L'impegno "intelligence" si è rivolto verso tutti quegli aspetti suscettibili di avere riflessi pregiudizievoli sulla sicurezza interna, in una fase evolutiva che presenta con sempre maggiore frequenza minacce che trovano origine nello scenario internazionale, ove il nostro Paese, per la sua posizione geopolitica nell'Europa e nel Mediterraneo, si trova esposto a multiformi fattori di rischio.
Di conseguenza, cresce progressivamente il bisogno di sicurezza della società civile, a fronte dei gravi fenomeni della criminalità organizzata, dell'immigrazione clandestina, dell'integralismo islamico, dell'eversione ideologica e delle turbative dei mercati finanziari e valutari.
Nell'area dell'eversione ideologica, l'ultrasinistra ha trovato nuovi spunti di mobilitazione nelle tematiche dell'antinucleare e dell'antimilitarismo, l'una in correlazione con gli esperimenti atomici francesi, l'altra con riferimento alla partecipazione italiana alla missione NATO in Bosnia.
L'ultradestra conferma la propensione a consolidare rapporti con ambienti islamici integralisti, in chiave antioccidentale.
Entrambi i settori dell'oltranzismo continuano a manifestare interesse per le tecnologie informatiche, anche nella prospettiva della creazione di reti internazionali di collegamento.
Proseguono, da parte di circoli estremisti d'oltreconfine, i tentativi di fomentare in Alto Adige sentimenti antitaliani.
La criminalità organizzata, tuttora connotata da notevole aggressività, mostra una spiccata tendenza a proiettare all'estero le proprie attività e i propri interessi. Nel contempo, sono sempre più frequenti le conferme di significative presenze di organizzazioni delinquenziali straniere sul nostro territorio. Non a caso, la priorità del contrasto alla criminalità transnazionale è ormai unanimemente riconosciuta nei vertici e nei consessi mondiali.
L'immigrazione clandestina, per entità e caratteri, si è posta in termini di emergenza a causa dell'accentuarsi sul territorio dei problemi legati al degrado, all'emarginazione, alla criminalità, alle tensioni sociali e a talune manifestazione xenofobe.
L'inevitabile riflettersi di crisi e conflitti propri dei paesi di origine, specie del Nordafrica, su alcuni ambienti delle comunità straniere presenti in Italia, rende immanente la minaccia dell'importazione del terrorismo di matrice integralista islamica.
Il contesto finanziario è stato, ancora una volta, al centro di manovre speculative e di altre iniziative pregiudizievoli per l'economia nazionale. In considerazione della gravità e ampiezza dei fenomeni, estremamente utile si è rivelata l'analisi congiunta operata, per gli aspetti di maggiore rilevanza, tra Organismi "intelligence" e Forze di polizia.
Un quadro della minaccia così articolato rende necessaria un'intensa collaborazione internazionale alla quale non si mancherà, nel periodo di presidenza italiana dell'Unione Europea, di conferire ulteriore impulso, al fine di assicurare una risposta unitaria a sfide che vanno assumendo, sempre più, carattere di globalità.
a. Attività dell'ultrasinistra
L'area dell'ultrasinistra resta caratterizzata da programmi e posizioni diversificate. La limitata capacità aggregativa porta il settore alla ricerca di sempre nuovi spunti di contestazione attorno a quelle tematiche emergenti ritenute, di volta in volta, in grado di guadagnare adesioni.
Emblematici i tentativi di riproporre iniziative di mobilitazione, strumentalizzando questioni di risonanza internazionale, come la ripresa degli esperimenti nucleari francesi. In proposito, l'adozione di pseudo sigle che evocano organizzazioni ambientaliste internazionali rivela la volontà di fare proprio, insieme con le istanze espresse dai movimenti ecologisti in genere, il vasto consenso che esse riscuotono presso l'opinione pubblica.
In tale contesto, contro obiettivi riconducibili al Paese transalpino sono stati compiuti, fra luglio ed ottobre, attentati incendiari - tutti, peraltro, di basso profilo e circoscritti ad alcune Regioni del Centro-Nord - che sono verosimilmente da attribuire a frange estreme e non sembrano rispondere ad una strategia coordinata.
La protesta, su questo versante, non appare aver raggiunto l'intento di conseguire forme di ampio coinvolgimento ed è probabile, pertanto, che resti limitata alle iniziali connotazioni meramente dimostrative, senza assumere aspetti eclatanti.
Restano, tuttavia, all'attenzione eventuali sviluppi che potrebbero derivare da contatti fra elementi italiani ed ambienti europei, finalizzati alla pianificazione di iniziative comuni di contestazione.
È stato riscontrato l'accentuato impegno antimilitarista della componente più radicale del settore, in termini di contrapposizione all'Occidente, soprattutto in relazione agli sviluppi della situazione nell'ex Jugoslavia.
La tematica balcanica potrebbe assumere una rinnovata potenzialità mobilitativa: è prevedibile che la presenza, in quel territorio, di un contingente italiano possa fornire l'occasione per nuove iniziative di protesta, anche di natura violenta, soprattutto contro obiettivi NATO e strutture militari.
Significativa, in merito, la scelta di tempo per la diffusione di un volantino di impronta brigatista, proprio all'indomani dell'invio in Bosnia dei primi militari italiani. Il documento è da interpretare come il tentativo di dare un segnale di presenza e di imprimere rinnovato impulso alla contestazione, nonché di convogliare in un alveo unitario le frange più attive sul fronte dell'opposizione alla NATO.
Altri gruppi estremi dell'antimilitarismo vanno mostrando interesse ad adottare strategie che prevedono il ricorso a più incisive forme di "lotta" e ad assumere un ruolo trainante in ambito europeo. In questo senso, il vertice dei paesi più industrializzati che si terrà a Lione nel luglio 1996 potrebbe costituire occasione di coagulo in funzione antioccidentale.
Nell'ultrasinistra si muovono ancora settori determinati a diffondere il germe dell'opposizione violenta alle istituzioni, anche se essi non trovano, al momento, adeguato terreno di coltura. Si tratta di quelle frange che, attestate su posizioni eversive con finalità di infiltrazione negli ambienti operai, sono da ritenere, in prospettiva, di elevata pericolosità. Al riguardo in concomitanza con le misure di risanamento economico-finanziario imposte dalle scadenze dell'Unione Europea, appare destinata ad incrementarsi la propaganda tendente a sollecitare la protesta contro l'adesione dell'Italia al Trattato di Maastricht.
Segnali di fermento continuano a pervenire da quegli ambienti attualmente impegnati nella "difesa" degli spazi arbitrariamente occupati, che rifiutano ogni forma di dialogo con le Istituzioni, ricercando pretesti per lo scontro violento.
La naturale propensione a sfruttare ogni occasione per rilanciare tematiche di confronto radicale si è manifestata anche in relazione alle questioni dell'immigrazione e della contestazione studentesca.
Resta concreto il pericolo che le tensioni sociali legate al fenomeno immigratorio possano essere strumentalizzate da quei gruppi dell'ultrasinistra che considerano gli extracomunitari potenziale bacino di reclutamento.
Del pari, il ciclico riproporsi della protesta studentesca potrebbe prestarsi a nuovi tentativi di inserimento da parte delle frange più ideologizzate, non solo ai fini di proselitismo, ma anche allo scopo di promuovere e gestire iniziative antisistema.
Permane forte, soprattutto nell'anarchismo oltranzista, l'interesse per la telematica, considerata valido strumento per ampliare i contatti in ambito europeo e per diffondere, in tempo reale, informazioni d'area e documentazione propagandistica. Anche se il fenomeno è ancora circoscritto, l'acquisizione di conoscenze più avanzate potrebbe consentire forme di sabotaggio - già auspicate dalla pubblicistica di settore - ai danni di banche dati pubbliche e private.
b. Attività dell'ultradestra
Le varie componenti dell'ultradestra hanno mostrato un accentuato impegno propagandistico e propositivo, teso a fornire nuovi stimoli agli ambienti di riferimento.
La ricerca di ulteriori forme aggregative sembra privilegiare la scelta di connotazioni politico-ideologiche capaci di mascherare le effettive posizioni oltranziste e di eludere i rigori della legge in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.
Le frange più radicali continuano a manifestare l'intento di non abbandonare il ricorso alla violenza, come dimostra il recupero di vecchie sigle del terrorismo neofascista, comparse a rivendicare azioni intimidatorie contro sedi di partiti politici nella Capitale.
Resta elevato il dissenso da ogni espressione politica e sociale di tolleranza, con particolare riferimento alle problematiche dell'immigrazione. Le tensioni derivanti dalla presenza di extracomunitari possono divenire occasione - come accaduto in passato - per inserimenti strumentali da parte di soggetti che si proclamano fautori della violenza xenofoba, facendo leva su confusi richiami all'ideologia nazista.
L'accresciuto interesse per le reti telematiche potrebbe preludere al rafforzamento dei collegamenti con l'estero, attraverso l'instaurazione di scambi informativi integrati con circuiti in uso ad omologhi gruppi europei.
La pubblicistica continua a svolgere un ruolo propulsivo, in un'ottica che tenta di ampliare i margini d'azione, soprattutto in ambito internazionale. In questo senso, le forti caratterizzazioni antioccidentali della propaganda trovano significativo sostegno nelle tematiche dell'integralismo islamico, che vengono ritenute uno strumento in grado di rilanciare l'impegno politico. Ne costituisce conferma la propensione di militanti convertiti alla religione musulmana a consolidare i rapporti con ambienti integralisti sia in Italia che all'estero.
a. Linee di tendenza
La criminalità organizzata conserva tuttora potenzialità destabilizzanti, anche se le formazioni delinquenziali appaiono attraversare una fase di difficoltà nella ricostruzione degli equilibri interni, scompaginati dall'attività di contrasto e dalle defezioni di esponenti di rilievo, con riflessi diversi a seconda delle singole realtà territoriali.
Nella Sicilia occidentale, alla catena di delitti che ha contrassegnato i primi mesi del 1995 è seguita una fase meno cruenta che testimonierebbe una scelta ponderata degli obiettivi, finalizzata a riassestare gli organici e, soprattutto, a diffondere segnali non equivoci sulla titolarità della "leadership".
Di converso, la situazione nell'area etnea è andata progressivamente deteriorandosi: ne è prova il sensibile incremento di omicidi di stampo mafioso, che lascia supporre il sussistere di una guerra per la conquista del vertice. Significativa, inoltre, l'uccisione, il 9 novembre a Catania, di un noto penalista, che potrebbe rappresentare un aspetto nuovo della strategia di "cosa nostra". A seguito della proroga, sino al 1999, del regime di carcerazione differenziata, la mafia tenta verosimilmente di introdurre ulteriori fattori di inquinamento e tensione nelle aule dibattimentali, proprio in coincidenza con l'avvio di una stagione processuale che vede imputati numerosi suoi esponenti. L'omicidio, il 23 dicembre a Trapani, di un agente della Polizia penitenziaria, ha riproposto la questione, fondamentale per la mafia, di gestire anche dal carcere gli affari criminali. Il Governo, determinato a non offrire margini d'azione, ha sottoposto al Parlamento un disegno di legge che - introducendo nel processo penale il cd. "dibattimento a distanza" in via obbligatoria per quanti sono sottoposti al regime del 41 bis dell'Ordinamento penitenziario - ha inteso, fra l'altro, circoscrivere i rischi e gli inconvenienti connessi con i continui trasferimenti dei capimafia detenuti in occasione dei processi.
Nel palermitano sono state compiute azioni intimidatorie ai danni di rappresentanti delle Amministrazioni locali e del clero, particolarmente attivi nell'opera di sensibilizzazione antimafia. Tale situazione potrebbe preludere ad iniziative violente contro personaggi-simbolo. Il persistere nella latitanza di elementi di forte carisma e comprovata pericolosità mantiene sempre elevato il rischio di progettualità terroristiche, considerata la loro vocazione ad operare nel territorio di origine.
Il contesto criminale calabrese, alla ricerca di un assetto verticistico sotto il profilo organizzativo, ribadisce la propensione a ricercare, specie nel Nord Italia, spazi per l'espansione dei traffici illeciti. In questa fase è aumentata la conflittualità, in relazione al tentativo della componente più aggressiva di imporre la propria influenza all'intero ambito locale. Nel complesso, rimangono immutati i caratteri di pericolosità della ‘ndrangheta, riconducibili alla consistenza numerica degli affiliati, alla capacità di infiltrazione nelle Amministrazioni, alla compattezza dei sodalizi, all'aperta ostilità nei confronti di rappresentanti istituzionali impegnati sul versante del contrasto: molteplici acquisizioni hanno confermato l'esistenza di progetti di attentati, specie ai danni di magistrati operanti nella stessa Calabria.
In Campania, continua la disgregazione dei principali sodalizi criminali, che ha portato al rafforzamento di alcuni clan minori. Le tendenze centrifughe determinate dai vuoti di vertice hanno favorito, infatti, l'emergere di nuovi gruppi e di bande giovanili che tentano, con il ricorso alla violenza, di ridefinire assetti ed equilibri. Tale stato di conflittualità, espresso dall'incremento numerico degli omicidi, potrebbe non accennare a diminuire anche per il permanere, soprattutto nel napoletano, di numerosi fattori criminogeni - quali crisi occupazionale, questione minorile e degrado ambientale - che sono suscettibili di incidere, in varia misura, sul reclutamento di nuova manovalanza.
In Puglia, dove si registra, tra l'altro, una sensibile crescita della criminalità minorile, la malavita organizzata, pur sviluppando interazioni con le altre realtà delinquenziali del Paese, conserva autonomia nell'organizzazione dei traffici illeciti - anche di armi ed esplosivi - con la vicina area balcanica, sfruttando la situazione di crisi dell'ex Jugoslavia ed i circuiti immigratori clandestini.
Quanto alla Sardegna, i buoni risultati conseguiti dagli apparati di sicurezza non hanno attenuato il livello di attenzione sul fenomeno dei sequestri e sul rinnovato attivismo degli ambienti criminali, testimoniato dall'efferato assassinio di due militari dell'Arma, avvenuto il 16 agosto.
Riscontri informativi evidenziano collegamenti tra la malavita organizzata ed il banditismo barbaricino, verosimilmente finalizzati ad attrarre quest'ultimo verso la gestione del traffico di stupefacenti.
Più in generale, per quanto concerne le fonti di arricchimento del crimine, si è registrato un aumento delle attività estorsive ed usurarie che, tra l'altro, si prestano facilmente ad essere svolte anche da gruppi non organizzati. Permane il rischio di infiltrazione nella realizzazione di grandi opere, particolarmente nel settore del trasporto pubblico, che interesseranno, nel breve periodo, anche il Meridione.
Il riciclaggio di capitali continua a rappresentare la minaccia di maggiore insidiosità, attesa la sua funzione moltiplicativa sul volume complessivo delle attività economiche criminali.
Accanto a segmenti di tradizionale presenza delinquenziale, come il mercato delle armi e degli stupefacenti, va assumendo rilievo il comparto dello smaltimento dei rifiuti e delle sostanze tossiche.
La connotazione transnazionale del crimine organizzato impone, per una concreta azione di contrasto, lo sviluppo di accordi finalizzati alla reciproca informazione delle risultanze investigative, la creazione di discipline normative omogenee e, parallelamente, l'estensione a contesti territoriali più ampi dell'operatività di provvedimenti restrittivi di natura personale e patrimoniale. È questa una linea di condotta che si intende proseguire.
A livello internazionale conferma il suo ruolo di primo piano la cd. "mafia russa", sistema trasversale dotato di ingenti capitali derivanti dalla gestione di ogni tipo di attività illecita. Tale potenziale finanziario si è tradotto in un intervento sempre più rilevante nelle economie di numerosi Paesi, con rischi di alterazione delle regole della libera concorrenza. Esponenti di quella criminalità mostrano un forte interesse ad investire anche in Italia, specie in località turistiche, manifestando sovente la disponibilità a negoziare per importi sensibilmente superiori ai prezzi di mercato.
Non meno pericolose risultano le organizzazioni criminali di origine asiatica, attivamente presenti nello sfruttamento dell'immigrazione clandestina.
A caratterizzare la nuova mappa della delinquenza europea concorre, altresì, il trasferimento all'Est di sodalizi delinquenziali italiani che tentano di occupare, grazie ad alleanze strategiche con la malavita locale, nuovi ambiti di sviluppo, soprattutto in quegli Stati che hanno in atto privatizzazioni e sono carenti di adeguate normative di contrasto.
b. Strategia di contrasto - azione dei Servizi
L'impegno del SISDe ha riguardato l'assetto delle strutture dei sodalizi criminali e le loro principali attività, quali traffici illeciti di varia natura, riciclaggio di capitali, usura ed estorsione. L'azione informativa si è tradotta nell'invio agli Enti interessati di 254 segnalazioni, molte delle quali hanno trovato riscontro in operazioni di polizia giudiziaria.
In tale ambito sono state arrestate 113 persone - di cui 47 per associazione mafiosa, 29 per delitti in materia di stupefacenti, 9 per estorsione e 3 per rapina - e si è provveduto al sequestro di droga, armi, documenti d'identità contraffatti, banconote e titoli di credito falsificati. Il contributo dell' "intelligence" ha, altresì, consentito la cattura di 16 latitanti.
L'attività del SISMI, sul versante della criminalità organizzata transnazionale, si è concretata nell'acquisizione di elementi di informazione su investimenti operati nel nostro Paese da associazioni criminali straniere, nonché su traffici clandestini posti in essere, oltre confine, da gruppi malavitosi italiani in concorso con esponenti della delinquenza internazionale, con specifico riguardo ai circuiti di armi, esplosivi e stupefacenti, e ad operazioni di riciclaggio.
Il Servizio ha proseguito, inoltre, l'attività di localizzazione di connazionali latitanti in alcuni Paesi delle aree balcanica, centroamericana ed est europea.
Nel complesso, sono state trasmesse oltre 100 informative agli Organismi istituzionalmente preposti all'azione investigativa, con significativi riscontri sul piano repressivo.
a. Immigrazione clandestina ed integralismo islamico
L'azione coordinata di vigilanza e contrasto in direzione dell'immigrazione clandestina continua a richiedere un notevole impegno, poiché si riferisce ad un fenomeno assai vasto, connotato dalla continuità dei flussi e dalla molteplicità delle aree di provenienza, soprattutto il Nordafrica ed i Balcani.
Sotto il profilo dell' "intelligence", l'attività del SISDe ha riguardato, sul territorio nazionale, l'individuazione dei sodalizi criminali che gestiscono l'ingresso illegale, mentre l'impegno del SISMI si è rivolto essenzialmente alle aree di origine, allo scopo di acquisire notizie sulle ramificazioni del traffico e sulle dinamiche evolutive dei contesti locali.
Tale impegno si è tradotto in numerose informative inviate alle Forze di polizia, tra cui ben 223 segnalazioni di mezzi navali in partenza dalle coste albanesi, che hanno consentito di procedere al fermo di oltre 5.000 clandestini, all'arresto ed alla denuncia di numerosi altri, nonché al sequestro di natanti ed autovetture.
L'immigrazione illegale si conferma come uno dei settori maggiormente remunerativi per le organizzazioni criminali, che spesso utilizzano per il trasporto dei clandestini i medesimi canali impiegati per gli altri traffici illeciti, potenziandone i circuiti, per lo più in collegamento con consorterie straniere, soprattutto est europee e cinesi.
L'estrema difficoltà, per gli irregolari, di integrarsi nel tessuto sociale va ad incrementare sacche di degrado che finiscono, inevitabilmente, con l'alimentare la criminalità, specie nella forma di microstrutture autonome o al servizio della malavita locale.
Se da un lato l'emarginazione rischia di ingenerare negli immigrati sentimenti d'astio nei confronti del mondo occidentale, dall'altro sono aumentati segnali di insofferenza da parte della popolazione, tradottisi, in taluni centri urbani, anche in manifestazioni di piazza che hanno interessato l'ordine pubblico. Clima, questo, suscettibile di offrire lo spunto per iniziative violente ispirate da razzismo e xenofobia.
La permanenza nei Paesi di origine, di stati di conflitto e di precarie condizioni di vita non consente di prevedere una diminuzione, in tempi brevi, della pressione immigratoria clandestina. Ciò ha reso improcrastinabile una revisione della normativa in materia, anche al fine di conferire maggior efficacia all'azione di contrasto.
In tale ottica, assume specifica rilevanza il decreto legge 18 novembre 1995, n. 489, recante "Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini non appartenenti all'Unione Europea", laddove prevede il potenziamento dei controlli integrati nella fase di rilascio dei visti, snellisce le procedure di espulsione e consente di intervenire con più rigore nei confronti di chi favorisce l'ingresso illegale ed impiega illecitamente manodopera straniera.
In un contesto di particolare fluidità, in relazione a vicende ancora in evoluzione e suscettibili di molteplici sbocchi, il livello della minaccia integralista - correlata alla presenza di elementi dell'estremismo islamico, specie nordafricano - è da ritenersi in crescita, per la stretta connessione con la situazione internazionale e per l'accentuarsi di segnali recepiti in ambito informativo. Uno degli indicatori di incremento del pericolo è dato dalla repentina estensione all'estero dell'attività terroristica della componente radicale egiziana, che ha rivendicato gli attentati di Fiume, Ginevra ed Islamabad, motivandoli con la reazione ad un asserito intento persecutorio nei confronti degli oppositori rifugiati all'estero. Qualora dovesse prevalere tale logica ritorsiva, neppure il nostro Paese potrebbe ritenersi immune dal rischio di iniziative violente. Altro fattore di forte incidenza sull'entità della minaccia resta legato agli sviluppi della crisi algerina, che continua a far registrare vicende
di segno opposto. A questo proposito, mentre permane elevato il rischio per gli affari italiani, così come per gli stranieri in genere, presenti nel Paese maghrebino, non può essere sottovalutata la possibilità di gesti dimostrativi sul nostro territorio, in ragione anche di taluni segnali di risentimento e tensione colti in seno a quegli ambienti oltranzisti islamici a suo tempo coinvolti in operazioni di polizia giudiziaria.
Vanno emergendo, inoltre, evidenze in ordine all'attivismo in Italia di elementi dell'estremismo armato di altri Stati nordafricani e persistono rischi di atti ostili di matrice mediorientale, specie in direzione di rappresentanze straniere.
Il quadro della minaccia si configura ulteriormente articolato e pericoloso a motivo della crescente interazione tra i militanti delle diverse formazioni del radicalismo islamico.
Tra le circostanze suscettibili di determinare nuove tensioni va indicato, infine, l'invio del nostro contingente militare di pace in Bosnia, regione in cui è forte la presenza, come combattenti volontari, di integralisti di varie nazionalità.
I Servizi sono impegnati a svolgere la massima azione di vigilanza, tesa a impedire che la ramificazione sul territorio di strutture logistiche possa favorire il supporto a nuclei terroristici, qualora dovessero prevalere opzioni violente nei confronti del nostro Paese.
b. Turbative dei mercati finanziari e valutari
La sicurezza dello Stato, nella sua accezione più lata e moderna, quale complesso di interessi in continua evoluzione in rapporto a mutamenti dello scenario interno e internazionale, non può non risentire, in ragione della progressiva centralità del fattore economico, di quei profili di minaccia che derivano da attività finanziarie dannose per lo sviluppo e la stabilità del Paese. Non è stato, pertanto, trascurato che i mercati valutari e le borse delle principali piazze mondiali continuano a registrare correnti speculative ai danni della nostra moneta, originate, specie in passaggi delicati della vita politico-istituzionale, dalla diffusione incontrollata di notizie infondate riguardanti la compagine governativa e da anticipazioni di dati oggetto delle periodiche comunicazioni sui prezzi al consumo.
A questo riguardo, l'attività informativa è stata indirizzata alla verifica di eventuali strategie di aggressione sistematica alla nostra sicurezza economica, in un momento in cui è possibile attendersi la reiterazione di manovre speculative fraudolente, considerato il persistere di una fase congiunturale interna e le scadenze dell'unificazione monetaria.
L'attività "intelligence" nel settore economico presenta, peraltro, aspetti di particolare complessità, connessi con un contesto variegato, caratterizzato da peculiari dinamiche.
c. Pirateria informatica
Il fenomeno della pirateria informatica continua a sollecitare grande interesse, con riguardo a quelle manifestazioni che denotano finalità contrarie alla sicurezza dello Stato. Si distinguono, per insidiosità, le pratiche di intrusione a scopo di sabotaggio da parte di soggetti altamente specializzati che operano, ormai da tempo anche a livello internazionale, secondo logiche e modelli comportamentali apparentemente rispondenti a una sorta di "anarchia informatica". Attività del genere, la cui diffusione risulta correlata all'impiego sempre più massiccio del computer nella gestione dati e nella comunicazione a distanza, sono favorite, talora, dalla circostanza che non sempre vengono puntualmente osservate le norme e le procedure poste a presidio della sicurezza dei sistemi.
Vanno rilevati, inoltre, i rischi crescenti di iniziative, in direzione di importanti istituzioni ed enti pubblici, motivate dall'intento di acquisire indebitamente notizie riservate ovvero da velleità disinformative.
d. Minaccia ambientale
Permane all'attenzione dell'"intelligence" la minaccia all'ambiente derivante dai traffici clandestini di scorie e di rottami metallici radioattivi, nonché dal funzionamento all'estero delle centrali nucleari. In tale ambito, sono stati acquisiti elementi su quantità, dislocazione e stato di conservazione dei residui presenti in Italia e derivanti dal pregresso utilizzo degli impianti, dal rientro dall'estero di quantitativi di rifiuti dovuti al riprocessamento del combustibile irraggiato, e dagli impieghi industriali non energetici che determinano una produzione costante di rifiuti radioattivi.
La minaccia di provenienza esterna, rappresentata principalmente dallo spionaggio e dal terrorismo internazionale, è risultata in aumento.
L'attività spionistica, condotta soprattutto dai Servizi informativi di alcuni paesi dell'Europa Orientale, del Medio ed Estremo Oriente e del Nord Africa, si è principalmente orientata verso i settori economico, tecnologico e industriale, nonché all'acquisizione illecita di materiali sensibili, in particolare quelli sottoposti ad embargo.
Nel settore del terrorismo internazionale, oltre all'aumento degli attentati di matrice integralista avvenuti in alcuni paesi musulmani, è stata riscontrata una crescente capacità operativa di gruppi estremisti a colpire al di fuori delle aree di origine, come dimostrano gli attentati effettuati in Francia, Svizzera e Croazia. In Spagna, permane il rischio derivante dal terrorismo interno di origine basca, mentre in Turchia il movimento curdo, nonostante la repressione, ha confermato la propria pericolosità e capacità di operare anche all'estero, come ha fatto soprattutto in Germania.
Nelle aree di crisi di maggiore interesse per il nostro Paese, le diverse situazioni hanno subìto significative evoluzioni.
Nei territori della ex Jugoslavia, nonostante la firma di un accordo di pace, permane l'incertezza connessa con questioni sostanzialmente irrisolte, quali lo "status" di sarajevo, il corridoio della Posavina, le linee di demarcazione in Bosnia centrale e il rientro dei profughi nelle località di provenienza.
In Russia, il quadro politico resta caratterizzato da instabilità, riconducibile oltre che alle precarie condizioni di salute del Presidente Eltsin, anche all'esito delle recenti elezioni parlamentari e all'avvio della campagna per le elezioni presidenziali di giugno 1996. Le elezioni per la nuova Duma (Camera Bassa) del 17 dicembre hanno sancito un significativo successo del Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF), una limitata tenuta del Partito Liberal-Democratico (LDPR) e il previsto basso consenso al Partito di Chernomyrdin "Nostra Casa Russia" (NDR). L'affermazione del KPRF potrebbe spingere Eltsin ad avviare un rimpasto di governo per soddisfare, almeno in parte, le aspettative dei comunisti. In previsione delle prossime elezioni presidenziali, il successo della sinistra potrebbe indurre tutte le forze riformiste a sostenere la candidatura di Eltsin che, nonostante i problemi fisici, appare al momento l'unica personalità in grado di mantenere la Federazione sulla direttrice delle riforme democratiche. Non si può, tuttavia, sottovalutare il pericolo che l'acutizzarsi delle crisi politico-istituzionali, unito ai condizionamenti derivanti dalle attività della criminalità organizzata ed alla recrudescenza della conflittualità interetnica possa portare a svolte di tipo autoritario, tendenti a ripristinare, in maniera velleitaria, il ruolo di grande potenza mondiale, con conseguente aumento del livello di rischio per l'Occidente. La Russia intende, comunque, perseguire l'obiettivo di riaffermare la propria centralità nei confronti delle altre Repubbliche ex sovietiche, estendendo il suo perimetro difensivo mediante accordi bilaterali e multilaterali con i paesi contermini. Mosca, pertanto, continuerà ad opporsi ad una espansione ad est della NATO, aspirando al riconoscimento di un ruolo primario in Europa. La Russia, inoltre, attribuisce primaria importanza strategica all'area del Caucaso, ricca di risorse petrolifere, per cui si oppone apertamente sia ai tentativi di penetrazione economica di altri paesi sia alle rivendicazioni indipendentiste. Il prolungato intervento militare della Repubblica secessionista di Cecenia ha confermato da un lato la virulenza delle istanze etniche in tutta l'area caucasica, dall'altro le difficoltà della dirigenza di Mosca nel prevenire e contenere i conflitti all'interno della Federazione.
Nell'area nordafricana e nel Medio Oriente, all'esito positivo delle elezioni presidenziali in Algeria ed agli incoraggianti sviluppi del processo di pace israelo-palestinese si contrappone la crescita dell'estremismo islamico, suscettibile di estendersi alla Libia, e di quello ebraico, come confermato dall'assassinio del Primo Ministro Rabin.
Inoltre, il recente successo elettorale del partito islamico in Turchia rischia di determinare una situazione di latente instabilità in un paese proiettato verso una sempre maggiore integrazione nell'Unione Europea.
Anche i paesi del Corno d'Africa presentano situazioni di crisi alimentate dalla precarietà delle condizioni socio-economiche e dall'espansione dell'estremismo islamico.
In Somalia, specie a Mogadiscio e nelle regioni centromeridionali, la ripresa degli scontri interclanici e il protrarsi dell'instabilità politica, causata essenzialmente dalle rigide posizioni assunte dai principali "leader" e dalla crescente influenza dei gruppi estremisti islamici, determinano un progressivo deterioramento delle condizioni di sicurezza. Ne consegue un aumento del rischio di attentati, rapimenti e coinvolgimenti per il personale occidentale, soprattutto per quello impegnato nelle organizzazioni umanitarie.
Anche nei paesi dell'Africa sub-sahariana e, in particolare, nel Ruanda e nel Burundi, le organizzazioni internazionali, laiche e religiose, saranno costrette a ridurre sempre più la propria attività, causa delle accese rivalità e degli scontri etnici che ostacolano l'avvio della normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
a. Sicurezza militare
I principali fattori di rischio per il nostro Paese sono tuttora riconducibili agli sviluppi delle crisi nella ex Jugoslavia e alle situazioni di instabilità nell'area mediterranea.
Le sostanziali divergenze ancora esistenti tra i contendenti e la permanenza di radicate ostilità interetniche, con particolare riferimento al rientro dei profughi nelle terre di origine, inducono a ritenere che l'instaurazione di un accettabile livello di stabilità nell'area balcanica necessiti di tempi lunghi.
In Croazia, l'intesa raggiunta con i serbi sul futuro assetto delle regioni orientali, temporaneamente affidate ad una amministrazione internazionale, pur segnando l'avvio di una fase di allentamento della pressione croata, non ha eliminato del tutto i motivi di attrito fra le parti.
In Bosnia-Erzegovina, le fazioni non sembrano aver rinunciato definitivamente al ricorso all'opzione militare e alla strumentale interpretazione delle intese raggiunte, cercando di volgere a proprio vantaggio la presenza delle Forze internazionali.
In tale quadro, si può prevedere un atteggiamento attendista da parte delle contrapposte fazioni nei confronti del personale internazionale, la cui sicurezza rimane a rischio, suscettibile di aumentare con lo schieramento della "Implemantation Force" (IFOR), specialmente in alcune aree. Le difficoltà di pervenire ad una pace duratura sono riconducibili all'indisponibilità delle parti ad abbandonare alcuni territori conquistati con le armi ed alla possibilità che frange estremiste delle varie fazioni, insoddisfatte delle intese raggiunte, diano luogo ad azioni provocatorie per minare il clima di fiducia ed inficiare l'applicazione dell'accordo di pace.
Nella Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ), la sospensione delle sanzioni economiche da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, seppure condizionata al rispetto dell'accordo di Dayton, ha comportato una sensibile diminuzione dei contrasti interni. Nel prosieguo del processo negoziale, il Presidente Milosevic sembra orientato a concedere, ferma restando l'integrità territoriale della RFJ, forme di autonomia alla comunità albanese del Kosovo, contribuendo così ad allentare tensioni che si riflettono sull'intera ex Jugoslavia.
Nella Repubblica ex jugoslava di macedonia (FYROM), la tensione creatasi in seguito all'attentato contro il Presidente Gligorov si è allentata con il miglioramento delle sue condizioni, riducendo il rischio di una possibile destabilizzazione del paese ad opera di gruppi di orientamento nazionalista. La situazione interna è destinata, pertanto, a migliorare, grazie anche alla progressiva normalizzazione delle relazioni con la Grecia ed alla positiva evoluzione di quelle con la RFJ.
In Albania, la critica congiuntura economica interna continua a riflettere negativamente sulla situazione sociale, mantenendo elevato il rischio di tentativi di esodo clandestino verso l'Italia.
Nell'area nordafricana permangono situazioni di instabilità soprattutto in Libia, Egitto ed Algeria.
In Libia, non accenna ad attenuarsi la tensione riconducibile alla difficile situazione socio-economica, all'incremento della conflittualità tribale, alla corruzione dilagante nelle istituzioni più rappresentative e alla diffusione dell'estremismo islamico. È prevedibile che il Regime adotti ulteriori misure restrittive e intensifichi l'attività diplomatica volta ad ottenere la revoca dell'embargo decretato dall'ONU. Anche se la dirigenza sembra ancora in grado di controllare la situazione, è da ritenere che un'eventuale destabilizzazione del paese possa comportare effetti negativi per l'intera area del Mediterraneo. La volontà libica di assumere un ruolo di maggior potenza e prestigio nella regione è solo temporaneamente sopita a causa delle attuali misure sanzionatorie. Tripoli è, infatti, tuttora impegnata ad elevare il proprio potenziale bellico, soprattutto attraverso l'acquisizione di missili balistici a più lunga gittata, di armi chimiche e di altri mezzi di distruzione di massa. Inoltre, i tentativi di incrementare la capacità di condurre missioni aeree a lungo raggio, fanno prevedere la possibilità di sviluppare, anche se non nel breve termine, capacità offensive nei confronti dei paesi del Mediterraneo.
In Egitto, la difficile situazione economica, con gravi riflessi sociali, costituisce un territorio fertile per la crescita dell'integralismo. Le elezioni politiche svoltesi il 29 novembre e il 6 dicembre sono state caratterizzate da diffusi disordini, incidenti e accuse di irregolarità formulate dalle opposizioni. Le forze di governo, nonostante l'affermazione elettorale, rischiano di non godere della sufficiente credibilità e fiducia per risolvere la crisi del paese e fare fronte all'opposizione islamica, la quale si mantiene particolarmente attiva, perseguendo iniziative terroristiche anche all'estero.
L'Algeria ha conosciuto una virulenta offensiva terroristica, che si è proiettata anche in Europa. Le Autorità algerine hanno cercato di neutralizzare i gruppi estremisti attuando una dura repressione, ma anche avanzando proposte di dialogo con la componente moderata del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) per una pacificazione nazionale. Tale possibilità appare ora meno remota dopo la conferma, nelle elezioni del 16 novembre, del Presidente Zeroual, che si è sempre dichiarato favorevole al negoziato e ha ottenuto alcuni segnali di disponibilità anche da esponenti del FIS. Recentemente il governo ha intensificato l'azione di pacificazione nazionale mediante atti di clemenza, intesi a favorire la defezione dalle fila degli integralisti non coinvolti in azioni delittuose. Anche la nuova legislazione sui pentiti sta producendo effetti positivi.
Nell'area mediorientale, il Governo israeliano e l'Autorità palestinese hanno dato impulso al Processo di Pace, firmando il 24 e 28 settembre, a Tava e Washington, l'"Accordo ad Interim", che prevede l'ampliamento dell'autogoverno palestinese alla Cisgiordania.
Tali accordi hanno trovato puntuale applicazione nonostante l'assassinio del Premier Rabin il 4 novembre, che ha costituito il più clamoroso tentativo di far fallire il negoziato a opera dei settori oltranzisti israeliani. La situazione, tuttavia, lascia presagire la possibilità di azioni ancora più eclatanti quando verranno discussi lo status definitivo di Cisgiordania e Gaza e la questione di Gerusalemme. Per quanto concerne altri problemi dell'area, Peres ha confermato l'intendimento di giungere al più presto a un trattato di pace con la Siria, nonostante il contenzioso sulle alture del Golan e le azioni armate condotte dal sud del Libano contro lo Stato di Israele. Un eventuale fattore di instabilità nella regione potrebbe ancora essere costituito dall'uscita dalla scena politica di Re Fahd dell'Arabia Saudita e di Re Hussein di Giordania, anche per i riflessi nei rapporti con i paesi occidentali, considerato il ruolo di moderazione che i due sovrani hanno finora svolto nell'area.
b. Spionaggio
La ricerca informativa continua ad essere esercitata da alcuni Servizi, soprattutto di paesi dell'Est europeo, con particolare interesse per i settori dall'alta tecnologia, dell'informatica e dell'economia. Le modalità operative si sono ulteriormente affinate con il crescente ricorso, oltre che ai tradizionali sistemi di copertura degli agenti, anche a quelli offerti da società, generalmente a capitale misto, appositamente create e spesso utilizzate per eludere misure restrittive delle esportazioni verso paesi sottoposti a embargo o sospettati di perseguire programmi di proliferazione di armi di distribuzione di massa. Personale specialistico, quali ingegneri ed esperti informatici, in molti casi formatisi presso istituti universitari occidentali, viene sovente impiegato in specifiche attività di ricerca. Gli obiettivi, infatti, sono costituiti sempre più da banche dati e da reti telematiche, oltre che da enti di ricerca ed istituti scientifici.
Taluni Servizi dell'area nordafricana e mediorientale, per ottenere la collaborazione di connazionali residenti all'estero, esercitano nei loro confronti pressioni anche con minacce di ritorsioni verso familiari o amici in patria. Analoghe azioni vengono talvolta condotte verso quei fuoriusciti che, per il loro attivismo politico, rappresentano un pericolo per i rispettivi regimi.
Particolare impegno è stato posto nel contrastare quei Servizi che, mediante diverse strutture economico-finanziarie o industriali site in Italia, cercherebbero di perseguire attività di "intelligence" o di investire ingenti capitali con finalità non chiare. In tale quadro, sono stati compiuti numerosi accertamenti e controlli che hanno portato, tra l'altro, all'identificazione, in Italia ed all'estero, di 105 agenti operativi stranieri.
È ipotizzabile che, a breve e medio termine, il pericolo derivante dall'attività di spionaggio ai danni degli interessi nazionali, permanendo sostanzialmente invariate le situazioni politico-strategiche, non tenda a ridimensionarsi. Tale situazione richiede il continuo affinamento dell'azione di contrasto, tenuto conto che le modalità operative degli agenti stranieri sono suscettibili di molteplici diversificazioni e adattamenti.
c. Terrorismo internazionale
È da segnalare la possibile minaccia terroristica di matrice balcanica, tuttora allo stato latente e fortemente connessa con l'evoluzione del processo di pace nell'ex Jugoslavia, alla quale i Servizi prestano prioritario interesse in considerazione della presenza di un nostro contingente nell'area di crisi.
In Europa, i gruppi estremisti islamici presenti in Gran Bretagna, Francia, Belgio e Italia hanno intensificato i loro rapporti e consolidato le strutture esistenti. Le attività svolte sono state di natura prevalentemente logistica (forniture di armi e mezzi finanziari alle organizzazioni operanti nei paesi di provenienza), ma, recentemente, anche di tipo terroristico a opera di gruppi algerini ed egiziani. Le organizzazioni integraliste algerine, nel periodo di campagna elettorale, hanno intensificato gli attentati nel paese, per scoraggiare l'afflusso alle urne e delegittimare il Presidente eletto. Contestualmente, sono stati colpiti anche paesi accusati di sostenere il governo algerino. La Francia, in particolare, ha subìto, nel corso dell'estate, numerosi gravi attentati ai danni di stazioni della rete metropolitana, delle linee strategiche. Infatti, nel tentativo di riconquistare il consenso popolare, sembra prevalere una scelta più mirata degli obiettivi, rinunciando a perseguire la destabilizzazione attraverso azioni indiscriminate. In prospettiva, l'attività terroristica appare indirizzata a colpire, oltre che personalità politiche, militari, giornalisti, cittadini e interessi stranieri, anche i principali settori dell'economia del paese.
In Egitto, l'attività terroristica degli aderenti alla "Jamaa al Islamiya" mantiene alta la tensione soprattutto nel sud del paese. Il governo ha intensificato la repressione durante la campagna per le elezioni legislative del 29 novembre, ma non è riuscito a intaccare la capacità operativa dei gruppi terroristici che hanno perpetrato attentati contro obiettivi egiziani anche all'estero. Tali iniziative hanno indotto le Autorità di vari paesi ad adottare misure restrittive, di diversa natura, nei confronti di estremisti islamici attivi nei rispettivi territori nazionali. Ciò comporta il rischio che le organizzazioni di appartenenza realizzino azioni terroristiche ritorsive, potendo disporre del sostegno capillare e diffuso dei militanti islamici presenti nei paesi di interesse.
È da registrare che l'attività terroristica del fondamentalismo non ha risparmiato neppure paesi tradizionalmente conservatori e ortodossi. Il 13 novembre, un attentato è stato effettuato in Arabia Saudita contro un centro di addestramento della Guardia Nazionale Saudita, gestito da militari USA (7 morti, 60 feriti). L'azione è avvenuta in un contesto di crescenti critiche degli ambienti religiosi conservatori sia per la gestione finanziaria della famiglia regnante.
In merito alle attività del movimento curdo in Europa, è da sottolineare come esso sia da tempo impegnato a sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale per accreditarsi quale movimento di liberazione e abbia costituito organismi di rappresentanza in molti paesi. Ciò non elimina i rischi per la sicurezza che potrebbero derivare da un aggravamento della situazione in Turchia, dove le forze governative continuano a confrontarsi con i guerriglieri del partito comunista curdo (PKK).
Per quanto concerne il terrorismo in Medio Oriente, si registra positivamente la circostanza che in seno ai movimenti islamici attivi nei Territori Autonomi si evidenziano posizioni favorevoli alle elezioni di organismi rappresentativi palestinesi. Sussiste, tuttavia, la possibilità che gruppi oltranzisti di diversa matrice realizzino attentati contro obiettivi israeliani anche all'estero, in ritorsione, in particolare, all'asserito coinvolgimento israeliano nell'uccisione dell'esponente islamico Fathi Al Shakaki, avvenuta a Malta il 26 ottobre.
d. Ingerenza: penetrazione economica straniera
È proseguito il rilevamento dei dati relativi agli insediamenti economici in Italia da parte di paesi di "interesse", nonché l'aggiornamento delle informazioni concernenti le aziende del comparto difesa e dell'industria nazionale ad alto livello tecnologico, per evidenziare eventuali partecipazioni finanziarie di Stati considerati "a rischio". È emerso all'attenzione l'atteggiamento di un paese mediorientale, rientrante nel novero dei cd. "proliferanti", e di uno Stato africano particolarmente attivo nel settore petrolifero.
Specifico riguardo si è posto nella ricerca di eventuali strutture aziendali costituite con finalità esclusive dei vincoli di embargo decretati in sede internazionale.
e. Dipendenza energetica
È stata svolta ricerca informativa al fine di evidenziare il quadro di dipendenza energetica dell'Italia, per quanto concerne il rischio legato a soluzioni di continuità nella erogazione dei flussi. In tale contesto, si è provveduto all'aggiornamento dei dati sulle importazioni di materie prime strategiche onde evitare situazioni di pericolo per i settori produttivi nazionali interessati.
La ricerca volta ad individuare i trasferimenti di armi convenzionali, avvenuti sia mediante cessioni segrete tra governi, sia attraverso traffici illegali, ha consentito di acquisire elementi informativi in merito a forniture verso l'area balcanica di materiale di armamento, reperito prevalentemente sui mercati dell'Est europeo. I traffici risultano condotti da faccendieri di varia nazionalità, spesso con coperture e connivenze di alcuni apparati statali di paesi dell'Est, interessati a non apparire ufficialmente nelle transazioni.
Un paese dell'ex patto di Varsavia ha rivestito un ruolo rilevante come fornitore diretto e quale territorio di transito della gran parte delle armi destinate all'ex jugoslavia. inoltre, un paese mediorientale ha fornito crescenti quantitativi di materiale bellico ad una delle fazioni in lotta e una nazione europea è stata indirettamente coinvolta dalle autorità governative di alcuni stati belligeranti, che vi hanno fatto confluire propri fondi per finanziare acquisti di armamenti.
Elementi informativi su violazioni delle restrizioni disposte dall'ONU verso Serbia e Montenegro, Iraq e Libia, hanno evidenziato il coinvolgimento, in alcune vicende, di ditte italiane o società a capitale estero, aventi sede sul territorio nazionale. Nel settore dei traffici di materiali provenienti dall'Est, l'attività "intelligence" ha condotto al successo di importanti operazioni effettuate all'estero. Inoltre, è stata svolta un'azione di sensibilizzazione al fenomeno in direzione di tutti gli organismi nazionali preposti al controllo delle esportazioni. Analoga iniziativa è in corso nei riguardi degli ambienti scientifici, al fine di pervenire ad un più efficace controllo delle strutture ed ottenere la piena consapevolezza del personale ivi operante.
È stata auspicata in più sedi internazionali l'attuazione di un meccanismo di scambio di informazioni sui traffici e sul contrabbando di materiale nucleare e la costituzione di una "banca dati" di supporto.
L'attività di contrasto nel campo della proliferazione delle armi di distruzione di massa, ha consentito, in particolare, di:
- rallentare il programma di proliferazione chimica di un paese nordafricano;
- segnalare i tentativi di acquisizione di materiale sensibile da parte di Stati mediorientali;
- individuare la recente costituzione in Italia di una società di copertura di un paese a "rischio", la cui attività sarebbe finalizzata all'acquisto di materiali e tecnologie avanzate;
- rilevare una comune matrice nei programmi di proliferazione di alcuni paesi, anche se le metodologie di attuazione appaiono diversificate.
Nel settore chimico, tutti i paesi proliferanti potrebbero disporre, entro pochi anni, delle risorse tecnologiche ed industriali necessarie per la produzione di agenti vescicanti, soffocanti e tossici. Alcuni di essi saranno in grado di produrre agenti binari ad elevata persistenza.
In campo biologico è prevedibile che, nel breve periodo, si tenti di acquisire conoscenze tecnologiche dai settori farmaceutico e biomedico mentre, nel medio-lungo termine, le ricerche saranno orientate sui nuovi aggressivi e sui mezzi di disseminazione. Al momento, il programma di un paese mediorientale è quello che presenta il maggior grado di rischio, anche se non ha ancora raggiunto lo stadio produttivo.
Nel settore nucleare, nessuno dei paesi considerati conseguirà capacità militari in tempi brevi. Due paesi orientali sono ritenuti i maggiori potenziali esportatori di impianti e tecnologie nucleari impiegabili a fini militari.
Nel settore missilistico, le tecnologie acquisite presso un paese dell'Estremo Oriente hanno consentito ad alcuni Stati di produrre missili balistici con gittata fino a 500 chilometri. Si ritiene che, nei prossimi anni, possa aumentare il numero dei paesi che tenteranno di acquisire tecnologia avanzata per lo sviluppo di sistemi missilistici in grado, per gittata e precisione, di raggiungere anche i territori di alcuni paesi occidentali.
Anche la cooperazione con i Servizi collegati e lo scambio informativo nelle sedi internazionali deputate al controllo dell'attività di proliferazione hanno confermato il quadro sulla prevedibile evoluzione dei programmi dei paesi considerati "a rischio", i quali costituiscono sempre di più una potenziale minaccia per l'Occidente e, in particolare, per l'Italia.
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