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Per Aspera Ad Veritatem n.6
Camera dei Deputati - XIII LEGISLATURA

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Prodi, per il primo semestre 1996







Il nostro paese, collocato in un quadrante geografico nel quale persistono preoccupanti elementi di destabilizzazione, quali l'integralismo islamico ed il conflitto interetnico nei Balcani, è stato interessato nel semestre in esame da delicati avvenimenti di carattere istituzionale - la consultazione elettorale per il rinnovo delle Camere e le riunioni internazionali collegate al turno di presidenza italiana dell'Unione Europea - che hanno reso viepiù intenso l'impegno del dispositivo "intelligence", al fine di consentire la tempestiva individuazione ed il contrasto di ogni possibile minaccia.
In tale quadro, l'attenzione degli Organismi di informazione e sicurezza è stata, in primo luogo, riservata all'eversione ideologica.
L'extraparlamentarismo antagonista di sinistra ha puntato soprattutto sulla contestazione del ruolo assunto dall'Italia in ambito europeo e delle prospettive di ulteriore integrazione, specie economica, in adempimento del Trattato di Maastricht. Nel contempo, ha sviluppato iniziative antimilitariste in chiave anti NATO per l'intervento italiano in Bosnia.
L'extraparlamentarismo antagonista di destra, dal canto suo, ha perseguito finalità antioccidentali ricercando ulteriori forme di collaborazione con segmenti islamici integralisti.
Permane all'attenzione il passaggio di soggetti già appartenenti a formazioni terroristiche nel circuito della malavita, che tuttavia non sembra ispirato, sinora, da finalità di autofinanziamento a scopi eversivi. In tale contesto, sono stati accertati, negli ultimi tempi, emergenti rapporti di ex militanti dell'area extraparlamentare antagonista di destra con ambienti criminali slavi.
Sul versante della lotta al crimine organizzato sono stati conseguiti rilevanti successi, con l'arresto di pericolosi latitanti ed il sequestro di un cospicuo numero di armi ed esplosivi. L'attenzione dell' "intelligence" permane, comunque, sempre elevata verso quei settori ancora in grado di sviluppare strategie destabilizzanti.
Uguale impegno viene riservato ai collegamenti internazionali del crimine, al riciclaggio di capitali, al traffico d'armi ed al contrabbando di rifiuti tossici e radioattivi.
Sul fronte del contrasto al terrorismo, particolare vigilanza è stata indirizzata a prevenire il rischio che anche nel nostro territorio possano verificarsi episodi di natura violenta, legati alla sfida fondamentalista islamica.
Il persistere di focolai di crisi in aree vicine all'Italia, interessate da un "trend" demografico in forte crescita, ha continuato ad alimentare l'immigrazione clandestina. Il fenomeno ha determinato, in qualche occasione, tensioni sociali e reazioni di carattere xenofobo, specie in contesti legali già caratterizzati da particolare degrado.
Sotto il profilo della minaccia economica sono state seguite, anche in ambito internazionale, tutte quelle dinamiche suscettibili di negativa ricaduta sull'economia nazionale.
Le potenzialità della pirateria informatica, a suo tempo prefigurate dai Servizi, sono state confermate da riscontri sul piano investigativo.


a) Attività della sinistra extraparlamentare
I propositi di contestazione del processo di unificazione europea e, parallelamente, la tematica antimilitarista, hanno costituito l'opzione strategica prevalente del settore, in una chiave che privilegia la lotta alla politica dei Paesi occidentali e degli Organismi internazionali, in particolare contro la NATO.
L'attività propagandistica delle organizzazioni dell'area si è andata sviluppando in concomitanza con il semestre di presidenza italiana ed a seguito dell'intervento NATO in Bosnia, soprattutto dopo l'invio del contingente militare italiano.
L'impiego antimilitarista si è sostanziato in numerosi tentativi di dar vita a forme di mobilitazione contro lo Stato, specie da parte delle formazioni più oltranziste operanti nell'Italia nordorientale. Questa fascia di territorio è, infatti, ritenuta il campo d'azione preferenziale per la sua collocazione geografica, contigua all'area di crisi, oltreché per la presenza di nevralgici insediamenti militari.
Significativa risulta la scelta dell'area friulana da parte del neo costituito gruppo "Nuclei Territoriali Antimperialisti", con l'attentato dinamitardo, sostanzialmente dimostrativo, compiuto il 13 gennaio a Spilimbergo (PN), in occasione della visita del Presidente Clinton alla base USAF di Aviano.
I volantini sinora diffusi manifestano una carica eversiva che non si rilevava da tempo nella produzione ideologica dell'area. Ciò fa ritenere verosimile il contributo di personaggi con trascorsi brigatisti, accanto a nuove leve determinate a rivitalizzare la strategia rivoluzionaria. Il "modus operandi" e le stesse teorizzazioni dei residui del terrorismo inducono gli Organismi di informazione ad un'attenta vigilanza, per l'eventualità di nuovi gesti dimostrativi contro obiettivi rappresentativi dell'Alleanza Atlantica e dell'apparato militare italiano, nonché nei confronti di soggetti e strutture verso i quali si è indirizzata la propaganda eversiva.
La solidarietà al radicalismo islamico espressa in alcuni di quei documenti potrebbe costituire il prodromo di intese a livello operativo con gruppi fondamentalisti, fino ad ora ritenute poco probabili.
L'attività di "intelligence" è diretta, tra l'altro, a verificare l'esistenza di legami con l'area di riferimento della cellula friulana delle Brigate Rosse, responsabile dell'attentato alla base USAF di Aviano del 1993, nonché con formazioni eversive straniere, in ragione del comune intento di creare un "fronte europeo" di lotta.
Si è innalzato, in modo repentino, il livello di aggressività della componente anarco-insurrezionalista, cui sono verosimilmente da attribuire l'attentato dinamitardo del 23 febbraio a Roma contro il Ministero della Difesa Aeronautica e quello, fallito, il 7 marzo a Firenze, alla sede del comando EUROFOR.
Le azioni - pur rinconducibili alla dichiarata volontà di contestare le inchieste giudiziarie in corso nei confronti di esponenti dell'area - si impongono all'attenzione anche per la scelta di obiettivi che rientrano nella campagna antimilitarista dell'extraparlamentarismo antagonista di sinistra.
In considerazione delle capacità operative dimostrate dal settore, sono possibili ulteriori tentativi intimidatori contro strutture statali e militari.
Gli scopi che i gruppi eversivi si propongono appaiono convergenti con quelli propugnati da talune formazioni estremiste - caratterizzate dal rifiuto della dialettica parlamentare e di ogni rapporto con le Istituzioni - attive soprattutto nelle zone ove maggiore è la presenza di tensioni sociali legate al sistema produttivo.
In tale quadro generale si collocano i segnali di fermento di tutta l'area antagonista, all'interno della quale - con il contributo di vecchi "leader" latitanti all'estero - sono in atto iniziative per riaggregare le diverse componenti e per rilanciare il "movimento" intorno a tematiche nazionali ed internazionali.
L'inasprimento del linguaggio della propaganda, ove si rinvengono espliciti inviti alla violenza, ed i tentativi di strumentalizzare ogni forma di disagio sociale, potrebbero favorire pericolose saldature per iniziative di più marcata contrapposizione alle Istituzioni.
L'attivismo dell'area è dimostrato anche dall'impulso conferito alla pubblicistica e dai ricorrenti progetti di collegamenti telematici su scala nazionale ed europea. In questo senso, è prevedibile che l'impiego di tali tecnologie venga progressivamente sviluppato allo scopo di creare una rete di connessioni "protetta" da specifiche chiavi d'accesso, per coprire eventuali intenti eversivi.

b) Attività della destra extraparlamentare
L'area dell'extraparlamentarismo antagonista di destra resta connotata da progettualità ed orientamenti diversificati, pervasi comunque da finalità antistituzionali.
Mentre talune componenti tentano di ricompattare il settore attorno ai tradizionali schemi ideologici, altre sono alla ricerca di programmi originali in grado di acquisire consensi anche al di fuori dell'area di riferimento. Le frange più oltranziste confermano la capacità di tradurre l'attività propagandistica in gesti più concreti, come dimostrano taluni attentati, sebbene di basso profilo, avvenuti soprattutto in concomitanza con la fase preelettorale.
I gruppi contigui all'area "skinhead", a seguito delle inchieste dell'Autorità giudiziaria, appaiono, al momento, in crisi sia sotto l'aspetto organizzativo che sotto quello della "leadership". Cionostante, l'attenzione dell'intelligence è rivolta in direzione di quei segmenti che, specie nella Capitale, continuano ad evidenziarsi per atti di intimidazione e di provocazione, ovvero di esaltazione del nazifascismo.
Parimenti, attenta vigilanza è diretta a prevenire eventuali tentativi di esasperare, in chiave xenofoba, l'insofferenza sociale derivante da comportamenti illeciti posti in essere da taluni appartenenti a comunità di immigrati.
Settori ristretti persistono nell'intenso attivismo propagandistico a sostegno di ambienti esterni ostili ai Paesi occidentali. Tali posizioni si inseriscono nell'ambito di una strategia che, da tempo, ha trovato un punto di forza nell'integralismo islamico, del quale vengono enfatizzate le tematiche anti USA ed anti Israele allo scopo di fornire nuove motivazioni e spinte aggreganti anche ad elementi dell'extraparlamentarismo antagonista di sinistra.
E' seguito con cura il progressivo articolarsi dei rapporti, soprattutto all'estero, fra estremisti di destra e settori del fondamentalismo islamico, svilluppati, fra l'altro, al fine di reperire finanziamenti per sostenere talune strutture associative.


a) Linee di tendenza del fenomeno
La lotta al crimine organizzato registra significativi successi che hanno, tra l'altro, dimostrato l'elevato livello di collaborazione raggiunto tra l'apparato investigativo e quello dell'"intelligence".
Sviluppi d'indagine hanno portato al sequestro, in territori storicamente presidio di sodalizi mafiosi, di armamenti ed esplosivi in grado di assicurare potenzialità distruttive analoghe a quelle riscontrate durante la "campagna terroristica" iniziata con le stragi di Capaci e via D'Amelio e proseguita con gli attentati di Roma, Firenze e Milano. Sono stati scoperti, altresì, progetti di azioni violente in danno di strutture ed appartenenti alla Magistratura ed alle Forze dell'ordine.
Il quadro d'insieme offre motivi di soddisfazione per l'efficacia della strategia antimafia, pur dovendosi rimarcare la fisiologica capacità rigeneratrice delle organizzazioni criminali, che conservano tuttora un'elevata potenzialità eversiva, anche in considerazione della presenza, nelle regioni cd. "a rischio", di pericolosi latitanti. Non accennano, comunque, a diminuire la pressione intimidatoria in direzione di rappresentanti istituzionali né gli atti ritorsivi nei confronti di collaboratori di giustizia e, in particolare, dei loro familiari.
Le associazioni criminali, contrastate vigorosamente dall'incisiva azione condotta dalle Istituzioni con il continuo apporto di nuovi collaboratori di giustizia e logorate da persistenti lotte intestine, appaiono aver intrapreso una fase di ristrutturazione, in chiave di ridefinizione degli equilibri sul territorio, di rafforzamento degli organici e di ricerca di nuove "leadership". Non mancano, peraltro, alleanze temporanee di natura tattica.
Nel capoluogo siciliano, interessato da sporadici episodi delittuosi, i recenti arresti hanno decapitato il vertice "militare" della compagine "corleonese", la cui posizione egemone, al momento assicurata dai pochi elementi di spicco ancora nella clandestinità, potrebbe subire contraccolpi significativi.
La situazione sul versante orientale dell'isola, in particolare nell'area etnea, presenta maggior livello di conflittualità, determinato dalla presenza di numerose formazioni emergenti che intenderebbero candidarsi ad assumere il controllo di quelle zone.
Quanto al contesto criminale calabrese, molteplici indicazioni ne confermano l'elevata pericolosità, tenuto conto che - pur in presenza di una complessa e costante attività di contrasto che ha portato alla disarticolazione di numerosi sodalizi e, da ultimo, all'arresto di un elemento di vertice indicato tra i più pericolosi - la ‘ndrangheta, specie quella reggina, continua ad esercitare una forte influenza sui maggiori centri della Regione. Questa organizzazione delinquenziale, che vanta una capillare presenza sul territorio, con un notevole indotto di attività illecite, mostra un'accentuata attitudine alla mobilità ed alla conseguente "colonizzazione" di nuove aree, anche all'estero.
La criminalità organizzata in Campania si va caratterizzando per una forte ripresa delle azioni violente, in controtendenza rispetto a quanto emerso nelle altre regioni ad alta densità mafiosa. Lo scompaginamento dei maggiori gruppi camorristici sta generando un processo di ampia ridefinizione dello scenario delinquenziale, nel quale soprattutto i clan minori mostrano un particolare attivismo nel contendersi il controllo del territorio e nella ricerca di ulteriori spazi di influenza. Le tendenze disgregatrici hanno trovato terreno fertile in un contesto, quale quello camorristico, tradizionalmente insofferente ad articolazioni eccessivamente gerarchizzate e, viceversa, abituato ad alleanze temporanee calibrate al raggiungimento di obiettivi contingenti.
In Puglia, il crimine organizzato continua a mostrare notevole pericolosità, di cui sono espressione sia l'intensa attività intimidatoria contro rappresentanti istituzionali, sia la disponibilità di ingenti quantitativi di armi ed esplosivi. L'accresciuta presenza sulla fascia costiera, connessa con lo sviluppo degli interscambi illeciti con l'area balcanica, ha fatto assurgere la mafia pugliese a referente privilegiato delle altre "holding" criminali per quanto attiene ai traffici d'armi, anche di alto potenziale, di stupefacenti e di tabacchi, nonché alla gestione dei flussi immigratori clandestini.
L'ambiente criminale sardo, nelle sue varie componenti, è stato oggetto di attenzione, atteso, fra l'altro, il persistere di iniziative che manifestano una generica ostilità nei confronti delle Istituzioni, a volte ammantata da finalità di dubbia matrice indipendentistica.
Sul fronte del riciclaggio - che riveste interesse preminente per l'individuazione di ogni forma di profitto d'origine illecita - va rilevato che il fenomeno mantiene un elevato profilo di insidiosità, soprattutto a causa dell'impiego di tecnologie e strumenti in grado di facilitare le movimentazioni di capitali e la loro allocazione in economie "legali".
Ciò, in un contesto in cui le cd. "piazze off shore" assumono crescenti capacità polarizzatrici dei flussi di denaro. L'attività "intelligence" è stata indirizzata nei confronti di talune operazioni finanziarie sospette, tra cui alcune sviluppate tra l'Italia e la Russia ed attuate - per conto di multinazionali straniere - da società commerciali di comodo, verosimilmente espressione di ambienti criminali internazionali.
Tra i settori maggiormente remunerativi permangono i traffici di stupefacenti e di armi, che si avvalgono di collegamenti sempre più serrati tra le realtà delinquenziali internazionali.
Particolare attenzione viene rivolta anche ai fenomeni della captazione di provvidenze pubbliche e della gestione clandestina dello smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi da parte della malavita.
La minaccia derivante dalla criminalità organizzata trasnazionale non accenna a diminuire. Continuano a rivestire interesse sul piano informativo le associazioni facenti capo alle mafie orientali - per il ruolo preminente che esercitano nel narcotraffico e nello sfruttamento dei flussi immigratori clandestini - e la "mafia russa" che, dopo aver agevolato l'insediamento sul proprio territorio delle organizzazioni criminali italiane, ha penetrato i mercati europei.
Al momento, i gruppi criminali russi sembrano impegnati, da una parte, nella ricerca di nuovi settori di espansione anche in aree di non tradizionale interesse, dall'altra, nel favorire il "rientro" nella madrepatria dei capitali "legalizzati" da investire nel processo di privatizzazione in corso. L'attività di "intelligence" ha consentito di rilevare la presenza di investimenti russi sospetti, in campo immobiliare e commerciale, in talune zone turistiche della costa adriatica.

b) Strategia di contrasto - azione dei Servizi
L'attività del S.I.S.De. si è sviluppata attraverso la penetrazione informativa delle organizzazioni criminali e l'analisi delle evoluzioni strutturali ed operative, nonché nel supporto "intelligence" e tecnico alle forze di polizia.
Tale impegno si è tradotto nell'invio agli enti interessati di 251 segnalazioni, molte delle quali hanno trovato riscontro in operazioni di polizia giudiziaria.
In tale ambito sono state arrestate 229 persone, di cui 64 per associazione mafiosa, 91 per delitti in materia di stupefacenti, 14 per detenzione illegale di armi, 14 per estorsione e 46 per altri reati e si è, altresì, provveduto al sequestro di droga, armi, esplosivi, apparecchiature elettroniche, valori italiani ed esteri, nonché timbri pubblici contraffatti.
Il contributo del Servizio ha, anche, consentito la cattura di 20 latitanti, l'emanazione di 21 provvedimenti restrittivi, di cui 12 per associazione mafiosa, e la notifica di 12 avvisi di garanzia per associazione per delinquere finalizzata all'usura.
L'azione del S.I.S.Mi., sul versante della criminalità organizzata trasnazionale, si è espletata nell'acquisizione di elementi informativi su investimenti operati nel nostro Paese da associazioni criminali straniere, nonché su traffici clandestini posti in essere, oltre confine, da gruppi malavitosi italiani in raccordo con esponenti della delinquenza internazionale - specie latinoamericana, asiatica e nordafricana - con specifico riguardo ai circuiti di armi, esplosivi e stupefacenti nonché ad operazioni di riciclaggio.
Il S.I.S.Mi. ha proseguito, inoltre, la ricerca per la localizzazione di connazionali latitanti in Paesi dell'area balcanica, centroamericana ed est europea.
Nel complesso, sono state trasmesse 381 informative agli Organismi istituzionalmente preposti all'azione investigativa, con significativi riscontri sul piano repressivo.


a) Immigrazione clandestina
L'azione informativa e di vigilanza svolta dai Servizi in direzione del preoccupante fenomeno dell'immigrazione clandestina è proseguita in modo intenso e senza soluzione di continuità.
Per quanto riguarda la segnalazione di natanti in partenza dalle coste albanesi, il contributo pressoché quotidiano del S.I.S.Mi. ha condotto al fermo, da parte delle Forze di polizia, di 3437 stranieri, tra cui 2971 albanesi, oltreché turchi, pakistani, cingalesi, cinopopolari, ex jugoslavi e nordafricani. Sono stati arrestati 51 cittadini albanesi e 27 italiani.
L'impegno di entrambi i Servizi si è rivolto all'acquisizione di notizie, di volta in volta tramitate ai competenti Organi di polizia, in ordine ad elementi e sodalizi italiani e stranieri, operanti talora in collusione con la criminalità organizzata, soprattutto pugliese, e dediti sovente ad altre attività illecite interconnesse con la gestione del fenomeno.
Evidenze informative hanno posto in luce, in particolare, il ruolo di cinopopolari che, oltre a favorire l'ingresso illegale di connazionali, ne sfruttano la manodopera in imprese commerciali site soprattutto nell'Italia centrale. Nel contempo, gruppi criminali italo-albanesi, presenti per lo più in Puglia, hanno continuato ad utilizzare, per il trasporto dei clandestini, le collaudate rotte impiegate per il traffico di armi ed esplosivi, droga e tabacchi, guadagnando spazi sempre più larghi nello spaccio degli stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione.
Il Governo è, comunque, consapevole che un'efficace strategia di contrasto all'immigrazione clandestina non può prescindere dalla predisposizione di politiche di ampio respiro, da elaborare di concerto con gli altri "partner" europei, non sembrando realistico arginare il fenomeno soltanto con provvedimenti "di polizia ". Infatti, il complesso dei dati socio-economici a disposizione, relativi a quei Paesi nei quali più forte risulta la spinta migratoria, lascia ragionevolmente presumere che la pressione tenderà ad aumentare in tutta Europa, considerate anche le differenze dell'andamento demografico tra il Nord ed il Sud del Mediterraneo.

b) Presenza in Italia di gruppi oltranzisti stranieri
Il rischio di ripercussioni sulla sicurezza nazionale delle crisi in atto in altri Stati ha richiesto l'attivazione dell'"intelligence", in primo luogo con riferimento a quelle frange dell'estremismo islamico contrarie al processo di pace arabo-israeliano.
Nel nostro paese il radicalismo islamico mediorientale, pur presente con elementi fortemente motivati, non ha dato adito, sinora, a specifici rilievi sul piano operativo, evidenziandosi principalmente per attività di propaganda e proselitismo. Tuttavia, le nuove ondate di violenza nelle aree di origine e segnali raccolti in ambito informativo inducono a ritenere sempre possibile, anche in Italia, il compimento di azioni violente, specie in direzione di interessi israeliani e statunitensi.
Un'attenta vigilanza continua ad essere esercitata dai Servizi nei confronti delle formazioni integraliste nordafricane, delle quali è stato registrato un rinnovato attivismo, estrinsecatosi, tra l'altro, attraverso reiterati tentativi, da parte di elementi oltranzisti, di infiltrarsi nelle strutture direttive dei principali centri musulmani di aggregazione, per esautorarne la "leadership" moderata.
Capillare azione di controllo e di verifica viene svolta nei confronti di elementi sospetti di militare nelle file dei gruppi terroristici, con particolare riferimento alla loro mobilità sul continente europeo.
Diverse acquisizioni hanno confermato l'esistenza di attività illecite e di collegamenti a fini logistici con la criminalità organizzata, specie in ordine al reperimento ed al traffico di documenti d'identità falsi o contraffatti.
Per quanto riguarda, in particolare, l'estremismo islamico algerino, l'attività informativa ha consentito l'individuazione in varie città italiane di alcuni militanti e simpatizzanti - talora in contatto con estremisti attivi in Francia - impegnati a ricostituire una rete di cellule, soprattutto attraverso un'intensa propaganda che si propone di strumentalizzare il malcontento ed il disagio dei giovani immigrati.
In ordine al radicalismo egiziano, sono state acquisite notizie circa progettualità terroristiche in danno di obiettivi statunitensi, israeliani ed egiziani presenti nel nostro Paese, mentre specifica attivazione di "intelligence" ha riguardato i complessi circuiti internazionali attraverso cui si muovono i finanziamenti alla causa integralista.
Oggetto di mirata attenzione sono anche la componente marocchina - il cui attivismo appare estrinsecarsi essenzialmente nell'appoggio a gruppi radicali di diversa nazionalità - e quella tunisina che, seppure impegnata ad accreditarsi quale movimento politico vittima di un "regime", mostra in taluni casi sospette contiguità con elementi di pericolose organizzazioni estremiste.
L'attività di "intelligence" in direzione della minaccia terroristica connessa allo scenario internazionale ha riguardato, inoltre, alcune componenti indipendentiste, con riferimento al rischio che esse trasferiscano nel nostro Paese conflittualità proprie delle aree di origine.
Al riguardo, non va sottovalutato il nuovo appello ad intensificare la lotta armata contro obiettivi turchi e tedeschi, formulato dalla dirigenza curda.
L'azione di controllo sulle comunità insediate in Italia ha consetito, altresì di acquisire notizie in ordine allo svolgimento di illecite attività di autofinanziamento di cingalesi di etnia "tamil" che risulterebbero contare su di un'articolata rete europea di militanti.


a) Minacce alla sicurezza economica nazionale
Nel contesto delle attività svolte a tutela della sicurezza economica, il S.I.S.mi. ha effettuato il monitoraggio degli insediamenti aziendali costituiti in Italia da cittadini di Paesi a rischio.
E' proseguita l'analisi informativa nel settore della dipendenza energetica dall'estero, al fine di valutare le prospettive di diversificazione dell'approvvigionamento delle materie prime di rilievo strategico.
Permane all'attenzione il panorama dei mercati valutari e finanziari internazionali, per quanto attiene a possibili iniziative concertate per creare situazioni suscettibili di danno, o anche solo di pericolo, per l'economia del paese.
L'attività del S.I.S.De. si è orientata, fra l'altro, verso operazioni finanziarie sospette condotte da società risultate espressione di interessi criminali stranieri, effettuate con l'utilizzazione di meccanismi finalizzati al trasferimento di denaro attraverso canali non convenzionali.
Sono stati seguiti anche i tentativi di penetrazione straniera in particolari comparti dell'economia nazionale, mentre elevata è rimasta la vigilanza volta a cogliere tempestivamente eventuali fenomeni distorsivi, passibili di incidere negativamente sull'andamento del mercato finanziario e borsistico.

b) Minacce all'ecosistema
Nell'ambito dell'attività istituzionale volta a registrare i possibili rischi derivanti al nostro Paese dall'inquinamento ambientale, il S.I.S.Mi. - al fine di contribuire all'individuazione di eventuali depositi di scorie radioattive - ha fornito elementi di informazione, trasmessi all'Autorità giudiziaria competente, sugli affondamenti di navi mercantili avvenuti nelle acque territoriali negli ultimi 5 anni.
Il S.I.S.De. ha intensificato l'attività tesa ad acquisire aggiornate indicazioni sul tema dello smaltimento dei rifiuti tossici e radioattivi in Italia, in relazione, soprattutto, al loro potenziale inquinante e all'ingerenza della criminalità organizzata.

c) Pirateria informatica
La pirateria informatica si conferma quale emergente profilo di minaccia. A fianco del fenomeno dei cd. "hackers" - soggetti che frequentemente operano senza specifici intenti criminali, ma piuttosto per dare prova di abilità nel settore informatico - suscita preoccupazione la possibilità che la criminalità organizzata possa ricorrere alle stesse conoscenze tecniche per violare, ai fini illeciti, importanti sistemi computerizzati, articolati in rete, onde carpire, modificare o distruggere dati sensibili, anche di carattere riservato.




L'attività di ricerca, svolta dagli Organismi di informazione in stretto raccordo di intelligence con i Servizi collegati, ha consentito di rilevare la permanenza di molteplici fattori di rischio, connessi agli sviluppi di situazione nelle principali aree di crisi.
Particolarmente seguita la situazione in Bosnia-Erzegovina, in quanto il processo di pacificazione continua ad incontrare rilevanti difficoltà che rendono improbabile il ritiro dei contingenti internazionali entro la fine dell'anno.
Nell'area mediterranea e mediorientale permane lo stato di tensione causato dalle attività degli integralisti islamici che, da qualche tempo, hanno cominciato ad interessare anche il territorio libico.
Il clima di incertezza derivante dal mutato quadro politico israeliano è suscettibile di rallentare ulteriormente il processo di pace, che continua ad essere avversato dalle fazioni estremiste (Hezbollah e Hamas), attivamente sostenute dai regimi islamici oltranzisti.
Sul piano regionale, l'esito delle consultazioni elettorali iraniane ha sancito il consolidamento del blocco conservatore, che ha sempre sostenuto le aspirazioni di espansionismo politico-ideologico nei confronti dell'intera comunità musulmana e l'azione delle fazioni palestinesi più radicali.
Nella Federazione Russa proseguono gli sforzi per realizzare una maggiore integrazione delle strutture politico-militari nell'ambito della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), mentre si registrano crescenti tensioni post-elettorali.
In un contesto internazionale più ampio, si rileva il permanere di uno stato di instabilità nell'area centroasiatica, in particolare in alcuni Paesi ex comunisti, a causa della progressiva involuzione autoritaria delle istituzioni, del crescente attivismo delle comunità musulmane e del deterioramento delle condizioni economiche. Tale situazione ha favorito la diffusione della criminalità organizzata, dedita al controllo illegale delle attività commerciali ed alla gestione del traffico di armi e droga.
Nelle Repubbliche caucasiche dell'ex URSS le linee d'azione adottate dai governi non sembrano idonee a favorire il risanamento dell'economia e ad individuare adeguate risposte politiche alle crisi etniche. Nell'area, si avverte il grande interesse di Mosca a rafforzare la propria influenza, anche attraverso iniziative volte a favorire avvicendamenti al potere con dirigenze di orientamento filo-russo.
Le regioni del Corno d'Africa e dell'Africa Centrale continuano ad essere interessate da una persistente conflittualità, specie la Somalia dove permangono notevoli difficoltà di giungere a credibili soluzioni negoziali. Inoltre, la compromissione del processo di consolidamento delle giovani democrazie nei Paesi dell'Africa Centrale è suscettibile di degenerare, come nel recente passato, in guerra civile, con conseguenti pericoli per la sicurezza degli occidentali, dei religiosi e dei volontari ivi operanti.
L'attività svolta nel settore del controspionaggio ha posto in evidenza il notevole attivismo dei Servizi di alcuni Paesi dell'Est europeo, del Medio Oriente e dell'area del Maghreb, ed ha confermato che il rischio terroristico di maggiore rilievo proviene dai gruppi estremisti di ispirazione islamica e palestinese.


a) Sicurezza militare: evoluzione della situazione nelle aree di maggior interesse per la sicurezza nazionale
Nella ex Jugoslavia, la tensione sul piano militare è notevolmente diminuita, anche se permangono pericolosi fermenti interetnici, derivanti dalle problematiche, anche di carattere socio-economico, connesse al reinsediamento dei profughi nei luoghi d'origine.
In Bosnia-Erzegovina, i contrasti politici all'interno della dirigenza serbo-bosniaca e le crescenti frizioni tra i croato-bosniaci ed i musulmano-bosniaci, nell'ambito della Federazione croato-musulmana (FCM), hanno rappresentato i più seri ostacoli all'opera di pacificazione condotta dai reparti dell'Implementation Force (IFOR). E' stato rilevato che l'accresciuto impegno, anche sotto il profilo informativo, dei contingenti internazionali nei confronti dei criminali di guerra potrebbe creare azioni ritorsive da parte dei serbo-bosniaci. Sono anche possibili atti intimidatori e violenti contro elementi dell'IFOR da parte di frange islamiche tuttora presenti nell'area.
In Croazia, il sostanziale rispetto degli accordi di Erdut (novembre 1995) ed il miglioramento dei rapporti tra Zagabria e Belgrado hanno ridotto i rischi di un deterioramento della situazione, pur rimanendo irrisolti il contenzioso sulla Penisola di Prevlaka ed il problema delle regioni orientali, ove sono presenti consistenti comunità di etnia serba.
Nella Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ), oltre alle accresciute frizioni politiche tra Serbia e Montenegro, dipendenti anche dall'andamento negativo della congiuntura economica, si sono registrati ricorrenti fermenti tra gli albanesi del Kossovo. Analogo atteggiamento, con rischi destabilizzanti, è stato riscontrato nella comunità albanese della Repubblica ex Jugoslavia di Macedonia (FYROM), che non ha accolto con favore la normalizzazione dei rapporti tra Skopje e Belgrado.
In Albania, la situazione interna è destinata a rimanere precaria, anche dopo la conclusione della contestata tornata elettorale. Inoltre, le minacce di guerra civile, formulate da alcuni esponenti politici, concorrono ad aumentare la già alta tensione sociale, con il rischio di nuovi esodi verso l'Italia.
Il quadro politico complessivamente instabile dell'area balcanica è destinato ad alimentare lo stato di precarietà della Bosnia-Erzegovina, ove non può escludersi un improvviso peggioramento delle condizioni di sicurezza, a causa del progressivo riacutizzarsi dei contrasti tra le diverse fazioni e della dimensione che vanno assumendo i problemi socio-economici e di ordine pubblico. Tale evoluzione potrebbe anche determinare una modifica delle attuali alleanze, tenuto conto della contrapposizione emergente in seno alla Federazione croato-musulmana tra le due entità costitutive, che potrebbe portare i musulmani a confrontarsi sia con i serbo-bosniaci che con i croato-bosniaci. Lo svolgimento delle elezioni politiche e amministrative in tutto il Paese, la cui conclusione è prevista per metà settembre, rappresenterà, pertanto, il momento catalizzatore di tutti i contrasti, divenendo il banco di prova delle reali intenzioni delle tre principali etnie di portare a termine positivamente l'intero processo di pace.
Sulla base delle considerazioni svolte, si ritiene che l'avvio a soluzione della complessa crisi balcanica non potrà, comunque, prescindere dal preventivo superamento delle divergenze ancora esistenti tra la Croazia e la Repubblica Federale di Jugoslavia e che il processo di stabilizzazione della Bosnia-Erzegovina difficilmente giungerà a compimento nei termini previsti.
Nell'area nordafricana, permangono i fattori d'instabilità che favoriscono la crescita di gruppi armati di matrice islamica. Il fenomeno, che ha confermato la sua particolare pericolosità in Algeria e in Egitto, rischia di estendersi anche ad altri Paesi della regione.
In Algeria, a distanza di pochi mesi dalle elezioni presidenziali del novembre 1995, la situazione interna è ancora caratterizzata dai tentativi di dialogo del Presidente algerino con l'opposizione, da cui è stata esclusa, tuttavia, la componente di maggior rilievo, rappresentata dal Fronte Islamico di Salvezza (FIS).
Al fine di conseguire la pacificazione del Paese, sono state indette nuove elezioni legislative da tenersi entro il primo semestre 1997. Le autorità hanno comunque proseguito l'attività di repressione, individuando numerosi terroristi e smantellando le reti logistiche. Nel contempo, sono state promosse iniziative per incrementare il sostegno popolare all'azione contro il terrorismo e favorire l'abbandono della lotta armata.
L'Egitto continua a svolgere un ruolo di primo piano nell'ambito regionale e nei rapporti con i Paesi occidentali, pur attraversando una situazione economica difficile, con riflessi sociali che favoriscono la crescita dell'opposizione islamica. Uno dei pilastri del regime è sempre stato l'affidabilità degli apparati di sicurezza e delle Forze Armate, ma, negli ultimi tempi, all'interno di tali strutture sono stati registrati episodi di disaffezione e conseguenti tentativi di proselitismo da parte dei gruppi islamici.
Nell'area meridionale, la recrudescenza della conflittualità ha prodotto ripercussioni negative sugli sviluppi del negoziato arabo-israeliano. In Israele, l'ondata emotiva di condanna, che ha fatto seguito all'assassinio di Rabin e sembrava favorire i laburisti nelle elezioni del 29 maggio, si è progressivamente dissolta. Sono prevalse le preoccupazioni per la sicurezza suscitate dall'offensiva terroristica perpetrata dagli estremisti islamici, anche se il Governo Peres, attraverso l'operazione militare "Furore" condotta in Libano contro la guerriglia locale, aveva inteso offrire all'opinione pubblica un'immagine di determinazione e risolutezza. L'esito delle recenti elezioni e l'affermazione del capo del Likud, Netanyahu, hanno determinato serie e diffuse preoccupazioni circa il futuro del processo di pace, per il timore che il Governo israeliano intenda mirare ad una fase di stallo, lasciando nell'incertezza le future prospettive del negoziato.
L'assenza di progressi significativi nel negoziato rischia, infatti, di erodere i consensi di cui Arafat ha goduto finora, favorendo i gruppi oltranzisti di varia matrice, che hanno cercato in questi anni di imporre una visione ideologica del conflitto, per sabotare la politica di pace.
Sul piano regionale, all'interno del mondo arabo, emergono preoccupazioni per i nuovi equilibri che sembrano delinearsi a seguito degli accordi militari stipulati tra Israele e Turchia e del consolidamento delle relazioni israelo-giordane. Le maggiori incognite riguardano soprattutto l'atteggiamento della Siria che, ultimamente, ha evidenziato un irrigidimento sulle problematiche dell'area e accusato il Governo di Washington di aver abbandonato il ruolo "super partes" nei negoziati di pace. In tale contesto, lo stesso successo, in Israele, di una coalizione sfavorevole alla restituzione del Golan fa apparire più arduo il raggiungimento, in tempi brevi, di un accordo siro-israeliano, con inevitabili riflessi anche sul conflitto tra Israele e Libano. Conseguentemente è ipotizzabile, quantomeno in un primo tempo, un significativo rallentamento dell'intero processo di pace.
Nella Federazione Russa, la modificazione del quadro politico venutasi a determinare a seguito delle elezioni, con conseguenze rilevanti anche nell'ambito dell'esecutivo e degli apparati di sicurezza, continua ad alimentare elevati livelli di tensione, cui si aggiunge l'inasprimento del clima sociale causato dal deterioramento delle condizioni di vita della popolazione.
In merito all'intervento militare russo in Cecenia, si registra il perdurare della conflittualità nel Paese nonostante l'incontro, a Mosca, fra Eltsin e il nuovo capo ceceno, Yandarbyiev. Al riguardo, sussiste la eventualità di una frattura tra i dirigenti secessionisti ceceni, favorevoli al dialogo, e gli elementi più radicali che potrebbero perpetrare azioni terroristiche su tutto il territorio della Federazione.
Si ritiene che la politica del Presidente Eltsin sarà fortemente condizionata da parte delle forze che sono risultate determinanti per la sua elezione. E' prevedibile che le riforme economiche ed il processo di democratizzazione subiscano rilevanti modifiche e che, in politica estera, emerga un atteggiamento meno flessibile nei confronti dell'Occidente.
Mosca ha, infatti, promosso iniziative tendenti a rivitalizzare il ruolo della Comunità degli Stati Indipendenti, mediante il rafforzamento di collaborazioni bilaterali, anche in campo militare, nel tentativo di costituire un sistema di Stati che si ponga in alternativa al possibile allargamento ad Est dell'Alleanza Atlantica. La Russia è anche decisa a contenere i tentativi di ingerenza nel Caucaso ed in Centro Asia, da parte dei Paesi limitrofi, e le iniziative di penetrazione economica ad opera di altri Stati, nelle aree considerate di rilevante interesse strategico ed economico.

b) Spionaggio
Nel semestre in esame la ricerca informativa sviluppata dai Servizi stranieri si è mantenuta ad un livello elevato e, in qualche caso, ha mostrato una sensibile crescita. L'attività di taluni Servizi europei, compresi quelli dell'area balcanica, si è rivelata particolarmente insidiosa, attraverso il ricorso ad azioni di spionaggio per la raccolta mirata di informazioni, ovvero sfruttando gli incontri ufficiali di delegazioni ed i colloqui informali con connazionali residenti nel nostro Paese.
L'azione di contrasto è stata anche rivolta in direzione di Servizi mediorientali, interessati all'acquisizione di taluni risultati della ricerca scientifica occidentale. Alcuni Servizi dell'area asiatica hanno dimostrato analogo interesse per informazioni di carattere industriale e tecnologico, mantenendo nel contempo sotto controllo le colonie dei propri cittadini in Italia al fine di individuare eventuali dissidenti. Nel senso hanno operato anche i Servizi di alcuni Paesi del Nord Africa, peraltro ancor più impegnati a penetrare le comunità islamiche nel nostro Paese. Si prevede che l'intelligence straniera continuerà a privilegiare nella sua attività l'alta tecnologia, l'industria avanzata e l'informatica, senza tralasciare i settori politico-economico e finanziario, questi ultimi oggetto anche di iniziative disinformative. L'azione di controspionaggio si è concretata, oltre che nel controllo sul territorio nazionale dell'attività di elementi appartenenti a Servizi stranieri, nell'identificazione, in Italia e all'estero, di 56 agenti operativi.

c) Terrorismo internazionale
L'attività terroristica a livello internazionale è connessa soprattutto ai focolai di crisi nell'area mediterranea e ad istanze di natura etnica.
In Algeria, gruppi islamici estremisti hanno rivolto le loro azioni contro obiettivi strategici, civili e di impatto propagandistico. Grande riprovazione ha suscitato l'uccisione di sette religiosi francesi, sequestrati il 27 marzo, crimine che ha provocato una presa di distanza anche da parte di settori della società algerina già sostenitori della causa fondamentalista.
I crescenti dissidi emersi fra i diversi gruppi radicali potrebbero agevolare l'azione di contrasto del Governo; tuttavia è da rilevare che, nonostante le divisioni e gli elementi di debolezza del movimento islamico algerino, l'attività terroristica non sembra destinata a diminuire. In assenza di una significativa evoluzione politica, non può considerarsi attenuato il rischio di ulteriori azioni anche ai danni di obiettivi e cittadini stranieri.
In Egitto, i gruppi estremisti islamici hanno dimostrato un elevato attivismo e confermato l'esistenza di contatti, quantomeno ideologici, con altre organizzazioni di analoga matrice.
A seguito del gravissimo attentato perpetrato il 18 aprile al Cairo, contro una comitiva di turisti, le autorità egiziane hanno adottato più incisive misure di repressione ed incrementato, a livello internazionale, la cooperazione per la sicurezza, specialmente con i Paesi dell'area mediterranea. Il confronto armato tra il Governo e le organizzazioni estremiste è comunque destinato a perdurare ed i gruppi terroristici, che non appaiono in grado di minare la stabilità istituzionale, potrebbero tornare a colpire all'estero.
In Libia, il latente stato di malcontento sociale è suscettibile di produrre un aumento dell'attività eversiva a causa di un possibile collegamento tra estremisti islamici, movimenti di opposizione laica e gruppi tribali. Inoltre, l'eventuale improvvisa uscita di scena del leader libico - che secondo ricorrenti notizie verserebbe in precarie condizioni di salute - inciderebbe negativamente sulla stabilità del Paese e dell'intera regione nordafricana.
In Arabia Saudita, l'attentato perpetrato il 25 giugno contro una base USA a Daharan, conferma l'esistenza di una strategia terroristica volta a destabilizzare i Paesi della Penisola Arabica ritenuti filo-occidentali.
Israele ha dovuto far fronte alla duplice minaccia, costituita dai gruppi islamici palestinesi provenienti dalla Cisgiordania e dalle organizzazioni islamiche libanesi, attive nel sud del Libano. I primi si sono resi responsabili dei gravi attentati perpetrati a Gerusalemme, Shqelon e Tel Aviv (25 febbraio - 3 e 4 marzo); i secondi, dei reiterati attacchi condotti contro forze filo-israeliane nel Libano meridionale, nonché contro villaggi israeliani nell'alta Galilea. La recrudescenza delle tensioni ha indotto le autorità di Israele ad adottare, in Cisgiordania, misure repressive congiunte con l'Autorità palestinese nei confronti dei gruppi estremisti islamici locali e, in Libano, a promuovere un'offensiva militare per debellare le basi della guerriglia. Le iniziative intraprese non sono apparse, tuttavia, risolutive, in quanto l'offensiva terroristica è continuata, sia in Israele che in Libano.
Riguardo al terrorismo di matrice etnica, si è registrata una ripresa dell'attivismo dell'ETA, al cui interno sono prevalsi i settori più oltranzisti, che appaiono determinati ad intensificare la lotta nei confronti del nuovo Governo spagnolo. Anche l'IRA, che ha rivendicato la responsabilità di diversi attentati, tra i quali quello di Manchester del 15 giugno, sembra voler proseguire nella lotta armata. Infatti, dopo aver decretato la fine del cessate il fuoco, al suo interno starebbero emergendo forti componenti ostili ai negoziati in atto. Circa l'attività del movimento curdo, sono continuate le iniziative politiche in Europa e quelle militari in Turchia, mentre crescono le possibilità che vengano perpetrati anche attentati contro interessi turchi all'estero e obiettivi turistici in Turchia, nonché nei confronti di Paesi accusati di sostenere Ankara.
Dal generale quadro di situazione, sin qui delineato, emerge il progressivo aumento del rischio terroristico a causa delle crescenti difficoltà, da parte dei singoli Stati e della comunità internazionale, a trovare soluzioni politiche non solo alle rivendicazioni di natura etnico-nazionalista, ma anche a quelle di connotazione socio-economica.


La ricerca informativa ha continuato ad evidenziare traffici di materiali bellici provenienti dall'Est europeo verso l'area balcanica, agevolati dalla permeabilità dei confini terrestri e dalla possibilità di trasporto che offrono le vie fluviali. Un ruolo crescente è stato assunto da un Paese mediorientale, che ha contribuito in modo rilevante al riarmo di una delle principali componenti etniche della regione.
I Servizi di informazione hanno segnalato agli Organi di polizia presunti coinvolgimenti di cittadini italiani in commerci clandestini di armi ed hanno acquisito notizie su analoghi sospetti nei confronti di stranieri mediorientali e nordafricani, presenti sul territorio nazionale. Hanno, inoltre, proseguito il monitoraggio delle transazioni commerciali, effettuate in violazione degli embarghi disposti dalle Organizzazioni internazionali, in particolare verso Paesi belligeranti. In tale contesto, sono stati riscontrati diversi tentativi di acquisizione di materiali d'armamento da parte di Stati nordafricani e mediorientali. Tale attività ha, tra l'altro, consentito:
- la raccolta di elementi informativi su una holding dell'Est europeo coinvolta, in violazione delle disposizioni ONU, in traffici verso la ex Jugoslavia;
- il sequestro di forniture di prodotti impiegabili in campo petrolifero e aeronautico;
- l'individuazione di flussi di ingenti capitali verso un Paese mediorientale;
- l'acquisizione di notizie su presunti coinvolgimenti dei Servizi di due Stati mediorientali in una organizzazione internazionale dedita ad attività illecite, fra le quali la vendita di petrolio di un Paese sottoposto ad embargo, i cui proventi sarebbero stati impiegati per comprare armi e tecnologie.
Nel campo delle armi di distruzione di massa, tramite la cooperazione e lo scambio informativo con i Servizi collegati e con gli Organismi internazionali preposti al contrasto del fenomeno, è stato effettuato un costante riscontro ed aggiornamento dei programmi di proliferazione dei Paesi "a rischio". Recentemente, alcuni Stati occidentali hanno evidenziato un rinnovato interesse informativo in direzione dei settori chimici di un Paese nordafricano e di uno mediorientale, già noti ai nostri Servizi per i loro programmi di sviluppo.
Una particolare attenzione continuerà ad essere rivolta alla regione balcanica. Infatti, dopo la rimozione delle sanzioni ONU nei riguardi dei Paesi dell'ex Jugoslavia, è prevedibile un notevole aumento del flusso commerciale, che potrebbe riguardare anche tecnologie utilizzabili per lo sviluppo di programmi di proliferazione, finalizzati al conseguimento di posizioni egemoni nell'area. Le informazioni acquisite sulle potenzialità dei nuovi Stati indicano che:
- in campo nucleare la ricerca risulterebbe ancora allo stato iniziale, per la mancanza delle tecnologie necessarie all'impiego militare dell'energia atomica;
- nel settore chimico, dove esiste una progredita industria di base, sono in grado di ottenere le produzioni più avanzate;
- in campo missilistico sembra ancora mancare la capacità di costruire vettori di media gittata.
Si prevede che tutti gli Stati dell'area possano essere interessati ad attività collegate a programmi di proliferazione: alcuni come zone di transito, altri perché continueranno i loro rapporti di collaborazione con Paesi proliferanti, altri ancora in quanto saranno agevolati dalle preesistenti reti di società commerciali, costituite all'estero e, in particolare, in Europa.
L'azione di contrasto, svolta dagli Organismi di informazione, alle attività di "procurement" dei Paesi proliferanti ha impedito diversi tentativi di acquisizione di attrezzature e tecnologie destinate a programmi chimici e missilistici da parte di alcuni di essi. Al riguardo, uno Stato mediorientale avrebbe posto in essere una nuova strategia per reperire sul mercato occidentale le tecnologie necessarie per realizzare, autonomamente, attrezzature ed impianti idonei alla produzione di aggressivi chimici e al controllo di qualità del prodotto.
L'ambita autosufficienza produttiva potrebbe essere, invece, prossimamente raggiunta nell'importante campo dei sistemi di guida del settore missilistico. Infatti, un Paese asiatico sta realizzando un dispositivo in grado di perfezionare sensibilmente i sistemi di navigazione dei propri vettori balistici. Avvalendosi della collaborazione di tale Paese e con investimenti contenuti, gli Stati più avanzati fra quelli impegnati nel settore potrebbero aumentare fino a venti volte la precisione dei propri missili balistici e, in seguito, applicare la medesima tecnica di guida su quelli di crociera.


(*) Trasmessa alla Presidenza l'11 luglio 1996, ai sensi dell'articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

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