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Per Aspera Ad Veritatem n.19
Economia e sicurezza nazionale: obiettivo di un moderno Servizio di intelligence - Seminario di Roma (1-2 marzo 2001)

Nicolò Pollari, Carlo Santini, Paolo Savona, Piero Luigi Vigna


(*) La fine del confronto bipolare ed il radicale mutamento dell'assetto delle relazioni internazionali che ne è seguito hanno contribuito all'insorgere di minacce nuove con cui l'intelligence dovrà confrontarsi nel prossimo futuro.
Il concetto di sicurezza nazionale tende ad ampliarsi ad aspetti nuovi: economici, ambientali, demografici, informatici, dei flussi migratori, delle comunicazioni. Tra questi la dimensione economica - sia sul versante della protezione che dello sviluppo del sistema economico nazionale - assume certamente carattere di preminenza, rendendo forse necessario un ripensamento del concetto tradizionale di sicurezza nazionale.
In tale quadro e nell'ottica di una concreta collaborazione tra gli organismi informativi a livello europeo, si è svolto a Roma, nei giorni 1 e 2 marzo 2001, il Seminario internazionale "Economia e sicurezza nazionale: obiettivo di un moderno Servizio di intelligence".
I lavori hanno consentito ai partecipanti di confrontare le proprie esperienze nel settore dell'intelligence economica, sia sotto il profilo organizzativo che operativo, in un quadro che segnala sempre più pressante l'esigenza di scambio di informazioni e di cooperazione internazionale.
Introdotto da illustri relatori, il Seminario ha visto emergere un ampio ed approfondito dibattito. Certi di incontrare l'interesse dei lettori, pubblichiamo di seguito gli interventi dei relatori, rimandando per le sintesi in lingua inglese ad altra parte del sito.




Il nostro obiettivo è quello di delineare in concreto le configurazioni, organizzative ed operative, che può e deve assumere una struttura deputata ad esperire attività di intelligence nei settori dell'economia e della finanza per fini di interesse strategico a rilevanza nazionale.
Più che un task, ci siamo trovati di fronte ad una vera e propria "sfida", dato che trattando dei possibili metodi di lavoro abbiamo dovuto "scommettere" sulla accettazione dei contenuti, dando cioè per scontata la previa condivisione in sede politica delle prime proposte formulate - a dire il vero, solo di recente - con la "direttiva Berlusconi" del ‘94 e la "direttiva Prodi" del ‘96 (1) . D'altronde, i cambiamenti della realtà impongono, di solito, riflessioni ben ponderate circa i mutamenti nell'idea - in senso platonico - che del reale si ha; purtroppo, il fattore tempo si rivela la vera risorsa scarsa, ed anzi ogni ulteriore indugio nel perseguire tale prioritaria esigenza, ai fini della sicurezza nazionale, segnerebbe un punto a sfavore nella "partita" giocata oggi su tale "campo"!
Ordunque, per qualificare meglio la peculiarità del nostro contributo di opinioni, ci è parso doveroso circostanziare alcune osservazioni preliminari.
-- Anzitutto, per ragioni di efficienza dell'analisi e di utilità realizzativa, la qualificazione di modelli in astratto non poteva che riguardare unicamente l'oggetto di specifico interesse, con focalizzazione dunque su quei particolari campi di analisi che insistono sull'hard-core dello stesso; pertanto, il raggio d'azione dell'opera di progettazione elaborata ha dovuto necessitatamente lasciare scoperte quelle aree di presidio informativo che, pur contribuendo al perseguimento della sicurezza pubblica del Paese e pure interessate da venti di riforma, tuttavia non risultano di stretta pertinenza col dominio economico-finanziario: ad es. la proliferazione di armi N.B.C., il terrorismo e l'eversione politico-ideologico, etc. (il che può anche essere ritenuto accettabile, in una prima fase di formazione e confronto delle idee!). Da cui, un'ulteriore precisazione: dato che gli interessi individuali di parte, potenzialmente nocivi in misura più o meno rilevante alla sicurezza delle Nazioni, tendono tutti - in ultima istanza - a tradursi o, quantomeno, ricondursi ad obiettivi di arricchimento e consolidamento economico, riusciva alquanto difficoltoso tracciare una "linea di demarcazione" netta tale da delimitare il nostro specifico campo d'indagine. E' chiaro, pertanto, che nella fase attuativa occorrerà successivamente provvedere al necessario coordinamento ed integrazione con le altre aree strategiche di interesse, già presidiate.
-- In secondo luogo, nel rispetto di una visione strategica configurata secondo il paradigma "obiettiviR minacceR strumenti", si imporrebbe di attenersi qui ad un imperativo di metodo: dare preventivamente una definizione dell'interesse collettivo che sottende a tale presidio pubblico di profilassi (i.e. la «sicurezza economico-finanziaria» di un paese), precisandone i contenuti ontologici e circoscrivendone gli ambiti tipici peculiari. Ebbene, in considerazione dell'acclarata problematicità di inquadrare in modo esatto ed univoco la materia (essenzialmente, a causa della sua estrema complessità, eterogeneità e variabilità) e tenuto conseguentemente conto della difficoltà di identificare le esigenze di pubblica tutela associabili in un preciso fine, immoto o sostanzialmente riconoscibile nel tempo (come poteva invece esserlo, per altri presidi, la stabilità politico-istituzionale), abbiamo ritenuto opportuno esulare da ogni codificazione assiomatica, concentrandoci piuttosto sulle ipotesi di lavoro formulabili secondo un approccio di tipo più pragmatico.
-- D'altronde, poco senso avrebbe la stabilità economica come fine tendenziale di azione, essendo condizione già rimessa a meccanismi endogeni non controllabili, i cc.dd. stabilizzatori automatici (es., una imposta diretta di tipo progressivo, un trasferimento pubblico ad assicurare livelli di reddito "vitale", lo stesso fiscal drag): difatti, ogni intervento sul sistema economico dall'esterno, pure correttivo (prociclico o anticongiunturale), operato direttamente con la mano pubblica o agendo per via indiretta sulle regole concorrenziali dei mercati, comporta un'inevitabile modificazione dello status quo (non neutralità); inoltre, è impossibile stabilire a priori quale stato sia preferibile, in assoluto, dovendosi altresì riferire ad archi temporali variabili, ossia più o meno estesi (così, possono aversi obiettivi di recupero di "stabilità" nel breve termine anche mediante politiche restrittive, ma vi sarà un obiettivo di crescita e sviluppo sostenibile nel medio/lungo periodo!) e, soprattutto, occorrendo relazionarsi a specifici fini interni di politica economica, incompatibili rispetto ad un contestuale conseguimento di fini ulteriori (disoccupazione VS inflazione), e sui quali peraltro influiscono - oltre a valutazioni di carattere tecnico - anche l'impostazione culturale del policy maker ed i suoi giudizi di valore; fini che, fra l'altro, risultano spesso subordinati o interdipendenti rispetto a quelli di altre nazioni.
In sintesi, siamo convinti che sia fondamentale rappresentare e far recepire per il momento l'esigenza di tale nuova costituency al livello politico; e l'occasione per ciò può venire proprio dallo sforzo di prospettare, fin da subito, un ventaglio delle possibili modalità realizzative (con illustrazione dei costi e dei benefici per ciascuna di esse), così da far luce in modo tangibile sulle problematiche intrinseche al progetto.
Allo stesso modo, è nostro dovere mettere sull'avviso sulla netta inversione di rotta cui si va incontro, nell'enucleazione del relativo concept: data l'impercorribilità in campo economico-finanziario di presidi a largo spettro (troppo dispendiosi e troppo poco produttivi!) - come, invece, succedeva in precedenza (specie all'indomani della caduta del muro di Berlino che, con la fine del netto bipolarismo Nato / Patto di Varsavia, aveva generato un "vuoto" di minacce) -, risulta altresì indispensabile una concentrazione degli sforzi operativi: il che, a fortiori, implicherà anche una concentrazione dei "fuochi" di interesse, da individuarsi con estrema chiarezza nelle agende degli interventi. Con ciò, presupponendo che l'input (il bisogno di presidio informativo) provenga dalla "domanda" (il livello politico, a monte) nel modo quanto più circostanziato ed esplicito possibile, e senza rispondere - esclusivamente - a logiche di emergenza, bensì elevando a sistema questo asse decisional-funzionale di tipo "top-down", che valorizzi al limite il feed-back proveniente dall'esperienza dei tecnici ai fini di un aggiustamento successivo degli indirizzi politici assegnati.


Un'iniziativa della specie non poteva non prendere le mosse dalla constatazione di talune specifiche circostanze fenomenologiche, caratterizzanti gli odierni scenari geoeconomici - ancor prima che geopolitici - nelle loro più recenti evoluzioni. In breve, si tratta di:
a. la globalizzazione nelle dimensioni dei processi economico-produttivi, sull'onda del poderoso sviluppo tecnologico che ha caratterizzato gli anni più recenti (si pensi ai soli settori dell'informatica e delle telecomunicazioni) e l'affermarsi di un'economia dei mercati in luogo dell'economia delle istituzioni, dove agenti principali sono i privati - nella forma di imprese (nella loro fase più evoluta, i gruppi) - che regolano i proprio rapporti di scambio con strumenti transazionali non strutturati e delegificativi (funzione paralegislativa dei contratti), anche in materia di composizione delle controversie (extragiurisdizionalità degli arbitrati);
b. la diversificazione delle aree geografiche a più elevata concentrazione di ricchezza (multipolarismo) con progressiva perdita di centralità degli USA (anche in termini valutari, con il dollaro che non funge più da unica moneta pivot per gli scambi internazionali, specie sul mercato del greggio) e consolidamento della leadership di nuovi centri alternativi di potere economico (Sud-est asiatico, Cina, area Euro), accanto ad un acuirsi degli squilibri regionali, dapprima intercontinentali (ad es. emisfero settentrionale e meridionale del globo) e, più di recente, infracontinentali (ad es. paesi occidentali e paesi orientali europei), con forti spinte agli autonomismi locali (fiscali e, anche, politici);
c. la sempre più intensa smaterializzazione e volatilità della ricchezza e dei patrimoni, sia individuali che collettivi, resa possibile dal diffondersi di nuove tecniche di ingegneria contrattuale per la gestione del risparmio e/o degli investimenti, e le relative forme di finanziamento, con l'indiscutibile rilevanza strategica ascrivibile ai mercati finanziari (talvolta, anche, con andamento disgiunto rispetto alle tendenze dell'economia reale), oramai estesi su scala globale ed operanti in modo integrato grazie alle interconnessioni telematiche; ciò, avuto riguardo in particolare:
- sia al peso "fisiologico" che esercita su ciascuna economia nazionale il sistema di finanziamento di famiglie e imprese, costituito da un mercato (quello creditizio) regolato da strumenti normativi generali in ragione dell'espletamento di una funzione riconosciuta come pubblica, eppure rispondente talvolta a logiche di indirizzo che esulano da priorità collettive asservendo, piuttosto, interessi settoriali e meccanismi tecnicistici; ed, anche, ingerito da reti d'interessi riconducibili ad organi para-istituzionali (associazioni di settore, casse di rifinanziamento, compensazione e garanzia, etc.) in pool con soggetti finanziari privati di alto profilo (holding pure o istituti di credito all'ingrosso) dalla difficile controllabilità (2) ,
- sia alla possibile influenza esercitata in maniera "patologica" sulle singole economie nazionali e, più oltre, sulle stesse condizioni di stabilità politica e sociale dei vari Paesi, da parte di determinati centri illegali di interesse aventi a disposizione ingenti masse di denaro ovvero in grado di operare repentine movimentazioni di moneta virtuale in misura ingente, come ad esempio le moderne organizzazioni criminali (le quali hanno necessità di adire ai mercati monetari internazionali per fini di riciclaggio dei proventi illeciti), cui corrisponde sul piano istituzionale la presenza di Paesi con legislazioni finanziarie permissive tali da rendersi di fatto impenetrabili a pratiche di enforcement (cc.dd. off-shore) ovvero recanti normative fiscali e bancarie di favore tali da consentire differenziali impositivi e di rendimento convenienti a capitali stranieri (cc.dd. paradisi finanziari).
Tutti fenomeni, questi, di rilevanza accentuata da un'evoluzione non accompagnata dal necessario, adeguato processo di sviluppo ed armonizzazione degli strumenti istituzionali o, quantomeno, legali di controllo.
Dunque, l'attuazione di forme di "presidio" informativo (che vadano dal semplice monitoraggio, al vero e proprio controllo) sulle attività economiche e finanziarie strategiche, nazionali ed estere (ma aventi riflessi sul piano interno), rappresenta una variabile cruciale al fine di contrastare l'utilizzo di poteri economici per finalità potenzialmente destabilizzanti. Tale esigenza, peraltro maggiore in quei Paesi connotati da un elevato grado di apertura economica, diviene imprescindibile per contrastarne utilizzi con finalità illegali, ove il sistema economico nazionale presenti quote tutt'altro che marginali di flussi economico-finanziari non ufficiali (ad esempio, per ragioni magari di natura fiscale-contributiva).
E le difficoltà, in tal senso, sono di tutta evidenza: si tratta infatti di una realtà iperdinamica da studiare, sia in relazione al pluralismo di forme evolutive ed alla molteplicità di ubicazioni localizzative realizzabili dalle grandezze economiche osservate (attività produttive, investimenti, operazioni speculative), sia in ragione dell'attitudine alla frammentabilità ed al camaleontismo che proprio la tendenza alla smaterializzazione dei patrimoni ed alla finanziarizzazione dell'economia inducono.


Alla luce di tali premesse, si prospetta ormai come imprescindibile la necessità, da parte di ogni Paese, di disporre di apparati di intelligence economico-finanziaria, a presidio di aree informative di vulnerabilità configurative secondo mappature strategiche non più meramente geopolitiche ma anche - e soprattutto - geoeconomiche, dove i confini fisici si perdono letteralmente in senso sia territoriale che tecnico e in cui gli attori critici non sono più le Nazioni bensì singoli individui o soggetti (imprese, privati investitori, etc.).
A ben vedere, le minacce più temibili per la sicurezza nazionale, oggi non più personificabili in un particolare soggetto "nemico" (un dato Paese estero) ma piuttosto rappresentate da fenomenologie pericolose a carattere diffuso, delocalizzato e al contempo integrato, sono principalmente riconducibili a:
- attacchi di pirateria informatica contro piazze borsistiche telematiche nazionali, diffusione da parte di operatori specializzati esteri di informazioni false e coartate inerenti il mercato dei capitali interno finalizzate a manovre speculative su valori finanziari (fixing della divisa valutaria (3) , quotazioni di listino delle blue-chips e dei relativi prodotti derivati, parametri indicizzatori della componente variabile dei tassi di rendimento) ovvero sviamento/spiazzamento delle normali aspettative di mercato mediante diffusione di informazioni riservate (insider trading), fino alla collocazione sul mercato nazionale di titoli esteri "ad orologeria" (es. junks bonds e altri valori mobiliari ad alto rischio);
- realizzazione di cartelli trasversali da parte di grandi gruppi economici internazionali (es. le imprese produttrici di oli minerali (4) ) mediante accordi occulti sulla quantità offerta (contingentamenti) o direttamente sui prezzi, a danno dei soggetti privati (distributori e consumatori) nazionali e degli stessi interessi pubblici (in termini, ad es., di contrazione nelle entrate erariali ovvero di "inflazione importata"); nonché, attuazione di pratiche concorrenziali sleali (ad es. dumping);
- penetrazione di interessi stranieri in settori economici vitali (ad es., il comparto energetico, il settore creditizio (5) , etc.) ovvero strategici (l'industria elettronica, le aziende pubbliche privatizzande, etc.), mediante ingresso diretto sul mercato domestico (6) o scalate nel capitale azionario degli stessi operatori nazionali, oltre ai "tradizionali" rischi di spionaggio su conoscenze tecnologiche e sabotaggio di apparati applicativi;
- ma soprattutto, in termini sia quantitativi che qualitativi, il rischio di infiltrazione delle consorterie criminali (nazionali ed estere), organizzate secondo moderni paradigmi economici e con propaggini che tendono a radicarsi nel tessuto dell'economia legale (in special modo, nel settore dell'intermediazione finanziaria) (7) , con gravi ripercussioni derivanti specialmente dal riciclaggio di denaro sporco (8) su:
• un piano interno, per il possibile stravolgimento della normale funzione di intermediazione e dei meccanismi di fluidità, sostituibilità e diffusione informativa tipici dei mercati concorrenziali, nonché per l'alterazione quantitativa e la perdita di controllo sugli aggregati macroeconomici (massa liquida di sistema, tassi reali di interesse); ciò, unitamente ad un effetto inquinante sugli operatori di sistema (banche ed intermediari finanziari "contagiati") e sulle stesse istituzioni;
• un piano internazionale, per la diminuzione della credibilità del sistema-Paese, per le distorsioni allocative sul processo di attrazione/migrazione transfrontaliera delle attività e dei capitali (con effetti negativi sull'interscambio e la posizione netta verso l'estero), e per l'apertura di crisi diplomatiche suscitate da censure o vere e proprie sanzioni conseguenti alla violazione di regole sovranazionali di comportamento, consuetudinarie o legislative che siano (ad es., per l'Italia, da parte della Corte di Giustizia U.E. o dalla stessa B.C.E.) (9) .
Unico "minimo comun denominatore" di tali fenomeni eterogenei, aventi carica di vulnerabilità agli interessi nazionali più o meno accentuata, è la presenza di un vantaggio economico, sia esso un profitto, una rendita od altra forma remunerativa di reddito riscontrabile e riconducibile in capo ad un gruppo di portatori di interesse, dal cui consolidamento si genera - secondo un circolo virtuoso - un potere economico, a sua volta estrinsecantesi nella capacità di mobilitare, attrarre e destinare risorse finanziarie ovvero garanzie alternative. E tale peculiarità accomuna interessi tanto privati (dove cioè il soggetto ha la possibilità di appropriazione esclusiva sulla stessa grandezza economica) quanto pubblici (dove invece lo strumento monetario si pone in via funzionale al perseguimento di obiettivi collettivi, ma dalla gestione amministrativa possono derivare situazioni personali favorevoli, di rendita organizzativa e di "budget discrezionali" per i managers-burocrati e indi di popolarità elettorale per il politico); come pure interessi tanto leciti che illeciti.
In secondo luogo, in una accezione allargata dell'interesse alla sicurezza economica nazionale colta secondo ottiche non soltanto conflittuali ma pure collaborative, l'intelligence economica è naturalmente candidata a presidiare le aree di opportunità che si profilano sugli scenari esteri a vantaggio degli stessi operatori privati domestici, rendendo disponibili le informazioni rilevanti (10) . Tale moderna funzione di "servizio", resa direttamente al sistema-Imprese del paese con creazione di nuova utilità collettiva, servirebbe anche ad avviare un'opera di ravvicinamento in termini di fiducia verso quella che resta comunque la ragion d'essere di ogni struttura pubblica democratica: la popolazione, ponendo di certo nuove sfide in tema di controlli sull'operato di tali apparati.
Così, la sicurezza economica di un Paese diviene bene di pubblico dominio, fruibile anche da singoli componenti della comunità nazionale e, come tale, attribuibile in capo a soggetti terzi (da cui, la legittimazione di forme di out-sourcing organizzativo, ossia di decentramento in mano a soggetti, orbitanti nell'area pubblica e non, di brani della filiera produttiva dell'attività di intelligence economica); laddove, invece, la sicurezza democratica e quella militare erano beni non condivisibili. A titolo di esempio, indichiamo alcuni degli spunti informativi che potrebbero fornirsi:
- fonti estere di approvvigionamento o canali di sbocco particolarmente convenienti (per condizioni qualitative o di prezzo), nonché strategie competitive di mercato/di contrattazione premianti (ad es., governo delle relazioni con le istituzioni ed i principali gruppi d'interesse locali);
- occasioni di bandi di gara per appalti-concorso e avvisi di licitazioni private relativi a grandi commesse pubbliche;
- possibili partners stranieri per intraprendere iniziative congiunte di mercato (joint-ventures, collegamenti societari, etc.) o veri e propri decentramenti industriali (da uffici commerciali, sino a nuovi stabilimenti produttivi);
- possibilità di finanziamenti esteri internazionali e requisiti occorrenti (specie in ambito comunitario), possibilità di costituzione di consorzi internazionali di garanzia per l'accesso al credito ed altre agevolazioni;
- nuove opportunità di investimento diretto (anche finanziario, ma comunque a carattere non speculativo) all'estero, avuto riguardo alle condizioni di stabilità politico-istituzionale locali.
In punto organizzativo, questa impostazione porrà chiaramente il problema di definire le zone di contiguità con settori (e interessi) privati, in ordine alla gestione dinamica dei relativi rapporti.



Quanto ai contenuti minimali, tale attività di intelligence economico-finanziaria dovrebbe dunque esplicarsi, in sostanza, nel:
- sondare costantemente i processi economico-finanziari di breve e brevissimo termine, sia a livello di fenomeni e andamenti di mercato (monitoraggio c.d. "di settore") sia di tendenze nell'ambito del sistema-imprese/mercati/istituzioni (monitoraggio "ambientale"), individuando tutti i possibili elementi di anomalia o d'interesse;
- elaborare le informazioni e riferire le valutazioni con la dovuta tempestività all'autorità di Governo, dando anche indicazione degli strumenti più idonei al contrasto delle minacce o all'approntamento di misure promozionali;
- prevedere, in una prospettiva di medio periodo, le possibili evoluzioni delle situazioni (in senso favorevole o avverso) degli scenari di massima.
Nel tradurre tutto ciò in indirizzi operativi, si deve poi tener conto che l'informazione rilevante in materia di intelligence economica si configura in un nuovo, differente modo rispetto al passato: non più notizie dense di valore informativo intrinseco (come per un brevetto per un ordigno bellico, un segreto di strategia militare, una formula industriale), ma "spalmate" su un panorama ben più vasto di elementi concomitanti (quote di mercato; indicatori economici, finanziari e borsistici; bilanci delle imprese; etc.); in altri termini, il singolo dato - peraltro di dominio pubblico e disponibile in modo immediato - di per sé rimane insignificante, se non ricondotto al flusso informativo rilevante che si associa alla concatenazione fenomenologica degli eventi di criticità sottostanti.
Dunque, non essendovi adesso segreti da carpire, bensì notizie evidenti sì, ma frammentate, da raccogliere, ordinare e ricomporre, la filosofia operativa (nonché gli apparati strutturali) dell'attività di intelligence subirà le opportune modifiche: il che, in prima battuta, sentenzia il declino della funzione di "sensore"/"antenna" dell'agente segreto fisicamente presente sul luogo di produzione o trasmissione dell'informazione rilevante e l'affermarsi di nuovi know-how operativi determinanti: la capacità di analisi ed interpretazione degli episodi e delle tendenze economiche complesse, di cui può essere dotato solo un esperto di settore (ossia, agenti di cambio ed operatori di mercato, funzionari di banche o di S.i.m., rappresentanti di organi di controllo e vigilanza, nonché liberi professionisti, partners presso società di consulenza, analisti di scenario e pianificatori di strategie presso imprese industriali).





Prima ancora di passare a parlare e discutere sulle possibili configurazioni organizzative e moduli d'azione, ribadiamo che vanno posti quale punto fermo, preliminare a qualsiasi presidio di intelligence economica, i termini dell'interazione fra livello politico ed organi esecutori del servizio: 1) una puntuale e chiara assegnazione di obiettivi specifici (con indicazione delle priorità, in caso di pluralità di obiettivi), di esclusiva del primo ambito, successivamente accompagnata da 2) una precisa e dettagliata traduzione in attività operative, stabilita avvalendosi del supporto di esperienza e competenza degli organi tecnici; il tutto, dunque, secondo una direttrice di definizione "dal basso verso l'alto".
Dal punto di vista prettamente realizzativo, dopo aver premesso che l'apparato di informazione e sicurezza qui ipotizzato non si identifica con semplici organismi di vigilanza ad hoc, già attivati in certi Paesi ed aventi connotazioni di polizia (quali il Tracfin francese, il Fincen statunitense, l'Astrac australiano, etc.), evidenziamo che la corretta metodologia di progettazione organizzativa richiede in primo luogo il rispetto di principi basilari (comuni a qualsiasi modello organizzativo) e di coerenza peculiare (rispetto alla specifica mission) sotto alcuni profili canonici di analisi e, quindi, la scelta fra ipotesi alternative di modelli, elaborati in ossequio ai criteri progettuali suddetti, sulla base di una comparazione dei costi e benefici correlati.

F a s e "A" : principi basilari di progettazione
Orbene, per poter realizzare un modello organizzativo che soddisfi in modo ottimale il quadro di esigenze (di metodo e di intervento) così individuate, devono prendersi in considerazione tre aspetti fondamentali:
1) le caratteristiche strutturali del servizio in astratto, ossia la configurazione organica della sua architettura, l'articolazione per unità organizzative e livelli gerarchici ed il coordinamento interfunzionale in orizzontale tra le varie articolazioni, tenuto conto dei vari ambiti operativi rilevanti in senso sia funzionale che territoriale (progettazione della macro-struttura);
2) i prevedibili ruoli organizzativi e, in dettaglio, le specifiche mansioni funzionali da assegnare ai diversi livelli di operatività della struttura, nonché le corrispondenti tipologie di professionalità richieste al personale addetto, con particolare riguardo all'estrazione culturale e professionale dei soggetti da reclutare (progettazione delle micro-strutture);
3) le "procedure" gestionali indispensabili per poter garantire un efficace ed efficiente funzionamento del dispositivo, tra i quali in via principale le politiche di gestione delle risorse umane, la definizione dei sistemi informativi e relazionali, la programmazione delle attività e il loro controllo (progettazione dei meccanismi operativi).
Per quanto riguarda dimensioni e forma strutturali, si ritiene opportuno concepire 3 livelli essenziali di articolazione:
I. una Unità di Direzione, referente e responsabile verso l'organo politico esterno, ed incaricata dell'indirizzo e della programmazione informativa nonché del controllo interno;
II. un numero variabile di Uffici Analisi operanti in line, autonomamente attivi su fonti aperte e ciascuno specializzato su specifici segmenti di presidio (per materia ovvero per zona geografica di competenza);
III. una molteplicità di singole cellule sensorie esterne, che fungano da collettori di dati altrimenti non rilevabili e da verificatori di informazioni presumibilmente rilevanti apprese in via riservata.
Prerogative imprescindibili dell'organo centrale di direzione dovrebbero essere quelle di:
I.a
- pianificazione strategica delle esigenze esplicitate in sede politica e traduzione in presidi informativi, per i settori di azione rilevanti,
- programmazione del dispiegamento strategico delle risorse e delle tecniche operative,
- definizione dei criteri di controllo interno e delle linee-guida del coordinamento interfunzionale,
- indirizzo di esigenze spot di azione informativa;
I.b
- riferimento all'organo politico degli scenari di vulnerabilità/ opportunità prospettati sulla base delle informazioni globalmente prodotte dalle unità di 2° e 3° livello (Uffici Analisi / Cellule periferiche),
- illustrazione delle eventuali opzioni di protezione/promozione esperibili nell'immediato,
- elaborazione di ipotesi evolutive di macro-scenari, in forma aggregativa, su orizzonti temporali di medio periodo,
- redazione periodica consuntiva finale delle attività svolte e dei risultati conseguiti (11) .
Caratteristica saliente degli Uffici Analisi (raggruppabili in Divisioni) è di realizzare la necessaria compenetrazione fra struttura interna ed ambiente (laddove, in precedenza, tale funzione di confine veniva svolta da agenti "infiltrati", in totale assenza di visibilità o referenziabilità esterna), ripartibile in due distinti livelli: uno decentrabile, di presidio informativo e interfaccia (con dislocazione per territorio), ed uno centralizzato, di collegamento e raccordo (con specializzazione per materia). Per le prime unità, accentrate o periferiche, riteniamo che un'interessante configurazione -soprattutto, per le aree estere più sensibili - potrebbe consistere nel ricorso a vesti societarie private (es. aziende di consulenza, intermediazione finanziaria, etc.) realmente operanti; per le seconde, dovrebbe viceversa escludersi una collocazione esterna, nell'ambito di rappresentanze istituzionali quali ambasciate, sedi consolari e diplomatiche o uffici dell'ICE e simili, attesa la necessità di impegnare risorse e mezzi massicci e di garantire la più totale riservatezza.
Sotto il mero profilo organizzativo-funzionale, tali articolazioni dovrebbero in generale occuparsi di:
II.a
- studio delle realtà locali o settoriali, con individuazione dei possibili varchi interessanti e metodi efficaci di penetrazione informativa,
- collegamento interfunzionale e sviluppo di sinergie con articolazioni di pari livello, impegnate su fronti specifici differenti,
- supporto tattico-logistico nei confronti delle eventuali Unità di livello inferiore ovvero delle configurazioni esterne;
II.b
- acquisizione delle informazioni rilevanti ai fini della i.e. acquisite, in via delegata o anche autonoma, da O.I.S. di Forze/Corpi Armati ovvero dalle stesse Agenzie, e loro destinazione ai competenti Uffici Analisi,
- concentrazione delle informazioni, comunque acquisite, da parte di organi istituzionali ed enti estranei al settore (Ministeri economici e per l'estero, Bankitalia, Consob, Isvap, A.G.C.M., Istat, C.N.R., etc.),
- gestione diretta dei rapporti con autorità tecniche e collaterali esteri;
II.c
- monitoraggio costante dei segmenti di presidio informativo,
- indicazione di eventuali elementi su cui procedere a riscontri di merito,
- analisi dei dati osservati (cernita, aggregazione e elaborazione),
- sintesi dell'informazione rilevante (possibile minaccia/opportunità),
- predisposizione dei rapporti informativi (per materia o per area geografica) e dei relativi reporting di periodo.
Quanto, infine, alle Cellule sensorie esterne, esse vanno naturalmente inserite all'interno di organismi bancari, finanziari o societari di primaria importanza operativa sulla scena nazionale ed estera, ovvero preventivamente segnalati per la presenza di anomalie con riguardo, ad esempio, al tipo di operazioni poste in essere, al tipo di clientela trattata ovvero, ancora, al tipo di assetti proprietari conferito al proprio capitale sociale. A tale ultimo riguardo, una collocazione ideale potrebbe essere quella presso paradisi finanziari, meglio se non in veste di operatore o esperto di mercato (ad es., come insegnante di golf in circoli esclusivi, etc.).
Andranno infine previsti razionalmente dei propri organi di staff accentrati:
a. un Reparto Amministrazione e Personale, con funzioni di selezione e gestione delle risorse umane (12) ;
b. un Reparto Informatica, con funzione di gestione delle banche dati, dei sistemi di trasmissioni/telecomunicazioni e di ricerca e sviluppo di sistemi ed applicazioni di analisi (13) ;
c. un Reparto Logistica, con funzioni di approvvigionamento, conservazione e gestione degli equipaggiamenti e materiali vari (14) ;
d. un Servizio Operazioni, composto dai vari direttori di reparto, con funzioni di supporto alle missioni operative ad hoc e relazionantesi al rispettivo Direttore dell'Ufficio Analisi interessato.



Per quanto riguarda, poi, gli aspetti microstrutturali, abbiamo già accennato come gli elementi di minaccia e/o di opportunità individuati assurgono ad obiettivi di azione secondo prospettive rivoluzionarie di fare informazione; val la pena soffermarsi, dunque, sulle caratteristiche operative dell'intelligence economica che rilevano in termini di ruoli e capacità operazionali:
-- l'attività di reperimento e collezione di dati a monte non è più limitata dalle norme o dagli accordi internazionali vigenti, come succede invece per forme di controllo repressivo (affidato ad autorità giudiziarie) o preventivo (cui è fatto carico agli organi di polizia giudiziaria), in cui le indagini devono subire una battuta d'arresto di fronte al veto opponibile, a titolo di segreto d'ufficio, da autorità istituzionali, bensì attinge ad un bacino di fruizione assolutamente libero da vincoli e pienamente accessibile;
-- il presidio informativo non è più circoscrivibile, nel suo esplicarsi, soltanto ad esperienze e know-how tipici di polizia investigativa (secondo lo schema classico dell'infiltrazione sul campo, onde apprendere le notizie rilevanti, cui fa seguito la tempestiva segnalazione all'organo politico, che dispone l'intervento), bensì richiede uno sforzo aggiuntivo di aggregazione ed elaborazione dei dati frammentati e destrutturati disponibili (nuovi contenuti di analisi);
-- lo spettro delle fonti e degli elementi da presidiare è di per sé amplissimo e la capacità di discrezione e di valorizzazione dell'elemento informativo ricostruito si estende su una gamma di conoscenze meno generalistiche, richiedendo anzi competenze specialistiche distinte ed iperfocalizzate (per segmenti di prodotto/mercato, per tipologie di soggetti/paradigmi comportamentali e per aree geografiche specifici).
Ciò, in quanto è la stessa minaccia/opportunità a non corrispondere più alla cognizione di una notizia ben precisa, bensì resta mimetizzata nelle innumerevoli notizie circolanti - talvolta disponibile anche in forma evidente agli occhi di chiunque - e, dunque, non va semplicemente ricercata ma piuttosto riconosciuta dopo opportune elaborazioni e valutazioni tecniche; inoltre, se è vero che le barriere fisiche sono totalmente superate, grazie ai mezzi di collegamento informatico in rete, tuttavia i tempi di reazione sono assolutamente inferiori rispetto ai tempi di attuazione della minaccia: da cui, l'impossibilità di sperare di apprendere l'informazione "inseguendone" il corso naturale di formazione e transito, dovendo invece puntare su un approccio "ricostruttivo" a ritroso guidato da input di focalizzazione mirata in vista di obiettivi precisi predefiniti, per ragioni anche di economicità della ricerca.
Appurato allora che funzione critica è quella di costruzione dell'informazione, espletata dagli Uffici Analisi competenti, per quanto concerne la distribuzione delle professionalità nelle articolazioni a maggior valore aggiunto, queste si ritagliano in via funzionale su quella che dovrebbe esserne l'articolazione organizzativa postulata, nonché sui concept affidati:
a. una specialità in analisi economico-finanziaria (15) (costituente il ruolo strategico dell'intelligence), caratterizzata a sua volta per specifiche conoscenze di prodotto/soggetti/mercato ovvero di area-Paese;
b. una specialità in analisi socio-politico-istituzionale (16) , di profilo internazionalistico;
c. una specialità in analisi criminale (17) , meglio se con prevalenti caratterizzazioni economicistiche;
d. una specialità in operazioni e collegamento (18) .
Per quanto riguarda, infine, le professionalità di tipo infiltrativo-relazionale necessarie nelle Unità periferiche di contatto non assorbite da entità autonome (società di consulenza, etc.) e, senz'altro, indispensabili nelle Cellule sensorie sul campo, va da sé che, trattandosi di un'operatività "di prima linea" ossia svolta in condizioni di possibile esposizione e rischio, al di là del bagaglio tecnico-professionale adeguato per la credibilità dell'eventuale attività settoriale di copertura, si rendono essenziali doti caratteriali di coraggio, autocontrollo ed intuito, nonché capacità relazionali assolutamente non comuni (19) . Per questi delicatissimi ruoli è più che ovvio, quindi, pensare, al bacino di provenienza costituito dal personale più valido e preparato già presente all'interno degli O.I.S. e/o delle forze dell'ordine (tanto più che si tratterebbe di coprire un numero di posti in organico molto ridotto, rispetto alla capillarità degli "agenti-antenna" di un tempo).
In termini di mansioni di dettaglio, possono enuclearsi in organigramma:
- la acquisizione degli elementi informativi da fonti aperte, dedicate e riservate, o da canali inter-istituzionali;
- la scrematura degli elementi di possibile interesse, secondo parametri di rilevanza ai fini della politica di sicurezza;
- la ripartizione e catalogazione degli stessi per materia specifica o per area geografica;
- l'analisi sistematica degli elementi informativi così strutturati, con approfondimento immediato degli input di rilevanza primaria;
- l'eventuale "demoltiplicazione" degli input di livello secondario ad altri organismi terzi e/o articolazioni interne, con determinazione delle conseguenti direttive operative verso le unità di livello inferiore;
- l'elaborazione delle eventuali metodologie tattiche di approfondimento informativo degli input rilevanti.
Circa i meccanismi operativi, da ultimo, va riposta grande attenzione soprattutto alle politiche di gestione del personale, che costituiscono il momento più qualificante e critico per la fattibilità di tutto il progetto in parola. Infatti, per dare un senso concreto ad una organizzazione che si prefigga di sviluppare una politica di difesa nazionale di fronte ad aggressioni interne ed esterne operate per il tramite di strumenti atipici rispetto alla cultura tradizionale in materia e tuttavia iperspecializzativi (quali appunto gli ambiti economico-finanziari), appare più che mai indispensabile attingere a risorse umane, culturali e professionali di altissimo valore.
In particolare, ciò vale relativamente alla nuova centrale figura dell'"analista" (la quale va a distinguersi nettamente dal tradizionale "agente investigativo" quanto a competenze possedute nonché a collocazione e mansioni organizzative assegnate). In tal senso, i meccanismi che bisogna affinare sono relativi a:
- processi di selezione, da incentrarsi prevalentemente sulle conoscenze tecniche possedute, valutabili attraverso prove teoriche e anche apprezzabili in base alle note curriculari presentate (titoli di studio, esperienze professionali pregresse). In particolare, dovendosi reclutare risorse massimamente qualificate ed essendo i saperi estremamente specialistici e frammentati, i bacini di riferimento potrebbero essere:
a) gli ambiti scientifico-accademici di secondo livello (Scuole universitarie di specializzazione/perfezionamento post-lauream, Istituti superiori di formazione, Centri di ricerca, etc.);
b) le istituzioni nazionali ed internazionali di più elevato livello tecnico-culturale in materie economiche (Ministeri economici, Se.c.i.t., Consob, Bankitalia, Autorità Garante Concorrenza e Mercato, etc.; F.M.I., Banca Mondiale, O.C.S.E., Commissione europea, etc.);
c) l'universo delle libere professioni, le società di consulenza, le grandi società industriali;
d) i diversi settori della stessa imprenditoria finanziaria privata (banche, s.i.m., fondi comuni di investimento, aziende di assicurazione, società di gestione patrimoni, etc.) (20) .
In chiave attuativa (e date le attuali configurazioni contrattuali e le normative disciplinanti il rapporto d'impiego), la via più logica è di attingere, inizialmente, all'interno degli stessi O.I.S. o dai loro canali naturali di alimentazione (21) ; appare comunque evidente che ci si debba orientare, una volta a regime, verso la ricerca delle migliori intelligenze;
- collocazione gerarchica, almeno al grado dirigenziale inferiore, sia per garantire alla figura l'indipendenza intellettuale e l'autonomia operativa di cui necessita anche nell'impartire agevolmente direttive ai collaboratori ed alle articolazioni funzionalmente interrelate, sia per corrispondere all'elevato livello di responsabilità affidate ed alla qualità del contributo lavorativo richiesto motivando adeguatamente all'impegno;
- politiche di retribuzione, monetariamente adeguate come base minimale al livello organizzativo ricoperto (altre forme di benefit non si rivelerebbero efficaci), ma soprattutto competitive rispetto ai livelli stipendiali alternativi offerti dal mercato per alte professionalità della specie (onde assicurarsi la piena fidelizzazione dell'appartenente e scongiurare la sua uscita dall'organizzazione verso prospettive più allettanti);
- percorsi di carriera, da definirsi in modo chiaro ex ante e sempre incentrati sull'incentivo monetario di crescita, senza però obliterare il bisogno di formazione continua della risorsa (per corrispondere al personale bisogno di crescita formativa ed alla legittima esigenza di confrontarsi alla pari con le professionalità referenti sul mercato, spendendo in modo credibile la propria).
Su questo piano operativo, si innesta una problematica di più largo respiro, assolutamente non trascurabile: le resistenze culturali che verranno inevitabilmente all'interno dell'organizzazione, in parte a causa della fisiologica avversione e sospetto mostrato verso il cambiamento dagli individui (in ragione della presumibile messa in discussione di situazioni consolidate di livellazione gerarchica e stratificazione del potere organizzativo), nonché in parte per il timore verso richieste di riqualificazione delle competenze possedute ed esigenze di rimodulazione dei metodi operativi di lavoro (ovviamente, per il personale già esistente).
Quanto ai sistemi informativi, occorre definire sapientemente i percorsi di flusso (formalizzato ed informale) delle regole organizzative emanate, degli ordini gerarchici impartiti e delle informazioni operative di servizio circolanti tra le varie unità strutturali. Ciò, in relazione a flussi esclusivamente interni:
- i legami interfunzionali collaborativi fra i vari Uffici Analisi e gli strumenti di coordinamento fra questi ultimi e l'Ufficio di Collegamento, nonché flussi diretti a / provenienti dall'esterno,
- il tipo di contatto relazionale da intrattenere con le Cellule sul territorio (se mediato da filtri oppure diretto, tramite l'Ufficio di Collegamento interno) ovvero da far intrattenere tra costoro (se secondo diagrammi circolari, a stella, a "y" rovesciata, etc.),
- e, specialmente, la possibilità di instaurare uno stabile interscambio informativo con le fonti istituzionali nazionali (Ministeri economici, Autorità amministrative settoriali indipendenti, Istituti centrali, Organismi di vigilanza, etc.), soluzione invero auspicabile.
Particolare rilevanza riveste il sistema delle fonti aperte, che può sostanziarsi in:
- notizie tratte da Internet; quotidiani, riviste, pubblicazioni specializzate e agenzie di stampa; altri media,
- enti e società di elaborazione dati di mercato, information technology e ricerca quantitativa (Istat, C.N.R., Datamat, Sole24Ore, Eurispes, Somedia, Nielsen, etc.),
- esperti di settore, ossia società di consulenza strategica-aziendale (Mac Kinsey, B.C.G., Andersen Consulting, Deloitte & Touch, etc.), aziende di credito, società finanziarie e merchant banks (Barclais, Merrill Lynch, J.P. Morgan, Morgan-Stanley, Lehman Brothers, etc.), professionisti individuali e studi giuridico-commerciali-tributari,
- "squadre di lettura", costituite da esponenti del mondo istituzionale, accademico, scientifico (grey literature), con la relativa gestione dei rapporti di fornitura secondo modalità non sospettabili.
Infine, occorrerà rimeditare sulla regolamentazione legislativa delle procedure operative (fattore che, visto l'ambito pubblico di appartenenza dei membri dell'organizzazione e data l'assoluta peculiarità del modus agendi degli stessi, assume qui uno speciale rilievo!). In particolare, si tratta di introdurre una norma che consenta di vincere l'opponibilità di segreti interni da parte di organi ed enti terzi pubblici o comunque svolgenti pubbliche funzioni, al cospetto del prevalente interesse pubblico alla sicurezza nazionale.
In tal senso, già l'art. 4 della c.d. "legge Draghi", di riassetto del comparto societario, aveva ribadito che nessuna organizzazione può eccepire il segreto d'ufficio; ma, più che sradicare ostacoli procedurali e abbattere veti, ciò che occorre qui è far passare una linea positiva, comunemente condivisa, sull'utilità della circolarità informativa in ottica collaborativa nell'ambito delle organizzazioni statali e di pubblico interesse (22) .

F a s e " B" : i modelli alternativi
è chiaro che, ancor prima di definire nel dettaglio un'iniziativa progettuale del genere, andrà effettuata una scelta di campo in merito alla collocazione istituzionale-organizzativa da dare alla nuova struttura di intelligence economica: se una articolazione - comunque, funzionalmente autonoma -nell'ambito dell'apparato già esistente, con le sue peculiarità organizzative e procedurali (una Divisione o Dipartimento interno), ovvero un'entità a sé stante, slacciata dagli altri O.I.S. (una terza Agenzia o magari, più semplicemente, una Agenzia - delle due previste - "riqualificata" in tal senso). Probabilmente, con il tempo si assisterà ad una progressiva evoluzione, dalla prima alla seconda formula, della struttura in oggetto.
Ma la vera differenziazione tra modelli operativi alternativi risiede, operativamente, nell'opzione se tenere accentrate tutte all'interno della struttura ovvero collocarle all'esterno in guisa di entità giuridicamente autonome, come tali riconoscibili ed interagenti nell'ambiente. Il che si inserisce nel più generale dilemma di come gestire la relazionabilità di contesto per le unità di confine, senza permettere di individuarne l'appartenenza.
Alternativa "minimale"
Una prima filosofia, al riguardo, suggerirebbe di limitarsi a reperire dei semplici referenti stabili presso apparati estranei (privati o pubblici, soggetti intermediari o societari), ad es. primarie banche d'affari, società di borsa, etc.; magari riuscendo a collocarvi in modo formalmente ineccepibile proprio personale interno. Il vantaggio di tale soluzione è che i costi strutturali sarebbero minimi (ancorché sommati al prezzo di mercato esborsato per l'informazione, sufficientemente elevato da ripagare il rischio di essere scoperto che si assume il referente), usufruendo di strutture esterne e ricorrendo a servizi non continui ma attivabili a domanda; tuttavia, enormi svantaggi proverrebbero dagli elevati costi transazionali "di agenzia" necessari per controllare l'affidabilità del contatto, in termini non solo di veridicità/qualità delle informazioni fornite ma anche di fedeltà nel tempo; inoltre, vi è sempre il rischio che l'agente a un certo punto decida di non contrattare più, interrompendo il rapporto informativo.
Alternativa "massimale"
Altrimenti, tenendo conto che l'azione di intelligence economica richiede un presidio costante e a ampio spettro sul field, e quindi della difficoltà di gestire il complesso di tali numerosi ed eterogenei contatti spot, può rendersi preferibile la soluzione alternativa: ossia di una struttura operativa propria per la raccolta, la gestione e l'elaborazione dei dati. Certo, rimane il problema dell'interfaccia con l'ambiente esterno: ebbene, a parte il fatto che una buona quantità di input informativi sono comunque reperibili autonomamente, da fonti aperte, si potrebbe anche percorrere l'ipotesi (a onor del vero, già sperimentata con successo dall'amministrazione statunitense) di nuclei operativi inseriti direttamente sul mercato (in veste di società di consulenza e servizi economico-finanziari). Ovviamente, in tal caso, ricorrendo a risorse proprie, con rapporti duraturi di continuità, i costi di struttura sarebbero assai più elevati; ma, d'altra parte, verrebbero minimizzati i costi di agenzia, non essendovi più necessità di controllo transazionale sugli appartenenti.
Ad ogni modo, riteniamo che la funzione-chiave di analisi dell'informazione rilevante debba essere mantenuta all'interno dell'organizzazione; pertanto, scarteremmo a priori una ipotesi di affidarsi a consulenze esterne (non solo per ovvi motivi di riservatezza, ma anche per la rinuncia ad ogni processo di accumulazione di prezioso know-how).
Ciò premesso, nel caso di adozione della seconda ipotesi, al limite, per ragioni di economicità e onde evitare duplicazioni di processo, sarebbe interessante vagliare l'opportunità di scindere tale funzione su due livelli: un primo di analisi immediata, affidato già alle stesse strutture dedicate esterne (= vere e proprie subsidiaries); ed un secondo livello successivo di analisi approfondita, comunque accentrato. Altrimenti, l'alternativa più moderata sarebbe di accentrare comunque tutta l'attività di analisi e calibrare, anche dimensionalmente, le strutture proprie esterne (= semplici branches) cui resterebbe affidato il presidio di tipo monitorativo.


Volendo adesso procedere ad illustrare una ipotesi fattiva di lavoro in tema di intelligence economica, al di là di vincoli organizzativi di sorta (strutturali, procedurali o culturali), distingueremo una componente di metodo ed una componente, per così dire, di "software" applicativo.
Innanzitutto, è richiesta un'accuratissima attività di studio e pianificazione preventiva sugli obiettivi da perseguire (assegnati dal livello politico). In tal senso, si deve distinguere fra:
a. obiettivi strategici, di più ampio respiro;
b. obiettivi tattico-operativi, di varia consistenza e complessità.
I primi concernono aree, interessi e funzioni economico-finanziarie la cui tutela è pregiudiziale onde garantire la stabilità del paese, nel senso dell'autonomia e dell'indipendenza, e si sviluppano su profili temporali di medio periodo; i secondi, invece, si riferiscono ad ambiti specifici di salvaguardia e promozione, nella prospettiva - di più breve termine - di mantenere credibile, competitivo ed efficiente il sistema-Paese. Ad ognuno di tali obiettivi corrisponde, poi, con grado diverso di priorità, una determinata area di presidio informativo.
a. Obiettivi strategici
Gli obiettivi di massima dell' intelligence economica, postulati dall'organo politico, potrebbero estendersi alle seguenti aree:
- competitività tecnologica del sistema-Imprese, a protezione di segreti, formule, prototipi industriali e altri risultati della ricerca tecno-scientifica ad applicazione economica, ovvero a promozione di forme congiunte di attuazione e scambio di sforzi ricerca e sviluppo con soggetti esteri (cc.dd. "laboratori comuni"), anche mediante l'indicazione delle fonti di finanziamento attivabili nel panorama internazionale ovvero il contenimento dell'esodo di talenti casalinghi (c.d. "fuga di cervelli") verso paesi più remunerativi;
- competitività commerciale delle imprese nazionali, in termini di tutela dell'immagine delle produzioni "made in Italy" in generale, reperimento delle migliori opportunità di sbocco all'estero (mediante anche il sondaggio delle forme di agevolazione strategica, logistica e finanziaria possibili), monitoraggio delle politiche decise nelle sedi internazionali (WTO, UE);
- assetti concorrenziali di settore dal lato dell'offerta e conseguente tutela della domanda di mercato, a garanzia del mantenimento dei normali livelli quali-quantitativi di concorrenza, mediante il controllo sull'evoluzione di stati di concentrazione (soggettiva) e accordi (sulle leve di mercato, ossia quantità offerta e prezzo praticato), iperconcorrenza o abuso di posizione dominante settoriale;
- penetrazione di interessi stranieri in settori vitali o strategici nazionali, con attenzione ai fenomeni di acquisizione massiccia di partecipazioni azionarie da parte di soggetti non meglio identificati (specie in occasione di dismissione di monopoli economici o di privatizzazione di imprese pubbliche) e di ingresso diretto sui mercati nazionali del credito e della distribuzione commerciale;
- scenari geoeconomici critici, a mappatura ultraterritoriale (es. azioni europee di sostegno allo sviluppo socio-economico nel bacino mediterraneo) oppure di immediata prossimità geografica (es. le continue crisi economiche dei paesi balcanici, dovute ai continui conflitti civili endogeni), nonché a configurazione di costo-opportunità (paesi di investimento delle riserve valutarie ufficiali);
- controllabilità degli strumenti di politica economica, su cui azioni di disturbo o interferenza di grandi gruppi di interesse stranieri o degli operatori finanziari di mercato potrebbero arrecare la perdita di controllabilità (ad es., i tassi d'interesse e la liquidità allargata, quanto al comparto monetario; il volume di import/export, il saldo netto sull'estero da afflusso/deflusso di capitali ed il tasso di cambio, per l'economia reale);
- e, da ultimo - ma non in ordine di importanza -, la criminalità economica e i mercati finanziari (su cui si concentrerà lo step seguente).
b. Scenari tattici e operativi
A riprova dell'importanza di destinare risorse di intelligence verso l'osservazione e il controllo di fenomenologie patologiche sottostanti le dinamiche dei mercati finanziari nazionali in particolare, basti citare le gravi ripercussioni subite dal nostro Paese, sia sul piano dell'ordine pubblico interno che su quello del prestigio e della credibilità internazionale, per effetto della crisi albanese della seconda metà degli anni '90: come si ricorderà, nel caso di specie l'effetto detonante della crisi fu indotto proprio da un'imponente operazione finanziaria, realizzata da organizzazioni criminali transnazionali, in danno dell'intera collettività dei risparmiatori slavi, attraverso l'utilizzo fraudolento degli strumenti finanziari di sollecitazione del pubblico risparmio; il colpo mortale così inferto alla già dissestata economia di quel Paese ha, quindi, provocato quell'ondata di immigrazione verso le nostre coste, i cui effetti interni ed esterni pare scontato rimarcare.
Da questa drammatica esperienza, quindi, pare più che doveroso trarre conferma della necessità, proprio in termini di costi/benefici, di disporre di strumenti in grado di individuare - in via previsionale - le potenziali minacce arrecabili dal crimine organizzato alle piazze finanziarie interne ed esterne (la distinzione è indifferente, visto l'elevato grado di integrazione), stimandone le possibili ricadute, sia in termini direttamente economici che in termini più ampi, politici e sociali.
Onde riuscire a tenere sotto controllo in modo efficace le varie aree di minaccia/opportunità economico-finanziarie, torna opportuno operarvi una segmentazione in un certo numero di presidi tattici, ciascuno rispondente a logiche e dinamiche sue peculiari e dunque richiedente strutture, ruoli e competenze di ricerca ed analisi informativa distinte. Possiamo ad esempio individuare:
- truffe finanziarie e false comunicazioni sociali, recanti un danno alla collettività degli investitori nazionali e frapponenti un ostacolo alle attività di vigilanza istituzionale; particolarmente insidiose l'annidamento di frodi nell'utilizzo di canali telematici a scopo di regolazione dei pagamenti e di realizzazione di transazioni finanziarie (remote banking), anche con coinvolgimento di soggetti conglomerati misti (aventi cioè interessi non solo finanziari), specialmente con insediamenti o ramificazioni in paesi a regolamentazione finanziaria poco severa. A fronte di tale scenario, occorrerà un presidio periodico, con capacità di ricerca su supporti informatici e competenze specializzate in analisi di bilanci societari, intermediazione finanziaria e strumenti contrattuali di finanziamento, traibile da organismi tecnici - quali la Consob - o anche da primari gruppi bancari (meglio se non-retail traders);
- insider trading e turbative di mercato, arrecanti distorsioni alle normali condizioni di distribuzione simmetrica delle informazioni e delle aspettative degli operatori. Qui, il contributo info-investigativo può essere mutuato dal modulo operativo già sperimentato sulla scorta della legge 17 maggio 1991, n. 157 che ha messo in luce, segnatamente, la difficoltà di dare una compiuta identificazione dei soggetti coinvolti e responsabili, specie nell'ipotesi di partecipazione di intermediari esteri, i quali non sempre ottemperano alle richieste di fornire informazioni sui soggetti per conto dei quali hanno effettuato operazioni di movimentazione di depositi o interventi con fondi di garanzia;
- canali creditizi paralleli o clandestini, come i "money-worthing goods" (oro e preziosi, oggetti d'arte e d'antiquariato, reperti archeologici, biglietti aerei, etc.) tramite cui si veicolano regolamenti di scambi non registrati per i canali ufficiali, o i sistemi di derivazione solidaristica tipo "hawalla", "hundi", etc. che si sviluppano all'interno di comunità ristrette di immigrati e fungono quali modalità privatistiche di esercizio - non autorizzato - del credito; il tutto, con danno agli stessi intermediari nazionali autorizzati e destabilizzazione e perdita di controllo sulla massa monetaria in circolazione all'interno del Paese. E' chiaro che occorrono presidi formati da competenze di estrazione tipicamente bancario-finanziaria;
- riciclaggio, con minaccia diretta al settore del credito e del risparmio nazionale e, indirettamente, anche all'integrità dei comparti legali dell'economia e della società civile del Paese e quindi alle sue stesse garanzie di democraticità. Si tratta di individuare e spezzare la catena di auto-finanziamento delle consorterie criminali nel suo anello più debole, avendo queste assoluta necessità di far transitare gli enormi capitali liquidi accumulati dai reati di base (traffico di stupefacenti, di armi e materiale sensibile; sfruttamento della prostituzione, tratta dei clandestini, contrabbando di tabacchi lavorati esteri; rapine, usura, truffe, estorsioni, etc.) per i circuiti creditizi ufficiali, in modo tale da legittimarne la fruibilità ed allontanarli quanto più possibile dalla loro provenienza illecita: ecco allora che il transito per i canali finanziari, in cui avvengono registrazioni procedurali e dunque permangono tracce documentali, rappresenta il momento di emersione della presenza criminale, come tale captabile e utilizzabile attraverso un processo ricostruttivo a ritroso della stessa matrice delinquenziale sottostante o anche di altri partners. Un software info-investigativo particolarmente efficace - almeno, sulla carta - dovrebbe essere quello "misto" sviluppato da organismi tecnici e di polizia deputati al contrasto dello specifico fenomeno (nel nostro Paese, l'Ufficio Italiano dei Cambi e il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della G.di F.);
- paradisi finanziari, scenario, questo, complementare ai precedenti, che implica uno sforzo di approfondimento informativo più che di individuazione della minaccia: l'esistenza di tali realtà, difatti, rappresenta una precondizione di rischio, nella misura in cui esse, offrendo legislazioni di favore accessibili senza preventivo accertamento dell'identità soggettiva o valutazione istruttoria del merito creditizio e dell'affidabilità personale, esercitano un forte appeal sulle organizzazioni delinquenziali dedite al riciclaggio ed alla perpetrazione di illeciti finanziari. Data la sua stretta connessione con fatti di criminalità, qui si richiederebbero competenze di investigazione di polizia e al contempo di analisi tecnica (in materia prevalentemente finanziaria).
Per quanto riguarda poi i possibili scenari di più immediato monitoraggio con cui confrontarsi, il vero problema pare essere non quello della loro astratta individuazione quanto piuttosto quello della loro necessaria classificazione secondo criteri di "rilevanza" e/o "pericolosità", sulla base di parametri tecnici che dovranno essere appositamente studiati. Ciò si impone, evidentemente, in considerazione del fatto che le risorse spendibili, per quanto consistenti, non potrebbero, comunque, consentire di "coprire" esaustivamente l'intero panorama interno ed internazionale, a meno di non voler rinunciare a priori alla qualità dell'osservazione e, in ultima analisi, alla stessa efficacia del dispositivo di prevenzione in discorso.
Muovendosi lungo questa direttrice logica, che si basa sulla capacità e qualità dell'analisi preventiva e sulla conseguente applicazione del principio della concentrazione degli sforzi, dovrebbero essere tenute presenti, come oggetto di osservazione ovvero come punto nevralgico da cui effettuare un'osservazione privilegiata, realtà interne quali:
- i mercati borsistici (Milano);
- le strutture associative delle categorie imprenditoriali istituzionalmente più impegnate sui mercati finanziari (ABI, ASSOFIDUCIARIA, etc.);
- le società leaders dei mercati, in settori ritenuti rilevanti;
- le istituzioni di vigilanza creditizia, societaria ed assicurativa;
- le testate giornalistiche e le agenzie di informazione specializzate nei settori economico-finanziari.
Sul versante internazionale, viceversa, dovrebbero essere monitorate, in primo luogo, le piazze finanziarie più importanti come ad esempio quelle di Londra, New York, Tokyo, Hong-Kong, Singapore, Parigi, Francoforte, Zurigo, Amsterdam.
Attenzione particolare andrebbe inoltre dedicata al monitoraggio delle attività societarie e finanziarie poste in essere nei vari territori off shore, da parte di soggetti di spicco aventi elementi di collegamento affaristici con l'Italia. In questo senso, dovrebbero, in linea esemplificativa, essere tenute in considerazione (23) paesi quali:
- Andorra, Guernsey e Jersey (Isole del Canale), Isola di Man e Madeira, in Europa;
- Anguilla, Bahamas e Barbuda (Isole Leeward), Antille olandesi, Aruba, Bermuda, Gibuti, Grenada, Isole Cayman, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini Britanniche, Macao, Oman, Seychelles, Vaunatu (Isole Ebridi) e Western Samoa (ma l'elenco potrebbe proseguire…), oltre continente;
realtà, tutte accomunate dal particolare favore delle legislazioni societarie e bancarie, per un verso, e dalla pressoché inesistente disponibilità alla cooperazione giudiziaria ed amministrativa internazionale con Paesi terzi (24) .
Infine, dovrebbero pure essere sviluppati e/o potenziati i collegamenti informativi con:
- i tradizionali "paesi-cassaforte" europei, come ad esempio la Svizzera, il Principato di Monaco, il Lussemburgo o il Liechtenstein;
- nonché tutti quei paesi dell'Est europeo che, per la particolare posizione geografica (25) ovvero per la consistente presenza di collegamenti e/o connessioni con soggetti italiani, presentino elementi di particolare significatività ai fini dell'azione di intelligence.


A termine di questi spunti di riflessione circa l'architettura ed i moduli operativi del presidio in questione, desideravamo sollevare l'attenzione su un paio di aspetti problematici - peraltro già accennati - tutt'altro che facili da risolvere: la disciplina giuridica che assiste l'attività dei servizi nell'espletamento di attività informative e d'indagine per fini di prevenzione all'interno del territorio nazionale (26) , e la partecipazione in via sistematica di soggetti terzi al dispositivo istituzionale di indagine.
In primo luogo, ci pare vieppiù necessario, alla luce anche dell'attuale recrudescenza dei fenomeni di mafia e del salto di qualità fatto registrare dalle consorterie criminali negli ultimi anni, procedere senza titubanze nella direzione di rendere fluida ed efficace in chiave legal-procedurale l'azione info-investigativa istituzionale, cercando di rimuovere quanto prima ogni barriera al dispositivo di contrasto a tali fenomeni di minaccia per la sicurezza delle nazioni: ciò, attraverso il potenziamento dei mezzi e dei poteri a disposizione dei Servizi stessi. Solo in presenza di regole certe che garantiscano l'attività di infiltrazione "sotto copertura" (laddove ritenuto organizzativamente opportuno) e una maggiore tutela della riservatezza degli uomini esposti in prima linea (entro strutture periferiche proprie, ma soprattutto presso strutture terze) è, infatti, possibile sperare in risultati positivi di significativa entità.
Allo stesso modo dicasi, inoltre, per il superamento del segreto d'ufficio opponibile, senza possibilità alcuna di verifica, da parte di soggetti pure facenti parte dell'apparato amministrativo o giurisdizionale pubblico, di cui sarebbe essenziale la collaborazione. Anzi, il postulato andrebbe rovesciato, riuscendo ad accreditare, una nuova organica visione sulla tutela degli interessi nazionali, dove la stabilità economica del Paese è interesse anche di organi tecnici di settore, pubblici e privati, istituzionalmente non deputati a lavorare per la sicurezza nazionale: ci riferiamo, a soggetti quali il Ministero del Tesoro, Bankitalia, ABI e Consob (27) . Il corollario conseguente sarebbe di introdurre, dapprima, sul piano culturale e far maturare, poi, su quello tecnico-operativo una sensibilità diffusa in materia di intelligence in genere, elevandola a bene comune condivisibile e non - più - prerogativa di taluni apparati statali soltanto: ossia creare un meccanismo di interscambio informativo che, specie in ambito economico, si configuri appunto come circuito collaborativo.
L'occasione delle riforme istituzionali del Paese e dei suoi Servizi di Informazione e Sicurezza, allora, con la modifica in senso incrementativo dei poteri dell'Esecutivo, potrebbe e dovrebbe essere sfruttata quale occasione unica per dotare questi ultimi e, in definitiva, il Paese stesso di strumenti di prevenzione primaria e secondaria con cui difendere più efficacemente i tessuti sani della società civile e riconquistare alla vita civile e democratica quelle zone, soprattutto nel meridione, che oggi, purtroppo, vedono lo Stato come un "ospite" indesiderato.




Lo scenario solitamente evocato per mostrare il grado di complessità e di interdipendenza raggiunto dai sistemi economici nel mercato globale è ben noto. E' comunque opportuno richiamarne qui alcuni tratti, utili per le considerazioni che si svolgeranno.
La cessazione, nella seconda parte del secolo scorso, dell'epoca dei conflitti mondiali, prima, e della contrapposizione tra blocchi geopolitici, successivamente, ha alimentato una sostenuta crescita economica globale, pur in presenza di considerevoli squilibri tra diverse aree geografiche. Nell'arena dello sviluppo e della competizione economica si proiettano, sul piano internazionale, anche le contese tra sistemi statali per la supremazia politica. Il dominio dei mercati non è meno importante del dominio territoriale, eventualmente perseguito manu militari.
L'economia e, in particolare, la finanza esercitano un'influenza pervasiva sulla politica, sui rapporti sociali; sull'ordinato ed equo funzionamento dei mercati riposa in buona parte lo stesso assetto delle democrazie. Proprio in Europa, la strada verso forme di integrazione politica passa per il raggiungimento di un grado elevato di armonizzazione dei sistemi economici, l'abolizione delle valute nazionali, l'introduzione della moneta unica e l'unificazione delle politiche economiche.
Alla "economicizzazione" della vita collettiva e dei rapporti interni e internazionali fa riscontro un elevato grado di integrazione e di interdipendenza delle economie sul piano internazionale. In questo contesto, effetti di "contagio" propagano rapidamente le crisi, aggravandole.
La criminalità estende ai mercati la propria influenza vestendo, per l'occasione, colletti bianchi. La difesa delle condizioni di vita democratica e della sicurezza dei cittadini presuppone la tutela dell'ordine pubblico economico, interno ed internazionale. Il contrasto sul piano finanziario costituisce un importante tassello di una strategia complessa.
L'ingresso nei circuiti finanziari di capitali di provenienza illecita è suscettibile di incidere sulla efficienza dei mercati e sulla stabilità di essi o di singoli operatori. A fianco delle questioni connesse al riciclaggio e ai riflessi di questo sul funzionamento dei meccanismi fisiologici, si pongono rischi di sicurezza ai quali deve essere rivolta specifica attenzione: una sufficiente disponibilità di risorse può essere impiegata, con modalità speculative, contro gli interessi della collettività.
La concentrazione di risorse illecite in Paesi e territori disposti a offrire loro accoglienza prestando servizi di occultamento e di reinvestimento indebolisce le difese del sistema complessivo di contrasto internazionale.
La tenuità dei controlli e delle difese che si riscontra in alcuni Paesi, l'inadeguata vigilanza dei loro mercati si presentano come opportunità per organizzazioni criminali che, attraverso il collocamento di risorse illecite, possono anche perseguire lo scopo di acquisire fette rilevanti di potere politico.
In Italia, come in altri Paesi, la considerazione di fenomeni economici, specie finanziari, assume rilievo preminente per le autorità che, in diversi settori della vita pubblica, svolgono compiti di controllo, di tutela e di garanzia: la magistratura civile e penale, gli organi investigativi, le Autorità di vigilanza di settore, I'Ufficio Italiano dei Cambi quale autorità antiriciclaggio, i Servizi d'informazione.
L'azione di prevenzione, rilevazione e contrasto delle anomalie e delle patologie non può che assumere rilievo multidisciplinare e portata internazionale. Pur nel rigoroso rispetto delle diverse sfere di attività, è nella collaborazione che deve essere individuato l'asse portante degli sforzi compiuti: essa deve essere prestata dalle autorità amministrative, investigative, di intelligence; dagli intermediari finanziari e dalle imprese; dagli Stati.


2.1 Tra Paesi

E' necessario tendere verso un grado sufficiente di uniformità regolamentare, per evitare l'elusione dei regimi più rigorosi. L'esistenza di discrepanze tra le regolamentazioni nazionali antiriciclaggio e i rispettivi presidi di controllo è determinante per le scelte di riciclaggio. Deve assumersi che i flussi internazionali di disponibilità di provenienza illecita si orientino verso i sistemi connotati da minore intensità ed estensione dei vincoli e dei controlli; vengono effettuate valutazioni di arbitraggio tra ordinamenti diversi per individuare le condizioni più favorevoli, specie in termini di costi per la realizzazione di operazioni di riciclaggio e rischi di rilevazione.
In presenza di condizioni di mobilità dei capitali, pertanto, i paesi virtuosi riescono a "esternalizzare", in parte, le operazioni di riciclaggio: a seguito dell'innalzamento dei costi della dissimulazione e del reinvestimento delle disponibilità illecite, ovvero del maggior rischio di rilevazione, la quantità di denaro sporco diminuisce. Non è detto, tuttavia, specie in un orizzonte temporale non eccessivamente lungo, che a ciò si accompagni una diminuzione complessiva dei volumi del riciclaggio su scala globale. Il denaro sporco, infatti, in base alle dinamiche indotte dai differenziali di regolamentazione, è attratto dai sistemi meno rigorosi; dopo avere conferito ad esso parvenza lecita, è reimportato nel Paese dell'organizzazione criminale che lo ha prodotto.
L'introduzione di presidi più efficienti in un Paese non è neutra; essa impone oneri per l'intrapresa e la continuazione di iniziative economiche legali. Come è noto, i sistemi antiriciclaggio si fondano in buona parte sulla assegnazione agli intermediari finanziari di compiti di "collaborazione" che impongono, tra l'altro, obblighi di organizzazione, di conservazione di informazioni, di segnalazione. L'assenza di uniformità regolamentare tra Paesi, dunque, può determinare un duplice effetto di "spiazzamento": i flussi di riciclaggio tendono a spostarsi verso quelli meno rigorosi, le imprese (in particolare, gli intermediari) localizzate nei Paesi virtuosi sopportano oneri che intaccano la loro competitività internazionale.
L'uniformità regolamentare, evidentemente, deve essere realizzata al più alto livello di rigore possibile. E' indispensabile che le politiche nazionali siano affiancate dalla ricerca, sul piano internazionale, di un grado di armonizzazione sufficiente ad eliminare o a contenere al minimo gli inconvenienti derivanti dall'arbitraggio regolamentare e dalla concorrenza tra ordinamenti.
Per i proventi illeciti prodotti dalla criminalità organizzata negli Stati in cui la presenza di essa è più forte, vengono in altri Paesi offerti servizi di occultamento e reinvestimento. Si attuano cioè politiche specificamente intese ad attirare dall'estero ricchezza di dubbia origine, traendo vantaggio dall'esistenza dei differenziali di regolamentazione.
Consentendo condizioni di sostanziale anonimato per gli operatori, di scarsa trasparenza degli assetti proprietari, di semplificazione delle procedure per la costituzione di enti e società, frapponendo altresì ostacoli alla collaborazione internazionale con autorità estere impegnate nell'accertamento di attività illecite, tali Paesi improntano i propri ordinamenti alla accoglienza di capitali di dubbia provenienza. Si tratta evidentemente di una grave falla nella "rete" internazionale di prevenzione e contrasto del riciclaggio.
La comunità internazionale sta reagendo attraverso iniziative volte all'isolamento di questi sistemi e alla adozione di contromisure adeguate. Il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), costituito nel 1989 per iniziativa del Gruppo dei Sette, ha proceduto alla individuazione degli ordinamenti che, in ragione della scarsa attitudine "antiriciclaggio", devono essere ritenuti "non collaborativi" nell'economia dell'azione internazionale. Muovendo dal contenuto delle Quaranta Raccomandazioni nelle quali il GAFI, nel 1990 e nel 1996, ha compendiato i principi fondamentali dei sistemi antiriciclaggio, sono stati coniati criteri specifici per misurare l'attitudine a contribuire allo sforzo collettivo per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio.
La lista degli Stati "non cooperativi", al termine di un'analitica attività di valutazione, è stata pubblicata il 14 febbraio 2000. La diffusione della lista all'interno dei sistemi "virtuosi" costituisce già di per sé una prima contromisura: gli intermediari dovranno prestare particolare attenzione alle relazioni d'affari e alle operazioni che presentano elementi di collegamento con paesi non cooperativi procedendo, se del caso, alla segnalazione dei casi sospetti. L'adozione di contromisure più specifiche sarà valutata, nell'ambito del GAFI, qualora gli Stati interessati inneschino processi di allineamento.

2.2 Tra Autorità antiriciclaggio (UIF)

L'integrazione delle economie e l'internazionalizzazione delle attività impongono di rendere globale l'impegno di prevenire e contrastare fenomeni economici criminali.
La rilevanza del riciclaggio va oltre l'ambito del diritto penale. Nelle forme più significative, esso si manifesta nei mercati, quale fenomeno finanziario. Il sistema da adottare per la prevenzione e il contrasto poggia su due coordinate fondamentali: il coinvolgimento degli intermediari operanti nei mercati - ove il fenomeno si manifesta -, ai quali sono affidati compiti di rilevazione e segnalazione delle anomalie; la istituzione di funzioni di approfondimento ed analisi finanziaria dei fenomeni di interesse, attribuite ad autorità pubbliche specializzate, solitamente diverse sia dagli organi inquirenti deputati all'accertamento (anche in sede giudiziaria) di fatti di reato, sia dalle autorità di vigilanza sui mercati e sugli intermediari finanziari.
L'esistenza e l'attività di tali autorità antiriciclaggio sono presupposte già nelle Quaranta Raccomandazioni formulate dal GAFI nel 1990. Per i Paesi membri dell'Unione Europea, i primi lineamenti di una disciplina sono contenuti nella Direttiva 91/308/CEE, ove è fatto riferimento ad "autorità responsabili per la lotta contro il riciclaggio" come a quelle alle quali, in particolare, gli intermediari devono indirizzare le segnalazioni di operazioni sospette e le autorità di vigilanza di settore devono riportare ipotesi di riciclaggio rilevate nel corso dei controlli.
Nell'aggiornamento della disciplina antiriciclaggio dell'Unione Europea, di cui è parte una nuova direttiva attualmente in corso di emanazione, trova posto anche una regolamentazione organica delle "autorità antiriciclaggio" e delle forme di collaborazione tra queste realizzate attraverso lo scambio di informazioni. Nella Decisione adottata dal Consiglio dell'Unione Europea il 17 ottobre 2000 (28) , nell'ambito del cosiddetto "terzo pilastro" dell'attività dell'Unione (relativo alle materie di rilievo investigativo-giudiziario) e rivolta agli Stati membri, sono precisati i principi e le regole ai quali deve conformarsi la collaborazione tra le "Unità di Informazione Finanziaria" (UIF).
Queste ultime, anzitutto, sono individuate nelle autorità centrali nazionali competenti a ricevere, approfondire e trasmettere agli organi competenti le segnalazioni di operazioni sospette. Sono necessarie, sul punto, due rapide osservazioni. In primo luogo, le UIF devono costituire "un'unità singola per ciascuno Stato membro", restando rimessa altresì agli stessi Stati membri la scelta della natura (amministrativa, investigativa, giudiziaria o mista) dell'organismo; in secondo luogo, le funzioni necessarie e qualificanti consistono nella "ricezione e nell'approfondimento" delle segnalazioni: si tratta di compiti amministrativi di analisi finanziaria ai quali sono estranei profili di rilievo investigativo tant'è che, come espressamente precisato, le segnalazioni, dopo l'approfondimento, devono essere trasmesse ad "organi competenti" diversi dalla UIF.
Per rimuovere gli ostacoli frapposti alla collaborazione dalla diversità della natura e delle funzioni delle UIF è imposto agli Stati membri di provvedere affinché le UIF stesse possano scambiarsi, in materia di operazioni sospette, informazioni finanziarie, investigative e giudiziarie, in applicazione di standard di efficienza e completezza multidisciplinare.
Il recepimento della Decisione dell'Unione Europea nell'ordinamento italiano è stato rapido. Nella disciplina entrata in vigore il 1° gennaio 2001, è riconosciuta nell'Ufficio Italiano dei Cambi la Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (29) .

Quanto agli aspetti funzionali, i principi di completezza e multidisciplinarietà introdotti dalla Decisione trovano riscontro in un apposito meccanismo di integrazione delle informazioni: quando necessario per corrispondere allo scambio di informazioni con UIF di altri Paesi, gli organi investigativi competenti per gli accertamenti sulle segnalazioni di operazioni sospette forniscono all'Ufficio le notizie rilevanti in proprio possesso.
Lo scambio di informazioni con le omologhe autorità estere costituisce, per l'Ufficio, strumento imprescindibile per la completa valutazione delle segnalazioni di operazioni sospette; vi si procede con frequenza, assicurando l'applicazione delle condizioni di riservatezza e di reciprocità previste dalla regolamentazione italiana vigente. A fianco della collaborazione realizzata su specifici casi concreti, l'attività internazionale dell'Ufficio quale Unità di Informazione Finanziaria rileva, almeno, sotto due altri profili.
Da un lato, va sottolineata la partecipazione al "Gruppo Egmont", organismo informale composto dalle Autorità antiriciclaggio dei diversi Paesi, nel quale vengono affrontati problemi comuni di coordinamento e vengono avviate iniziative intese a migliorare gli standard della collaborazione. Particolare enfasi è posta sulla definizione di Memoranda of Understanding quali strumenti bilaterali utili a sancire e regolare lo scambio di informazioni.
D'altro lato, l'Ufficio conferisce particolare importanza alla stipula di protocolli nei quali sono rafforzati e resi efficienti i rapporti di collaborazione con le proprie controparti estere. Ad oggi, sette sono gli accordi conclusi; cinque sono in corso di definizione.
Nell'ambito dell'Unione Europea è stato avviato un progetto, denominato FIU.Net Project, inteso alla realizzazione di una rete telematica da impiegare per lo scambio di informazioni tra le Autorità antiriciclaggio. A differenza del tradizionale modello bilaterale di collaborazione, il progetto prevede la possibilità di ampliare l'ambito delle Autorità coinvolte nello scambio di informazioni oltre quella richiedente e quella richiesta, per comprendere, in uno schema multilaterale, Autorità antiriciclaggio terze in possesso di informazioni rilevanti.
Cruciale è la collaborazione tra le UIF in relazione alla introduzione della moneta unica europea: nell'attuale periodo transitorio e nella fase della conversione e del ritiro delle bancoconote nazionali, deve essere prestata elevata attenzione alla individuazione delle operazioni "anomale". Anche le disponibilità illecite devono essere convertite; è presumibile la attuazione di tecniche elusive: la trasformazione del contante in strumenti - eventualmente dematerializzati - per i quali la conversione è scritturale; il frazionamento delle operazioni di conversione presso più punti operativi, più intermediari o addirittura più Paesi; il cambio di monete europee in quelle di Stati che presentano una minore intensità nei controlli. Le UIF europee, in particolare, dovranno scambiarsi informazioni sulle operazioni di cambio poste in essere nei rispettivi Paesi che presentano elementi di interesse comune.


3.1 Il ruolo dell'Ufficio Italiano dei Cambi

Le funzioni e i poteri dell'Ufficio nella materia dell'antiriciclaggio derivano da uno sviluppo normativo lungo ormai un decennio.
L'Ufficio, dal settembre 1997, riceve le segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio trasmesse dalle banche e dagli altri intermediari e svolge su di esse approfondimenti e analisi finanziaria per la rilevazione di possibili fatti di riciclaggio. Le segnalazioni, corredate da una relazione tecnica, vengono trasmesse agli organismi investigativi competenti che procedono ai relativi accertamenti. L'interposizione dell'Ufficio tra il segnalante e l'Autorità inquirente contribuisce a sfumare il collegamento dei segnalanti con l'origine e le ragioni del sospetto, con il risultato di incentivare l'attuazione di forme efficienti di collaborazione.
All'attività di approfondimento finanziario intesa alla qualificazione economica di comportamenti individuali si affianca il compito di effettuare analisi statistiche sui dati aggregati rappresentativi dell'operatività svolta attraverso gli intermediari, da questi ultimi trasmessi con cadenza mensile. La finalità perseguita è l'individuazione di fenomeni di riciclaggio su base territoriale. Nella seconda metà del 2000 è stata portata a compimento la riforma del sistema dei criteri per la aggregazione dei dati e la loro segnalazione; a regime, gli strumenti analitici potranno essere applicati a informazioni più rappresentative dell'operatività concretamente svolta, tenendo conto sia delle tipologie degli strumenti impiegati sia di forme operative più strutturate.
I presidi antiriciclaggio fondamentali sono stati di recente estesi a soggetti esercenti attività non finanziarie ritenute particolarmente rilevanti per la prevenzione e il contrasto del riciclaggio sul piano finanziario (30) .
Nel quadro degli interventi volti ad adeguare l'ordinamento italiano all'introduzione della moneta unica europea, nel 1998 si è proceduto al riordino dell'assetto istituzionale dell'Ufficio e del regime applicabile all'esercizio delle sue funzioni (31) ; di esso è stata sancita l'appartenenza alla Banca Centrale Nazionale e, in conseguenza, l'applicabilità dei relativi presidi di autonomia. E' chiarito che le funzioni in materia di antiriciclaggio sono esercitate "a titolo principale e diretto".
Proprio dagli impulsi dell'Unione Europea ha preso le mosse il legislatore italiano per ampliare il novero delle funzioni attribuite all'Ufficio. Dal 1° gennaio 2001 sono ad esso affidate funzioni consultive, a beneficio del Parlamento e del Governo, in materia di prevenzione e contrasto della criminalità economica sul piano finanziario (32) .
All'Ufficio, inoltre, è demandata l'individuazione di casi di particolare rilevanza nei quali provvimenti normativi o amministrativi di carattere generale sono suscettibili di introdurre condizioni favorevoli per il riciclaggio; è prevista la segnalazione di tali casi accompagnata, se opportuno, da un parere sulle possibili iniziative da adottare.
Alle attività di ricerca fondate sulla teoria della "traccia" delle operazioni finanziarie significative si affianca un'opera di indagine più vasta che, dalla considerazione delle informazioni disponibili muove verso la individuazione di fenomeni e di schemi operativi in grado, da un lato, di descrivere in termini sufficientemente generali il comportamento dei criminali nei mercati e, dall'altro lato, di orientare l'analisi futura.

3.2 Il ruolo degli intermediari

La collaborazione prestata dalle banche e dagli altri intermediari finanziari attraverso la segnalazione delle operazioni sospette costituisce cardine fondamentale del sistema antiriciclaggio. Essa si svolge sulla base delle regole di comportamento e delle istruzioni formulate dalla Banca d'Italia attraverso il cosiddetto "Decalogo".
Occorre favorire il pieno dispiegamento della "collaborazione attiva" degli intermediari apprestando rimedi ad alcune delle criticità più significative che tuttora la ostacolano. Tra esse figura l'obiettiva difficoltà di cogliere comportamenti articolati, non risolti in singole transazioni ma evidenziabili solo attraverso l'osservazione di una pluralità di atti e la loro successione logica e temporale, in che consistono fenomeni di riciclaggio significativi.
Pesa inoltre il condizionamento ambientale che genera intimidazione, avvertibile nelle zone ad elevata presenza criminale, specie per gli intermediari di piccole dimensioni o operanti in piccoli centri. Rileva anche la progressiva rarefazione dei rapporti tra gli intermediari e la clientela, dovuta al diffondersi di forme di operatività realizzate mediante tecniche di comunicazione a distanza (Internet Banking, Trading on Line, etc.).
L'esame delle operazioni segnalate come sospette ha consentito l'individuazione di comportamenti finanziari ricorrenti in corrispondenza di segnalazioni effettuate in ragione di analoghi motivi di sospetto. Si rende in tal modo possibile ricostruire, sul piano oggettivo, schemi operativi - "trovati" nella considerazione di casi concreti e dunque scaturiti da pratiche consolidate - che, elevati a fattor comune e sottoposti agli intermediari tenuti alla segnalazione, possono favorire l'individuazione di altri fatti della stessa specie. Gli intermediari potranno procedere alla segnalazione dei casi in tal modo rilevati qualora l'esame delle informazioni disponibili e dei profili soggettivi non porti ad escludere la sussistenza di motivi di sospetto.
Il ruolo della "collaborazione attiva" viene in tal modo rafforzato. Infatti, la valutazione dei profili soggettivi della clientela servirà, eventualmente, ad escludere la necessità di procedere alla segnalazione all'Ufficio. L'iniziativa, pertanto, non è sottratta agli intermediari; ne viene sfumata la visibilità esteriore con positive ripercussioni in termini di sicurezza.
Attraverso una maggiore oggettivazione dell'impegno segnaletico, fondata sulla indicazione di prassi operative specifiche cui avere riguardo, potranno essere apprestati rimedi alle criticità rilevate. In tal senso potrà essere esercitata la funzione, di recente esplicitamente attribuita all'Ufficio, consistente nella formulazione di indicazioni agli intermediari per la rilevazione di operazioni sospette.

3.3 Il ruolo delle Autorità di vigilanza e delle Autorità inquirenti

Per altro verso, il sistema poggia sul dialogo e sul coordinamento tra l'Ufficio, quale Autorità antiriciclaggio, le Autorità di vigilanza di settore e le Autorità inquirenti (33) . Il riciclaggio del danaro di origine illecita e, più in generale, la criminalità economica consistono, come si è già avuto modo di ricordare, in fenomeni complessi, per i quali è indispensabile un approccio multidisciplinare e relazionale.
Quanto alle Autorità titolari della vigilanza sulle banche e sugli intermediari finanziari, mobiliari e assicurativi, nella disciplina vigente sono previsti istituti di collaborazione e coordinamento. Tali Autorità, anzitutto, segnalano all'Ufficio le operazioni riconducibili ad ipotesi di riciclaggio rilevate nello svolgimento dei controlli. Esse, inoltre, partecipano direttamente all'approfondimento delle operazioni segnalate all'Ufficio come sospette nei casi nei quali si rendano necessarie informazioni in possesso delle Autorità stesse o sussistano profili rilevanti per la tutela degli interessi da esse curati.
Tra l'Ufficio e gli organi investigativi competenti agli accertamenti sulle operazioni segnalate sono previsti molteplici flussi di informazioni. Ad essi deve essere data notizia delle segnalazioni archiviate. Gli stessi organi, d'altra parte, devono informare l'Ufficio delle segnalazioni che non ricevono ulteriore corso e devono conferire all'Ufficio stesso le notizie in proprio possesso necessarie per integrare le informazioni da trasmettere alle Unità di Informazione Finanziaria di altri Paesi.
Vengono inoltre in rilievo le informazioni che le "Autorità inquirenti" devono trasmettere all'Ufficio in relazione a "circostanze in cui emergano fatti e situazioni la cui conoscenza può essere comunque utilizzata per prevenire l'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio".
Un'adeguata disponibilità di informazioni costituisce presupposto imprescindibile per un adeguato svolgimento delle funzioni di analisi. L'intera disciplina amministrativa dell'antiriciclaggio può essere letta come una regolamentazione delle fonti informative disponibili per le attività di analisi ed approfondimento; gli interventi, qualora fossero rilevati operazioni o fenomeni significativi, sono demandati ad autorità diverse dall'Unità di Informazione Finanziaria, secondo le regole comuni (organi investigativi, Autorità Giudiziaria).
Più che sulla configurazione di nuovi, autonomi poteri, l'assetto è pertanto fondato sulla instaurazione di relazioni tra autorità, secondo una struttura a "rete" nella quale è cruciale la circolazione delle informazioni e delle esperienze.
In tale prospettiva, possono essere individuate occasioni nelle quali l'Ufficio, quale Unità di Informazione Finanziaria, e i servizi di informazione, nell'ovvio rispetto delle diverse sfere operative, si scambino informazioni ed esperienze, al di fuori del riferimento a casi specifici. Il primo, qualora venissero all'attenzione fenomeni finanziari di natura anomala che, oltre ai profili connessi all'eventuale riciclaggio ovvero alla riconducibilità alla criminalità economica, appaiono suscettibili di produrre effetti sul piano della sicurezza, potrà sollecitare sul punto l'attenzione dei secondi; i Servizi, qualora nella propria attività di elaborazione di informazioni rilevassero anomalie finanziarie rilevanti per lo svolgimento delle funzioni dell'Ufficio, potranno assicurare l'opportuna informativa.
La collaborazione reciproca può trovare un riferimento significativo nei nuovi compiti di consulenza e monitoraggio normativo affidati all'Ufficio in materia di riciclaggio e criminalità economica.
Le possibili criticità connesse alla introduzione dell'euro potrebbero costituire un valido banco di prova per forme di collaborazione realizzate attraverso la segnalazione reciproca di rischi e l'individuazione di strumenti, comportamenti o aree geografiche cui rivolgere particolare attenzione.
In un mondo in crescente integrazione economica e finanziaria, con mercati nei quali le innovazioni si producono e si diffondono con incredibile rapidità, le autorità preposte alla difesa di rilevanti beni pubblici devono aggiornare le loro analisi e le loro modalità operative con la stessa rapidità e la stessa efficienza degli agenti economici.








Con il termine Intelligence si indica l'insieme delle attività di raccolta di informazioni e di loro elaborazione allo scopo di individuare i pericoli per la sicurezza (democratica) degli Stati e di decidere le azioni più adatte a prevenirli o a fronteggiarli. Il termine è stato ed è oggetto di interpretazioni che hanno esteso grandemente i contenuti, ma l'uso consueto è stato fatto in materia di sicurezza militare e civile di uno Stato.
Questo livello elementare di considerazione dei contenuti dell'Intelligence già sollecita un primo chiarimento sui limiti di competenza dei Servizi di sicurezza: l'ordine pubblico non pertiene alla loro attività, anche se, per ottenere un buon risultato in termini di sicurezza occorre una stretta collaborazione con i servizi di ordine pubblico, come di qualsiasi altro dello Stato (ad esempio quelli resi dalla magistratura, dalle diverse articolazioni della banca centrale e della finanza statale). Occorre essere coscienti che questa collaborazione non è facile da ottenere, ma è comunque indispensabile e richiede un costante impegno per formare nei vertici dei servizi dello Stato quello spirito di comprensione e volontà di collaborare ai fini della sicurezza democratica dello Stato.
Con la caduta del muro di Berlino e l'avvio del processo di liberalizzazione degli scambi mondiali i contenuti economici della sicurezza degli Stati hanno assunto importanza almeno pari, se non superiore, a quelli militari. La sicurezza economica è oggi parimenti importante della sicurezza del territorio e delle sue istituzioni e richiedono mutamenti nella preparazione professionale e nell'organizzazione dei Servizi di Intelligence.
Allo stesso tempo, gli sviluppi tecnologici nel campo dell'informatica e delle telecomunicazioni, nonché la diffusione della competizione globale, ossia delle due principali componenti di quella che viene chiamata la new economy, hanno rafforzato le esigenze di conoscenza dell'ambiente economico e di scelta delle strategie di sviluppo in una prospettiva geoeconomica, oltreché geopolitica. Un tempo queste esigenze erano sentite solo dalle imprese multinazionali, ma oggi si sono diffuse anche alle imprese minori, che hanno accresciuto la loro presenza in Stati stranieri sotto forma di esportazioni e di investimenti diretti. Ciò ha non solo mutato i contenuti della domanda di Intelligence, ma l'ha anche grandemente accresciuta, imponendo ai Servizi di Sicurezza l'accettazione di nuove e più impegnative sfide.
L'ampliamento di questa domanda ai temi dell'economia solleva un secondo problema di limiti da assegnare all'attività di Intelligence, data la facile tendenza teorica e le pressioni pratiche volte a espanderne le competenze. Un'indagine condotta dall'IHEDN (Institut des Hautes Études de Defense Nationale) di Parigi amplia il contenuto del termine Intelligence fino a includere ogni genere di raccolta di informazioni, di loro elaborazione e di loro trasformazione in decisioni strategiche per le imprese ai fini di competere internazionalmente. Un uso così ampio del termine è stato fatto proprio dall'Unione europea, non a caso, però, quando la Commissione era presieduta da un francese, Ms. Delors. I francesi, infatti, hanno sempre esercitato un'indubbia leadership nell'elaborazione intellettuale in materia di Intelligence, intesa sia in senso ampio, sia in senso stretto (34) .
Come già segnalato per l'ordine pubblico, l'ampia problematica affrontata dall'indagine IHEDN impone una chiara delimitazione tra il ruolo dei servizi di Intelligence delle imprese e quello dei Servizi di Intelligence statali. Sarebbe preferibile mantenere il termine nel suo alveo tradizionale di organizzazione per la sicurezza democratica degli Stati, ma sarà difficile ostacolare un uso onnicomprensivo del termine. L'ampliamento proposto rimarrà pertanto un potenziale motivo di confusione e di sospetto che i Servizi di sicurezza vogliano ingerirsi nei fatti economici più di quanto già non facciano, ostacolando l'affrancamento del mercato dalle politiche di ispirazione statalista e l'affermarsi di una libera competizione. Esiste certamente una relazione tra le tante forme di Intelligence, dato che non può esservi né ordine pubblico, né sicurezza dello Stato senza una soddisfacente strategia delle imprese e della politica economica che agevoli il mantenimento costante di un buon livello di competitività-paese in una economia aperta alla concorrenza globale. Nondimeno, occorre delimitare rigorosamente l'attività dei Servizi di Intelligence in campo economico per evitare che la difesa contro i pericoli che corre la sicurezza dello Stato annulli i vantaggi di un mercato globale, libero e competitivo.
Per concludere, pur convenendo sul fatto che imprese e Stato hanno entrambi necessità di conoscere l'ambiente economico, politico e sociale in cui operano, di elaborare queste informazioni a fini di scelte strategiche per la loro crescita in condizioni di sicurezza, si preferisce riservare il termine Intelligence all'insieme delle attività volte a garantire la sicurezza dello Stato in senso militare e civile, includendo in quest'ultimo tutti gli aspetti economici che la mettono in pericolo.


Innanzitutto, va respinta la tesi che gli Stati nazionali debbano necessariamente abdicare al mercato o, in alternativa, alle autorità sovranazionali, la loro sovranità (democratica, monetaria o fiscale). L'idea di base della ricerca dell'IHDEN già ricordata è che gli Stati non siano più gli attori-chiave dell'Intelligence economica; essa deriva da una concezione distorta delle relazioni tra Stato e mercato, portato del discredito in cui i Governi sono caduti nella loro recente esperienza di eccessiva ingerenza nei fatti economici e della sconfitta dei sistemi a pianificazione centralizzata rispetto all'affermarsi dei sistemi di mercato sempre più liberi e aperti alla concorrenza globale.
L'idea della obsolescenza degli Stati nazionali non solo non va condivisa, ma va anche combattuta, perché solo una sovranità statuale, delegata da quella popolare, può garantire i cittadini contro gli effetti della concentrazione del potere economico, degli eccessi monetari e finanziari e della criminalità negli affari. In un recente lavoro con Carlo Pelanda ho individuato nel vuoto politico della globalizzazione uno dei pericoli per la sicurezza democratica degli Stati e, quindi, del mondo (35) .
La proposta avanzata è che ciascun Stato deve collaborare con gli organismi internazionali "riformati" (ONU, FMI, WTO, UE, BCE ecc.) in direzione di una loro esclusiva collaborazione per riappropriarsi della sovranità di cui si è impossessato il mercato e così rafforzare il loro ruolo di garanti del rispetto delle regole fissate internazionalmente e non quello di un loro diretto esercizio del potere sovrano. In breve, gli organismi sovranazionali non devono riappropriarsi della sovranità caduta in mano al mercato - laddove il mercato non ha diritto di averla (moneta, fisco, tutela del lavoro e del risparmio e, in generale, scelte democratiche) -, per tenersela, ma per restituirla rafforzata agli Stati nazionali. Per questo motivo, abbiamo definito questa nuova fase storica come una a "sovranità bilanciata".
Dallo Stato "giocatore", se non proprio protagonista sul mercato, si deve cioè passare allo Stato arbitro di una competizione economica che si svolge nel rispetto di regole fissate a livello internazionale e recepite, nonché rispettate, all'interno attraverso scelte e governo delle stesse da parte dei meccanismi democratici nazionali. Guai se lo Stato abdica alla sua funzione di gestire la sovranità popolare, dato che questo vuoto politico si trasforma prima o poi in caos sociale, ossia viola la sicurezza democratica.
La tendenza in atto è invece opposta: da un lato, si accetta passivamente, per ignavia, o si riguarda positivamente, per vocazione ideologica, l'espropriazione della sovranità popolare da parte di un mercato globale che fissa le regole e le impone agli Stati; dall'altro, si ritiene che la sovranità statale possa essere riconquistata solo a livelli superiori, incorrendo nell'errore opposto di permettere alle organizzazioni sovranazionali di tenersela, ammesso che in taluni campi (come ad esempio quello monetario) siano capaci di riconquistarla. Presso la pubblica opinione mondiale, non può trovare accettazione un sistema basato sulla sopravvivenza degli Stati nazionali senza sovranità e su organismi sovranazionali che, da un lato, si impossessano di quote della sovranità residua degli Stati e, dall'altro, non mostrano di saperla recuperare dal mercato (né sovente vogliono, per un liberismo mal posto).
Questo problema va affrontato politicamente e, finché il problema di chi deve esercitare la sovranità non viene risolto, l'attività di Intelligence resta snaturata poiché lo Stato non riesce più ad avere una propria strategia di sicurezza economica, dato che essa viene imposta dal mercato o dagli organismi internazionali. Questo stato di indeterminatezza del ruolo dell'Intelligence, non solo di quella economica, è parte del problema più generale del domicilio della sovranità statuale e va ricercata attraverso una collaborazione tra Stati (e tra Intelligence) per la fissazione di regole capaci di recuperare dal mercato i poteri economici sovrani spettanti al popolo. La risposta che occorre un coordinamento tra Stati, pur sempre utile, non si è mostrata storicamente all'altezza del compito di garantire il rispetto della sovranità popolare e sovente appare come un modo per imporre la volontà del Paese egemone, rafforzando la sfiducia nei confronti dei processi di liberalizzazione a livello globale.
Ciò impone l'affermarsi di una nuova coscienza delle Intelligence nazionali sul fatto che - in un contesto sempre più libero, competitivo, informatizzato e globalizzato -, non esiste più soluzione al problema della sicurezza dello Stato democratico senza una sempre più intensa collaborazione tra Stati e tra questi e gli organismi sovranazionali, nonché una crescente fiducia tra i primi e i secondi. Questa collaborazione, tuttavia, non significa accordarsi per abdicare a favore del mercato o degli organismi internazionali le sovranità nazionali, ma ricercare attraverso regole comuni un bilanciamento tra queste ultime e le necessarie libertà economiche, da un lato, e il ruolo importante e delicato degli organismi internazionali, dall'altro.


Il tema dell'Intelligence economica è stato affrontato dal Governo Italiano principalmente attraverso due Commissioni di studio guidate dall'Ambasciatore Ortona (1992) e dal Generale Jucci (1998), di cui l'autore ha fatto parte. I Servizi hanno affinato le loro conoscenze e avviato cautamente ma concretamente i primi passi in questa delicata materia. Alcune istituzioni, come l'Ufficio Italiano dei Cambi, hanno prestato le loro professionalità e conoscenze per il buon fine dell'azione intrapresa nel campo della lotta alla criminalità economica.
Nell'organizzare i servizi di Intelligence economica esistono tre principali problemi da affrontare:
- individuare esattamente i rischi di natura economica per la sicurezza dello Stato;
- fissare rigorosamente i limiti di competenza tra Servizi di informazione e di sicurezza, Servizi di lotta alla criminalità e di ordine pubblico e Servizi di politica economica a fini di competizione internazionale;
- stabilire l'organizzazione adatta allo scopo, individuando il lavoro che va svolto necessariamente all'interno (che, in linguaggio manageriale possiamo definire il make) e ciò che può essere ottenuto dall'esterno (il buy).
Seguendo le tracce del lavoro svolto dalla Commissione Jucci e tenendo conto dell'evoluzione dei sistemi economici nazionali e del mercato globale, si possono individuare dieci categorie di rischio potenziale per la sicurezza economica dello Stato.
In breve, questi pericoli possono provenire da azioni o da informazioni veridiche o distorte riguardanti:
1° modifiche nell'ordine economico internazionale, quali il declino o l'emergere di una o più superpotenze, la mancata e l'insufficiente regolamentazione dei rapporti internazionali, i risvolti di un ampliamento della multipolarità economica e dell'avvio di conflitti economici a catena o di tentativi di prevaricazione nell'ambito dei beni essenziali allo sviluppo economico e alla convivenza civile (come il petrolio);
2° movimenti migratori anarchici aventi lo scopo di destabilizzare economicamente taluni paesi e accrescerne la vulnerabilità a fini di conquista economica o ideologica;
3° manipolazioni biologiche ed ecologiche volte ad attentare alla salute pubblica, alterando le caratteristiche genetiche di persone o di animali, o a impoverirne le risorse naturali, a degradare l'ambiente o a causare catastrofi industriali;
4° crisi di identità culturale e religiosa aventi origine nella dinamica economica, nella concentrazione eccessiva di potere, nella disgregazione o nello svilimento di progetti economici collettivi, nel prevalere di fattori di alienazione sociale per l'affermarsi di un ambiente troppo sofisticato e incoerente con il livello culturale medio del cittadino (come potrebbe causare una rapida diffusione delle tecnologie informatiche senza adeguata preparazione dell'ambiente sociale che deve accoglierle);
5° alterazioni degli equilibri tra regioni geografiche, località della stessa regione o settori produttivi causate dal mal funzionamento delle catene produttive o distributive, da vincoli di accesso alle fonti di energia e alle innovazioni tecnologiche, da spinte alla delocalizzazione delle attività produttive e alla sotto utilizzazione delle risorse, da disparità eccessive nelle condizioni di vita, da ampliamento dell'emarginazione sociale, dal riaffermarsi del protezionismo e del corporativismo e da disordini legati alla transizione economica verso regimi di concorrenza globale;
6° crisi bancarie e finanziarie sistemiche interne o internazionali causate da un'azione speculativa coordinata e criminale, anche facendo uso di denaro sporco;
7° crisi o distorsioni produttive derivanti da alterazioni economiche causate da atti di terrorismo o da rivolte sociali, dall'estensione dell'economia sommersa e di quella criminale (collusione con l'economia ufficiale, appalti "truccati" ecc.), da disordini legati a tensioni ideologiche e ad attentati ai sistemi di libertà, da sovversioni culturali in materia economica e da disintegrazione dei fattori sociali sottostanti ai meccanismi economici (come crisi di legittimità dei gruppi dirigenti);
8° spionaggio industriale a fini di conquista dello spazio economico con mezzi fraudolenti, oltreché per i più consueti fini militari;
9° vulnerabilità informatica e dei sistemi di telecomunicazioni attraverso l'inquinamento con virus dei programmi e dei data base o la distruzione fisica degli apparati nazionali pubblici e privati, anche per impossessarsi di informazioni economiche rilevanti a fini speculativi;
10° penetrazione della criminalità economica nel mercato facendo uso di una qualsiasi forma di capitalismo "distorto" (usura, sfruttamento dei minori, inquinamento dell'ambiente, abusi nell'uso del risparmio, ecc.) al fine di inquinare l'attività di mercato e influenzare la distribuzione della ricchezza, minando uno dei compiti principali dei consessi democratici.
Per quanto riguarda i limiti di competenza dei Servizi di Intelligence economica il documento Jucci insiste su tre principi ispiratori, corollario dei problemi comuni a tutti i paesi esaminati in precedenza, ossia:
- i limiti di competenza dell'Intelligence sono quelli derivanti dal concetto stesso di "sicurezza fisica ed economica" democratica dello Stato e dall'esistenza di altri Servizi statali con i quali si deve ricercare forme di coordinamento per migliorare le prestazioni di tutti;
- l'attività di Intelligence, soprattutto nella sua fase sperimentale di avvio, si deve tenere sempre un passo più indietro rispetto a quello che sarebbe necessario per assolvere al compito; ciò al fine di non ingenerare il sospetto che lo Stato intenda ingerirsi negli affari economici privati esponendosi a sospetti o a critiche di voler incidere negativamente sul grado di libertà economica, creando distorsioni sul mercato e riducendone le possibilità di efficiente gestione delle risorse;
- occorre allargare la base informativa ottenendo la collaborazione di tutte le istituzioni delle Stato, delle Università e dei centri di ricerca pubblici e privati, nonché ottenere il consenso circa l'utilità dell'attività di Intelligence da parte della pubblica opinione.
La lettura di questi tre principi ispiratori deve essere quella propria dell'era della comunicazione in cui viviamo e che si può sintetizzare nello slogan: non si è se non si appare. Naturalmente, nel caso dei Servizi di Intelligence economica, apparire significa essere considerati dagli altri poteri dello Stato e dalla pubblica opinione quelli che si vuole e si deve essere: servitori dello Stato che svolgono il compito di garantire, con azioni preventive e repressive, la sicurezza geopolitica e geoeconomica del Paese in un habitat internazionale dove gli spazi virtuali vanno accrescendo il loro peso su quelli fisici e dove le conquiste economiche sono diventate più importanti e determinanti di quelle territoriali. E anche dove la pubblica opinione chiede più libertà, più democrazia e più benessere, alla cui base vi è la lotta alla criminalità economica che mina la sicurezza degli Stati condotta dai Servizi di Intelligence.
Per quanto riguarda infine l'organizzazione dell'Intelligence economica (cioè la ripartizione il make or buy dell'attività dei Servizi), l'impostazione dell'attività deve essere volta a:
- organizzare innanzitutto tutte le conoscenze economiche esistenti ai fini della sicurezza dello Stato per trarne sinergie in termini di benefici e di costi;
- ampliarle con le conoscenze disponibili in materia militare, di attività criminale e di ordine pubblico a fini di creare in tutte le istituzioni dello Stato una coscienza dell'importanza di collaborare per la "sicurezza democratica";
- elaborarle in maniera integrata per decidere l'azione coerente, sempre ed esclusivamente per prevenire i rischi corsi dalla sicurezza democratica senza volersi sostituire nelle competenze degli altri poteri dello Stato e
- tramutare le analisi in azione, verificando attentamente costi e benefici della stessa con tecniche adatte e
- avere un sistema di controllo interno tale da accertare un'adeguata, se non perfetta rispondenza tra strumenti e obiettivi, oltreché rispetto da parte del personale dei Servizi delle procedure e norme di legge.
La collocazione di queste istanze organizzative in una logica funzionale di tipo strettamente tecnico, misto tecnico-politico e strettamente politico porta all'articolazione in sei centri aventi lo scopo di adempiere alla:
- funzione tecnica di raccolta delle informazioni su tutti i campi dello scibile economico, avvalendosi dei dati raccolti all'interno e all'estero, da istituzioni pubbliche e private, nazionali o sovranazionali;
- funzione tecnica di elaborazione delle informazioni ai fini della individuazione dei rischi secondo la catalogazione degli stessi sopra indicata;
- funzione tecnico-politica di elaborazione della proposta di azione in difesa della sicurezza economica dello Stato;
- funzione politica di scelta dell'azione e di assunzione di responsabilità circa la congruità e la correttezza delle decisioni rispetto alle finalità perseguite;
- funzione tecnica di controllo interno di legalità della gestione autonoma dei Servizi e del rispetto delle procedure decisionali;
- funzione tecnico-politica di relazioni esterne ai fini del miglioramento della forma e della qualità delle collaborazioni ottenibili a tutti i livelli e dell'accettabilità dell'azione di Intelligence economica presso i gruppi dirigenti e la pubblica opinione.
In conclusione, il rapido mutamento delle condizioni politiche ed economiche del mondo investe ogni aspetto della vita degli Stati e dei cittadini imponendo loro un parallelo mutamento di abitudini e un impegnativo compito di adattamento culturale e professionale. A questo processo non sfuggono i Servizi di Intelligence. Essi devono adeguare le loro prestazioni per affrontare i rischi corsi dagli Stati per la loro "sicurezza economica" a seguito dell'affermarsi del processo di sempre più libero movimento delle merci, dei capitali e del lavoro (ciò che viene sintetizzato nel termine "globalizzazione") e del prevalere degli spazi virtuali rispetto a quelli fisici. Così come vi è una New Economy di cui stiamo percependo giorno dopo giorno gli effetti rivoluzionari sull'attività economica e sulla convivenza sociale, vi è anche una New Intelligence.
Nella coscienza dell'ampiezza dei problemi, questa Nota ha inteso proporre solo alcune riflessioni per una più precisa individuazione dei rischi di questi sviluppi dell'economia globale a fini operativi.




Nuove caratteristiche sono state assunte, ormai da tempo ed in continuo progredire, dalla criminalità organizzata: sia per i mercati illeciti che essa gestisce, sia per gli strumenti che a tal fine utilizza, sia, infine, per la struttura che essa ha assunto.
I mercati si sono ampliati a dismisura. Se essi, alcuni decenni fa, erano concentrati (parlo qui delle mafie italiane, specie di Cosa Nostra siciliana) nell'agricoltura e poi nelle costruzioni edilizie e quindi nello sfruttamento economico di beni immobili, nel corso del tempo hanno ampliato le loro dimensioni, diversificandosi anche in una pluralità di settori.
Ai beni immobili si sono aggiunti quelli mobili, da trasferire da un paese "produttore" ad uno "consumatore" e la catena ha visto formarsi varie maglie composte dai tabacchi di contrabbando, dalle sostanze stupefacenti, dalle armi, dai rifiuti tossici o nocivi prodotti dalle grandi industrie, dal denaro di provenienza illecita da riciclare ed investire. Nei tempi più recenti, poi, gli stessi esseri umani, anch'essi considerati alla pari di "cose mobili", son divenuti un proficuo mercato per le organizzazioni criminali che gestiscono in rete le immigrazioni clandestine, utilizzate anche a fini di prostituzione o di sfruttamento del lavoro, facendo leva sulle condizioni di precarietà nelle quali vivono numerose popolazioni a causa di povertà, sottosviluppo, conflitti etnico-religiosi o tribali.
Come se ciò non bastasse e come se l'inventiva della criminalità non avesse limiti, si sospetta, sulla base di elementi sempre più concreti, che gli stessi neonati o, addirittura, gli organi di giovani uomini e donne possano alimentare i commerci e le ricchezze delle mafie dislocate ed attive nelle varie parti del mondo.
Le novità nell'universo del crimine riguardano anche gli strumenti, dei quali esso può avvalersi. Non mi riferisco qui soltanto ai più veloci mezzi di trasferimento dei beni illeciti trattati, favorito, in talune aree, anche dall'abbattimento delle frontiere od alle continue innovazioni tecnologiche nel campo delle comunicazioni che fanno registrare un notevole "gap" ai mezzi di contrasto dello Stato nel settore, quanto alle dimensioni globali dei mercati finanziari ed all'ingresso, anche in questo settore, di mezzi tecnologici apparentemente svincolati da efficaci controlli.
Dalla permuta (o baratto) si è passati, nel corso dei secoli, alla moneta metallica e poi a quella cartacea, ma, nei tempi moderni, con una accelerazione notevolissima, in pochi anni, dai trasferimenti elettronici di moneta attuati con varie forme e modalità, si è passati alla nascita di una vera e propria moneta elettronica, scissa da quella tradizionale, che potrà assumere varie configurazioni, dalla smart-card al cybermoney.
A ciò si aggiunge il trading on line e cioè la possibilità di negoziare valori mobiliari, come i titoli azionari o i derivati, tramite Internet e cioè la possibilità, per un cliente, di interagire con un intermediario negoziatore – e per suo tramite con il mercato – utilizzando esclusivamente Internet. La nascita degli Electronic Communication Networks (sistemi di contrattazione che consentono agli investitori di negoziare titoli quotati in modo anonimo) prelude (come studiosi dell'Università Bocconi hanno notato) alla possibile creazione di una Borsa Mondiale.
L'ampliamento dei mercati illeciti, la mobilità dei "beni" che ne formano oggetto, con la conseguente necessità della loro movimentazione dall'uno all'altro Stato, la globalizzazione dei mercati finanziari, indispensabili ai gruppi criminali per mettere a frutto i loro strepitosi guadagni, le tecnologie utilizzabili in questo ed in altri settori, hanno inciso visibilmente sulla struttura dei gruppi criminali. Questi hanno assunto una dimensione transnazionale il cui dato caratteristico è da ravvisare, a mio parere, nel fatto che gruppi criminali di diverse etnie o nazioni collaborano efficacemente fra loro, con la conseguenza che ogni singola struttura trae un "valore aggiunto", in termini di potenza criminale, dalle sinergie che instaura con gli altri gruppi.
Ciò è rivelato non solo dalle varie indagini che sempre più si proiettano su gruppi plurietnici o plurinazionali o che seguono le linee dei mercati illeciti nei territori di vari paesi, ma risponde anche a criteri d'ordine logico: lo spostamento dei beni illeciti dallo Stato di produzione (o di raccolta, se si tratta di persone) a quello di utilizzazione, con l'attraversamento del territorio di Stati-ponte, non sarebbe infatti immaginabile prescindendo dal contributo dei gruppi criminali che operano nei diversi Paesi.
Parimenti avviene per gli investimenti: il denaro "sporco" è prodotto in uno Stato, ma poi, sempre più spesso, viene riciclato con complicità internazionali ed investito in uno Stato diverso con preferenza per quelli che, nonostante, l'attiva opera del GAFI, si mostrano ancora insensibili alla trasparenza ed alla cooperazione.
Anche le organizzazioni criminali per le quali il controllo del territorio costituiva un patrimonio genetico – come Cosa Nostra siciliana e la Ndrangheta calabrese – si stanno articolando sempre più come "rete", secondo lo schema strutturale imposto dai nuovi mercati e dalle nuove opportunità offerte dalla globalizzazione dei sistemi finanziari ed economici.


Studiosi di economia criminale hanno rilevato che il 1998 si è aperto con due notizie apparentemente assai lontane fra loro.
La prima riguarda i mercati finanziari: grazie agli accordi raggiunti in sede di WTO, dal 1° marzo 1999 i servizi bancari e finanziari potranno essere offerti senza che discriminazioni o segmentazioni colpiscano intermediari provenienti da specifici paesi, in ben 102 Paesi.
La finanza diviene, così, sempre più globale.
La seconda notizia riguarda la criminalità organizzata: il rapporto della Banca Mondiale per il 1997, confermando, così, i dati che emergono dalle indagini, segnala che lo sviluppo dei traffici e delle produzioni illegali tra i diversi paesi vede sempre più la presenza di accordi tra organizzazioni criminali di nazionalità diverse. Il crimine organizzato si muove anch'esso verso una dimensione globale. Notano gli studiosi che nessuno si stupisce se si afferma che i mercati bancari e finanziari rappresentano un elemento cruciale per una crescita sensibile e duratura dell'economia legale: nel momento in cui si passa da una economia di scambio ad una monetaria, gli intermediari, offrendo servizi di pagamento, di credito ed in generale finanziari, aiutano gli altri operatori a soddisfare le proprie scelte allocative, migliorando l'efficienza del sistema.
In parallelo non ci si deve meravigliare del fatto che tali mercati siano addirittura indispensabili per lo sviluppo dell'economia illegale. In primo luogo, per le medesime ragioni sopra ricordate; in secondo luogo perché, grazie a operatori, strumenti e mercati bancari e finanziari, i soggetti propensi all'illegalità riescono con più facilità a confluire nell'economia legale. A questo proposito è interessante notare che dalle investigazioni è emersa la tendenza ad attribuire, nell'ambito dei gruppi criminali, le più qualificate mansioni di gestione a coloro che hanno specifiche competenze nel settore economico-finanziario e ciò non solo per potenziare gli investimenti ed il riciclaggio, ma anche per "riciclare", attraverso il denaro, le persone introducendole nel mondo dell'alta finanza.
Se, dunque, strutturalmente, l'economia illegale ha bisogno dei mercati finanziari, è anche vero che da un paio di decenni tale simbiosi è divenuta più complessa ed articolata.
E' fortemente cresciuta la domanda di servizi finanziari da parte dei mercati illegali, globalmente intesi: stabile la crescita della produzione e dello scambio di beni illegali, come pure diffusa e consolidata l'economia della corruzione.
In parallelo, l'offerta di servizi creditizi e finanziari ha registrato, in generale, un salto qualitativo e quantitativo senza precedenti.
Nel corso della recente (23-26 gennaio 2001) Conferenza che si è svolta a Gand sulle strategie dell'Unione Europea e degli Stati Uniti nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale è stato giustamente sottolineato, dal Primo Ministro belga, dal Ministro della Giustizia svedese e da un rappresentante del Ministro della Giustizia U.S.A., che il crimine organizzato ha subito profonde trasformazioni durante l'ultimo decennio e che spesso è difficile differenziare gli operatori economici che agiscono nella legalità da quelli che, invece, sono di copertura ad attività illegali e che agiscono in connessione con organizzazioni criminali che operano anche in continenti diversi.
Ciò trova un preciso riscontro nell'evoluzione che ha subito, in Italia, l'impresa "mafiosa" impegnata non nella gestione di mercati illeciti (es. traffico di stupefacenti), ma nella produzione di beni e servizi leciti: quel tipo di impresa, dunque, che meglio si infiltra nell'economia legale, inquinandola.
In un primo momento si è assistito alla nascita di quella che può definirsi "impresa criminale-legale".
Essa è caratterizzata dal fatto che ne è titolare, formale e di fatto, un associato al gruppo mafioso, che i metodi concorrenziali sono di natura violenta e che il capitale sociale è frutto dell'attività criminale. I beni prodotti, invece, sono leciti e l'attività viene svolta sotto una forma giuridica (impresa individuale o societaria) formalmente legale.
In un secondo momento (anche per sottrarre l'attività economica ai nuovi strumenti legislativi di aggressione dei patrimoni illeciti: sequestro e confisca) nasce quella che gli analisti definiscono come "impresa illegale-legale". Essa si differenzia dalla precedente perché mentre restano di origine criminale il capitale e proprietario effettivo il mafioso, il titolare formale è una persona apparentemente pulita e rispettabile (ma che, in realtà, è il prestanome del mafioso) la quale gestisce l'impresa secondo criteri legali e rispettando formalmente le logiche di mercato. E' questa la forma attuale e prevalente dell'impresa che appartiene esclusivamente al mafioso.
Peraltro sta prendendo campo una più moderna – e pericolosa – forma di impresa mafiosa, quella definibile come "legale-illegale".
Si tratta di un'impresa nata come legittima, ma che, ad un certo momento del suo percorso, entra in affari o meglio in rapporti cointeressenza e di compartecipazione con la mafia ed i suoi capitali.
In questo caso l'impresa si presenta formalmente legittima ed agisce secondo criteri di mercato, ma la sua illegalità (e mafiosità) consiste nella compresenza di interessi, soci – spesso di fatto – e capitali legali ed illegali.
Le tendenze evolutive di cui si è detto hanno fatto sì che le imprese mafiose attive, che svolgono cioè effettive funzioni produttive, sono state "pulite" e "legalizzate" e poste in capo ad una nuova leva di imprenditori mafiosi; contemporaneamente si è sviluppata una linea di compartecipazione all'impresa legale da cui ha tratto origine la forma di "impresa legale-illegale" che ben può definirsi come "impresa a partecipazione mafiosa".
La moderna criminalità organizzata, per le forme che ha assunto e per la sua pervasività nell'economia legale, costituisce un forte pericolo anche per la democrazia.
Tale profilo è stato posto in evidenza anche nel comunicato emesso il 17 maggio 1998 a Birmingham, a conclusione del summit dei Paesi del G8 e nel quale si legge: "La globalizzazione è stata accompagnata da uno spiccato aumento della criminalità transnazionale che si estrinseca in molteplici forme: il traffico di sostanze stupefacenti e di armi, il traffico di esseri umani, l'uso di nuove tecnologie per rubare, frodare ed evadere la legge, il riciclaggio dei proventi di reato… Questi reati costituiscono una minaccia non solo per i cittadini e la comunità stessa ma sono anche una minaccia che mina alle fondamenta la democrazia e l'economia delle società tramite gli investimenti di denaro illecito da parte dei cartelli internazionali, la corruzione, l'indebolimento delle istituzioni e la sfiducia nello Stato di diritto".
Tali notazioni trovano conferma in quanto è avvenuto in taluni Paesi dell'Est ove il processo di privatizzazione, non preceduto da una legislazione che prevedesse adeguati controlli sui capitali investiti, ha consentito l'inserimento, in tale processo, di somme di danaro illecitamente accumulate: ed è evidente che quando gruppi criminali riescono ad impossessarsi di porzioni dell'economia reale o della finanza essi possono condizionare – e certamente non in una prospettiva democratica – lo sviluppo della società.


Da quanto si è appena detto discende la piena legittimazione ed anzi la doverosità di una azione dell'intelligence nel settore dell'economia criminale, al fine di disvelarlo e di coglierne le connessioni con quella legale contribuendo così a ridurre – e possibilmente ad eliminare – quella "zona grigia" del tessuto economico che rende sempre più difficilmente distinguibile il "pulito" dallo "sporco".
Se, come affermato a Tampere e come risulta dall'esperienza pratica, la criminalità organizzata transnazionale e la sua economia costituiscono una minaccia per la comunità e la democrazia e producono un indebolimento delle istituzioni e la sfiducia nello stato di diritto, è evidente che essi costituiscono un campo d'azione per l'intelligence.
Anche coerenti norme del nostro ordinamento depongono in tal senso.
Il SISDE (art.6.1 L. 801/1977) "assolve a tutti i compiti informativi e di sicurezza per la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento contro chiunque vi attenti e contro ogni forma di eversione".
La nostra Carta costituzionale, poi, afferma, nel suo articolo 41.1, inserito nel Titolo III dedicato ai Rapporti Economici, che "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana".
Orbene è chiaro che l'imprenditoria criminale costituisce, per la posizione dominante che assume a causa dei capitali illeciti dei quali dispone e della forza intimidatrice cui può far ricorso, un ostacolo all'esplicazione della libera iniziativa economica, così come è evidente che l'economia criminale non corrisponde ai parametri costituzionali dell'utilità sociale, sicurezza, dignità della persona.
L'attività di informazione svolta dal Servizio sui profili criminali dell'economia è pertanto funzionale alla protezione di un bene garantito dalla Carta costituzionale (la libertà dell'iniziativa economica) e del tessuto democratico dello Stato.
E ancora.
I Direttori del SISDE e del SISMI fanno parte, unitamente al Capo della Polizia–Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ed ai Comandanti Generali dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, del Consiglio Generale per la lotta alla criminalità organizzata (art.1 D.L. 345/1991, conv. nella L. 410/1991) e "spetta al SISDE ed al SISMI, rispettivamente per l'area interna e quella esterna, svolgere attività informativa e di sicurezza da ogni pericolo o forma di eversione dei gruppi criminali organizzati che minacciano le istituzioni e lo sviluppo della civile convivenza" (art.2 legge cit.).
Né può dimenticarsi il comma 2 dell'articolo 3 L. 509/1996 (Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari) secondo il quale "In nessun caso per i fatti di mafia, di camorra o di altre associazioni criminali similari, costituendo essi fatti eversivi dell'ordine costituzionale, può essere opposto il segreto di Stato".
Si ha, qui, una piena assimilazione ai fenomeni eversivi di quelli mafiosi e poiché questi si esprimono, oggi, non tanto in "fatti di sangue", quanto in "fatti economici", resta confermata la doverosità di un'azione di intelligence anche e soprattutto su questi.


A fronte del carattere transnazionale che contrassegna oggi la criminalità organizzata e le sue espressioni economiche – produzione, riciclaggio, reinvestimento dei profitti sia nei mercati illeciti che in attività imprenditoriali produttive di beni e servizi leciti – è evidente che l'intelligence può svolgere un'efficace funzione solo se fondata su un reciproco scambio di informazioni fra le strutture che operano nei vari Paesi.
Il principio della cooperazione – anche attraverso lo scambio spontaneo di informazioni – è ormai divenuto il tessuto connettivo dell'opera degli Stati che si riconoscono nella democrazia.
Esso è affermato in varie Convenzioni, come quella di Strasburgo dell'8 novembre 1990 (ratificata dall'Italia con L. 328/1993) relativa al riciclaggio, il sequestro e la confisca dei proventi di reato od in quella, più recente, del maggio 2000 – firmata dai Ministri dell'Interno e della Giustizia dell'U.E. – che aggiorna la Convenzione sull'assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959 (ratificata in Italia con L. 215/1961).
Nella Conferenza di Gand, cui sopra ho fatto cenno, è stato sottolineato che nella realizzazione di una efficace collaborazione, occorre operare secondo tre prevalenti direttrici: tra i Paesi dell'Unione Europea; tra l'U.E. ed i Paesi candidati a farne parte; tra l'U.E. e gli Stati Uniti.
Strutture di cooperazioni già operano a livello di Polizia ed a livello giudiziario: per il primo profilo basta pensare ad EUROPOL e, per il secondo, alla Rete Giudiziaria Europea (della quale fa parte anche la Direzione Nazionale Antimafia per il settore del crimine organizzato) create in base all'Azione comune del Consiglio dell'U.E. del 29.6.1998, sulla base dell'articolo K3 del Trattato sull'Unione ed a EUROJUST, struttura in via di creazione e che dovrà consentire un'azione coordinata nelle indagini sulla criminalità transnazionale.
Il principio della cooperazione è poi ribadito anche nella Convenzione ONU per la lotta alla criminalità transnazionale che è stata aperta alla firma di tutti gli Stati che aderiscono all'ONU, a Palermo, nel dicembre del 2000.
Nello specifico settore delle operazioni finanziarie sospette di nascondere fenomeni di riciclaggio è poi da ricordare la decisione del Consiglio dell'Unione Europea del 17 ottobre 2000 che, fra l'altro, prescrive che gli Stati membri si assicurino che le Unità di Informazione Finanziaria (UIF) – ruolo in Italia svolto dall'Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.) – si scambino, spontaneamente o a richiesta, tutte le informazioni disponibili che possano risultare utili per il trattamento o l'analisi di informazioni o per l'investigazione, da parte delle Unità di Informazione Finanziaria, di operazioni finanziarie connesse con il riciclaggio di denaro e delle persone fisiche e giuridiche in esso coinvolte.
Ritengo, dunque, che anche nel settore dell'economia criminale le strutture di intelligence debbano ispirarsi al necessario principio della cooperazione e che, all'interno di ogni Stato, debbano esser previsti opportuni canali di scambio di notizie fra tali strutture e quelle finanziarie chiamate a prevenire e contrastare il riciclaggio e le altre manifestazioni del crimine economico.


(*) A cura della Redazione.
(1) E' con quest'ultima che si inizia a parlare di intelligence economica come attività info-operativa autonoma a sé stante. Ma, in realtà, solo nella bozza predisposta dalla "Commissione Jucci" istituita con D.P.C.M. 26.03.1997, è rinvenibile un approccio sistematico ed organico di razionalizzazione analitica sulla particolare materia.
(2) In Italia: ABI, Mediobanca e i principali istituti di assicurazione; negli USA, i fondi-pensione e gli hedge-founds; in Germania e Francia, i colossi della distribuzione commerciale al dettaglio.
(3) E' stato il caso degli attacchi alla lira avviati sulla scia di notizie diffuse dalle agenzie londinesi di informazione finanziaria Currency Watch e Money Market Service, nel settembre ‘92.
(4) è stato il caso degli attacchi alla lira avviati sulla scia di notizie diffuse dalle agenzie londinesi di informazione finanziaria Currency Watch e Money Market Service, nel settembre ‘92.
(5) Risulta ormai abbastanza evidente la strategia di Deutsche Bank di intensificazione della propria rete commerciale nelle zone più produttive del Paese (ad es., il Nord-Est), volta ad assumere di conseguenza un ruolo di influenza e condizionamento nei settori cruciali dell'economia italiana. Allo stesso modo dicasi per il connubio di interessi fra banche commerciali e d'affari francesi e primari istituti di assicurazione cisalpini (in particolare, nel Triveneto).
(6) Nel settore del commercio, l'ubicazione al Mezzogiorno della grande distribuzione tedesca (Metro) e francese (Auchàn, Carrefour e Continent) esaspera, con le politiche di prezzo predatorie, i piccoli dettaglianti locali e rischia pure di mettere in crisi il più efficiente sistema locale del commercio organizzato in rete.
(7) Riprova ne sia il successo della recente Conferenza internazionale promossa a Palermo, nel dicembre 2000, sulla lotta al crimine organizzato transnazionale, nella cui occasione si è addivenuti all'approvazione di apposita Convenzione, finalizzata ad intensificare l'efficacia degli strumenti cooperativi, sottoscritta da ben 121 dei 148 Paesi partecipanti.
(8) Taluni studi economici (Masciandaro) hanno posto in evidenza la "leva moltiplicativa" sulla potenza delle organizzazioni criminali resa possibile proprio dal riciclaggio: grazie ad esso, difatti, oltre a rendere finalmente fruibile la liquidità illecita accumulata così legittimata, la C.O. si innesta nell'economia legale effettuando investimenti produttivi duraturi che instaurano circuiti di creazione di nuova ricchezza con il territorio e coinvolgono l'apparato istituzionale e gli organi amministrativi (mediante il sistema delle autorizzazioni, degli appalti pubblici, etc.); in tal modo, essa accresce il suo potere economico e, al tempo stesso, si assicura il consenso da parte della popolazione locale e viene a godere di contatti diretti privilegiati coi referenti politici.
(9) In particolare, per il nostro sistema economico-finanziario nazionale, caratterizzato dalla presenza di matrici criminali "di successo" e da una diffusa cultura dell'insubordinazione fiscale, l'entità dei possibili danni allo stesso sistema ed il conseguente pregiudizio alla sicurezza delle istituzioni sarebbe tanto più considerevole.
(10) Un po' sul modello del Comitato per la Competitività e la Sicurezza Economica, attivo in Francia sin dal ‘95.
(11) In buona sostanza, quindi, può dirsi che la filosofia di fondo che supporta il progetto di Unità Centrale di Coordinamento Investigativo, è quella di un Super-Servizio, posto alle dipendenze del Governo ed in grado di agire efficacemente per la difesa del Paese di fronte ad attacchi o minacce apportate con armi non convenzionali quali possono essere ormai sicuramente considerate le strumentalizzazioni delle operazioni finanziarie di massa tipiche dell'attuale economia globalizzata. Una simile strategia di difesa, come è indirettamente confermato dal pensiero di Robert Reich, ex Ministro del Lavoro dell'Amministrazione Clinton nonché professore di politica economica e sociale ad Harvard, si impone quale l'unica possibile, almeno fin tanto che, proprio sul piano internazionale, non si sarà riusciti a trovare un accordo tra i Governi e, soprattutto, tra le varie Banche Centrali di tutti o almeno dei più importanti Paesi industrializzati (USA, UE, Giappone, etc.), per "regolamentare" e "coordinare" le p
roprie politiche economiche (soprattutto monetarie) in modo tale da riuscire ad "imbrigliare" le forze destabilizzanti del capitalismo finanziario selvaggio.
(12) In questo caso è evidente che si dovrà fare riferimento a professionalità finissime.
(13) La componente informatica rappresenta, nell'economia dell'organizzazione in discorso, un fattore assolutamente vitale, sia per la qualità e quantità dei flussi informativi che essa rende disponibili ormai in tempo reale, sia parimenti per la velocità ed esaustività della funzione di analisi fornita dai diversi sistemi operativi ormai disponibili. Posto, dunque, il ruolo chiave ad essa assegnato, è gioco forza puntare - come detto - sull'ingaggio degli analisti più esperti e validi, presenti sulla piazza.
(14) La funzione più importante di questa articolazione sarà quella di acquisire i materiali tecnici (dall'informatica alle apparecchiature più sofisticate) occorrenti per il funzionamento della struttura nel suo complesso. E' evidente in questo caso l'importanza della capacità, che dovrà essere propria del personale prescelto, di saper individuare e segnalare tempestivamente a tutte le altre articolazioni dell'Unità eventuali novità, nei diversi settori tecnici, presenti sulle varie piazze o comunque utilizzate da altre organizzazioni.
(15) Si ritiene che il profilo ideale dell'analista impegnato in questa sezione dovrebbe corrispondere a quello di soggetti che abbiano maturato notevole esperienza sia teorica che operativa nello specifico settore, possibilmente con periodi di applicazione presso organismi finanziari comunitari e/o internazionali (agenti di borsa, funzionari responsabili di mercati telematici di imprese di rilievo multinazionale, analisti dell'Ufficio Italiano Cambi, di Bankitalia, Consob) come pure ricercatori del CNR, dottori di ricerca, etc..
(16) Il soggetto ideale per ricoprire l'incarico in discorso dovrebbe essere un laureato in scienze politiche o in economia, comunque specializzatosi in problematiche politiche di area, con necessarie pregresse esperienze estere in ambasciate, consolati, organizzazioni internazionali, ovvero, con precedenti in qualità di osservatore e/o inviato di testate giornalistiche, etc.. La sua funzione risulta essenziale per riuscire a proiettare nella dimensione della politica e del sociale gli effetti di situazioni finanziarie interessanti le singole aree socio-politiche.
(17) Questa figura assume sicuramente ruolo fondamentale e centrale all'interno della struttura, dovendo essere in grado di analizzare e preventivare le possibili tecniche di inserimento delle grandi organizzazioni criminali nei mercati finanziari; e, quindi, di suggerire, attraverso il propedeutico confronto tecnico con analisti finanziari e osservatori politici dell'articolazione, le più adeguate iniziative info-operative necessarie per la prevenzione di primo o secondo livello delle situazioni di crisi derivabili. In virtù dell'importanza di tale funzione, la figura professionale ideale è quella di un soggetto che sia in possesso, innanzitutto, degli strumenti culturali indispensabili per potersi interfacciare con i colleghi analisti finanziari. Deve trattarsi, in altre parole, di personale dotato di solidissime basi in materia di contabilità, bilancio e finanza aziendale, diritto societario, operazioni di ingegneria societaria internazionale, strategia aziendale; secondariamente, deve aver maturato amp
ie e qualificate esperienze, all'interno di reparti tecnici specializzati delle forze di polizia, nel contrasto alla criminalità organizzata nazionale ed internazionale e, in generale, ai sistemi di illecito di queste stesse, perpetrati attraverso attività di riciclaggio e/o di frode.
(18) Il personale di questa sezione dovrebbe assicurare, quale funzione fondamentale, il costante aggiornamento della situazione sui diversi teatri di impiego operativo e, quindi, dovrebbe costituire il punto di aggancio diretto fra l'Unità Centrale di Coordinamento Informativo e le Unità Periferiche o le stesse Cellule Informative Infiltrate. In caso di necessità dovrebbero essere in grado di predisporre, una volta definite le priorità e le necessità del caso, specifiche opzioni tecnico-operative idonee alla risoluzione delle situazioni di crisi, da sottoporre al Comitato Tecnico Esecutivo e alle decisioni del Direttore. Infine, dovrebbero essere in grado di sviluppare una residuale azione esterna di supporto e/o di riscontro, richiesta dal Comitato Esecutivo e decisa dal Direttore. In ragione di ciò, il profilo ideale di professionalità richiesta per questo ruolo comporta nel soggetto una profonda esperienza nel settore delle operazioni informative strettamente intese e, quindi, la migliore conoscenza delle
relative tecniche e tattiche. Si ritiene, pertanto, necessario che l'aliquota di personale da assegnare alla sezione in discorso costituisca la risultante di una accurata selezione tra i soggetti già incaricati di
ruoli operativi, all'interno degli stessi O.I.S. e/o singoli servizi informativi interni a Forze o Corpi Armati.
(19) Il discorso vale, fisiologicamente, per le unità più avanzate come le Cellule infiltrate, ma potrebbe estendersi anche alle stesse Unità decentrate, allorquando queste ultime non fossero strutturate come società schermo pur assolvendo incarichi direttamente info/operativi.
(20) Va, peraltro, sottolineato che le qualità caratteriali, morali ed ideali dei singoli soggetti potenzialmente interessanti dovranno costituire oggetto di un giudizio preliminare, rigoroso e, per quel che più conta, assolutamente prevalente sulla stessa componente (già necessariamente di primissimo ordine) "competenza tecnica". Solo operando in tal modo si potrà, infatti, riuscire nello scopo di creare una struttura in grado di fare delle proprie risorse umane un fattore vincente.
(21) Particolarmente apprezzabile sarebbe anche un'expertise mista, economica e criminale (Nucleo Speciale di P.V. della GdF e U.I.C.), in quanto si tenga a mente che fra le più temibili minacce si celano le insidie della moderna criminalità organizzata e del riciclaggio.
(22)In tale direzione ha operato e sta operando tuttora il "Gruppo permanente di lavoro sull'intelligence economica", istituito nel luglio ‘98 dal Comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza.
(23) In termini di operazioni spot ovvero in termini di controllo stabile sul posto, attraverso la costituzione di apposite strutture periferiche di copertura, a seconda delle necessità riscontrate.
(24) Per dare l'idea della rilevanza dei traffici e dei capitali internazionali che vengono movimentati attraverso questa congerie di piccole realtà ordinamentali, per lo più ignorate, ci sembra estremamente significativo riportare alcuni passi dell'articolo di Douglas Farah pubblicato sul Washington Post e ripreso dall'International Herald Tribune del 30 settembre u.s.. Secondo quanto riferito al giornalista dal direttore del servizio nazionale antidroga dell'Amministrazione Clinton, il Generale Barry McCaffrey, nonché da altri funzionari della DEA "le organizzazioni criminali russe, rinvigorite da crescenti flussi di dollari, stanno formando alleanze con i trafficanti di droga colombiani nei Caraibi, acquisendo il controllo della cocaina destinata ai mercati europei e fornendo armi alle mafie latino-americane".
(25) Pensiamo ai Paesi dell'area balcanica, costituenti punti di tradizionale transito clandestino di merci e materiali di varia natura provenienti dall'Oriente e come tali suscettibili di essere sfruttati per nuovi traffici.
(26) E' evidente che, rispetto all'attività sviluppata in territori stranieri, il discorso viene sostanzialmente a perdere di rilievo per effetto dell'espandersi della sovranità altrui.
(27) Si rifletta sul fatto che tali soggetti concorrono già al mantenimento di condizioni di stabilità per lo scenario finanziario globale, per quanto di pertinenza sul segmento nazionale, nell'ambito di un meccanismo struttural-operativo più vasto (e ai cui fini fondamentale risulta lo scambio di elementi informativi): prova ne sia la sorta di dipendenza "funzionale" dal Fondo Monetario Internazionale, in virtù della quale una delegazione di esperti di Washington si recherà nel nostro Paese, nella seconda metà di marzo (a.c.), al fine di monitorare lo stato di salute del sistema finanziario-creditizio italiano, incontrandosi anche con vertici dei principali istituti di credito privati (Comit, Bnl, San Paolo-Imi, Banca Intesa, Unicredit, Mps, etc.). E non è una anomalia il fatto che sia stato di recente costituito un dipartimento accentrato, in seno proprio all'organismo diretto da Horst Kohler, deputato a tenere sotto controllo i mercati internazionali di capitali…

(28) Decisione 2000/642/GAI.
(29) Art. 151, comma1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge Finanziaria 2001).
(30) D. Lgs. 25 settembre 1999, n.374.
(31) D. Lgs. 26 agosto 1998, n.319.
(32) Art.150 Legge 23 dicembre 2000, n.388.
(33) Sulla materia sono intervenuti i già citati artt. 150 e 151 della Legge n.388/2000.

(34) Si veda in proposito Frank Bournois, Les États ne sont plus les acteurs-clés de l'intelligence économique: radioscopie des grandes entreprises françaises e Hélène Masson, "L'Intelligence économique" à l'éprouve de la Commission Européenne, in "Varia - Spécial "Intelligence Économique", rispettivamente a pagg. 111-129 e 131-162.
(35) Cfr. Carlo Pelanda e Paolo Savona, Sovranità e ricchezza - Come riempire il vuoto politico della globalizzazione, Sperling&Kupfer, Milano 2001.

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