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Per Aspera Ad Veritatem n.3
Camera dei Deputati - XII LEGISLATURA

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza (primo semestre 1995) (articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801)
presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri (DINI)









L'attività degli Organismi di informazione e sicurezza volta a prevenire eventi pregiudizievoli sul territorio nazionale si è orientata, oltre che nei confronti dei tradizionali settori, anche verso nuove forme di minaccia che, collegate all'acuirsi di crisi e vicende internazionali, si sono spesso imposte all'attenzione.
Sul versante dell'oltranzismo ideologico, mentre l'ultrasinistra ha confermato atteggiamenti di contrapposizione alle Istituzioni, soprattutto in direzione della politica economica del Governo, l'ultradestra ha cercato ulteriori prospettive di rilancio, anche attraverso il consolidamento di collegamenti con referenti esteri.
Istanze separatiste, in Alto Adige ed in Sardegna e, da ultimo, episodicamente, in Valle d'Aosta, hanno continuato ad essere alimentate, pur in assenza di specifiche azioni di rilievo, da gruppi revanscisti d'oltre confine ed a trovare utili riferimenti in omologhi movimenti stranieri.
Il crimine organizzato ha fatto registrare una recrudescenza di episodi delittuosi, espressione di una perdurante aggressività che potrebbe rivolgersi anche contro rappresentanti delle Istituzioni impegnati nell'azione di contrasto.
Particolare allarme sociale ha suscitato la ripresa del fenomeno dei sequestri di persona a scopo di estorsione in Sardegna.
Il contesto economico-finanziario ha evidenziato aspetti di interesse sia per quanto riguarda manovre di tipo speculativo, sia per quanto attiene ad operazioni sospette di altra natura.
Specifico rilievo hanno assunto i possibili riflessi sul nostro territorio di conflitti e crisi internazionali. Ciò, soprattutto, con riguardo a rischi di atti di rappresaglia di carattere terroristico legati alla situazione nei Balcani e di attività pregiudizievoli da parte di nuclei clandestini riconducibili a movimenti integralisti islamici nordafricani.
Sono stati considerati l'eventuale ricorso ad armi non convenzionali da parte di sette o gruppi terroristici a seguito dei gravi fatti verificatisi in Giappone e l'uso della tecnologia telematica a fini controindicati.
Del pari, è stato attentamente seguito l'evolversi del fenomeno dell'immigrazione clandestina nelle sue molteplici articolazioni.
In ragione della loro portata ed attualità, tali questioni hanno formato oggetto di specifico approfondimento di intelligence, costituendo, altresì, materia di analisi congiunta da parte delle Forze di polizia e dei Servizi.


a) Attività dell'ultrasinistra
Le diverse componenti del settore dell'ultrasinistra sono state interessate da un serrato dibattito, incentrato sulle metodologie di lotta e sui programmi ritenuti in grado di suscitare più ampi consensi in quegli ambienti considerati ancora ricettivi a messaggi antisistema. Ne sono scaturiti nuovi spunti per l'incitamento alla mobilitazione contro la politica economica e gli accordi Governo-Sindacati in materia di riforma previdenziale.
I gruppi più attivi hanno manifestato rinnovata attenzione per le tematiche operaie - attorno alle quali si registra il tentativo di ricompattare l'area "antagonista" - nonché per la questione delle rappresentanze sindacali spontanee.
Segnali indicativi di quella che si va profilando come la strategia privilegiata attraverso cui incanalare ogni espressione di malcontento, sono i dichiarati intenti di far ricorso sia allo strumento delle manifestazioni di piazza sia ad altre azioni di disturbo.
L'attività di propaganda dell'ultrasinistra si va diffondendo dai grandi poli industriali del Piemonte e della Lombardia in altre regioni, specie in quelle ove persistono condizioni di disagio dovute a problemi occupazionali.
Per tale motivo, in autunno, alla ripresa delle attività lavorative, potrebbero, invece, costituire occasione per rafforzare i collegamenti con omologhi ambienti stranieri. In tale contesto, è possibile che vengano strumentalizzate problematiche alle quali l'opinione pubblica è particolarmente sensibile come, ad esempio, la ripresa degli esperimenti nucleari.
All'interno del circuito "antagonista" trova diffusione una fascia di produzione documentale, riconducibile a frange oltranziste, che presenta elementi di coincidenza con i programmi delle residue sacche brigatiste. Ciò induce a ritenere verosimile un rapporto di contiguità e di reciproca attenzione, quantomeno sul piano dell'elaborazione teorica.
Per quanto concerne il terrorismo di matrice b.r., sono stati registrati l'arresto a Roma, a febbraio, di due soggetti dichiaratisi militanti dei "Nuclei Comunisti Combattenti" e la diffusione di documenti elaborati da detenuti irriducibili, nei quali si fa esplicito riferimento alla necessità del rilancio della lotta armata.
Tali circostanze impongono di mantenere alto il livello di vigilanza verso l'area che, seppure caratterizzata da una perdurante stasi operativa, conserva comunque una potenziale pericolosità per quanto attiene ad azioni dimostrative contro obiettivi di elevato valore simbolico, come quelle perpetrate, negli anni scorsi, in danno di sedi NATO ed USA. In proposito, potrebbero essere ancora oggetto di iniziative controindicate strutture militari impegnate nel fornire supporto operativo-logistico alle operazioni alleate nell'ex Jugoslavia.
Non va trascurato, inoltre, il ruolo rivestito da taluni latitanti all'estero, per i collegamenti che ancora mantengono con i circuiti dell'ultrasinistra.
È proseguito, specie in Piemonte e Trentino, l'attivismo dei movimenti anarchici oltranzisti, orientati a diversificare i motivi di propaganda attraverso una copiosa pubblicistica e propensi ad azioni di carattere violento, anche se di basso profilo.
Il campo dell'informatica suscita grande interesse negli ambienti "antagonisti", compresi quelli antimilitaristi, soprattutto per le potenzialità legate all'amplificazione del messaggio ed alla possibilità di trasferire l'attività "militante" dal piano documentale a quello tecnologico, con l'immediatezza di collegamenti anche a livello internazionale.
In proposito, è da evidenziare che rapidità di diffusione garantita dal mezzo telematico non riguarda soltanto messaggi di natura propagandistica, ma anche pericolosi incitamenti alla violenza.
Si sono moltiplicate le occasioni di dibattito per delineare il ruolo futuro della comunicazione informatizzata nelle pratiche di contrapposizione politica e le attività di alfabetizzazione informatica tra gli aderenti.
In questa direzione si va muovendo l'area anarchica radicale, che considera anch'essa il ricorso al sabotaggio telematico a danno di strutture pubbliche e private un ulteriore strumento di "lotta antisistema". Tale particolare aspetto impone grande attenzione, atteso che l'osservazione del fenomeno ha portato a rilevare che, sebbene non siano stati ancora registrati segnali del passaggio verso una fase "operativa", le possibilità tecniche di inserimento nei circuiti telematici di pubblico interesse appaiono tali da far ragionevolmente ritenere il settore informatico quale nuovo obiettivo di aggressione.

b) Attività dell'ultradestra
All'interno della frammentata area dell'ultradestra si sono manifestate iniziative diversificate, volte a creare prospettive di rilancio.
La componente maggiormente ideologizzata ha cercato di assumere una più marcata ed originale connotazione, per quanto riguarda sia l'elaborazione teorica, sia l'instaurazione di collegamenti, specie in ambito internazionale.
Allo scopo di uscire dal consueto schematismo ed ampliare le fasce di consenso, il settore persiste nel tentativo di superare le tradizionali divisioni ideologiche fra destra e sinistra. A questo riguardo, viene ricercato un radicamento nell'ambito del sindacalismo spontaneo, attraverso più accentuate posizioni "anticapitaliste" - potenzialmente in grado di offrire convergenze con l'ultrasinistra - nonché espliciti richiami al recupero della "tradizione", in una dimensione "movimentista" incline alla mobilitazione su temi sociali.
Appare in progressivo sviluppo una propaganda di forte impronta antiamericana e antisemita, che individua, quali referenti privilegiati, gruppi ultranazionalisti dell'Est europeo e regimi islamici radicali.
La componente che si identifica nell'area cosiddetta "skinhead" continua a caratterizzarsi soprattutto per l'esaltazione della violenza, per le manifestazioni di intolleranza razziale e per l'esibizione della simbologia nazifascista.
Il fenomeno "skinhead", comune ai Paesi occidentali e relativamente meno diffuso in Italia, comprende, invero, anche bande giovanili non politicizzate di stampo teppistico, mere espressioni di sacche del degrado metropolitano.
Cionondimeno, le frequenti aggressioni - di matrice sia politica che esclusivamente delinquenziale - ad immigrati extracomunitari e ad ogni altro soggetto percepito come "diverso", potrebbero innescare processi di maggiore coinvolgimento, con il rischio di ulteriori degenerazioni.
Proprio in questa molteplicità di atteggiamenti e di obiettivi risiede la pericolosità dell'ultradestra che, nonostante la relativa consistenza numerica, appare proiettata verso più fronti in termini di minaccia.
Nel quadro dell'attività informativa in direzione dell'intera area, particolare attenzione continua ad essere rivolta ai possibili sviluppi dei rapporti mantenuti da talune frange con ambienti dell'integralismo islamico, in relazione ad eventuali finalità pregiudizievoli per la sicurezza nazionale.

c) Nuove forme di terrorismo
Gli atti compiuti in Giappone con l'impiego di aggressivi chimici sono stati oggetto di attenta valutazione da parte dell'intelligence, con particolare riguardo all'eventualità del verificarsi di fenomeni emulativi.
A tal proposito, non è stata trascurata l'ipotesi dell'insediamento sul territorio di sette di varia ispirazione aventi carattere di pericolosità.
Per quanto concerne, poi, la possibilità del ricorso a nuove ed insidiose metodologie terroristiche, i Servizi si sono attivati per l'individuazione dei canali di approvvigionamento di tutte quelle sostanze suscettibili di un impiego pure in chiave offensiva, specie in direzione di quei Paesi ove è più agevole il reperimento di tali materiali, ed hanno provveduto alla loro catalogazione, anche in funzione di ausilio conoscitivo per le Forze di polizia.


a) Linee di tendenza ed attività interessate dal fenomeno
Il contesto criminale che, ai più elevati livelli, si caratterizza anche per valenza eversiva, ha fatto registrare una ripresa degli omicidi nelle zone ad alta densità mafiosa, con epicentri significativi in Sicilia ed in Campania.
Per quanto riguarda "cosa nostra", la recrudescenza della conflittualità, secondo rituali del passato, si pone verosimilmente, al momento, come il sintomo di un riassestamento di equilibri interni alle coalizioni esistenti, posto che il gruppo di vertice, anche se duramente provato dall'attività di contrasto, non sembra aver abdicato alla propria leadership, condizione, questa, che non fa ritenere abbandonata l'opzione terroristica.
L'esautoramento dell'attuale "cupola" potrebbe eventualmente essere determinato dalla contrapposizione di un componente carismatico capace di catalizzare forze sufficienti a sostenere una cruenta guerra di mafia.
La realtà camorrista, particolarmente intaccata dal fenomeno del pentitismo, appare attraversare un periodo di trasformazione, con riflessi sugli assetti di vertice.
In generale, ogni ulteriore processo di riorganizzazione continua ad essere ispirato dai latitanti di rilievo che, anche grazie ad un'ampia capacità di mantenere collegamenti restando nelle zone di origine - come dimostrano recenti arresti - sono in grado di propiziare le forme di aggregazione ritenute più efficaci.
La presenza tra le vittime di mafia, ancora una volta, di parenti di noti collaboratori di giustizia, conferma il persistere di una strategia intimidatoria e vendicativa, i cui effetti devastanti sono ben visibili negli atteggiamenti di aperto rifiuto da parte dei familiari nei confronti di chi opera la scelta della collaborazione.
In tal senso, tanto il perdurare del fenomeno del pentitismo, quanto il permanere del regime di carcerazione differenziata per gli esponenti più pericolosi, possono ancora costituire motivo per atti violenti di ritorsione.
Rimane elevata la pericolosità delle organizzazioni criminali calabresi, che evidenziano una fase di ricompattamento delle cosche intorno ai sodalizi più determinati e continuano ad esercitare una forte pressione intimidatoria nei confronti delle Autorità preposte all'azione di contrasto.
L'allarme sociale suscitato dalla riprese dei sequestri di persona in Sardegna - in considerazione anche dei riflessi negativi sul piano dell'immagine e sulle prospettive economiche - ha indotto a conferire ulteriore impulso all'azione dei Servizi nel settore.
L'impegno dell'intelligence si è sviluppato attraverso il potenziamento delle articolazioni periferiche interessate, l'attivazione di tutte le reti informative disponibili e la ricerca di forme di cooperazione ancora più stretta con gli Organi investigativi. È stata data priorità agli accertamenti sugli arricchimenti sospetti ed improvvisi, anche allo scopo di meglio delineare le dinamiche del fenomeno. Resta il rammarico - sia consentito esprimerlo in questa sede - che lo sforzo dei Servizi, svolto nel rigoroso rispetto dei fini istituzionali onde penetrare sempre più fenomeni che minacciano gravemente la comunità civile, sia divenuto sovente oggetto di strumentalizzazioni, cui hanno fatto cassa di risonanza gli organi di informazione, lasciando intravedere chissà quali inconfessabili retroscena.
Sul piano internazionale, si fa sempre più marcata l'aggressione delle associazioni criminali al tessuto economico e finanziario, anche attraverso attività invasive nuove in settori redditizi - quale, ad esempio, lo smaltimento illecito dei rifiuti tossici - ove l'imprenditoria mafiosa ha sinora trovato ampi margini di espansione, con ciò aggravando fenomeni di degrado ambientale.
Altri segmenti nei quali compaiono interessi criminali sono quelli delle frodi in danno alla cooperazione internazionale, dello sfruttamento di flussi immigratori clandestini e del traffico di armi.
Il riciclaggio di capitali illeciti rimane la minaccia di maggiore pericolosità, tale da richiedere una costante attenzione a livello prioritario, sia in campo nazionale che internazionale. L'accresciuta "professionalità" delle organizzazioni criminali - le quali utilizzano modelli di reinvestimento sempre più sofisticati - induce, infatti, a valutare tale fenomeno quale attività criminale indipendente e non più momento solo complementare di altre fattispecie di reato.
Al riguardo, sul versante della cooperazione internazionale, costituisce ancora un freno l'atteggiamento restio di taluni Stati ad adottare sistemi più efficaci di monitoraggio e di pubblicizzazione delle operazioni sospette, in quanto ritenuti d'ostacolo all'afflusso di capitali vantaggiosi per l'economia interna.
Nel settore del narcotraffico, è in costante aumento la diffusione di sostanze chimiche di base e di droghe sintetiche.
L'Europa orientale si conferma area con estese infiltrazioni della criminalità organizzata, fortemente interessata ad inserimenti nei circuiti finanziari ed alle connesse attività di riciclaggio.
Al di là delle difficoltà di controllo degli enormi flussi di capitali movimentati dalle organizzazioni delinquenziali dell'Est, ulteriore elemento di attenzione deriva dalla prospettiva di una "saldatura strategica" di quei sodalizi con la criminalità organizzata del nostro Paese.

b) Strategia di contrasto-Azione dei servizi
L'impegno del SISDe in direzione del crimine organizzato operante sul territorio si è concentrato sugli aspetti più significativi del fenomeno, riguardanti l'assetto delle strutture dei vari sodalizi e le principali attività delittuose, quali traffici di varia natura, riciclaggio, usura ed estorsioni. L'azione informativa si è tradotta nell'invio agli Enti interessati di 511 segnalazioni, molte delle quali hanno trovato riscontro in operazioni di polizia giudiziaria.
In tale ambito sono state arrestate 216 persone, di cui 39 per associazione per delinquere di stampo mafioso, 27 per delitti in materia di stupefacenti, 12 per detenzione di armi, 14 per usura, 2 per rapina, 30 per estorsione, 101 per altri reati, e sequestrati droga, armi, titoli di credito falsificati e reperti archeologici.
È proseguita, inoltre, la ricerca dei latitanti, 27 dei quali sono stati catturati.
L'attività del SISMi sul fronte della criminalità organizzata trasnazionale si è concretizzata nell'acquisizione di notizie su traffici illeciti posti in essere, oltre confine, da gruppi criminali italiani in concorso con elementi della malavita internazionale, con specifico riguardo ai circuiti clandestini di armi, esplosivi e stupefacenti, ad operazioni di riciclaggio, nonché ad investimenti effettuati in Italia da organizzazioni straniere.
Con il contributo del Servizio, le Forze di polizia hanno proceduto all'arresto di 68 persone, al sequestro di armi e stupefacenti, all'individuazione di un'organizzazione dedita al narcotraffico e ad altre attività illecite.
È proseguita la ricerca dei latitanti all'estero, che ha portato, tra l'altro, alla cattura di due esponenti di rilievo di organizzazioni mafiose.
Nel complesso, sono state trasmesse 179 informative agli Organismi istituzionalmente preposti all'azione investigativa.


a) Immigrazione clandestina ed integralismo islamico
Tra i fenomeni che destano maggiore attenzione sotto il profilo della sicurezza, permane quello dell'immigrazione clandestina, avvertito anche in ambito europeo come questione prioritaria.
Le misure adottate da diversi Stati dell'Europa occidentale per contenere il trasferimento di consistenti masse verso zone ritenute di maggiore benessere non sembrano, sinora, aver sortito effetti significativi.
I flussi migratori che interessano il nostro Paese - non solo quale area di stabile insediamento ma anche di transito - continuano a svilupparsi principalmente lungo le due note direttrici del nordafrica e della Penisola balcanica, vie d'accesso, quest'ultima, oltreché per albanesi ed ex jugoslavi, per cittadini del Medio ed Estremo Oriente.
Il fenomeno è acuito, in entrambe le aree geografiche, dalla difficoltà per talune Nazioni di origine di contenere i flussi, sia per carenze organizzative, sia per problemi interni legati ad episodi di corruzione e di connivenza.
Se il traffico proveniente dal Nordafrica viene organizzato soprattutto dai connazionali degli immigrati, che ne curano i vari aspetti logistici, il trasporto dei clandestini dell'area balcanica appare strettamente correlato al complesso delle attività illecite che interessano quella regione.
Il progressivo ampliarsi dell'immigrazione clandestina ha catalizzato l'interesse delle organizzazioni malavitose che hanno ormai assunto un ruolo centrale, sviluppando un articolato universo criminoso, dalla falsificazione di documenti alla prostituzione ed al lavoro nero.
In proposito, al di là del coinvolgimento di sodalizi delinquenziali italiani, va comunque evidenziato il concorso attivo, oltre che di gruppi operanti nei Paesi di provenienza degli immigrati, delle grandi "multinazionali del crimine", nelle quali figurano la mafia russa, quella turca e le "Triadi" cinesi.
Gli stessi clandestini vengono sovente impiegati come manovalanza del crimine organizzato o formano bande autonome, determinando le condizioni per l'esplodere di conflitti con la malavita endogena per il monopolio delle attività illecite.
Altro profilo di immediato rilievo per la sicurezza è dato dalla difficoltà di assorbimento delle masse in arrivo. La stessa ampiezza del fenomeno rende problematica la realizzazione di iniziative miranti ad integrare gli extracomunitari nel tessuto socioeconomico del nostro Paese e genera, in taluni casi, atteggiamenti di ostilità e contrapposizione, suscettibili di innescare forme di violenza ancora più gravi di quelle già registrate in passato.
Ulteriore fattore di attenzione è il possibile celarsi nelle file degli immigrati di elementi disposti al compimento di atti di rappresaglia collegati a crisi internazionali, quali il conflitto in atto nella ex Jugoslavia. Particolare evidenza riveste, poi, il costituirsi, in seno alle varie comunità islamiche, di nuclei integralisti che sul territorio europeo elaborano strategie e stabiliscono basi logistiche di supporto a movimenti armati operanti nella madrepatria.
Due operazioni di polizia, coordinate dalle Procure della Repubblica di Napoli e Milano ed estese ad altre città, hanno evidenziato attività illecite di taluni cittadini nordafricani, la cui pericolosità potrà, peraltro, essere compiutamente valutata nell'ulteriore sviluppo delle inchieste.
Varie indicazioni hanno posto in luce sia interconnessioni tra varie formazioni clandestine sia la connotazione illecita di attività di natura logistica quali il traffico di armi, specie in forma parcellizzata, le operazioni di autofinanziamento anche attraverso società di copertura, la contraffazione di documenti ed altri reati comuni.
In relazione a tale specifico contesto, l'ipotesi di azioni di tipo ritorsivo sul territorio nazionale viene ritenuta costantemente presente, anche se è più concretamente valutato un certo pericolo per i nostri connazionali e per gli interessi italiani presenti in Paesi ove maggiormente "operativi" appaiono i gruppi collegati.
Al di là di atti di reazione, è, comunque, sempre elevato il rischio di mirate azioni terroristiche da parte dei settori più radicali dell'integralismo e di quanti, comunque, intendono allontanare ogni prospettiva di dialogo per la soluzione delle crisi in atto.
Sono stati, pertanto, attentamente considerati tutti i possibili obiettivi e viene permanentemente svolta azione di controllo, in funzione preventiva, per impedire ogni comportamento controindicato ai fini della sicurezza.
Per quanto riguarda, in generale, l'immigrazione clandestina, il SISDe ha operato soprattutto per l'individuazione di elementi ed organizzazioni che favoriscono e sfruttano i flussi illegali e per l'acquisizione di notizie utili a contenere il fenomeno.
Il SISMi ha fornito agli Organi competenti indicazioni dettagliate su scafi adibiti al trasporto di clandestini, in partenza prevalentemente da porti albanesi e montenegrini. Anche sulla scorta di tali notizie è stato possibile alle Forze dell'ordine intercettare e fermare in mare e sulle coste salentine 653 natanti, individuare e respingere oltre 5.000 clandestini, di cui circa 3.000 albanesi e 2.000 turchi, arrestare 73 persone coinvolte a vario titolo nel traffico, tra cui 17 albanesi e 26 italiani.
Il perdurare del fenomeno, dovuto anche alla contiguità del territorio nazionale a zone in crisi economica o di instabilità politica, ha evidenziato come l'attività di contrasto delle Forze di polizia, degli Organismi informativi e, da ultimo, dell'Esercito, non possa comunque prescindere dalla ricerca di ulteriori margini di collaborazione internazionale da taluni adeguamenti normativi e sanzionatori, da attuare attraverso una revisione delle disposizioni vigenti in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari.

b) Attività intimidatoria e disinformativa
È proseguita un'intensa attività intimidatoria nei confronti di esponenti delle Istituzioni e, soprattutto, di magistrati.
Il fenomeno, che si manifesta in modo diffuso, con una particolare incidenza nelle regioni ad alta densità mafiosa, ha interessato prevalentemente appartenenti all'Ordine giudiziario che operano sul fronte della criminalità organizzata o che conducono rilevanti inchieste concernenti, tra l'altro, la corruzione nell'Amministrazione pubblica e l'eversione.
Non sono, peraltro, mancati i ricorrenti episodi riconducibili ad intenti di disinformazione e, comunque, di disorientamento dell'opinione pubblica.

c) Turbative dei mercati finanziari e valutari
L'analisi dei mercati internazionali si è concentrata in direzione di quelle manovre speculative e disinformative che potrebbero, in qualche maniera, influenzare le dinamiche dei cambi e l'attività delle piazze valutarie estere, in pregiudizio nel nostro Paese.
Hanno destato interesse, sotto il profilo dell'intelligence, alcune operazioni sospette le quali, oltre a configurare eventuali violazioni della normativa sul credito, potrebbero aver creato flussi finanziari a scopo di riciclaggio o di speculazione.

d) Pirateria informatica
L'uso dello strumento telematico per finalità contrarie alla sicurezza dello Stato, tenuto anche conto del rapido sviluppo tecnologico del settore, continua ad essere oggetto di interesse, soprattutto con riguardo alle manifestazioni di "pirateria" in grado di ostacolare il regolare funzionamento di settori di pubblica utilità.
Il fenomeno manifesta tendenze di sviluppo, anche se non si sono registrati episodi eclatanti. È stata, tuttavia, rilevata la diffusa riluttanza delle vittime a denunciare atti di intrusione illegale in banche dati ed in circuiti telematici, tanto da condizionare la stessa attività di repressione. Tale prospettiva viene suffragata dalla constatata realtà di un crescente attivismo sia in ambienti motivati sul piano ideologico, sia di settori criminali, a fronte di un contesto che presenta margini di vulnerabilità correlati al basso costo delle risorse tecniche necessarie alle pratiche di intrusione ed alla possibilità di operare anche a distanza. Non va sottaciuta anche la facilità, finora non troppo superabile da parte degli Organi di contrasto, di sfuggire abilmente all'individuazione.




L'azione dei servizi ha consentito di individuare e contrastare la minaccia di provenienza esterna - espressa principalmente dallo spionaggio e dal terrorismo internazionale - che ha subìto un incremento nel corso del semestre.
Sotto il primo profilo è stato riscontrato un accresciuto attivismo dei servizi informativi di alcuni Paesi, impegnati a colmare con ogni mezzo il divario tecnologico che li divide dall'Occidente. Le insidie maggiori in termini di spionaggio sono state espresse dai Servizi informativi di Paesi dell'Est europeo, della ex Jugoslavia, del Nordafrica e del Medio ed Estremo Oriente.
In campo terroristico, i principali rischi sono connessi con le attività dei gruppi estremisti islamici, palestinesi, balcanici e curdi.
La situazione nelle principali aree di crisi di più diretto interesse per la sicurezza dell'Italia continua ad evidenziare elevati fattori di rischio per la stabilità internazionale.
Nella ex Jugoslavia è in atto un sensibile, ulteriore aggravamento della crisi bosniaca e croata, per il perdurare di profonde divergenze tra le posizioni delle parti in causa che appaiono determinate a privilegiare l'uso della forza, ponendo in secondo piano la ricerca di una soluzione diplomatica del conflitto.
Nell'ambito della Federazione russa, l'intervento militare in Cecenia ha acuito lo scontro politico-istituzionale e ha confermato in maniera drammatica i pericoli che possono derivare dai contrasti etnici esistenti nella zona caucasica. Lo scenario russo manifesta crescenti incertezze connesse con l'avvio della campagna per le elezioni politiche del dicembre 1995. L'ordine pubblico è caratterizzato dalla continua espansione della criminalità organizzata nelle grandi aree urbane e dal crescente rischio di atti terroristici. In merito all'intervento in Cecenia, proseguono le operazioni militari, finalizzate alla progressiva riconquista dei territori ancora sotto il controllo dei secessionisti. Si rilevano, peraltro, le crescenti pressioni esercitate sia in Russia che in Cecenia, dalle forze favorevoli ad una soluzione negoziale della crisi.
In politica estera, la dirigenza russa continua a perseguire obiettivi su scala mondiale, a tutela di dichiarati interessi da grande potenza. Nei confronti dell'Occidente la Russia si muove, da una parte, offrendo un ruolo di mediazione nelle principali crisi internazionali e, dall'altra, mantenendo un atteggiamento critico sul futuro ruolo da attribuire alla NATO, con particolare riferimento al suo allargamento ai Paesi dell'Est europeo.
L'area mediterranea continua a presentare caratteristiche di instabilità che, nei Paesi nordafricani, sono riconducibili in gran parte al deterioramento delle situazioni economiche e alle limitate prospettive di lavoro delle popolazioni. Il malcontento sociale che ne deriva alimenta le istanze islamiche estremiste in funzione anti-occidentale. Prosegue lo sviluppo dei programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi sistemi di lancio, che continuano a rappresentare l'obiettivo prioritario di alcuni Paesi dell'area, alla ricerca di una preminenza regionale.
La Libia, nonostante il regime delle sanzioni, continua ad incrementare il proprio potenziale bellico, mirando, in particolare, a migliorare qualitativamente le forze aeree, al fine di conseguire la capacità di condurre missioni a lungo raggio.
In Algeria, il Presidente Zeroual, nell'intento di legittimare il proprio Governo, ha indetto elezioni presidenziali entro la fine dell'anno. Tale iniziativa è osteggiata dai principali partiti di opposizione che hanno, invece, chiesto lo svolgimento di preliminari consultazioni parlamentari. Permane, inoltre, il conflitto tra il Governo e le organizzazioni islamiche a causa del diffuso terrorismo e del rifiuto opposto dalle Autorità al riconoscimento del Fronte Islamico di Salvezza (FIS). La ricerca di un accordo con le componenti più favorevoli al negoziato non è comunque cessata, nello sforzo di trovare una soluzione politica alla grave situazione del Paese, la cui destabilizzazione potrebbe determinare rilevanti conseguenze sugli equilibri regionali.
Anche la situazione dell'Egitto contribuisce a rendere precaria la stabilità dell'area nordafricana. Il Paese, infatti, attraversa una difficile situazione economica, nonostante alcuni segnali di ripresa, mentre l'attività dei gruppi islamici, che mirano a stabilizzare il regime, è in continua crescita. Ne è conferma il fallito attentato contro il Presidente Mubarak, compiuto ad Addis Abeba il 26 giugno. L'Egitto ha esplicitamente accusato il Sudan di coinvolgimento nell'azione terroristica, determinando una recrudescenza delle tensioni tra i due Paesi, sfociate anche in scontri armati in corrispondenza del conteso territorio di Halaib.
Nell'area mediorientale permangono i contrasti che hanno comportato un rallentamento del processo di pace in atto. L'intensificazione delle attività terroristiche dei gruppi oltranzisti ha ritardato l'applicazione degli accordi del Cairo, con la conseguenza che la popolazione palestinese non ha finora tratto particolari benefici dall'intesa raggiunta. A Gaza, il tasso di disoccupazione è elevatissimo, le infrastrutture assolutamente insufficienti ed è aumentato il costo della vita. L'afflusso di aiuti finanziari internazionali resta un fattore determinante per il rafforzamento della posizione di Arafat ed il contenimento dell'opposizione, specie di matrice islamica.
Per contro, i negoziati tra Siria e Israele, per la restituzione delle alture siriane del Golan, fanno registrare segnali positivi circa la volontà delle parti di raggiungere un accordo, le cui modalità sono tuttora in fase di definizione.
I Paesi del Corno d'Africa presentano analoghe situazioni di crisi dovute allo stato precario dell'economia, alla composizione multietnica delle rispettive popolazioni e all'espansione dell'estremismo islamico.
In Etiopia, dove le recenti elezioni hanno confermato l'affermazione del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiopico (FDRPE), espressione dell'etnia tigrina del Governo provvisorio in carica, la situazione interna presenta caratteristiche di instabilità che potrebbero indurre i movimenti d'opposizione (d'etnia Amhara, Oromo e Afar) ad effettuare azioni terroristiche anche contro organi operatori occidentali, al fine di indebolire l'immagine e la credibilità del Governo.
In Somalia, l'incapacità dei due principali leader, Aidid e ali Mahdi, di superare i propri interessi e quelli dei rispettivi "clan", costituisce il maggiore ostacolo alla normalizzazione e favorisce il frazionamento all'interno delle due maggiori aggregazioni politiche. Ne deriva una situazione di stallo che impedisce il ripristino di accettabili condizioni di sicurezza e favorisce l'opera di penetrazione da parte dei gruppi estremisti islamici, già presenti nel Paese ed, in particolare, a Mogadiscio.


a) Sicurezza militare
Dal quadro di situazione sopra delineato emerge che i maggiori fattori di rischio per il nostro Paese sono connessi con gli eventi bellici nella ex Jugoslavia e con il diffondersi dell'estremismo islamico espresso dalle tensioni religiose, politiche e sociali presenti in quasi tutti i Paesi musulmani.
La situazione di elevata conflittualità in Bosnia Erzegovina, infatti, è suscettibile di riflettersi in tutta l'area balcanica, sia sotto il profilo militare, sia in relazione al possibile esodo della popolazione civile anche verso i Paesi occidentali.
Nella Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ), le iniziative assunte dal Presidente Milosevic per mediare la crisi bosniaca ed ottenere la revoca delle sanzioni internazionali, sono fortemente avversate dall'opposizione nazionalista, che auspica l'intervento diretto di Belgrado a sostegno delle forze serbo-bosniache.
Focolai di tensione si sono manifestati anche nella Repubblica ex jugoslava di Macedonia (FYROM) e nella Provincia serba del Kossovo, in conseguenza del crescente attivismo dell'etnia albanese. In Albania, il perdurare della critica situazione socio-economica e l'incidenza dei contrasti politici interni sul processo di stabilizzazione del Paese potrebbero incrementare i tentativi di esodo verso l'Italia.
Si valuta che l'eventuale coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto balcanico, conseguente al possibile intervento della Forza di Reazione Rapida a sostegno delle Forze ONU, verrebbe inteso dai serbo-bosniaci quale atto dichiaratamente ostile e potrebbe dar luogo ad azioni di ritorsione nei confronti dei Paesi dell'Alleanza Atlantica. Nel contempo, da parte musulmana, potrebbero essere condotte azioni provocatorie a danno dei contingenti ONU, allo scopo di farne ricadere la responsabilità sui serbo-bosniaci e provocare l'intervento della Forza di Reazione Rapida.
Aumenta, inoltre, la possibilità di nuove iniziative militari di Zagabria contro le enclavi serbe in territorio croato, a supporto della strategia diplomatica che mira ad ottenere dalla Comunità internazionale un atteggiamento più incisivo per la soluzione di tale contenzioso.
Con riferimento alle attività dei movimenti estremisti islamici, si evidenziano i rischi di una progressiva destabilizzazione degli Stati in cui operano, fino all'acquisizione del potere, con successive spinte eversive in altri Paesi musulmani dell'area mediterranea.
Alle iniziative dei gruppi islamici sono, inoltre, collegabili le crescenti conflittualità in varie regioni nordafricane e del Corno d'Africa, l'incremento dei traffici di armi e droga, utilizzati quali fonti di finanziamento.
I rischi che si intravedono nel breve-medio periodo, con riflessi anche nei rapporti internazionali, afferiscono alla possibile costituzione in Italia di strutture direttive unificate, attraverso le quali indirizzare l'attività eversiva e terroristica dei radicali islamici nei Paesi di origine. È da rilevare anche la crescita dei cosiddetti "gruppi di pressione", suscettibili di assumere la fisionomia di partiti islamici in cui far confluire anche istanze estremiste già esistenti nella società italiana.

b) Spionaggio
La principale minaccia spionistica per il nostro Paese è tuttora quella posta in essere dai servizi informativi dell'Est europeo, la cui attività è finalizzata soprattutto al reperimento di notizie relative al comparto economico-industriale, con particolare riferimento all'acquisizione di tecnologia informatica e di materiale sensibile, specialmente se sottoposto ad embargo. Per tali scopi, viene privilegiata l'utilizzazione di società di copertura, spesso a capitale misto.
Anche l'attività di ricerca posta in essere dai servizi nordafricani, mediorientali e dell'Estremo Oriente costituisce un'insidia non trascurabile, pur essendo sostanzialmente indirizzata al controllo dei dissidenti inseriti nelle rispettive comunità presenti in Italia e all'acquisizione di informazioni di interesse militare.
Nell'ambito dell'attività dei servizi informativi delle Repubbliche ex jugoslave sono stati rilevati collegamenti con elementi o gruppi dediti ad attività illecite, utilizzati essenzialmente per esigenze di autofinanziamento e di aggiramento delle misure di embargo. Permane, inoltre, una loro potenziale pericolosità, correlata agli sviluppi del conflitto balcanico, che potrebbe concretizzarsi in azioni di ritorsione in danno del nostro Paese, per il supporto operativo e logistico fornito alle Forze NATO e per essere, dal primo gennaio 1995, membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
L'attività di contrasto, preminentemente rivolta in direzione di quei Servizi esteri che rappresentano la principale minaccia, ha consentito l'identificazione di 11 agenti in Italia e di 107 all'estero.
Sotto il profilo amministrativo è proseguita e si è intensificata l'azione dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza, volta a tutelare informazioni e documenti classificati da ogni pericolo di indebita acquisizione e divulgazione. In tale contesto, particolare attenzione è stata rivolta alla sicurezza delle comunicazioni e dei sistemi di elaborazione dati, sia del settore pubblico che di quello privato.

c) Terrorismo internazionale
Il permanere di focolai di crisi nell'area mediterranea (conflitto mediorientale ed estremismo islamico in Nord Africa) comportano rischi per la sicurezza di tutti i Paesi rivieraschi.
Nel Nord Africa, segnatamente in Egitto ed in Algeria, l'attività terroristica di matrice islamica e le azioni di repressione da parte delle Forze dell'ordine si è intensificata, provocando una riduzione degli episodi terroristici nella Capitale. Tuttavia, il terrorismo egiziano non ha attenuato la sua pericolosità e rimane sempre consistente la capacità di proselitismo da parte degli estremisti, soprattutto nell'Alto Egitto e nelle aree più povere del Paese.
In Algeria, la decisa offensiva delle Forze di sicurezza, promossa nel mese di marzo, ha consentito alcuni successi significativi. Dopo una parziale stasi, i gruppi estremisti hanno, però, ripreso a colpire obiettivi remunerativi sul piano propagandistico (personalità civili e militari, stranieri) nonché infrastrutture di rilevante impatto sociale (impianti di idrocarburi, stazioni ferroviarie, centrali telefoniche, reti idriche, ecc.) e hanno dimostrato di essere in grado di reintegrare immediatamente le perdite subite, a conferma del consistente potenziale umano di cui la guerriglia dispone. La compromissione del flusso del gas proveniente dall'Algeria deve pertanto essere considerata uno dei principali rischi per il nostro Paese dato che, dopo il raddoppio del gasdotto transmediterraneo, l'Algeria è il più importante fornitore di gas naturale dell'Italia.
In Europa, l'attività degli estremisti islamici è stata finora di tipo prevalentemente logistico. Nel mese di marzo, in Belgio, Francia (1) ed Italia sono stati arrestati numerosi elementi che avevano costituito "reti" di supporto (armi, finanziamenti) ad organizzazioni operanti nei Paesi di provenienza ed in aree di conflitto. Il loro stato di detenzione può comportare azioni ritorsive soprattutto contro obiettivi occidentali all'estero. In particolare, poi, in Italia è stata individuata, nel mese di giugno, un'articolata struttura di estremisti islamici di varie nazionalità, sospettati di utilizzare il nostro Paese quale "retrovia" logistica per le loro attività.
In relazione al processo di pace in Medio Oriente, sono proseguite nei territori direttamente interessati le azioni terroristiche dei gruppi oltranzisti, per far fallire il negoziato israelo-palestinese. Alcuni movimenti islamici hanno effettuato azioni suicide che hanno provocato l'uccisione anche di civili inermi. Ultimamente, in Israele, sono stati realizzati attentati contro strutture turistiche, secondo una strategia già seguita in altri Stati (Turchia, Egitto, Algeria) volta a colpire l'economia del Paese scoraggiando, con il terrorismo, la presenza occidentale (turisti, imprese) e il conseguente introito di valuta pregiata.
Nei territori amministrati dai palestinesi, è da registrare che il già citato ritardo nell'applicazione degli accordi di pace e le precarie condizioni economiche venutesi a creare rischiano di esautorare la leadership di Arafat e di accrescere il peso dei movimenti estremisti. Ove ciò si verificasse, è possibile ipotizzare il fallimento del negoziato e l'esecuzione di attentati contro i Paesi sostenitori del processo di pace, tra i quali l'Italia.
Per quanto concerne l'attività del movimento curdo in Europa, si sono intensificate le iniziative politiche, con la costituzione di organismi rappresentativi all'estero (Parlamento e Governo in esilio). Contestualmente, in alcuni Paesi Europei si sono verificate azioni violente contro obiettivi turchi, in ritorsione all'operazione militare condotta da Ankara contro le sedi del Partito Comunista del Kurdistan (PKK) in Iraq. È da ritenere che l'attività politico-diplomatica curda sia destinata a proseguire di pari passo con azioni armate in territorio turco.

d) Ingerenza: penetrazione economica straniera
È continuata l'attività di ricerca ed aggiornamento dei dati relativi alla presenza in Italia di insediamenti economici stranieri, con specifico riguardo agli investimenti operati da Paesi di "interesse" nei settori strategici della produzione nazionale, quali l'industria della difesa, i materiali ad alto contenuto tecnologico dual use ed il settore petrolifero.
Particolare attenzione è stata dedicata al controllo di quelle strutture aziendali costituite al fine di eludere i vincoli sanzionatori imposti in sede internazionale, di aggirare le limitazioni ed i divieti posti dalla legge italiana in materia di esportazione di armamenti e di finanziare attività illegali da compiere sul nostro territorio.
In tal senso, lo scopo della ricerca ha mirato, da una parte, al mantenimento della capacità produttiva e della competitività nazionali, entrambe necessarie per far fronte alla concorrenza internazionale e, dall'altra, al monitoraggio delle acquisizioni e/o fusioni effettuate nel nostro Paese da gruppi stranieri, miranti ad acquisire il controllo di società italiane operanti nei settori industriali strategici. In tale contesto, sono stati acquisiti elementi di informazione su insediamenti ed attività di un Paese straniero, riconducibili al settore petrolifero.

e) Dipendenza energetica
La raccolta e l'analisi dei dati relativi agli approvvigionamenti energetici ha posto in evi-denza un quadro di squilibri per quanto attiene alla diversificazione delle fonti impiegate ed alla provenienza delle acquisizioni, concentrate prevalentemente in Paesi che, a causa della loro instabilità politica ovvero perché al centro di crisi internazionali, vengono considerati "a rischio" sotto il profilo della continuità delle forniture verso l'Italia.
È proseguita la ricerca e l'organizzazione dei dati in merito alle importazioni in Italia di materie straniere prime strategiche ed ai rischi connessi con la relativa dipendenza dall'estero.


La ricerca informativa volta ad individuare i traffici di armi verso le aree di maggiore conflittualità ha evidenziato un rilevante flusso di materiali di armamento indirizzato prevalentemente verso alcuni Paesi dell'ex Jugoslavia. I materiali, provenienti principalmente dagli arsenali dell'ex Patto di Varsavia, giungerebbero a destinazione mediante l'intermediazione di soggetti occidentali ed arabi. In tale ambito, sono stati segnalati agli organi di polizia giudiziaria casi di coinvolgimento di cittadini italiani e società ad essi collegate nonché le connessioni internazionali con trafficanti di varie nazionalità operanti sul mercato, spesso con la copertura di Paesi compiacenti.
Non sembra diminuire l'interesse verso tali tipi di traffici da parte della criminalità organizzata, a cui risulterebbe diretta la gran parte delle armi introdotte clandestinamente in Italia.
Forniture illecite di materiale di armamento sarebbero, altresì, state effettuate da un Paese sudamericano ad alcuni Paesi in conflitto, sia della Penisola balcanica che del Sudamerica, mediante triangolazioni e attraverso la copertura di falsi destinatari.
Prosegue l'impegno internazionale volto a contrastare acquisizioni illecite di materiale nucleare proveniente dalla disciolta Unione Sovietica. Il sequestro nella Repubblica Slovacca di diciotto chilogrammi di uranio altamente radioattivo, assieme ai precedenti sequestri di circa tre chili di uranio a Praga e poco più di un grammo di plutonio in Italia, potrebbero indicare un innalzamento del livello della minaccia. Si valuta che oltre quaranta Paesi siano ormai in possesso delle capacità tecniche necessarie a sviluppare armi nucleari. Al riguardo, un contributo all'attività di prevenzione è rappresentato dalla proroga, a tempo indeterminato, del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), concordata da 178 Stati lo scorso mese di maggio.
È stato attuato un ampio monitoraggio nei confronti dei Paesi considerati "a rischio" e di organizzazioni criminali con connotazioni terroristiche, che cercano di acquisire o realizzare armi chimiche e biologiche. Per i primi sono state poste in essere adeguate azioni di contrasto mediante l'attuazione di controlli sulle esportazioni, verifiche sulle destinazioni finali d'uso, sanzioni economiche e militari che hanno rallentato i loro programmi di sviluppo nel settore. Più difficile è invece pervenire all'individuazione di gruppi criminali dediti ai traffici di materiale tossico e alla produzione di aggressivi da impiegare in azioni terroristiche. È da rilevare, inoltre, l'impegno assunto in campo missilistico da alcuni Paesi mediorientali e dell'area mediterranea, che, con l'assistenza di uno Stato orientale, mirano all'acquisto di sistemi d'arma completi e al raggiungimento di una autonoma capacità produttiva.


(*) Trasmessa alla Presidenza l'11 agosto 1995.
(1) Il 25 luglio - al di fuori dei limiti temporali della presente relazione - si è verificato un grave attentato alla metropolitana di Parigi, di matrice verosimilmente islamica.

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