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Per Aspera Ad Veritatem n.9
Intervista a Francesco Cossiga

I Servizi di sicurezza e le attività di informazione e controinformazione



D. Nel 1989 cade il muro di Berlino e viene meno lo schema di riferimento Est-Ovest; negli anni che seguono il processo di unione europea segna una forte accelerazione ed alle soglie del nuovo millennio è palpabile la prospettiva di una Europa unita. Cosa cambia nel mondo dei Servizi?

R. Cambia la natura e la qualità del "fabbisogno informativo" e del "fabbisogno di sicurezza"; declinano vecchi obiettivi informativi (spionaggio, sovversione e infiltrazione, con motivazioni ideologiche) e sorgono nuove minacce che, autonomamente, diventano i nuovi targets della security: non parlo solo del fondamentalismo islamico o della proliferazione nucleare illegale, ma anche della grande criminalità organizzata, vero pericolo per la legalità interna ed internazionale e per una ordinata vita finanziaria. Ma non basta, poiché essendo divenuta globale la competizione, anche l'intelligence deve divenirlo estendendosi al campo economico, scientifico e finanziario: la competizione geo-economica ha infatti sostituito, tra le nazioni industrializzate, quella geo-strategica.
A chi, con molto semplicismo, sviluppa l'equazione: crollo del muro di Berlino uguale fine della necessità per gli Stati di disporre dei servizi segreti, oppongo due semplici considerazioni di fatto:
1) i Servizi di informazione e sicurezza sono essenziali per l'autonomia di ogni Stato e quindi per la sua influenza ed il suo livello di democrazia reale; se manca una intelligence nazionale mancano i presupposti per far sì che le scelte fatte siano veramente autonome;
2) i Servizi di intelligence, a differenza di quelli di security, non sono mai stati integrati né coordinati (neanche in ambito NATO o CEE, con la sola storica eccezione di quelle organizzazioni atipiche "in sonno", che sono state le "Stay behind nets", in Italia chiamata "Gladio", un nome che sembra essere stato inventato in Belgio!); nessuna organizzazione internazionale ne dispone, ma solo gli Stati poiché i Servizi costituiscono una componente indispensabile per rendere effettiva e operante la sovranità.
Ma per tornare alla domanda, è noto come l'apparizione degli etno-nazionalismi abbia ampliato enormemente il campo della intelligence strategica, estendendola dalle scienze nuove all'antropologia, dall'economia alla sociologia, dalla storia alla geo-politica.
Altro aspetto fondamentale, che contraddistingue i sistemi di intelligence attuali rispetto a quelli del passato, è rappresentato dalla enorme compressione dei tempi. Occorre prevedere tempestivamente le situazioni di crisi affinché non prevalga il pericolo e, di contro, se ne sfruttino le opportunità: occorre influire sull'evoluzione degli eventi anziché esserne travolti.

D. Spesso si sente parlare, a volte anche a sproposito, di "legittimità dei fini" dell'operato dei Servizi. Può chiarire cosa con ciò si intende e perché il riconoscimento di tale legittimità di fini sia così essenziale per i Servizi?

R. L'ambito degli interessi dello Stato da tutelare a mezzo dell'attività dei Servizi non corrisponde esattamente con la sfera degli interessi dello Stato "giuridicamente proteggibili". Sono infatti interessi che vanno tutelati mediante attività non apparenti e non convenzionali svolte con modalità e con mezzi non ordinari, la cui legittimità si fonda su quegli interessi fondamentali dello Stato la cui difesa o la cui realizzazione attengono alla vita stessa dello Stato. Si suole riassumere tali concetti nella dizione "legittimità di fini" e poiché la difesa di tali interessi si ottiene con l'acquisizione di informazioni non altrimenti ottenibili (compito cui sono demandati i Servizi di informazione) sulla legittimità dei fini si fonda la legittimità sostanziale dei Servizi e delle loro attività, che può non corrispondere con la legalità formale.
Per questo, ai Servizi vengono conferiti anche spesso compiti cosiddetti "paradiplomatici", ad esempio di contatti con governi non riconosciuti o di fatto o con organizzazioni insurrezionali, cosa che normalmente non è bene che faccia la diplomazia "ordinaria".
Nella lotta alla criminalità organizzata o negli interventi nei conflitti etnici, ad esempio, ogni Stato ha bisogno di operazioni covert, che solo i Servizi possono fare perché non delegabili ai normali organismi di polizia o diplomatici. Infatti, pur essendo legittime perché decise dai Governi secondo procedure definite, entro limiti precisi e derivanti da stati di necessità (legittimità di fini), sono operazioni sostanzialmente illegali dal punto di vista del diritto internazionale di pace, da quello dei diritti interni dei Paesi in cui si compiono ed anche spesso del Paese da cui vengono compiute.

D. Ha, per inciso, fatto riferimento alle forze di Polizia ed ai loro compiti che molti osservatori confondono con i compiti attribuiti ai Servizi. Può fornire un Suo contributo di chiarificazione in merito?

R. I Servizi non sono servizi di polizia giudiziaria, né ai loro agenti sono normalmente conferite le attribuzioni di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria, né è bene che lo siano.
La distinzione netta tra Servizi di intelligence e security da un lato e forze di polizia dall'altro, comune alla maggior parte degli ordinamenti esteri, corrisponde ad una profonda differenza di obiettivi, modalità d'azione, regole e cultura tra queste due Amministrazioni dello Stato.
Infatti, gli obiettivi dei Servizi sono essenzialmente, sia in campo esterno che interno, quello di conoscere ciò che non è normalmente conoscibile, perché coperto da segreto o perché svolto ed attuato in maniera occulta e quello di contrastare e neutralizzare le minacce alla sicurezza nazionale, specialmente quando non si possa, o non sia opportuno, contrastarle e neutralizzarle con i mezzi ordinari di polizia o giudiziari. Si pensi ad esempio alle informazioni riguardanti la penetrazione estera nel campo finanziario nazionale, attività che, pur se giuridicamente lecita all'interno dell'Europa (si pensi al principio della libera circolazione dei capitali, al diritto di stabilimento), potrebbe costituire una minaccia all'autonomia della vita politica ed economica del Paese ed al benessere della comunità.
Diversi gli obiettivi ed i mezzi, quindi, ma soprattutto diversa la cultura che permea l'attività di queste due Amministrazioni: per l'una (la Polizia) sono i fatti configurati dalla legge come reati e le responsabilità dei singoli che devono costituire l'oggetto esclusivo dell'azione nella prevenzione di essi o, se perpetrati, nella ricerca degli elementi di prova da utilizzare in giudizio; si parla infatti di compiti di "law enforcement" o, solo nei paesi latini, di polizia giudiziaria. Per gli altri invece (i Servizi), l'elaborazione di scenari ed anche di teoremi che si collocano su di un piano diverso da quello di riferimento giudiziario è non solo legittimo, ma doveroso.
Loro compito è quello di assicurare un'informazione globale al proprio referente che è il Governo, il quale necessita del loro operato per l'elaborazione e l'attuazione della propria politica. Tale informazione globale è la combinazione dell'informazione coperta che si acquisisce da fonti occulte e dell'informazione aperta che si acquisisce da fonti aperte (la stampa, le pubblicazioni scientifiche, ecc.) sistematicamente "trattate".
è assai importante che si abbia ben presente che il problema della disponibilità da parte dello Stato di adeguate fonti di conoscenza e di mezzi di difesa è essenziale, anzi vitale per la tutela dei suoi interessi nazionali, compresi quelli economici, finanziari e scientifici.

D. Ha parlato del Governo come primo fruitore dell'operato dei Servizi; può precisare come si dovrebbe svolgere il rapporto Governo-Servizi?

R. Le risponderò dicendo che primo compito di un Governo, qualunque esso sia ed in qualunque continente del globo si trovi, è quello di decidere.
Per decidere, però, bisogna conoscere, comprendere, prevedere ed infine provvedere. Aggiungerei anche che, specie in situazioni conflittuali, qualsiasi Governo mantiene coperti gli aspetti ed i passaggi cruciali delle proprie decisioni.
Perché i Servizi servano, quindi, occorre che vengano effettivamente utilizzati ai fini della presa delle decisioni da parte del Governo e dei singoli Ministri nei settori di rispettiva competenza. Nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri va quindi collocato un organismo unitario che raccoglie i fabbisogni di intelligence dei vari utilizzatori, che sovraintende alla ricerca settoriale e che possiede una cultura sufficiente per comprendere il significato dell'intelligence prodotta dai Servizi o dagli altri "fornitori", anche privati. Praticamente un organismo di pianificazione, di diffusione e di utilizzazione intrasettoriale dell'attività d'intelligence e di sicurezza composto di esperti che, coordinando l'intelligence prodotta dai Servizi mediante la raccolta d'informazioni non altrimenti ottenibili se non in modo non convenzionale e la raccolta di informazioni apprese in modo convenzionale, produca quell'intelligence globale, necessaria per la formulazione e l'attuazione della politica del Governo. Su tale organismo va prioritariamente collocato il controllo parlamentare perché, affinché sia chiaro il mio pensiero, aggiungo che i Servizi segreti sono efficienti, cosa che non sembra esser chiara, solo se sono segreti!
Le operazioni dei Servizi, quindi, devono essere assistite da una garanzia, anche giudiziaria, di particolare riservatezza. è chiaro che sto parlando "de iure condendo" e che in tale ottica si potrebbe pensare ad un sistema di autorizzazione responsabilizzato, di controllo e, ad altissimo livello politico, di autorizzazione e convalida. Si tratterebbe, per certi versi, di fornire una, ancorché anomala, sorta di trasparenza alle operazioni dei Servizi che si sostituisca a quella, a dire il vero un po' ipocrita, dell'illegalità che si deve compiere, ma che non si deve far scoprire o quella della garanzia che discende dal regime di clandestinità nel quale le operazioni stesse vengono realizzate. D'altro canto soluzioni del genere sono già in vigore, direi con un bilancio estremamente positivo, in ordinamenti esteri quali, ad esempio, la Gran Bretagna o gli Stati Uniti.
E già che siamo in tema di controlli, anche per quelli amministrativi e contabili, ritengo sia da adottarsi la garanzia del controllo politico e di quello interno a quello dei normali controlli giuridico-contabili, sia per il carattere necessariamente e largamente discrezionale proprio di questo tipo d'amministrazione, sia per le imprescindibili esigenze di riservatezza di essa.

D. Riassumendo: i Servizi, per i quali la legittimità dei fini prevale sulla legalità formale, non vanno confusi con la Polizia ed il Governo fruisce delle loro attività. è possibile spiegare allora come si sviluppa il processo l'intelligence mediante il quale vengono raccolte ed elaborate le informazioni?

R. Intelligence è acquisizione di conoscenze relative a situazioni ignote ed elaborazione di situazioni, cioè di relazioni organiche su tali situazioni.
Schematizzando si possono individuare varie fasi che, partendo dalla raccolta delle notizie non altrimenti ottenibili, valutate anche in relazione alla fonte da cui provengono e coordinate mediante quella correlazione reciproca che ne consente l'interpretazione reale, produce l'analisi che consente di comunicare quelle situazioni globali che abbiano visto essere quanto il Governo necessiti dai Servizi.
Va da sé che i mezzi di acquisizione delle notizie possono spaziare da quelli più semplici (acquisizione orale o apprensione di scritti, materiali, ecc.), attuati comunque sempre tramite l'attività personale degli agenti (si suole parlare in proposito di HUMINT che sta per human intelligence), a quelli più sofisticati, necessari per superare difese altrettanto sofisticate, che si realizzano mediante l'uso a largo spettro di apparecchiature elettroniche (ecco perché si parla in proposito di ELINT che sta per electronic intelligence, SIGINT che sta per signal intelligence, e così via).
Sbagliato sarebbe però non ricordare che tutto il processo che ho sin qui evidenziato, si avvale di una pre-fase consistente nella raccolta di notizie aperte, cioè non tutelate, non coperte ed a disposizione di chiunque, che si possono rivelare assai utili per trarre spunti di attivazione di quel processo che ho precedentemente delineato, anche perché talvolta contengono elementi di informazione coperti.

D. La terminologia utilizzata nel mondo dell'intelligence, ancorché non univoca, ha raggiunto ormai un buon grado di standardizzazione. Può riassumere perciò cosa generalmente si intende con i termini "attività offensiva" e "attività difensiva", che peraltro, ne richiamano molti altri?

R. Le attività offensive sono quelle destinate a realizzare gli interessi dello Stato a discapito degli interessi degli altri Stati. Ciò può avvenire in modo ordinario, cioè con azioni volte a carpirne i segreti, o non ordinario cioè orientate a deviarne od a influenzarne il processo decisionale. Si parla in proposito ed anzi tali locuzioni sono divenute di uso comune di:
a) spionaggio, cioè il procacciamento di informazioni (nell'accezione più generale) coperte da segreto o comunque non divulgate;
b) disinformazione, cioè la propagazione di informazioni false a fini devianti;
c) intossicazione, cioè la fornitura di false notizie confidenziali;
d) influenza, cioè la collocazione di agenti in posizioni delicate al fine di influenzare i processi decisionali diretti o riconducibili ad altri Stati;
e) ingerenza, cioè l'acquisizione di posizioni di influenza e di potere o di intervento occulto nella vita politica, sociale ed economica di altro Stato.
Le attività difensive sono invece volte a contrastare le attività di spionaggio altrui ed in proposito si parla, non esaustivamente, di contro-spionaggio. Più corretto è infatti parlare di counter-intelligence o contro-informazione perché le varie attività sono volte a contrastare simmetricamente quelle offensive di cui lo spionaggio è, come visto, solo un aspetto, anche se di gran lunga il più noto.
Mi preme in proposito fare invece un breve riferimento ad un'ulteriore attività che rientra nell'alveo di quelle difensive: la tutela passiva del segreto cioè l'insieme di disposizioni, misure, procedure ed uffici relative a persone e/o cose predisposte alla tutela del segreto di Stato, la cosiddetta "protective security".

D. L'assetto organizzativo dei Servizi di intelligence merita particolare attenzione per assicurare piena funzionalità a questi Organismi in relazione a quelle nuove dinamiche socio-politiche che Lei ha precedentemente tratteggiato. I modelli che nel tempo si sono succeduti sono quello binario e quello monistico; quale ritiene sia oggi il più duttile per le sfide di domani?

R. Non v'è dubbio, e la storia lo insegna, che il modello più razionale, più moderno e più duttile (e di conseguenza più utile) sia quello binario, poiché il modello unitario, che ricordiamolo prevede un solo Servizio cui sono devolute tutte le attività offensive e difensive, presenta la grossa difficoltà di contemperare la collocazione ordinamentale in un solo Ministero con la flessibilità di utilizzazione da parte di tutti gli utenti, oltre a rappresentare una grossa, eccessiva concentrazione di poteri.
Di conseguenza il modello largamente prevalente negli Stati democratici è quello c.d. binario, che prevede la presenza di due distinti Servizi con competenze diverse e separate.
Anche tale sistema ha naturalmente il suo punto debole che, com'è facile immaginare, è dato dalla possibilità di conflitti nelle competenze e di dannose concorrenze e rivalità. Ecco perché i vari ordinamenti che si sono mossi utilizzando il sistema binario hanno cercato di determinare le singole competenze utilizzando (e facendo rispettare!) vari criteri di ripartizione che sono però sostanzialmente riconducibili a due:
a) per settori verticali, anche indicata come ripartizione per materia (militare, politica, scientifica, etc.);
b) per fasce orizzontali, anche indicata come ripartizione per aree geografiche.
Proprio quest'ultimo è quello largamente più praticato, nella forma di un Servizio interno ed uno esterno che, a ben vedere, risponde anche e quasi combacia con il criterio funzionale (offensivo o intelligence, difensivo o counter-intelligence). Peraltro tutti i Paesi che hanno adottato il sistema binario hanno anche provveduto a temperare la rigida divisione tra i due Servizi e le diverse tradizioni nazionali hanno condotto in materia alla creazione di integrazioni sussidiarie assai diverse le une dalle altre.
Comunque non bisogna mai dimenticare che lo spionaggio richiede doti quali la fantasia, la capacità di recitare ed improvvisare, mentre il controspionaggio richiede soprattutto capacità di osservazione ed analisi, metodicità e pazienza.


(*) L'intervista è frutto di un incontro con il Direttore del SISDe, Prefetto Vittorio Stelo, sui temi di rilievo istituzionale.

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