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GNOSIS 2/2006
Il terrorismo in Italia negli anni Settanta

I Nuclei Armati Proletari
ovvero carcere e mitra


articolo redazionale

La lotta disperata e violenta dei NAP (Nuclei Armati Proletari), attivi lo spazio di appena quattro anni, si inserisce nella storia delle 'organizzazioni combattenti' con peculiari caratteristiche. All'insegna dello slogan "rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei all'esterno", aspirano a una società senza classi e soprattutto senza carceri. I NAP si rivolgono al delinquente comune e nelle loro fila operano ex-carcerati 'politicizzatisi' dietro le sbarre. Prerogative del gruppo sono anche il radicamento nella realtà meridionale (Napoli) e l'utilizzo di esplosivi, una modalità questa decisamente distante da quella delle Brigate Rosse, con cui peraltro i Nuclei realizzeranno anche un'alleanza operativa.


Tra le prime 'organizzazioni combattenti' affermatesi in ordine di tempo, i NAP (Nuclei Armati Proletari), attivi appena quattro anni, dal 1974 al 1977, presentano caratteristiche peculiari. Ciò che li distingue fin dalla nascita è anzitutto la componente sociale, rappresentata dal delinquente comune, il sottoproletariato che vive nell'illegalità. Accanto a studenti e a qualche operaio, nelle fila dell'organizzazione prevalgono, infatti, gli extralegali, ex-carcerati che hanno assunto una 'coscienza politica'.
Alle origini del gruppo sono le rivolte nella carceri, iniziate fin dal 1969 ed intensificatesi negli anni 1973-74 (1) , anche per l'apporto dei primi detenuti per reati politici. L'incontro tra militanza politica e malavita avviene sotto il segno della comune ribellione alla società legale e si nutre dei testi di Frantz Fanon, teorico della liberazione violenta dei popoli colonizzati, e dell'esperienza delle Pantere Nere americane. Il carcere, in quanto massima espressione del 'potere repressivo' esercitato dal capitalismo nei confronti delle classi subalterne, diviene una 'scuola di comunismo' che può trasformare la rivolta individuale del delinquente comune, l'emarginato 'vittima della società borghese', in una componente decisiva del processo rivoluzionario.


Maria Pia Vianale ( foto ansa)

Tra le organizzazioni della sinistra extraparlamentare è soprattutto Lotta Continua ad impegnarsi sui temi del 'carcerario', seguiti dal 1970 con un'apposita Commissione e con la rubrica "I dannati della terra" (2) , pubblicata sul giornale del gruppo. Nel 1974 fuoriusciti di Lotta Continua, convinti dell'ineluttabilità del ricorso alla violenza, danno vita ai NAP a Napoli (3) , con il concorso di altri gruppi locali (tra cui esponenti di Sinistra Proletaria), mentre un secondo nucleo si forma a Firenze, sulla base del Collettivo George Jackson, una delle prime aggregazioni di ex-detenuti 'politicizzati'.
I sequestri di Antonio Gargiulo, figlio di un noto professionista napoletano (25 luglio 1974), e quello dell'industriale cementiero Giuseppe Moccia (il 18 dicembre dello steso anno, sempre nel napoletano) fruttano una rilevante disponibilità finanziaria che favorisce lo sviluppo dell'organizzazione, consentendo l'acquisto di armi e di esplosivi, l'apertura di 'basi' e il mantenimento degli affiliati.
Fin dalla nascita i NAP, che dichiarano anche nella denominazione la loro adesione alla lotta armata, sono strutturati come organismo clandestino, articolato in più nuclei; questi sono composti da elementi 'legali', che conducono una vita apparentemente normale, e da clandestini, stipendiati dall'organizzazione. In assenza di una centralizzazione strategica, competente a decidere le azioni da effettuare, aumenterà sempre più l'autonomia dei singoli nuclei (4) e, dunque, una certa confusione ideologica e dispersione delle forze.
Dopo alcune azioni contro sedi di partiti politici (sono presi di mira soprattutto il MSI-DN e la DC), l'attività dei NAP si concentra contro la magistratura, le forze dell'ordine e, soprattutto, contro le carceri.
L'esordio 'politico' del gruppo, decisamente spettacolare, avviene la sera del 1° ottobre 1974, davanti agli istituti di pena di Napoli (Poggioreale) e Milano (San Vittore), dove una sorta di programma viene diffuso da un autoparlante che si autodistrugge esplodendo dopo la trasmissione (5) . Un analogo congegno è collocato nei pressi del carcere di Rebibbia a Roma, il giorno successivo.
Il messaggio si rivolge ai 'proletari detenuti', invitandoli a riprendere le lotte all'interno del carcere, e annuncia la costituzione, in clandestinità, dei Nuclei Armati Proletari, sorti allo scopo di affiancare e sostenere la lotta dei detenuti contro "i lager dello stato borghese e la sua giustizia". I NAP provengono essi stessi dall'istituzione penitenziaria, sono "compagni ex-detenuti che hanno sofferto il carcere lottando e maturando politicamente, lo hanno sofferto…e…non hanno dimenticato". L'obiettivo, "nostro contributo al proceso rivoluzionario del proletariato", è "rivolta generale nei carceri e lotta armata dei nuclei all'esterno", in quanto "noi non abbiamo scelta: o ribellarsi e lottare o morire lentamente nei carceri, nei ghetti, nei manicomi dove ci costringe la società borghese".
Questo 'fondo' disperato sembra caratterizzare tutta la breve e violenta esperienza dei NAP che, in proporzione alla quantità di militanti effettivi, sono molto probabilmente il gruppo armato con il maggiore numero di morti. Nella storia del gruppo ricorrono, se non una vena autolesionista, una sorta di tragica disinvoltura nel praticare la lotta armata unita a una visione pessimista, un ribellismo disperato contro una società sostanzialmente percepita come immodificabile.
Il 29 ottobre 1974 a Firenze, un gruppo dei NAP viene intercettato dalle forze dell'ordine mentre tenta una rapina. Nello scontro a fuoco muoiono il venticinquenne Luca Mantini e il ventenne Giuseppe Romeo (nome di battaglia 'Sergio'), un ex-detenuto napoletano, mentre vengono catturati Pasquale Abatangelo e Pietro Sofia, entrambi feriti; un quinto complice riesce a fuggire. Mantini è ex-militante di Lotta Continua a Firenze, che ha scontato una breve condanna in carcere per i disordini scoppiati in occasione di un comizio elettorale missino nel 1972. Avvicinatosi in questa circostanza al mondo carcerario, aveva fondato il Collettivo Jackson, una delle prime aggregazioni di ex-detenuti politicizzati. La sorella, che ne condivide la militanza politica, morirà pochi mesi dopo a Roma.


foto ansa

L'11 marzo 1975 a Napoli, Giuseppe Vitaliano Principe muore dilaniato da un'esplosione, mentre sta preparando un ordigno; gravemente ferito il complice Alfredo Papale. L'episodio consente alle forze dell'ordine di individuare un'importante base dei NAP che, dopo questo episodio, concentreranno la loro attività nella Capitale.
Analoga la vicenda di Giovanni Taras che perde la vita poco tempo dopo (30 maggio 1975) per lo scoppio anticipato della carica esplosiva, mentre sta collocando un ordigno su un terrazzo del manicomio giudiziario di Aversa (6) .
L'uso dell'esplosivo, maneggiato con un'imperizia che in più occasioni si rivela fatale, è del resto una prerogativa dei NAP che li distingue nettamente dalle Brigate Rosse. Proprio in quegli anni il maggiore gruppo terroristico, superata la fase iniziale della 'propaganda armata', adotta la strategia di 'attacco al cuore dello Stato' con interventi mirati, finalizzati all''annientamento selettivo', ed è contrario a metodologie di intervento indiscriminate, suscettibili di coinvolgere 'innocenti'.
Rispetto alle BR i Nuclei si distinguono anche per una cultura politico-ideologica alquanto semplicistica. Non senza incongruenze i pochi documenti programmatici dei NAP da un lato inneggiano alla totale distruzione del sistema detentivo e dall'altro reclamano la riforma del codice penale e di quello carcerario.
La più nota azione dei NAP è il rapimento del magistrato Giuseppe Di Gennaro, della Direzione generale degli Istituti di Prevenzione e Pena del Ministero di Grazia e Giustizia. L'azione viene effettuata a Roma, il 6 maggio 1975, circa un anno dopo l'altrettanto clamoroso rapimento del giudice Mario Sossi ad opera delle Brigate Rosse. La gestione del sequestro si intreccia con la vicenda di tre detenuti del carcere di Viterbo, due fondatori dei NAP (Pietro Sofia e Giorgio Panizzari) e un 'comune' politicizzatosi in carcere (Martino Zicchitella). I tre, una volta fallita l'evasione (9 maggio), sequestrano alcuni agenti di custodia e rivendicano ai NAP il rapimento di Di Gennaro. La vicenda si conclude in pochi giorni, l'11 maggio, con il rilascio del magistrato, mentre i detenuti ottengono la diffusione per radio di un loro comunicato e il trasferimento in altri istituti di pena.
Sempre a Roma, l'8 luglio, rimane uccisa Anna Maria Mantini, sorpresa dalle forze dell'ordine al rientro nel suo appartamento (7) . Il 'Nucleo Armato 29 ottobre' ne vendicherà la morte con l'attentato al vice brigadiere Antonino Tuzzolino, che rimarrà paralizzato (9 febbraio 1976), mentre il successivo 5 maggio verrà ferito il magistrato Paolino Dell'Anno, accusato di aver nascosto la vera dinamica dell'uccisione della Mantini.
Nel periodo a cavallo tra il 1975 e il 1976 i NAP intensificano le azioni contro personale e sedi del Ministero di Grazia e Giustizia (8) . Si tratta di una vera e propria 'campagna' contro le carceri, nel cui ambito i NAP intervengono anche d'intesa con le Brigate Rosse. Nella notte del 2 marzo 1976, in contemporanea in varie città (Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Torino), vengono compiuti una serie di attentati contro caserme e incendiati mezzi militari dei Carabinieri, rivendicati l'indomani con un volantino firmato congiuntamente dai due gruppi, "per l'unità della guerriglia".


foto d'archivio

Per la prima volta si realizza una sorta di alleanza tra due formazioni che, "nel rispetto della propria autonomia" e diversità di prassi e genesi politica, dichiarano che "non esistono sostanziali divergenze strategiche" (9) e si impegnano pertanto a praticare "comuni scadenze di lotta e realizzare una unità di azione in un unico fronte di combattimento", auspicando una riunificazione di tutto il movimento rivoluzionario.
Nonostante le forti differenze che intercorrono tra i due gruppi, i Nuclei sperimentano quindi un'al-leanza operativa con le Brigate Rosse, raro esempio di collaborazione nella storia delle 'organizzazioni combattenti' degli 'anni di piombo' (10) . Questa intesa resterà tuttavia un episodio isolato ed il rapporto si risolverà tutto a vantaggio del maggiore gruppo terroristico che, di fatto, erediterà la struttura logistica dei Nuclei, mentre singoli nappisti confluiranno nelle BR, dopo la disarticolazione del gruppo d'origine.
Tra i principali scopi dei NAP è la liberazione dei membri arrestati, preparata sia all'esterno che all'interno degli istituti di pena. Clamorosa l'evasione di Martino Zicchitella, di Giuseppe Sofia e di numerosi altri detenuti, tra cui il bandito Gaetano Mesina, dal carcere di Lecce, il 20 agosto 1976 (11) , mentre il 22 gennaio 1977 evadono da Pozzuoli (con l'aiuto di Antonio Lo Muscio, ex-detenuto politicizzatosi in carcere) Franca Salerno e Maria Pia Vianale, la cui fuga si concluderà nell'estate successiva.
L'evasione avviene proprio mentre si svolge a Napoli il primo processo ai NAP, in cui sono imputate anche le due donne. Come già avvenuto a Torino per le Brigate Rosse, i militanti ne fanno un cosidetto 'processo di guerriglia', con la difficoltà a formare la giuria popolare e con la sequela di proclami e ricusazioni, allo scopo di vanificare il procedimento (12) .
Il 22 marzo a Roma, un agente di Polizia, Claudio Graziosi, riconosce su un autobus la Vianale; dopo aver dato indicazione al conducente di recarsi direttamente al più vicino posto di polizia, sta procedendo all'arresto, ma uno dei militanti che si trova con la donna, forse Lo Muscio, spara uccidendo Graziosi. Nella caccia ai due nappisti in fuga rimane uccisa per errore anche una guardia zoofila, Angelo Cerrai, che si era unita alle ricerche.
L'ultimo capitolo della storia dei NAP si consuma nella serata del 1° luglio 1977 a Roma, sulla scalinata di San Pietro in Vincoli, dove una pattuglia di Carabinieri individua tre militanti dei NAP; nello scontro a fuoco rimane ucciso Antonio Lo Muscio e vengono arrestate Maria Pia Vianale e Franca Salerno.
Il gruppo terroristico termina così definitivamente di operare, anche se la sigla riemergerà periodicamente per rivendicare azioni di scarso rilievo e di dubbia autenticità.
La lezione dei NAP, per quanto fallimentare si sia rivelata la loro storia, non resta tuttavia senza seguito in quello che è il suo specifico contenuto programmatico, vale a dire l'aver attribuito un ruolo rivoluzionario al delinquente comune e, in generale, al mondo dell'emarginazione sociale.
Proprio il proletariato extralegale diviene, infatti, un tema centrale per la cosiddetta 'ala partitica' di Giovanni Senzani, che nei primi anni '80 anima il dibattito interno alle Brigate Rosse. Superando il tradizionale concetto di centralità della classe operaia, il senzaniano Fronte delle carceri-Colonna di Napoli, che si propone di radicare la "guerriglia metropolitana" anche nel Meridione, individua come nuovo soggetto rivoluzionario il "proletariato marginale ed extralegale" (cioè l'area della disoccupazione, dell'emarginazione e della piccola malavita) presente al Sud e nei grandi centri urbani (13) .
Richiami all'esperienza dei NAP sono infine riemersi anche negli ultimi anni, nella propaganda di alcuni gruppi della sinistra extraparlamentare impegnati sul 'carcerario', le cui iniziative divulgative sono reperibili anche in 'rete'.


(1) Nel maggio 1974, la rivolta nel carcere di Alessandria, conclusasi con l'intervento delle forze dell'ordine: sette le persone decedute, tra cui due 'prigionieri' e cinque agenti di custodia presi in ostaggio dai detenuti ribelli.
(2) Il titolo è mutuato da un'opera di Frantz Fanon, medico psichiatra che negli anni '60 ebbe profonda influenza nelle lotte anticoloniali; Fanon indentificava nella massa di persone che compongono il sottoproletariato, tra cui i detenuti, una forza determinante per il processo rivoluzionario. Nel 1972 Lotta Continua pubblica un volume, "Liberare tutti i dannati della terra", in cui figurano scritti di detenuti collegati a LC, molti dei quali diverranno esponenti dei NAP.
(3) I NAP, attivi anche al nord, rivendicheranno sempre il loro radicamento nella realtà meridionale, in quelle 'masse' "da sempre lasciate sole nella lotta per l'emancipazione", proponendosi come "avanguardia più cosciente di un determinato polo di classe (proletariato meridionale e proletariato detenuto)".
(4) L'autonomia politica e organizzativa dei singoli nuclei, formati da "compagni che agiscono in luoghi e situazioni diverse", viene sottolineata nell'autointervista del giugno 1975, laddove si afferma anche che la sigla NAP non è "una firma che caratterizza un'organizzazione con un programma complessivo, ma…sintetizza i caratteri propri della nostra esperienza".
(5) A Milano il dispositivo della trasmissione non funziona e si verifica solo l'esplosione, in contemporanea a quella di Napoli.
(6) L'azione viene rivendicata dal 'nucleo Sergio Romeo'.
(7) Si tratta della sorella ventiduenne di Luca Mantini, deceduto l'anno prima nella rapina di Firenze. La giovane donna è tra i fondatori del 'Nucleo Armato 29 ottobre' che ha gestito il sequestro Di Gennaro.
(8) Tra le azioni effettuate, il ferimento dell'agente di custodia Cosimo Vernich, a Milano il 7 ottobre 1975, e quello del consigliere di Cassazione Pietro Margariti, capo dell'ufficio Prevenzione e Pena, il 28 gennaio 1976 a Roma.
(9) Un legame operativo e organizzativo tra NAP e BR viene, invece, negato nell'autointervista diffusa dopo il sequestro Di Gennaro.
(10) NAP e BR agiscono nuovamente insieme a Milano, il 22 aprile 1976, nell'irruzione alla sede dell'Ispettorato distrettuale per gli Istituti di prevenzione e pena.
(11) Quasi tutti nuovamente catturati nel giro di due mesi, ad eccezione di Gaetano Mesina e di Martino Zicchitella. Quest'ultimo morirà il 14 dicembre 1976, nell'agguato dei NAP al responsabile dei Servizi di sicurezza per il Lazio, il vicequestore dell'Antiterrorismo Alfonso Noce, in cui rimane ucciso un agente della scorta, Prisco Palumbo; Zicchitella viene colpito alle spalle, forse erroneamente, da un suo compagno.
(12) Il processo è iniziato il 22 novembre 1976 e si concluderà il 15 febbraio 1977. Dei 26 imputati, ben 23 risultano detenuti.
(13) La fazione che si rifà a Senzani, sostenitrice della costruzione di un 'partito' costantemente in dialettica con le masse e favorevole ad azioni di modesto spessore militare ('propaganda armata'), finirà poi minoritaria e quindi espulsa dall'organizzazione (marzo 1985), con il prevalere dei 'militaristi ortodossi' (BR-PCC), fedeli all'impostazione leninista, incentrata sul ruolo delle avanguardie, ed a una prassi improntata all''annientamento selettivo'.

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