno il tempo di pensare, di leggerci, di studiarci, di conoscerci, di individuare i nostri punti deboli…e quindi di colpirci, e noi non facciamo altrettanto…prendendoci il tempo necessario, siamo già in una posizione di debolezza.
Altrettanto per la pazienza, strettamente legata al tema precedente.
In genere chi è ‘sconfitto’ o si sente tale - la sindrome degli "sconfitti e sfruttati" è tipica dei gruppi jihadisti - dedica il suo tempo per ottenere una rivincita. Anche in questo siamo fortemente carenti, abituati a bruciare tutto in fretta, anche i nostri retaggi storico-culturali o le nostre paure (compresa ‘la paura dell'altro’) che spariscono e si ripresentano con velocità sorprendenti.
La capacità di attendere il ‘momento opportuno’, che ‘le istanze incrocino le circostanze’, è segno di una saggezza che oggi, per assurdo, favorisce proprio chi ha questo ‘tempo’.
Desiderio e volontà. E' il desiderio a muovere la volontà. Maggiore è il desiderio, più forte è la volontà a perseguire l'oggetto. Cosa vogliono i jihadisti, quale desiderio li spinge. La rivincita? Il riscatto? L'odio? La gloria di Allah e/o dell'Islam? Quale che sia, è una forza propulsiva potente, che muove la volontà al punto da riuscire a far perdere anche la vita per essa.
Ma quale desiderio ‘potente’ può e deve muovere la nostra volontà?
‘Seguirlo’. E' il versante ‘tecnico’. Ci vogliono competenze tecniche sempre più sofisticate, perché nella rete la possibilità di sfuggire è immensa, anche se è possibile ‘tracciare’ i messaggi. Più si sviluppano gli uni più si perfezionano gli altri. E' una lotta senza tempo, ma anche contro il tempo. Nascono e muoiono siti, perfezionano il modo di mandarsi messaggi senza venir intercettati, etc. Mai come in questo campo, però, oltre a Sigint e Digint è necessario …l'Humint!!
‘Fermarlo’. Ma fermare cosa? I siti troppo filo jihadisti? Per uno che viene chiuso altri dieci spuntano, ma non si conosce più l'indirizzo I.P. Questa è una prima grossa problematica. Sapendo dove stanno si sa anche quello che dicono, e si possono recepire importanti informazioni. Ma d'altra parte se continua l'attività di propaganda, si crea quell'etat d'esprit che è proprio ciò che si vuole evitare. Quando invece vengono chiusi si ricostituiscono ma nel frattempo non si sa dove cercarli, e soprattutto cosa dicano.
Quindi prima questione: è bene chiudere siti e provider?
E comunque, anche riuscendo a stanarli, questa rientrerebbe nell'attività di monitoraggio e/o repressione.
D'altra parte, si dovrebbe, creare un dibattito ‘islamico’, che vada contro i jihadisti. Poter contare su islamici moderati che li condannino, che creino un controaltare, ma che non siano riconducibili né agli Occidentali né ai Paesi islamici moderati o filo-occidentali, altrimenti non avrebbero presa. Significa cercare di dividerli al loro interno, poter avere fatwa di imam ragguardevoli (sull'esempio, uguale e contrario, di un Al Qardawi), che condannino e non assolvino (6) .
Infatti, la battaglia culturale e delle idee è la sola strada, sicuramente di lungo periodo, che può dare qualche risultato effettivo (non effimero come le ‘tregue’) - pur senza lasciare di battere la strada della ‘repressione’ - ma, nello stesso tempo, l'Occidente dovrebbe anche recupare la consapevolezza della propria identità. Infatti, per quanto militarmente ed economicamente forte, l'Occidente è spesso percepito dal mondo islamico come profondamente debole, perché considerato moralmente corrotto e privo di una sua identità forte. Questa critica, al di là della sua giustezza o meno, impone una considerazione.


Il problema è anche: 'chi siamo noi?'

L'Occidente, infatti, forse dovrebbe veramente ritrovare se stesso, la propria identità, per poter interloquire in modo autentico - anche attraverso la guerra - ma da pari a pari.
Oggi ad un'identità più o meno ritrovata, nel mondo islamico, che sempre più passa attraverso il dato ‘religioso’, fa da contrappeso un Occidente che sembra privo di qualsiasi riferimento ‘superiore’ (dalla difesa delle libertà fondamentali di laica memoria - vds. il caso delle vignette che ha diviso lo stesso campo occidentale - ad una qualsiasi radice religiosa) che sia veramente unificante. E non può essere certo la forza militare, che rimane un mezzo di comunicazione, ma non esso stesso contenuto.
Su questo dato, sicuramente, occorre riflettere.


(1) Tuttavia, ai fini del reclutamento, Internet ancora è considerato poco sicuro, dai jihadisti, perché possibile via di infiltrazione da parte delle Foze dell'Ordine o dei SS.II..
(2) Ad esempio, quali Nazioni colpire prima e quale tipologia di persona. Su Al Battar del 29.04.2005, viene fornito l'elenco delle Nazioni - nel quale l'Italia è al 6° posto - e delle persone da colpire. Primi gli uomini d'affari, ultimi i turisti.
(3) La bottiglia d'acqua bevuta dal soldato americano, con la scritta in arabo sulla bottiglia "l'acqua della Mecca", che si vede per circa due secondi nel "primo cartone animato jihadista", oltre a voler evidenziare che l'Arabia Saudita finanzia il miscredente americano (quindi messaggio "ad extra", versus Arabia Saudita e USA), fa anche riferimento all'acqua "sacra" della fonte di Zam Zam. E qui il messaggio ad intra vuole far cogliere al navitagore musulmano come un "bene islamico" sia svenduto dai sauditi e "depredato e sfruttato" dagli americani. E' evidente il parallelismo anche con la propaganda tipica jihadista dello sfruttamento dei beni dell'Islam, quale il petrolio, oggi bene "vitale" quanto l'acqua. Tutto questo, nella sola immagine di 2 secondi del cartone animato.
(4) Infatti, tranne il mercoledì e il giovedi (paragonabili al nostro sabato e domenica, dove minori sono gli ascolti) negli altri giorni, in diretta o in replica, Al Qardawi è presente nel palinsensto di Al Jazeera, sabato, domenica, lunedi e martedì in orari che variano tra le 14.35 e le 23.35. In pratica tocca le fasce orarie di massimo ascolto dei diversi segmenti di ascoltatori (studenti, casalinghe, anziani e lavoratori).
(5) Dove ad esempio i cantastorie assolvevano ad una funzione fondamentale, qual'era la trasmissione dell'identità e della tradizione del popolo arabo.
(6) Ma abbiamo visto che appena qualcuno ha accettato solo alcuni aspetti del mondo occidentale, vds. elezioni in Egitto e Palestina, è stato tacciato di tradimento del vero Islam (Hamas e Fratellanza Musulmana).

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