Nella vita di ogni nazione vi è sempre un momento difficile e ora - è innegabile - è giunto quello della Spagna. Lo sconcerto e lo sconforto di tanti cittadini è patente. Ma c'è una cosa che è d'obbligo dire. In alcuni settori della società spagnola la nuova moda consiste nell'amplificare tutto ciò che non è chiaro, tutto ciò che contribuisce a gettare discredito sulla nazione. In questi gruppi vi è una sorta di istintiva, inspiegabile soddisfazione per ciascun episodio che serve a screditare le istituzioni, per ciascun insuccesso o rivelazione che oscuri la storia o il futuro della nazione, cosa questa che differenzia un grande numero di spagnoli dai loro alleati europei.
In questo processo di scoraggiamento nazionale, i mass media hanno svolto un ruolo e ne sono responsabili. Alcuni giornali hanno costantemente riportato descrizioni distorte e lontane dalla verità. Si direbbe che questi opinionisti vivono in un altro mondo, sempre più lontano dalla loro professione: non sono interessati ad indagare, verificare, informare ed hanno scelto di partecipare alla lotta per il potere, presentandosi talvolta come candidati al potere, altre volte trasformandosi in mere succursali dei partiti. Questa scomposizione crea una delle più gravi disfunzioni dell'attuale Spagna.
È necessario denunciare gli abusi. Ma bisogna anche presentare l'altra faccia della realtà, quella di un paese con un enorme capitale di energia, la cui vitalità si evidenzia tutti i giorni, in mille modi. In tante zone di ombra, esistono grandi riserve di energia nazionale. Infatti il paese non è caduto nel caos né si è paralizzato.
Forse il problema più grave proviene dalla classe dirigente e non solo da quella politica. Si ripete così la tendenza prevalsa cento anni fa, quando la Spagna più volgare ha spodestato quella più innovatrice: in quegli anni Benedito prevaleva su Picasso, Blasco Ibanez su Baroja, Sagasta su Silvela, Echegaray su Cajal. Tuttavia non è certo che la Spagna più rapace finisca per imporsi su quella più intelligente e quindi un ampio settore del paese potrebbe optare per un'interpretazione non sempre negativa di questi episodi nazionali. La realtà di questi ultimi venti anni dimostra che la nazione conserva una considerevole quantità di disciplina, di sforzo, di capacità organizzativa e di crescita. Solo considerando questo aspetto ci sembra equilibrato considerare la serie di insuccessi di questi ultimi anni, tra i quali quello che ha riguardato i Servizi di Intelligence.
Il Cesid oggi è guardato con molto sospetto dall'opinione pubblica. La gravità dei fatti ha favorito una campagna di banalizzazione, se non di ridicolizzazione, del Servizio e dei suoi uomini e mette in dubbio quella specifica funzione dello Stato che viene denominata "intelligence". Il Cesid è inoltre guardato con sospetto dalla maggior parte dei rappresentanti dei partiti, compreso il PSOE, che ritengono le sue azioni più famose poco chiare ed al servizio di determinati dirigenti.
Il Cesid, infine, è sospettato a livello tecnico. Una volta divulgati i possibili errori, il dubbio viene esteso, giustamente o meno, a tutte le attività del Servizio. La centralizzazione organica è contrastata dagli errori della sicurezza interna, cosa che porta a pensare ad una struttura inefficace; le rivalità con gli altri Servizi di Informazione aprono il dibattito sull'efficacia del coordinamento; la cultura ereditata da varie sezioni del Centro - militari o civili - permette di mettere in discussione la qualità delle sue analisi e, per concludere, sorge il dubbio relativo all'uso dei fondi riservati.
Nell'ambito della sicurezza atlantica, l'intelligence spagnola rivestiva un ruolo importante nell'insieme di singole unità che funziona ormai da quattro decenni come un sistema integrato, sovranazionale. Per questo è difficile stabilire il danno che la paralisi del Cesid causa alla Spagna e all'ordine internazionale e, in ogni caso, ne deriverà un grave deterioramento le cui conseguenze saranno avvertite questo stesso anno.
Il Cesid lavora in tre zone sensibili della NATO: il controllo dell'asse Canarie-Gibilterra-Baleari; lo Stretto come tale; infine il Nord Africa, dalla Libia alla Mauritania. Il controllo dello spazio aereo e marittimo spagnolo era uno degli incarichi più delicati. Nel 1991, una Divisione del Centro aveva cominciato a lavorare al conflitto balcanico.
Ma a noi preme sottolineare il punto focale di questa crisi: l'internazionalizzazione dei Servizi occidentali e la ripercussione - in termini di prestigio o discredito - che il suo sistema di intelligence può causare alla Spagna. Il Cesid inoltre copriva altri fronti che valicano oggi le frontiere nazionali: la politica della non proliferazione, da una parte. La ristrutturazione delle centrali nucleari dell'ex blocco sovietico, dall'altra. Infine, oltre a ciò, i nuovi problemi di sicurezza - crimine organizzato, immigrazione clandestina, stupefacenti, traffico di armi - che oggi rivestono sempre maggiore importanza in un mondo la cui sicurezza non è più affidata esclusivamente all'esercito.
Tutta questa mole di lavoro così diversa è stata probabilmente messa da parte, quasi abbandonata, a favore di altre attività (spionaggio politico, intercettazioni illegali) nelle quali la volubilità si confonde con l'illegalità. Sebbene la correttezza del Direttore Generale del Centro rimarrà intatta nel futuro - una carriera esempio di integrità, un eccezionale curriculum di servizio - la slealtà di alcuni membri della fascia direttiva comprometterà, nei prossimi anni, l'immagine del Cesid.
Quello che ne consegue non è una speculazione: tutti gli indizi fanno pensare che qualche alto grado della Direzione Operativa del Centro ha commesso un'appropriazione indebita, attingendo anche ai fondi riservati, approfittando della buona fede del Direttore Generale. Probabilmente il colpevole ha sottoposto a ricatto l'intero sistema di sicurezza dello Stato, utilizzando informazioni relative all'ETA. È quindi necessario ricordare il massimo grado di fiducia che la società ripone in coloro che dispongono della forza militare o dei meccanismi di sicurezza dello Stato. In regimi dittatoriali - dove il terrore costituisce il meccanismo di sicurezza - coloro che deludono questa fiducia sono puramente e semplicemente eliminati. Anche qui le democrazie si trovano a dover affrontare il problema dell'inferiorità funzionale che serve da contropartita alla dignità morale. I servizi anglosassoni, tedeschi o francesi, sono riusciti, nonostante tutto, a dotarsi di efficaci metodi di difesa contro il tradimento, quei metodi che invece non esistevano nel Cesid, permettendo a qualche suo dirigente di attraversare il Rubicone. Tuttavia numerosi sono i punti oscuri in questo fatto, e non ultimo quello che un militare di carriera, giunto al grado di colonnello, non comprenda che la slealtà assume un diverso peso in un'impresa tessile e in un Centro di Informazioni della Difesa.
Se questa versione venisse confermata, ci troveremmo di fronte ad una gravissima mancanza che si verifica alla base stessa dell'organizzazione: un insuccesso operativo che getta discredito sul Centro come tale, ma soprattutto sullo Stato e sulla rispettabilità interna del sistema di libertà. Al di là di qualunque gioco di parole, il fallimento del Cesid è il fallimento dell'intelligence. Rivela fino a che punto i concetti basilari, essenziali, sono ignorati dalle persone che ricoprono posti di responsabilità nel governo del paese. Rivela una paurosa confusione dei valori che riteniamo consolidati, indiscutibili. Rivela un sorprendente disprezzo delle libertà civili da parte delle autorità che ne dovrebbero essere custodi. E infine, rivela un inesplicabile grado di insicurezza materiale. Così mentre i sistemi di allarme dei grandi magazzini scattano di fronte a qualunque ladro che cerca di rubare un fazzoletto, un Capo di Divisione del Cesid ha potuto sottrarre centinaia di documenti, registrazioni e dischi magnetici senza che si fosse accesso un solo segnale d'allarme.
Tra l'attuale sconcerto politico, il Cesid ha di fronte a sé varie alternative: resistere alla bufera, nella speranza di una generale amnesia a breve o medio termine; piegarsi a tutte le modifiche stabilite dall'attuale Governo, sperando che tali cambiamenti calmino l'opposizione e concedano una tregua politica; cercare di convincere i principali opinionisti ed influire sulle loro conclusioni; o cominciare ad adattarsi ai nuovi tempi.
Queste sono le alternative possibili, ma nessuna risulta soddisfacente poiché perpetua quanto c'è di peggiore nell'attuale cultura organica: salvare la situazione ed uscirne come si può. In questa fase di pubblica esposizione e vulnerabilità del Cesid, bisogna preoccuparsi meno dell'istituzione nel senso nominalista e più della funzione, cioè, dell'intelligence e dell'informazione, materiali di lavoro indispensabili per ogni Stato moderno.
La prima cosa da fare, pertanto, sarebbe rivalutare l'intelligence e spiegare alla nazione cosa significa studiare e valutare quotidianamente la realtà. Chiarire ai cittadini come la sicurezza basilare di una nazione non può essere garantita senza questo sforzo giornaliero di analisi. E chiarire infine come questo lavoro non ha nulla a che fare con lo spionaggio interno, inutile, illegale e disonorevole.
Il problema non è tanto pubblico, ma di élite politica: il servizio deve aprirsi ad un vero dialogo non partitico, che rifletta le necessità dello Stato così come le intendono le forze politiche. Quindi, dopo questa crisi sembra necessario raggiungere un accordo nazionale in materia di sicurezza, informazione ed intelligence.
Uno dei pericoli che corrono i servizi di informazione, sin dall'origine della loro esistenza, è il generalizzato e nevrotico sospetto di qualunque cosa. Per alcuni agenti non esiste notizia, informazione o movimento che si produca per caso o che non possa essere interpretato come parte di una grande operazione. Lo stesso nome, servizi di informazione ed intelligence, implica la raccolta e la cooptazione di dati, la loro analisi e valutazione. Senza informazioni non si può vincere, cita il motto latino del Cesid. Senza informazioni, i Governi non possono adottare alcuna decisione.
Il problema sorge quando gli agenti e le istituzioni preposti all'informazione ritengono che, per il loro peculiare lavoro, possono ripararsi dietro il segreto, nella parte oscura della legge. Ma la realtà, testarda, si impegna a dimostrare che non è così. In ogni servizio pubblico - anche nei quadri dello spionaggio - l'illegalità finisce per essere molto difficile da nascondere quando è nota a due o più persone. Di fronte alla legge, qualsiasi agente della sicurezza dello Stato e dei servizi di informazione è responsabile delle sue azioni quanto qualunque altro cittadino, ed è obbligato a rispettare l'ordinamento giuridico anche se ostacola il suo lavoro.
Ma come abbiamo appreso da quanto pubblicato, non è stato così. Le intercettazioni del Cesid compiute nei confronti di migliaia di cittadini hanno riguardato perfino lo stesso Re. La cosa più grave è che questo attacco frontale alla legalità continua ad essere considerato da più di un politico un qualcosa di naturale. Se si è giunti ad una trasgressione così grave non è stato solo per la natura delle indagini, ma perché il Cesid ha potuto essere strumentalizzato da alcuni dei suoi responsabili a proprio beneficio politico, e la maggior parte delle volte a beneficio personale, come può dedursi dallo spionaggio sistematico ai danni di Ministri e leader dell'area del PSOE. La causa di tutti i mali, e quella che getta maggior discredito, è da ricercarsi nella possibilità che ciascuno utilizzi l'intelligence militare per propri fini. Questi abusi sono propri di paesi lontani, assolutamente sottosviluppati. Nemmeno nei momenti più oscuri del sistema sovietico si sono verificati casi di vendita di rapporti o registrazioni per arricchimento personale.
Il problema può essere risolto. Se il Servizio di Intelligence spagnolo vuole recuperare rispettabilità è necessario dotarlo immediatamente di un sistema di controlli che permetta il suo equilibrio mediante contrappesi istituzionali. Che la responsabilità delle sue funzioni sia suddivisa tra le principali forze politiche e che abbia una rappresentanza parlamentare sono condizioni imprescindibili.
Fino ad oggi, l'unico sistema di controllo e di verifica delle funzioni del Cesid - e dei restanti Servizi di Informazione - è stato garantito dalla fiducia personale tra il Presidente del Governo ed il Direttore Generale del Centro. Ma un sistema così irregolare - la cui inefficacia è stata palesemente dimostrata - non può più servire nel futuro. Si tratta di introdurre controlli istituzionali al margine delle relazioni personali.
La prima misura consisterebbe nella creazione di un comitato per l'Intelligence nel Congresso dei Deputati. Ristretto, segreto, senza immunità parlamentare per evitare le fughe. In questo organismo di controllo si dovrebbero periodicamente illustrare gli obiettivi e le missioni dei servizi.
È chiaro che per far funzionare un servizio occorre anche, in alcuni casi, che esso agisca al margine della legalità, cosa doppiamente rischiosa, proprio perché non si deve arrivare alla trasgressione. Per questo le attività speciali in materia di sicurezza necessitano del sostegno politico e della corresponsabilità delle forze rappresentate nel Parlamento. Con il loro sostegno o le loro critiche si può valutare la validità di una legge, proprio nella Camera che le ha dato vita.
È necessario inoltre ottenere un'altra garanzia. Nessun controllo politico può risultare completo se non si possono discutere e rivedere i bilanci destinati all'intelligence. Per questo è necessario poter consultare, in ogni momento e senza preavviso, la contabilità di tutte le sezioni del Centro. Questo è uno dei procedimenti sicuri per misurare l'efficacia di qualunque organizzazione. Purtroppo, i fondi che il Governo destina al Cesid non sono chiari. Nei Bilanci Generali dello Stato figurano solo le spese di funzionamento ed investimento, ma non quelle del personale. Più della metà di queste spese di funzionamento, però, è coperta da "segreto", per cui non è possibile sapere a cosa sono destinati i fondi o se sono spesi correttamente. La stessa cosa vale per gli investimenti.
Si dice che fino allo scorso mese di gennaio, quando è stata resa pubblica la frode dei fondi riservati, una parte di questi era utilizzata dal Cesid per pagare degli extra ai suoi agenti. Comunque, che questa usanza continui o meno, il panorama non è tranquillizzante. Per questo è indispensabile la creazione di un Consiglio Contabile che abbia la possibilità permanente di verificare quanto si spende e in cosa. Il controllo finanziario potrebbe essere condotto congiuntamente dalla Corte dei Conti e dalla Commissione per l'Intelligence del Congresso dei Deputati.
Ultimo, ma il più importante: un terzo controllo giudiziario, a nostro avviso inevitabile. Quello che noi sappiamo ed ascoltiamo sui servizi di intelligence potrebbe essere solo la punta dell'iceberg. Le indagini giudiziarie contro possibili attività illegali dei membri del Cesid sono emerse da infiltrazioni e solo in un'occasione, nel caso delle intercettazioni illegali all'editore de La Vanguardia, per interventi isolati della polizia. Sarebbe necessario creare una specie di "ombudsman" giudiziario, un magistrato con accesso alla documentazione interna, in grado di controllare in ogni momento le azioni del servizio di informazione e, qualora se ne presentasse la necessità, chiedere le responsabilità penali. Nel Regno Unito già esiste un tribunale speciale per i casi relativi ai servizi di intelligence.
Controllo politico, finanziario e giudiziario: la combinazione di queste tre misure costituirebbe il trattamento d'urto necessario ai servizi spagnoli in questo momento di discredito pubblico ed evidente strumentalizzazione politica. Successivamente altre misure dovrebbero garantire un maggior coordinamento tra il Cesid ed il Ministero dell'Interno, la Direzione della Guardia Civil e le Forze Armate.
In questi ultimi tre anni, una serie di errori, abusi e disinformazioni ha colpito il paese: un cumulo di insuccessi si è abbattuta sulla società spagnola, dalla tripla svalutazione monetaria all'affondamento del Cesid. Ma non sono state catastrofi naturali, né imprevedibili rivolgimenti geologici. Si è trattato quasi sempre di casi di incompetenza, di negligenza o di abusi di potere: risultati di una cattiva gestione del Governo.
I membri più "opachi" della classe dirigente di solito si trincerano dietro l'invariabile ripetizione di uno strano argomento: la corruzione si verifica anche in altri paesi. Come se dovessimo riportare le casistiche dei malati di cancro nelle nazioni vicine per alleggerire le cifre dei centri oncologici spagnoli. Forse il maggior insuccesso di questi dodici anni di governo socialista è da ricercarsi proprio qui: nell'incapacità di imporre l'ordine, ragione d'essere di ogni governo dall'origine della civiltà. I problemi in questi dodici anni non sono stati di ordine pubblico ma di buon ordine. Nell'ordinamento giuridico sono stati innalzati dei muri maestri. In questa fase sono stati tralasciati elementi essenziali della sicurezza generale. Le parole più gravi pronunciate dal Capo del Governo in questi ultimi anni possono essere riassunti con una breve asserzione: "mi sono reso conto leggendo i giornali". Frase ripetuta in tre occasioni di importanza nazionale: a proposito del GAL, a seguito della fuga del Direttore Generale della Guardia Civil, in occasione delle fughe verificatesi nel Centro Superiore di Informazione della Difesa. Il Cesid è stato in questi ultimi anni un elemento essenziale per la sicurezza. Incalcolabile è il danno che il suo discredito può produrre all'immagine estera della Spagna e agli interessi vitali della sicurezza nazionale. In questi tre casi, i più gravi fra i vari reati commessi, il Capo del Governo si è giustificato per la sua ignoranza anche se la sua prima funzione consiste nel controllare.
Per quanto riguarda l'interno, gli errori del Governo hanno provocato un'ondata di sconforto nel corpo sociale e considerando l'estero, il risultato non è meno devastante. Le illegalità e gli scandali hanno caratterizzato la storia europea di questi ultimi anni. La mancanza di solidarietà ed la tendenza al ladrocinio sono come le piaghe: si estendono quando viene a mancare il controllo dell'igiene pubblica. Ma in nessuno Stato dell'Unione Europea, nemmeno in Italia, si è dato il tono di miserabile buffonata, di grande vergogna, di accaparramento. È un finale amaro che la sinistra spagnola non meritava in occasione della sua prima prova di governo.
Il disordine funzionale è l'effetto, il disordine intellettuale la causa. Cittadini assolutamente privi di formazione non possono accedere a posti di governo. Professionisti con mediocri curricula di servizio non possono garantire il successo. L'ignoranza quanto più vasta, solida e radicata, diventa garanzia di fallimento. La lettura di Plutarco non è mai stata indispensabile, ma non deve essere considerata una zavorra. Dietro il Cesid, i fondi riservati, la fuga di Roldan ed i GAL, esiste un cumulo di improvvisazioni, di falsi titoli di studio, di ignoranza temeraria e meravigliosa vacuità.
Tra le funzioni degli Stati non è inclusa la difesa di una morale. Ma la corruzione non potrà essere sconfitta in Spagna finché non si capirà che le pratiche corrotte sono per lo Stato problemi di ordine, in un ambito del tutto estraneo alla morale personale. C'è gente alla cui coscienza non ripugna il gioco delle influenze, come ad alcuni non ripugna di trafficare in armi o stupefacenti. Lo Stato è responsabile della promulgazione e dell'applicazione di leggi che prevedano la perseguibilità di questa delinquenza. La corruzione, insistiamo, è un problema di buon ordine, non di apostolato morale. Senza una massiccia politica nazionale contro la corruzione, gli ospedali un giorno non funzioneranno più, i semafori si spegneranno, gli alimenti si deterioreranno.
I margini di tolleranza, così alti in Spagna del XX secolo, hanno creato da noi una situazione limite. È una situazione di estrema gravità e tuttavia non ci troviamo ancora di fronte ad una decadenza irrimediabile. Si può sempre correggere.
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