“Vi è un solo dio, Allah, e Maometto è il suo profeta”
Sacro Corano
“L’oriente è l’Oriente, e l’occidente è l’Occidente, ed essi non si incontreranno mai”
Rudyard Kipling
La sopravvivenza della dinastia Al Saud, è dell’Arabia Saudita stessa, è uno dei punti interrogativi della politica mondiale. Il Regno (1) , nonostante le enormi ricchezze energetiche, deve fronteggiare la recessione economica e la pericolosissima sfida alla propria legittimità istituzionale proveniente da frange estremiste religiose interne. Si prospettano all’orizzonte i più svariati scenari, che vanno dall’implosione dello Stato ad un brutale cambio di regime (2) ; tutti comunque forieri di pesantissime conseguenze sullo scacchiere internazionale.
La monarchia saudita si trova in un contesto, si potrebbe dire, di ambiguità strutturale.
L’essere contemporaneamente custode delle due più importanti città sante dell’Islam, la Mecca e Medina, quindi ponendosi con un ruolo guida nell’ambito della dar al-islam (3) , e formale principale alleato degli USA nel Golfo espone il regime ad una delegittimazione sempre maggiore.
Per offrire un’analisi, sia dell’assetto istituzionale dell’odierna Arabia Saudita sia dei contrasti esistenti all’interno dell’establishment, è opportuno fornire un breve quadro storico del paese prima dell’unificazione del 1932.
La storia di questo paese si potrebbe definire come la versione orientale dell’alleanza corona-chiesa.
La religione islamica è l’Arabia Saudita.
La genesi che portò alla costituzione del paese che oggi conosciamo iniziò con la nascita alla Mecca, intorno al 570 d.C., del profeta Maometto. In quell’epoca la Mecca era un importante crocevia commerciale e religioso, meta delle tribù politeiste della penisola arabica che vi si recavano per celebrare rituali incentrati sulla Ka’aba (edificio di forma cubica, al cui interno è conservata la pietra nera, in realtà un meteorite), sottoposto all’autorità della tribù Quraysh, la stessa del Profeta.
Maometto, prima pastore e poi mercante, riceve l’illuminazione dall’arcangelo Gabriele durante una meditazione sul monte Hira. Ha quarant’anni quando gli viene annunciato che egli è stato scelto come l’inviato di Dio. L’arcangelo Gabriele gli detterà il sacro Corano che egli divulgherà agli uomini: il periodo della rivelazione durerà ventitré anni della sua vita. In quel periodo vi era una forte crisi religiosa che pose le basi per lo sviluppo di una nuova religione in linea con il monoteismo cristiano ed ebraico. Nel 630, il popolo della Mecca si converte all’Islam e due anni dopo muore il Profeta.
Nel 1754 circa, nella regione del Najd, cuore dei luoghi santi, nasce l’Idea del regno arabo.
Il predicatore rigorista Mohammed Bin Abdul Wahhab, espulso dalla sua oasi per l’interpretazione radicale del Corano che lo poneva in forte contrasto con il lassismo religioso imperante tra i fedeli, chiede asilo nell’oasi di Dir’iyyah, sottoposta all’autorità di Mohammed Ibn Saud. Da quell’incontro il capostipite degli Al Saud, farà sue le concezioni radicali di Wahhab, basate su un’interpretazione letteralista della scuola Hanbalita (dal nome di Ahmed ben Hanbal).
Nascerà così il cosiddetto wahhabismo, durissima interpretazione dell’Islam, la cui essenza è costituita dall’assoluta centralità di Dio, a cui tutti devono sottomettersi. Questa corrente religiosa riconosce esclusivamente il Corano e la sunna (tradizione) e rifiuta drasticamente ogni forma di interpretazione o di pratica religiosa non canonica, come il culto dei santi e il sufismo (concezione ascetica). All’insegna dell’iconoclastia più radicale, il wahhabismo rifiuta tutte le forme di adorazione delle creazioni umane e delle relative rappresentazioni, opponendosi radicalmente ad ogni forma di culto personale del Profeta; assumendo inoltre una posizione di forte ostilità nei confronti degli sciiti, accusati di divinizzare Alì (cugino e genero del Profeta Maometto).
Il religioso Wahhab e il capo tribù Saud, stringeranno una indissolubile alleanza per diffondere il proprio credo e per riportare sulla retta via i fedeli. Questo vigore religioso permise una rapida espansione territoriale del potere degli Al Saud, che culminò con la conquista dello Yemen, di parte della Siria e del sud Iraq (conquiste fatte sotto il comando di Saud Al Kabir, nipote di Mohammed). Questa minacciosa espansione ebbe termine, all’inizio del XIX secolo, con l’intervento armato degli ottomani, costretti ad intervenire militarmente per non perdere la parte araba dell’Impero. La dura reazione della Sublime Porta durerà anni e si concluderà con la distruzione dell’oasi di Dir’iyyah e con l’esecuzione di Abdallah Bin Saud a Istanbul.
Questa disfatta non significherà la fine della famiglia Al Saud, che progressivamente si risollevò stanziandosi a Riyadh, seppur con uno status semicoloniale, sottoposto all’autorità ottomana. In questa fase storica essi riuscirono a frenare le interferenze di Istanbul; non altrettanto bene gestirono le faide interne che causarono la dissoluzione del Regno. Nel 1890, un capoclan rivale, il filo-ottomano Muhammad Ibn Rashid depose gli Al Saud, che si rifugiarono in Kuwait.
L’attuale Stato saudita (terzo Stato saudita) si forma progressivamente, a partire dal 1901, quando il leggendario Abdul Aziz Bin Abdul Rahman Al Saud (4) rientra vittoriosamente nella madrepatria, proveniente dall’esilio kuwaitiano, per recuperare la terra dei suoi avi, da tempo sotto l’egemonia della nemica, nonché usurpatrice, famiglia Al Rashid (5) alleata della Sublime Porta ottomana.
Le sue gesta sono “supportate” dalla politica britannica, finalizzata alla eliminazione della famiglia Al Rashid. Contemporaneamente e paradossalmente, proprio gli inglesi pongono in essere un’altra situazione di forte attrito politico, quello tra Ibn Saud e lo Sceriffo della Mecca Hussein, leader della famiglia degli Hascemiti, che a sua volta anela a diventare il padrone dell’intera Arabia.
Lo Sceriffo hascemita, forte degli aiuti e delle promesse degli inglesi (6) , si pone a capo della rivolta araba contro il dominio ottomano. Con la disfatta della Sublime Porta il Regno Unito non rispetterà l’accordo di mettere sul trono dell’Arabia un appartenente alla dinastia Hascemita e, di comune accordo con la Francia (7) , si arrogherà il diritto di disegnare la nuova carta geografica del Medio Oriente tutto.
A guerra conclusa, il più astuto Ibn Saud, rimasto neutrale durante la rivolta araba, riaccende lo scontro per l’egemonia contro gli Hascemiti, che vengono progressivamente sconfitti (8) .
Nel 1926 Ibn Saud ,con l’occupazione della Mecca, Gedda e Medina, si proclama Re dell’Hijaz e Sultano del Najd, poi Sovrano di entrambe le regioni e degli emirati di Asir, Najran e Al Hasa e nel 1932 Re dell’Arabia Saudita.
Durante il suo regno Ibn Saud ha gettato le basi per la centralizzazione dello Stato, proclamando la Shari’ah (legge islamica) come legge fondante e imponendo la trasformazione delle tribù beduine da nomadi in agricoltori. L’unificazione nazionale e l’inizio dell’estrazione petrolifera proiettò il paese in una nuova era, che trasformò progressivamente l’Arabia Saudita nel perno economico-politico del mondo arabo.
Nel 1953 muore Ibn Saud e sale al trono il figlio primogenito Saud che istituirà il Consiglio dei Ministri e che regnerà formalmente (9) per undici anni.
Nel 1964 sale al trono Faysal che darà nuovo vigore al cammino del paese, sulla strada di un’innovazione contemperata dal rispetto per la tradizione. Sul fronte interno il Sovrano realizza una modernizzazione che mette l’Arabia sia al passo dei tempi, sia al sicuro dagli elementi eversivi dell’ordine monarchico; e su quello internazionale pone in essere una politica di moderazione, che tiene saldamente il paese nell’orbita occidentale, ponendosi come un’antagonista (10) dello spirito repubblicano-progressista nasseriano. Nel marzo del 1975 Faysal viene assassinato da un membro della famiglia reale (11) .
Gli succede il fratello Khaled Ibn Abdel Aziz che, essendo anziano e malato, delega il potere regio all’altro fratello Fahd Ibn Abdel Aziz che diviene Re, con la morte di Khaled, nel 1982.
Le fondamenta contemporanee del malessere saudita vengono gettate alla fine degli anni ’70, con la presa del potere in Iran da parte di Khomeini. Fu proprio l’edificazione dello Stato teocratico sulle macerie dell’Impero dello Scià e del suo, sicuramente prematuro, tentativo abortito di occidentalizzazione forzata dall’alto, la cosiddetta Rivoluzione bianca, a porre l’Islam all’attenzione del mondo.
Mentre veniva enfatizzata, su scala planetaria, la concezione europea dello Stato, l’Islam fu visto come l’unico fattore di antagonismo radicale ai processi di omologazione tipizzati esclusivamente sul modello occidentale. Non fu l’ordinaria e classica contestazione dell’imperialismo: non ci fu nessun richiamo né al marxismo-leninismo né ad un ipotetico “fraterno” aiuto dell’Unione Sovietica. Mai prima di allora, in un contesto di emancipazione di paesi ex-coloniali nel periodo del mondo bipolare, si avvertì la difficoltà di inquadramento di un fenomeno che aveva la sfrontatezza di rompere l’ordine delle potenze geopoliticamente dominanti.
La teocrazia iraniana estremizzò la sua iconoclastia anti-occidentale dando l’impressione di volersi porre fuori dalla storia stessa: e per certi aspetti fu così, se la storia e la modernità dovevano essere concepite solo in un’ottica europea.
L’ascesa di Khomeini coincise con la fine del secolo islamico: infatti il 1979 corrispondeva al 1399 del calendario islamico, che risale all’anno dell’ Hijrah quando avvenne l’emigrazione del Profeta Maometto dalla Mecca a Medina. Si era all’alba di un nuovo secolo, che dal punto di vista degli elementi radicali sarebbe sorto sotto il segno di un Islam vittorioso. Nel mondo islamico i passaggi epocali generano nelle masse aspettative chiliastiche.
Queste aspettative attivarono l’opposizione politica nell’Arabia Saudita. Nella città santa di Medina, storica roccaforte wahhabita, dove fin dall’assassinio di Re Faysal nel 1975, alcuni giovani studenti tramavano contro la casa reale ed erano alla ricerca di una figura di prestigio da eleggere a capo di un movimento di opposizione wahhabita.
La scelta, per volontà dell’ideologo del movimento, Muhammad al Utaybi, cadde sull’accademico Ibn Baz, presidente della commissione saudita di esperti di diritto. Il gruppo, che si diede il nome di “fratelli”, pur non richiamandosi esplicitamente ad un modello repubblicano islamico, teorizzava nel “rinascimento” del pietismo wahhabita la possibilità di andare oltre le forme istituzionali monarchiche e repubblicane. Progetto, che se realizzato avrebbe concretizzato un assetto sociale regolato dalla più scrupolosa applicazione del dettato del Profeta, in cui non ci sarebbe stato spazio né per un Sovrano, né per un eventuale Presidente.
Dai nominativi dei “fratelli” successivamente uccisi o arrestati dalle forze di sicurezza saudite si riscontra una altissima percentuale di membri provenienti dai settori maggiormente emarginati del paese: immigrati provenienti da altri paesi islamici e studenti universitari radicali provenienti dalle tribù meno influenti del Regno.
Muhammad al Utaybi, infervorato dalle idee chiliastiche, si riteneva l’emissario del mahdi (12) , e iniziò un’opera di propaganda per distruggere lo stato monarchico. Successivamente arrestato è veritiero ritenere che avesse in progetto di proclamare il mahdi al termine del pellegrinaggio alla Mecca dell’anno islamico 1399, ovvero il 20 novembre 1979. In quella occasione, svariate centinaia di adepti dei “fratelli” si mischiarono ai pellegrini sciiti iraniani, quest’ultimi fortemente politicizzati, e la mattina del 20 novembre occuparono militarmente il luogo più sacro dell’Islam.
Dopo due settimane di occupazione, grazie anche all’ausilio delle forze speciali straniere, i ribelle furono costretti alla resa. Questo fatto fu uno choc per l’ establishment religioso saudita che fu obbligato (almeno formalmente) a schierarsi con la monarchia degli Al Saud, malgrado la parziale condivisione degli ideali dei fratelli. Gli unici esponenti religiosi del Regno che condannarono esplicitamente l’accaduto furono quelli, decisamente più liberal, della provincia occidentale dell’Hijaz, che definirono i ribelli come i nuovi “carmati”, ovvero del tutto simili agli sciiti che nel 929 avevano rimosso la pietra nera dalla Ka’aba.
La settimana successiva fu la volta della ribellione della minoranza sciita (repressa nel sangue in pochi giorni) che arrivò, forte della nuova realtà iraniana, a chiedere l’instaurazione della Repubblica islamica.
Episodio che spinse le autorità saudite a porre in essere una guerra propagandistica anti-iraniana. Tehran non perse tempo a reagire e iniziò a definire il Regno degli Al Saud schiavo del Grande Satana americano. Era l’inizio di un ennesimo periodo di forte contrapposizione inter-islamica.
È opportuno ricordare che sin dalla morte del Padre della Patria Ibn Saud, avvenuta nel 1953, fu posto dal multiforme establishment saudita il dibattito sulle riforme socio-istituzionali.
L’impulso maggiore venne dalla società del Hijaz (13) , storicamente la più aperta e la più refrattaria all’imposizione del pietismo wahhabita. Tuttavia nella prima decade del nuovo Regno, pur con la perdita del potere politico l’Hijaz, grazie alla sua ancora predominante importanza economica, mantenne un certo margine di autonomia: che venne progressivamente meno a partire dagli anni ’30 con l’inizio dell’estrazione petrolifera nella parte orientale del paese.
Fu l’oro nero l’artefice del rimescolamento dei poteri economici nazionali che privò l’Hijaz della sua antica influenza. Questo processo inserì perennemente ulteriori e dolorosi, nonché pericolosissimi, elementi di destabilizzazione strutturale nella società saudita.
Infatti, tutta l’ élite del Hijaz si compattò attorno ad un sentimento anti-monarchico che Riyadh cercò in ogni modo di contrastare: illustri intellettuali del Hijaz scrissero delle pubblicazioni critiche sull’operato del potere centrale e incrementarono gli scambi culturali con l’ intellighenzia egiziana. Per certi aspetti l’unica “zona libera” che l’Hijaz poté preservare era costituita dalla stampa, che permise la creazione di uno spazio di dissenso.
De facto il Regno era spaccato in due: da un la società del Hijaz, solo formalmente sottomessa al wahhabismo ufficiale, che gestiva i mezzi di comunicazione di massa; dall’altro la cultura “istituzionale” del clero che aveva edificato le università.
Inoltre le maestranze saudite dell’ente petrolifero (ARAMCO) introdussero, per la prima volta nella storia del paese, ulteriori problematiche di natura sindacale. Nel 1953, nella zona di Dahran, fu indetto uno sciopero per migliorare le penose condizioni di lavoro. La brutale repressione che ne seguì pose le condizioni per la creazione di un movimento repubblicano (14) laico di opposizione agli Al Saud.
Contemporaneamente serpeggiava la rivolta anche in alcuni settori dell’esercito: anch’essi rapidamente debellati.
La nomenclatura del Hijaz, non essendo riuscita a collegarsi politicamente con il dissenso delle aree orientali del Regno, promosse in tutti i modi l’ascesa politica del Principe Faysal (15) , noto per essere vicino alle problematiche di questa regione.
Faysal, nominato capo di gabinetto nel marzo 1958, chiamò gli economisti del Hijaz riuscendo a sanare il disastrato bilancio (16) dello Stato.
La politica di austerità e di divisione tra le finanze statali e il patrimonio personale del Sovrano portarono ad una situazione di sempre maggiore tensione con quest’ultimo. Re Saud tentò di opporsi alla politica di Faysal alleandosi con i cosiddetti “Liberi principi”, Badr, Talal e Nawwaf, avversi all’occidentalismo della lobby del Hijaz e paradossalmente portatori di una ideologia (17) contigua al pan-arabismo nasseriano. Il prodotto politico che scaturì da questo interregno coabitativo fu una miscellanea di repubblicanesimo progressista e di arcaiche tradizioni beduine.
L’apice dello scontro fu raggiunto nel 1960 quando Faysal fu costretto alle dimissioni dal rifiuto del Re di firmare il bilancio dello Stato.
Successivamente il Re istituì un nuovo gabinetto presieduto dal Principe Talal, il quale non indugiò a porre in essere dei propositi, anch’essi ostili al Re, questa volta in chiave marxisteggiante e anti-americana: che privo della forza politica necessaria non riuscirà a conseguire.
Obbligato a fuggire, non senza prima aver esplicitamente riconosciuto la lecità dell’istituzione monarchica, in Libano fondò a Beirut il Fronte arabo di liberazione nazionale che ebbe un certo ascendente sulla classe operaia del settore petrolifero.
Questi eventi permisero, con il rientro sulla scena politica di Faysal che nel marzo del 1962 si autoproclamò reggente, la definitiva consacrazione della forma istituzionale monarchica. Per estirpare ogni focolaio repubblicano il neo-reggente internazionalizzò il dibattito politico interno: cercando, al contempo, di coniugare il chiuso pietismo wahhabita, pilastro della monarchia, con la cultura del Hijaz, che anelava all’apertura sociale e che avrebbe desiderato l’istituzione di una monarchia costituzionale.
Faysal fondò nel 1961 l’università islamica di Medina al fine di garantire al clero wahhabita una presenza autorevole e duratura nel Hijaz. L’anno successivo, per esaudire le istanze liberali del Hijaz fondò la Lega del mondo islamico, con lo scopo di creare una intellighenzia cosmopolita islamica.
Il Regno dell’Arabia Saudita è uno Stato monarchico assoluto fondato sui princìpi dell’Islam sunnita di osservanza Hambalita; Re Fahd Ibn Abdel Aziz Al Saud, sul trono dal 13 giugno 1982, detiene il potere esecutivo e legislativo, ed è affiancato dal Consiglio dei Ministri e da un Consiglio Consultivo.
Il sacro Corano è la costituzione del paese; la Shari’ah (legge islamica) è la legge dello Stato, e il Sovrano ha il titolo di “Custode delle sante moschee“ (La Mecca e Medina).
Tutti gli incarichi governativi e nei posti chiave dell’amministrazione statale sono affidati ad esponenti della casa reale, composta da migliaia di membri.
Nel Paese è sostanzialmente inconcepibile anche teorizzare l’esistenza di partiti politici e di elezioni.
Il Monarca, che è anche Primo Ministro, oltre a decidere la politica dello Stato e a sovrintendere all’amministrazione e alla sicurezza nazionale, è garante del rispetto e dell’applicazione della legge islamica. Il Principe ereditario è nominato dal Re.
Il Consiglio dei Ministri (istituito nel 1953) è presieduto dal Re (i Ministri sono responsabili solo verso il Sovrano), coadiuvato da un Primo e Secondo Vice Primo Ministro, è attualmente composto da ventisette Ministri, di cui ventuno con portafoglio e sei cosiddetti di Stato.
La complessità sempre crescente della gestione degli affari di Stato ha indotto Re Fahd ad introdurre, nel 1993, un nuovo apposito statuto. In virtù della recente normativa il Consiglio dei Ministri è responsabile della politica estera, degli affari interni, della difesa nazionale, della pianificazione economica, della pubblica amministrazione e del sistema educativo. Le sue decisioni sono vincolanti se approvate dalla maggioranza, solo se in linea con il rispetto dell’Islam e con le direttive del Consiglio Consultivo. In caso di parità, il voto del Primo Ministro, ovvero del Re, è assolutamente vincolante.
Il Consiglio Consultivo ( Majlis Al-Shoura) trae origine dall’antico principio islamico della consultazione. Fondato dal Padre della Patria Ibn Saud negli anni venti, è stato radicalmente ristrutturato e riattivato con la riforma del 1992 voluta da Re Fahd.
Il Consiglio è composto da centoventi membri e da un Presidente, tutti di nomina regia, e la durata del mandato è di quattro anni. I soggetti chiamati a farne parte rappresentano tutte le classi sociali del paese e possono essere riconfermati allo scadere del quarto anno.
Le competenze di questa assemblea riguardano l’esame delle leggi, la politica estera ed interna.
Inoltre le indicazioni provenienti dal Consiglio vengono sottoposte direttamente all’attenzione del Monarca.
La volontà di Re Fahd di accrescere l’efficienza della pubblica amministrazione si è concretizzata con l’istituzione del sistema provinciale che ha suddiviso il Regno in tredici provincie.
La gestione della giustizia è affidata agli ulama (esperti della legge islamica), e questo è del tutto naturale, essendo il Regno il paese in cui è nata la religione islamica, dove è vissuto Maometto e dove si trovano i due più importanti luoghi santi dell’Islam, la Mecca e Medina.
Gli ulama ebbero, e mantengono, un ruolo fondamentale nel cementare l’unione tra la “corona e l’altare”.
Lo status di cui godono questi leader religiosi si giustifica con la loro attività di promozione, omogeneizzazione e riforma del sistema giuridico del Regno. Essi sono particolarmente influenti nei seguenti settori: l’insegnamento della teologia; la giurisprudenza; la predicazione; il proselitismo all’estero dell’Islam; la ricerca scientifica; l’amministrazione della giustizia; l’attuazione e il rispetto della Shari’ah (18) ; l’educazione femminile, il controllo di tutte le moschee saudite e il notariato.
Le fondamenta della giurisprudenza islamica sono costituite da quattro grandi scuole di pensiero: Hanbali, Hanafi, Shafii e Ma’lik. Nel 1927 l’Arabia Saudita ha optato per i sei libri Hanbali, quale unico riferimento interpretativo per la propria “magistratura nazionale”, al fine di razionalizzare ed unificare il sistema giuridico, precedentemente disarmonico.
L’eventuale richiamo alle altre scuole di pensiero, è sempre possibile nell’ambito della discrezionalità del giudice, qualora i sei libri Hanbali non contengano specifiche previsioni sui casi in trattazione.
L’attuale Sovrano, molto prima della sua incoronazione, ha esercitato un ruolo fondamentale nel contesto della dinastia-Stato saudita.
Essendo un uomo di cultura e di ampie vedute ha ben direzionato le sue energie per modernizzare il paese, riuscendo al contempo a neutralizzare le critiche dei conservatori.
Il suo primo incarico ufficiale è stato quello di Ministro della Pubblica Istruzione, durante il regno di Saud, in cui si è distinto per aver reso, per la prima volta, accessibile a tutti i sudditi l’istruzione.
Nel 1962 è nominato Ministro dell’Interno e nel 1967 Secondo Vice Primo Ministro. Nel 1975, suo fratello, il vecchio Re Khaled lo nomina Principe ereditario e Vice Primo Ministro.
Gli anni ’80 pongono le autorità di fronte ad uno scenario difficilissimo: nel novembre del 1979 un commando di fondamentalisti religiosi occupa la Grande Moschea della Mecca, lanciando proclami ai fedeli contro la dinastia. Dopo giorni d’assedio e grazie anche all’intervento di teste di cuoio straniere (19) i ribelli furono costretti ad arrendersi. E’ un gesto isolato, ma è anche il sintomo di un profondo malessere della struttura sociale del paese che mise in fortissima crisi i dottori della legge wahhabiti, costretti a schierarsi per l’ordine monarchico. Contestualmente al di là del Golfo è in fase di consolidazione il regime teocratico iraniano, l’Afghanistan è invaso dall’Armata Rossa e l’Egitto è espulso dalla Lega Araba per aver fatto una pace separata con Israele. Fu in questo incandescente contesto che Re Fahd si mosse con grande abilità e pragmatismo. Egli aderirà formalmente al boicottaggio del mondo arabo nei confronti dell’Egitto, pur mantenendo tutta una serie di rapporti informali con il presidente Sadat. Inoltre la sua posizione si rafforzerà ulteriormente, quando prima da Principe ereditario e poi dal giugno 1982 come Sovrano, getterà le basi per la risoluzione del dramma libanese e del conflitto israelo-palestinese. Il Suo operato fu determinante per l’istituzione del Consiglio di cooperazione del Golfo, finalizzato a creare un cordone sanitario regionale al conflitto Iran-Iraq.
L’esigenza di contrastare il destabilizzante regime iraniano obbligò il Re a concedere basi d’appoggio alle forze armate statunitensi; decisione quest’ultima che acutizzerà nuovamente disordini interni. Sul fronte domestico il Monarca ha decisamente puntato ad un’accelerazione ed a una diversificazione dello sviluppo, che malauguratamente, si è quasi bloccata con l’invasione irachena dell’Emirato kuwaitiano. All’alba della crisi il Re ebbe un ruolo molto attivo, anche se fallimentare, nella mediazione: nel luglio del ’90 convocò entrambe le parti a Gedda, ma dopo poco scattò lo stesso il piano d’invasione iracheno. La nuova e letale situazione costrinse i sauditi, per la prima volta nella loro storia, ad aprire il paese alle truppe occidentali della coalizione anti-irachena, che nel giro di pochissimo tempo arrivarono a contare mezzo milione di effettivi. Nel contempo il Re darà asilo all’Emiro, sdebitandosi per l’ospitalità concessa dall’Emiro Mubarak al suo avo Ibn Saud. La richiesta della protezione militare occidentale ha scatenato un processo di erosione delle fondamenta etiche dello stato monarchico: da una parte le pesanti accuse provenienti dal mondo musulmano di aver profanato con la presenza dei militari infedeli il cuore dell’Islam; e dall’altro lo choc subito da una società ermetica, come quella saudita. Non a caso, è su questa linea di pensiero che hanno preso forma le critiche sulla legittimità della monarchia, di personaggi come Osama Bin Laden, alla quale era legato da fortissimi legami. Oltre ad al Qaeda, movimenti eversivi dell’ordine costituito sono presenti nella minoranza sciita filo-iraniana. Va inoltre rammentato che questo paese, grazie anche alle sue potenzialità economiche, è stato il più grande finanziatore del fondamentalismo islamico sunnita: dai volontari anti-sovietici in Afghanistan ai ceceni, dalle milizie islamiche bosniache fino ai guerriglieri dell’Asia ex-sovietica, tutti sono stati in grado di combattere solo ed esclusivamente grazie ai fondi sauditi. L’analisi dei legami finanziari sauditi con le organizzazioni del fondamentalismo islamico conduce, inevitabilmente, alla continua osservazione dell’operato dei membri della casa reale.
Il flusso dei finanziamenti è stato, perlopiù, gestito dal servizio segreto saudita, diretto dall’ormai destituito Principe Turki ben Faisal al Saud (20) .
Il Regno ha ufficialmente aderito all’Alleanza internazionale contro il terrorismo, ma la situazione oggettiva del paese è ambigua e pericolosa, in quanto un’organizzazione come al Qaeda, che ha come uno dei suoi scopi l’abbattimento di questa monarchia, considerata apostata, può sicuramente vantare contatti con esponenti influenti dell’ establishment.
L’aspetto controverso del dissenso risiede nella struttura stessa del sistema, ovvero nella famiglia reale. Le leve del potere sono in mano agli oltre quaranta figli dell’unificatore del Paese, Re Ibn Saud, che si dividono in fazione contrapposte.
Quella egemone, almeno formalmente, è rappresentata dal Sovrano, detta degli al Sudairi, composta dai figli di una delle mogli di Ibn Saud, e dal Secondo Vice Primo Ministro, ministro della Difesa e dell’Aviazione Principe Sultan Bin Abdul Aziz.
L’altra fazione, considerata meno “progressista”, ha come leader il fratellastro del Re, ovvero il Principe ereditario e Vice Primo Ministro, nonché comandante della Guardia Nazionale (21) , Abdullah Bin Abdul Aziz. Risulta difficilissimo per un osservatore esterno, se non impossibile, stabilire chi sia de facto il detentore del potere. L’ictus cerebrale che ha colpito il Re nella metà degli anni novanta, costringendolo a lasciare il potere reale al fratellastro Abdullah ha ulteriormente complicato la capacità di valutazione di questi fragili equilibri.
Il Principe reggente Abdullah Bin Abdul Aziz, nato a Riyadh nel 1924, pur essendosi schierato a fianco degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo globale, è certamente, pur nei limiti imposti dalla pragmatica politica petrolifera, un “conservatore” fedele agli ideali del wahhabismo.
La sua educazione è stata grandemente influenzate dal padre, Re Abdul Aziz Al Saud, che l’ha forgiato nel culto della religione e dello spirito del deserto, tipico della cultura beduina. Nel 1963 il Principe Abdullah è stato nominato comandante della Guardia Nazionale, e dal 1982, con l’ascesa al trono di Fahd, è divenuto Principe ereditario e Vice Primo Ministro.
L’altro fratello del Re, a capo dell’altra fazione, Principe Sultan Bin Abdul Aziz, è ministro della Difesa (22) e dell’Aviazione ed Ispettore Generale dal 1962, e dal 1982 Secondo Vice Primo Ministro. Considerato un tecnocrate filo-occidentale ha il merito di aver enormemente potenziato le forze armate e la linea aerea nazionale Saudi Arabian Airlines.
È altamente probabile che con l’imminente uscita di scena di Re Fahd, il nuovo Monarca sarà il Principe Abdullah e il nuovo Principe della Corona il principe Sultan. Ciò in quanto, seppur in un contesto di contrapposizione, questo scenario garantirebbe maggiormente la tenuta del regime.
A riprova di ciò, estremamente illuminanti sono state le non eccessivamente diplomatiche pubbliche esternazioni dell’ambasciatore (23) americano a Riyadh, favorevole a questa opzione.
La partenza delle ultime truppe Usa dal suolo saudita, avvenuta il 22 settembre 2003 dalla base Principe Sultan, può essere vista come un’oggettiva contropartita alla sperabile mitigazione dottrinaria del Principe ereditario, storicamente considerato negativamente dall’amministrazione americana. Se così non fosse, risulterebbe alquanto illogico il formale cambiamento di rotta americano ai “danni” del Principe Sultan, da sempre considerato estremamente più incline a seguire l’Occidente.
Avendo sia Sultan che Abdullah quasi ottanta anni, la lotta per il futuro potere si trasferisce inevitabilmente sulle seconde linee.
Il Ministro degli Esteri, Principe Saud al Faisal appartenante ai Sudairi, si è espresso a favore di Abdullah, riducendo la sua debolezza derivante dall’essere unico figlio senza fratelli di una delle mogli del fondatore del Regno. Il reggente, al di là della sua persona, vorrebbe portare al trono il suo secondogenito, il Principe quarantenne Mitab bin Abdullah. Infatti è proprio Mitab a “gestire e controllare” in nome del padre i tre pilastri su cui si fonda il loro potere, ovvero: la Guardia Nazionale; i capi delle tribù (24) e i governatori delle città e delle provincie del paese.
I più fidi alleati di Mitab sarebbero il Principe Walid bin Talal e il governatore della Mecca, Principe Abdul Majeed bin Abdul, che supportano finanziariamente la “causa” di Abdullah.
La fazione dei Sudairi può fare affidamento sulle forze armate e sui servizi segreti militari, sottoposti all’autorità di Sultan. Inoltre il Ministro della Difesa è il destinatario dei proventi della Prince Oil, il fondo miliardario da lui guidato, che ammontano a più del 10% della rendita petrolifera nazionale. In più occorre menzionare il controllo del Supremo consiglio degli affari petroliferi e minerari, da cui sostanzialmente dipende la politica petrolifera saudita.
In “lista” per la successione di Sultan ci sono due dei suoi figli: il generale Khaled, comandante operativo delle forze armate durante la guerra del Golfo del 1991, e Bandar, ambasciatore a Washigton dal 1982.
Il Principe Abdullah, da quando ha preso in mano la gestione del potere a causa del pessimo stato di salute del Re, ha cercato in un’ottica conservatrice di intraprendere la via di un riformismo socio-istituzionale. Scelta obbligata la Sua, pena la fine di quell’espressione geografica che chiamiamo Arabia Saudita. La sua azione di governo si è focalizzata sul tentativo di diversificare e privatizzare l’economia, al fine di ridurre la dipendenza dai soli introiti petroliferi.
Purtroppo la sua azione è stata notevolmente depotenziata dalla sua non appartenenza alla fazione egemone della casa reale, oltre che dai recenti sconvolgimenti geopolitici.
Con molta probabilità questa situazione di stallo dell’azione “riformatrice” del governo si protrarrà fino alla morte di Re Fahd.
Antecedentemente all’11 settembre la via riformista passava nel raggiungimento di due importanti riforme: la modernizzazione scolastica e l’introduzione delle elezioni regionali (da farsi nell’autunno 2003). Ambedue bloccate a seguito della guerra globale al terrorismo, che al di là delle dichiarazioni d’intenti, ha rafforzato gli schieramenti reazionari del Regno. Infatti, la campagna mediatica e politica antisaudita occidentale, sommata al contestuale inasprimento della repressione israeliana in Palestina, ha generato un venir meno dell’interesse popolare al perseguimento della democraticizzazione socio-istituzionale e alla diversificazione economica. Ovvero, proprio le fortissime critiche provenienti dall’estero hanno indebolito lo schieramento riformista, laico e islamico, che sembrava essere in progressiva consolidazione dal 1991.
In questo così difficile contesto il Principe reggente Abdullah sta adottando una politica di riavvicinamento alle masse popolari, non più vista dai tempi del Padre della Patria. Sempre più spesso la televisione di Stato riprende le Sue visite nei quartieri dove alberga la nuova povertà saudita e sempre più, con estrema saggezza, egli è disposto ad ascoltare direttamente il suo popolo.
Proprio in virtù di questo “stile” il reggente ha accettato di prendere in considerazione nel 2003, la cosiddetta petizione dei 104, dal numero dei firmatari. Tramite essa prestigiosi esponenti del mondo accademico, di quello degli affari e della galassia islamica moderata chiedono che si ponga in essere una nuova struttura sociale islamica fondata sullo Stato di diritto.
Abdullah, contestualmente a questa presa in considerazione delle istanze riformatrici, è stato sottoposto a fortissime pressioni contrarie, provenienti dall’area wahhabita, che neutralizzano continuamente la sua potenziale capacità e volontà di manovra.
Se le fazioni degli Al Saud non riusciranno a partorire una riforma “democratica”, ci sarà una crescita esponenziale dell’insoddisfazione e in questa ottica va letta la politica “filo-saudita” degli Stati Uniti d’America: ovvero per la Casa Bianca è preferibile continuare ad avere come referente un male conosciuto rispetto ad un salto nel buio.
Un mutamento del contratto sociale tra governanti e governati è inevitabile per la sopravvivenza. L’interrogativo è se l’ establishment riuscirà a porlo in essere prima del raggiungimento del punto di non ritorno.
Il destino di questo paese dipenderà da chi salirà al trono dopo la morte di Fahd e dalla sua capacità di compromesso “evolutivo” tra i riformisti e i conservatori.
Il Principe Abdullah, molto eloquentemente, ha affermato che “le riforme sono in atto, ma devono essere graduali”. Esse, per poter essere varate, non dovranno essere imposte dall’estero e dovranno essere in linea con la tradizione islamica. Ci vorrà tempo, molto di più di quanto speri l’Occidente. In una prospettiva di vero superamento politico, dell’attuale impasse saudita, queste dichiarazioni dovrebbero essere prese in grandissima considerazione dalle cancellerie occidentali.
Al di là delle varie opzioni evolutive, quello che succederà in questo paese comporterà conseguenze epocali sull’intero sistema-mondo.
Solo se l’Oriente e l’Occidente, insieme, riusciranno ad individuare un nuovo e comune (25) Demiurgo dell’ordine internazionale, valido erga omnes, il Re non sarà più nudo.
Gli occidentali dovrebbero analizzare l’ establishment di ogni paese arabo-musulmano partendo dal rapporto tra politica e religione e tra Islam e Stato Nazione.
Analisi fondamentalmente semantica, in quanto è opportuno e saggio domandarsi come nell’Islam siano stati metabolizzati i concetti occidentali, figli del Rinascimento, della Riforma e delle rivoluzioni inglese, nord-americana e francese, di Nazione e Stato, dalla decolonizzazione ad oggi. Ciò in quanto, in Europa e nell’Occidente europeizzato, i termini di Stato e Nazione significano un senso di comune identità, di auto-percezione e di appartenenza di un popolo.
Viceversa, nell’Islam uno Stato è tale solo per l’aspetto geografico, nel senso dello spazio, e la Nazione è il popolo (umma), ovvero la comunità è indicata dalla comune fede religiosa, ergo la comunità è la Nazione dei credenti.
Ne consegue il mito di un super-Stato (Califfato), che comprenda tutti i paesi arabo-musulmani, i cui confini siano delimitati dalla umma. E’ significativo che la cultura giuridica dell’occidente, che si basa sul diritto romano, nel Medio Oriente e nell’Asia tutta non ha messo radici e come le categorie concettuali dell’occidente, di Stato, diritto e confine vengono nella migliore delle ipotesi adattate agli usi indigeni.
La dicotomia tra religione e strutture statuali, riscontrabile in tutti quegli Stati senza Nazioni che compongono l’Islam, è originata dall’inesistenza di un’autorità costituzionale che si possa definire civile, nel senso di ordinamento in cui i diritti e i doveri del singolo cittadino siano individuati e tutelati da una costituzione reale. In tale contesto, risulta estremamente difficoltoso interiorizzare il concetto stesso di cittadinanza, inteso come un qualcosa di autonomo dalla religione e dalla tribù etnica di appartenenza.
Conseguentemente la politica non può che legittimarsi in un’ottica religiosa.
Il “problema” risiede nel fallimento del laicismo nazionalista, che l’Europa tentò d’imporre alla umma all’inizio del ventesimo secolo.
La Storia ha dimostrato, quanto il nazionalismo sia stato vissuto ed interpretato come il più grande pericolo per l’Islam, in quanto ha rappresentato e rappresenta il progetto di separazione tra la religione e lo Stato.
Risulta sostanzialmente impossibile fare una previsione organica sulla strategia della classe dirigente dell’Arabia Saudita e dei singoli paesi musulmani, essendo, è bene rammentare, il terrorismo integralista presente in tutte queste realtà non certo solo per una “distrazione” o per una mancanza di efficienza delle forze di sicurezza.
Realisticamente in tutto l’universo arabo-islamico (anche quello definito filo-occidentale) il terrorismo è stato creato da quelle stesse istituzioni che nominalmente dovrebbero combatterlo.
Quest’ultima considerazione è difficilmente comprensibile se ci si ostina ad osservare questo mondo sempre con occhi occidentali. Se tutti questi Stati hanno, a vario titolo mantenuto, dei rapporti con gli integralisti non è solo al fine di auto-tutelarsi, ma è malauguratamente per il profondo convincimento che i terroristi sono i più veri e legittimi rappresentanti dell’ortodossia islamica, dura e pura.
Essi sono percepiti, dai governi e dalle società di questi paesi, non come dei rivoluzionari eversivi, ma appunto come dei custodi dell’ideologia coranica.
Questo stato di cose, apparentemente schizofrenico, è estremamente palese in Arabia Saudita: paese in profonda crisi istituzionale, sociale ed economica (26) , rispetto al recente passato quando rappresentava per i suoi abitanti una sorta di Paradiso in terra , fatto di agevolazioni economiche inaudite.
Oggi, per la prima volta nella sua storia il paese è affetto da una pericolosa disoccupazione e da enormi tensioni politiche interne, governato da una monarchia sempre più compromessa con gli americani e con gli integralisti.
I giorni del futuro sono davanti a noi...
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PREAMBLE
The people of Iraq, striving to reclaim their freedom, which was usurped by the previous tyrannical regime, rejecting violence and coercion in all their forms, and particularly when used as instruments of governance, have determined that they shall hereafter remain a free people governed under the rule of law.
These people, affirming today their respect for international law, especially having been amongst the founders of the United Nations, working to reclaim their legitimate place among nations, have endeavored at the same time to preserve the unity of their homeland in a spirit of fraternity and solidarity in order to draw the features of the future new Iraq, and to establish the mechanisms aiming, amongst other aims, to erase the effects of racist and sectarian policies and practices.
This Law is now established to govern the affairs of Iraq during the transitional period until a duly elected government, operating under a permanent and legitimate constitution achieving full democracy, shall come into being.
CHAPTER ONE – FUNDAMENTAL PRINCIPLES
Article 1.
(A) This Law shall be called the “Law of Administration for the State of Iraq for the Transitional Period,” and the phrase “this Law” wherever it appears in this legislation shall mean the “Law of Administration for the State of Iraq for the Transitional Period.”
(B) Gender-specific language shall apply equally to male and female.
(C) The Preamble to this Law is an integral part of this Law.
Article 2.
(A) The term “transitional period” shall refer to the period beginning on 30 June 2004 and lasting until the formation of an elected Iraqi government pursuant to a permanent constitution as set forth in this Law, which in any case shall be no later than 31 December 2005, unless the provisions of Article 61 are applied.
(B) The transitional period shall consist of two phases.
(1) The first phase shall begin with the formation of a fully sovereign Iraqi Interim Government that takes power on 30 June 2004. This government shall be constituted in accordance with a process of extensive deliberations and consultations with cross-sections of the Iraqi people conducted by the Governing Council and the Coalition Provisional Authority and possibly in consultation with the United Nations. This government shall exercise authority in accordance with this Law, including the fundamental principles and rights specified herein, and with an annex that shall be agreed upon and issued before the beginning of the transitional period and that shall be an integral part of this Law.
(2)The second phase shall begin after the formation of the Iraqi Transitional Government, which will take place after elections for the National Assembly have been held as stipulated in this Law, provided that, if possible, these elections are not delayed beyond 31 December 2004, and, in any event, beyond 31 January 2005. This second phase shall end upon the formation of an Iraqi government pursuant to a permanent constitution.
Article 3.
(A) This Law is the Supreme Law of the land and shall be binding in all parts of Iraq without exception. No amendment to this Law may be made except by a three-fourths majority of the members of the National Assembly and the unanimous approval of the Presidency Council. Likewise, no amendment may be made that could abridge in any way the rights of the Iraqi people cited in Chapter Two; extend the transitional period beyond the timeframe cited in this Law; delay the holding of elections to a new assembly; reduce the powers of the regions or governorates; or affect Islam, or any other religions or sects and their rites.
(B) Any legal provision that conflicts with this Law is null and void.
(C) This Law shall cease to have effect upon the formation of an elected government pursuant to a permanent constitution.
Article 4.
The system of government in Iraq shall be republican, federal, democratic, and pluralistic, and powers shall be shared between the federal government and the regional governments, governorates, municipalities, and local administrations. The federal system shall be based upon geographic and historical realities and the separation of powers, and not upon origin, race, ethnicity, nationality, or confession.
Article 5.
The Iraqi Armed Forces shall be subject to the civilian control of the Iraqi Transitional Government, in accordance with the contents of Chapters Three and Five of this Law.
Article 6.
The Iraqi Transitional Government shall take effective steps to end the vestiges of the oppressive acts of the previous regime arising from forced displacement, deprivation of citizenship, expropriation of financial assets and property, and dismissal from government employment for political, racial, or sectarian reasons.
Article 7.
A) Islam is the official religion of the State and is to be considered a source of legislation. No law that contradicts the universally agreed tenets of Islam, the principles of democracy, or the rights cited in Chapter Two of this Law may be enacted during the transitional period. This Law respects the Islamic identity of the majority of the Iraqi people and guarantees the full religious rights of all individuals to freedom of religious belief and practice.
(B) Iraq is a country of many nationalities, and the Arab people in Iraq are an inseparable part of the Arab nation.
Article 8.
The flag, anthem, and emblem of the State shall be fixed by law.
Article 9.
The Arabic language and the Kurdish language are the two official languages of Iraq. The right of Iraqis to educate their children in their mother tongue, such as Turcoman, Syriac, or Armenian, in government educational institutions in accordance with educational guidelines, or in any other language in private educational institutions, shall be guaranteed. The scope of the term “official language” and the means of applying the provisions of this Article shall be defined by law and shall include:
(1) Publication of the official gazette, in the two languages;
(2) Speech and expression in official settings, such as the National Assembly, the Council of Ministers, courts, and official conferences, in either of the two languages;
(3) Recognition and publication of official documents and correspondence in the two languages;
(4) Opening schools that teach in the two languages, in accordance with educational guidelines;
(5) Use of both languages in any other settings enjoined by the principle of equality (such as bank notes, passports, and stamps);
(6) Use of both languages in the federal institutions and agencies in the Kurdistan region.
Article 10.
As an expression of the free will and sovereignty of the Iraqi people, their representatives shall form the governmental structures of the State of Iraq. The Iraqi Transitional Government and the governments of the regions, governorates, municipalities, and local administrations shall respect the rights of the Iraqi people, including those rights cited in this Chapter.
Article 11.
(A) Anyone who carries Iraqi nationality shall be deemed an Iraqi citizen. His citizenship shall grant him all the rights and duties stipulated in this Law and shall be the basis of his relation to the homeland and the State.
(B) No Iraqi may have his Iraqi citizenship withdrawn or be exiled unless he is a naturalized citizen who, in his application for citizenship, as established in a court of law, made material falsifications on the basis of which citizenship was granted.
(C) Each Iraqi shall have the right to carry more than one citizenship. Any Iraqi whose citizenship was withdrawn because he acquired another citizenship shall be deemed an Iraqi.
(D) Any Iraqi whose Iraqi citizenship was withdrawn for political, religious, racial, or sectarian reasons has the right to reclaim his Iraqi citizenship.
(E) Decision Number 666 (1980) of the dissolved Revolutionary Command Council is annuled, and anyone whose citizenship was withdrawn on the basis of this decree shall be deemed an Iraqi.
(F) The National Assembly must issue laws pertaining to citizenship and naturalization consistent with the provisions of this Law.
(G) The Courts shall examine all disputes airising from the application of the provisions relating to citizenship.
Article 12.
All Iraqis are equal in their rights without regard to gender, sect, opinion, belief, nationality, religion, or origin, and they are equal before the law. Discrimination against an Iraqi citizen on the basis of his gender, nationality, religion, or origin is prohibited. Everyone has the right to life, liberty, and the security of his person. No one may be deprived of his life or liberty, except in accordance with legal procedures. All are equal before the courts.
Article 13.
(A) Public and private freedoms shall be protected.
(B) The right of free expression shall be protected.
(C) The right of free peaceable assembly and the right to join associations freely, as well as the right to form and join unions and political parties freely, in accordance with the law, shall be guaranteed.
(D) Each Iraqi has the right of free movement in all parts of Iraq and the right to travel abroad and return freely.
(E) Each Iraqi has the right to demonstrate and strike peaceably in accordance with the law.
(F) Each Iraqi has the right to freedom of thought, conscience, and religious belief and practice. Coercion in such matters shall be prohibited.
(G) Slavery, the slave trade, forced labor, and involuntary servitude with or without pay, shall be forbidden.
(H) Each Iraqi has the right to privacy.
Article 14.
The individual has the right to security, education, health care, and social security. The Iraqi State and its governmental units, including the federal government, the regions, governorates, municipalities, and local administrations, within the limits of their resources and with due regard to other vital needs, shall strive to provide prosperity and employment opportunities to the people.
Article 15.
(A) No civil law shall have retroactive effect unless the law so stipulates. There shall be neither a crime, nor punishment, except by law in effect at the time the crime is committed.
(B) Police, investigators, or other governmental authorities may not violate the sanctity of private residences, whether these authorities belong to the federal or regional governments, governorates, municipalities, or local administrations, unless a judge or investigating magistrate has issued a search warrant in accordance with applicable law on the basis of information provided by a sworn individual who knew that bearing false witness would render him liable to punishment. Extreme exigent circumstances, as determined by a court of competent jurisdiction, may justify a warrantless search, but such exigencies shall be narrowly construed. In the event that a warrantless search is carried out in the absence of an extreme exigent circumstance, the evidence so seized, and any other evidence found derivatively from such search, shall be inadmissible in connection with a criminal charge, unless the court determines that the person who carried out the warrantless search believed reasonably and in good faith that the search was in accordance with the law.
(C) No one may be unlawfully arrested or detained, and no one may be detained by reason of political or religious beliefs.
(D) All persons shall be guaranteed the right to a fair and public hearing by an independent and impartial tribunal, regardless of whether the proceeding is civil or criminal. Notice of the proceeding and its legal basis must be provided to the accused without delay.
(E) The accused is innocent until proven guilty pursuant to law, and he likewise has the right to engage independent and competent counsel, to remain silent in response to questions addressed to him with no compulsion to testify for any reason, to participate in preparing his defense, and to summon and examine witnesses or to ask the judge to do so. At the time a person is arrested, he must be notified of these rights.
(F) The right to a fair, speedy, and open trial shall be guaranteed.
(G) Every person deprived of his liberty by arrest or detention shall have the right of recourse to a court to determine the legality of his arrest or detention without delay and to order his release if this occurred in an illegal manner.
(H) After being found innocent of a charge, an accused may not be tried once again on the same charge.
(I) Civilians may not be tried before a military tribunal. Special or exceptional courts may not be established.
(J) Torture in all its forms, physical or mental, shall be prohibited under all circumstances, as shall be cruel, inhuman, or degrading treatment. No confession made under compulsion, torture, or threat thereof shall be relied upon or admitted into evidence for any reason in any proceeding, whether criminal or otherwise.
Article 16.
(A) Public property is sacrosanct, and its protection is the duty of every citizen.
(B) The right to private property shall be protected, and no one may be prevented from disposing of his property except within the limits of law. No one shall be deprived of his property except by eminent domain, in circumstances and in the manner set forth in law, and on condition that he is paid just and timely compensation.
(C) Each Iraqi citizen shall have the full and unfettered right to own real property in all parts of Iraq without restriction.
Article 17.
It shall not be permitted to possess, bear, buy, or sell arms except on licensure issued in accordance with the law.
Article 18.
There shall be no taxation or fee except by law.
Article 19.
No political refugee who has been granted asylum pursuant to applicable law may be surrendered or returned forcibly to the country from which he fled.
Article 20.
(A) Every Iraqi who fulfills the conditions stipulated in the electoral law has the right to stand for election and cast his ballot secretly in free, open, fair, competitive, and periodic elections.
(B) No Iraqi may be discriminated against for purposes of voting in elections on the basis of gender, religion, sect, race, belief, ethnic origin, language, wealth, or literacy.
Article 21.
Neither the Iraqi Transitional Government nor the governments and administrations of the regions, governorates, and municipalities, nor local administrations may interfere with the right of the Iraqi people to develop the institutions of civil society, whether in cooperation with international civil society organizations or otherwise.
Article 22.
If, in the course of his work, an official of any government office, whether in the federal government, the regional governments, the governorate and municipal administrations, or the local administrations, deprives an individual or a group of the rights guaranteed by this Law or any other Iraqi laws in force, this individual or group shall have the right to maintain a cause of action against that employee to seek compensation for the damages caused by such deprivation, to vindicate his rights, and to seek any other legal measure. If the court decides that the official had acted with a sufficient degree of good faith and in the belief that his actions were consistent with the law, then he is not required to pay compensation.
Article 23.
The enumeration of the foregoing rights must not be interpreted to mean that they are the only rights enjoyed by the Iraqi people. They enjoy all the rights that befit a free people possessed of their human dignity, including the rights stipulated in international treaties and agreements, other instruments of international law that Iraq has signed and to which it has acceded, and others that are deemed binding upon it, and in the law of nations. Non-Iraqis within Iraq shall enjoy all human rights not inconsistent with their status as non-citizens.
Article 24.
(A) The Iraqi Transitional Government, which is also referred to in this Law as the federal government, shall consist of the National Assembly; the Presidency Council; the Council of Ministers, including the Prime Minister; and the judicial authority.
(B) The three authorities, legislative, executive, and judicial, shall be separate and independent of one another.
(C) No official or employee of the Iraqi Transitional Government shall enjoy immunity for criminal acts committed while in office.
Article 25.
The Iraqi Transitional Government shall have exclusive competence in the following matters:
(A) Formulating foreign policy and diplomatic representation; negotiating, signing, and ratifying international treaties and agreements; formulating foreign economic and trade policy and sovereign debt policies;
(B) Formulating and executing national security policy, including creating and maintaining armed forces to secure, protect, and guarantee the security of the country’s borders and to defend Iraq;
(C) Formulating fiscal policy, issuing currency, regulating customs, regulating commercial policy across regional and governorate boundaries in Iraq, drawing up the national budget of the State, formulating monetary policy, and establishing and administering a central bank;
(D) Regulating weights and measures and formulating a general policy on wages;
(E) Managing the natural resources of Iraq, which belongs to all the people of all the regions and governorates of Iraq, in consultation with the governments of the regions and the administrations of the governorates, and distributing the revenues resulting from their sale through the national budget in an equitable manner proportional to the distribution of population throughout the country, and with due regard for areas that were unjustly deprived of these revenues by the previous regime, for dealing with their situations in a positive way, for their needs, and for the degree of development of the different areas of the country;
(F) Regulating Iraqi citizenship, immigration, and asylum; and
(G) Regulating telecommunications policy.
Article 26.
(A) Except as otherwise provided in this Law, the laws in force in Iraq on 30 June 2004 shall remain in effect unless and until rescinded or amended by the Iraqi Transitional Government in accordance with this Law.
(B) Legislation issued by the federal legislative authority shall supersede any other legislation issued by any other legislative authority in the event that they contradict each other, except as provided in Article 54(B).
(C) The laws, regulations, orders, and directives issued by the Coalition Provisional Authority pursuant to its authority under international law shall remain in force until rescinded or amended by legislation duly enacted and having the force of law.
Article 27.
(A) The Iraqi Armed Forces shall consist of the active and reserve units, and elements thereof. The purpose of these forces is the defense of Iraq.
(B) Armed forces and militias not under the command structure of the Iraqi Transitional Government are prohibited, except as provided by federal law.
(C) The Iraqi Armed Forces and its personnel, including military personnel working in the Ministry of Defense or any offices or organizations subordinate to it, may not stand for election to political office, campaign for candidates, or participate in other activities forbidden by Ministry of Defense regulations. This ban encompasses the activities of the personnel mentioned above acting in their personal or official capacities. Nothing in this Article shall infringe upon the right of these personnel to vote in elections.
(D) The Iraqi Intelligence Service shall collect information, assess threats to national security, and advise the Iraqi government. This Service shall be under civilian control, shall be subject to legislative oversight, and shall operate pursuant to law and in accordance with recognized principles of human rights.
(E) The Iraqi Transitional Government shall respect and implement Iraq’s international obligations regarding the non-proliferation, non-development, non-production, and non-use of nuclear, chemical, and biological weapons, and associated equipment, materiel, technologies, and delivery systems for use in the development, manufacture, production, and use of such weapons.
Article 28.
(A) Members of the National Assembly; the Presidency Council; the Council of Ministers, including the Prime Minister; and judges and justices of the courts may not be appointed to any other position in or out of government. Any member of the National Assembly who becomes a member of the Presidency Council or Council of Ministers shall be deemed to have resigned his membership in the National Assembly.
(B) In no event may a member of the armed forces be a member of the National Assembly, minister, Prime Minister, or member of the Presidency Council unless the individual has resigned his commission or rank, or retired from duty at least eighteen months prior to serving.
Article 29.
Upon the assumption of full authority by the Iraqi Interim Government in accordance with Article 2(B)(1), above, the Coalition Provisional Authority shall be dissolved and the work of the Governing Council shall come to an end.
Article 30.
(A) During the transitional period, the State of Iraq shall have a legislative authority known as the National Assembly. Its principal mission shall be to legislate and exercise oversight over the work of the executive authority.
(B) Laws shall be issued in the name of the people of Iraq. Laws, regulations, and directives related to them shall be published in the official gazette and shall take effect as of the date of their publication, unless they stipulate otherwise.
(C) The National Assembly shall be elected in accordance with an electoral law and a political parties law. The electoral law shall aim to achieve the goal of having women constitute no less than one-quarter of the members of the National Assembly and of having fair representation for all communities in Iraq, including the Turcomans, ChaldoAssyrians, and others.
(D) Elections for the National Assembly shall take place by 31 December 2004 if possible, and in any case no later than by 31 January 2005.
Article 31.
(A) The National Assembly shall consist of 275 members. It shall enact a law dealing with the replacement of its members in the event of resignation, removal, or death.
(B) A nominee to the National Assembly must fulfill the following conditions:
(1) He shall be an Iraqi no less than 30 years of age.
(2) He shall not have been a member of the dissolved Ba’ath Party with the rank of Division Member or higher, unless exempted pursuant to the applicable legal rules.
(3) If he was once a member of the dissolved Ba’ath Party with the rank of Full Member, he shall be required to sign a document renouncing the Ba’ath Party and disavowing all of his past links with it before becoming eligible to be a candidate, as well as to swear that he no longer has any dealings or connection with Ba’ath Party organizations. If it is established in court that he lied or fabricated on this score, he shall lose his seat in the National Assembly.
(4)He shall not have been a member of the former agencies of repression and shall not have contributed to or participated in the persecution of citizens.
(5) He shall not have enriched himself in an illegitimate manner at the expense of the homeland and public finance.
(6) He shall not have been convicted of a crime involving moral turpitude and shall have a good reputation.
(7) He shall have at least a secondary school diploma, or equivalent
(8) He shall not be a member of the armed forces at the time of his nomination.
Article 32.
(A) The National Assembly shall draw up its own internal procedures, and it shall sit in public session unless circumstances require otherwise, consistent with its internal procedures. The first session of the Assembly shall be chaired by its oldest member.
(B) The National Assembly shall elect, from its own members, a president and two deputy presidents of the National Assembly. The president of the National Assembly shall be the individual who receives the greatest number of votes for that office; the first deputy president the next highest; and the second deputy president the next. The president of the National Assembly may vote on an issue, but may not participate in the debates, unless he temporarily steps out of the chair immediately prior to addressing the issue.
(C) A bill shall not be voted upon by the National Assembly unless it has been read twice at a regular session of the Assembly, on condition that at least two days intervene between the two readings, and after the bill has been placed on the agenda of the session at least four days prior to the vote.
Article 33.
(A) Meetings of the National Assembly shall be public, and transcripts of its meetings shall be recorded and published. The vote of every member of the National Assembly shall be recorded and made public. Decisions in the National Assembly shall be taken by simple majority unless this Law stipulates otherwise.
(B) The National Assembly must examine bills proposed by the Council of Ministers, including budget bills.
(C) Only the Council of Ministers shall have the right to present a proposed national budget. The National Assembly has the right to reallocate proposed spending and to reduce the total amounts in the general budget. It also has the right to propose an increase in the overall amount of expenditures to the Council of Ministers if necessary.
(D) Members of the National Assembly shall have the right to propose bills, consistent with the internal procedures that are drawn up by the Assembly.
(E) The Iraqi Armed Forces may not be dispatched outside Iraq even for the purpose of defending against foreign aggression except with the approval of the National Assembly and upon the request of the Presidency Council.
(F) Only the National Assembly shall have the power to ratify international treaties and agreements.
(G) The oversight function performed by the National Assembly and its committees shall include the right of interpellation of executive officials, including members of the Presidency Council, the Council of Ministers, including the Prime Minister, and any less senior official of the executive authority. This shall encompass the right to investigate, request information, and issue subpoenas for persons to appear before them.
Article 34.
Each member of the National Assembly shall enjoy immunity for statements made while the Assembly is in session, and the member may not be sued before the courts for such. A member may not be placed under arrest during a session of the National Assembly, unless the member is accused of a crime and the National Assembly agrees to lift his immunity or if he is caught in flagrante delicto in the commission of a felony.
Article 35.
The executive authority during the transitional period shall consist of the Presidency Council, the Council of Ministers, and its presiding Prime Minister.
Article 36.
(A) The National Assembly shall elect a President of the State and two Deputies. They shall form the Presidency Council, the function of which will be to represent the sovereignty of Iraq and oversee the higher affairs of the country. The election of the Presidency Council shall take place on the basis of a single list and by a two-thirds majority of the members’ votes. The National Assembly has the power to remove any member of the Presidency Council of the State for incompetence or lack of integrity by a three-fourths majority of its members’ votes. In the event of a vacancy in the Presidency Council, the National Assembly shall, by a vote of two-thirds of its members, elect a replacement to fill the vacancy.
(B) It is a prerequisite for a member of the Presidency Council to fulfill the same conditions as the members of the National Assembly, with the following observations:
(1) He must be at least forty years of age.
(2) He must possess a good reputation, integrity, and rectitude.
(3) If he was a member of the dissolved Ba’ath Party, he must have left the dissolved Party at least ten years before its fall.
(4) He must not have participated in repressing the intifada of 1991 or the Anfal campaign and must not have committed a crime against the Iraqi people.
(C) The Presidency Council shall take its decisions unanimously, and its members may not deputize others as proxies.
Article 37.
The Presidency Council may veto any legislation passed by the National Assembly, on condition that this be done within fifteen days after the Presidency Council is notified by the president of the National Assembly of the passage of such legislation. In the event of a veto, the legislation shall be returned to the National Assembly, which has the right to pass the legislation again by a two-thirds majority not subject to veto within a period not to exceed thirty days.
Article 38.
(A) The Presidency Council shall name a Prime Minister unanimously, as well as the members of the Council of Ministers upon the recommendation of the Prime Minister. The Prime Minister and Council of Ministers shall then seek to obtain a vote of confidence by simple majority from the National Assembly prior to commencing their work as a government. The Presidency Council must agree on a candidate for the post of Prime Minister within two weeks. In the event that it fails to do so, the responsibility of naming the Prime Minister reverts to the National Assembly. In that event, the National Assembly must confirm the nomination by a two-thirds majority. If the Prime Minister is unable to nominate his Council of Ministers within one month, the Presidency Council shall name another Prime Minister.
(B) The qualifications for Prime Minister must be the same as for the members of the Presidency Council except that his age must not be less than 35 years upon his taking office.
Article 39.
(A) The Council of Ministers shall, with the approval of the Presidency Council, appoint representatives to negotiate the conclusion of international treaties and agreements. The Presidency Council shall recommend passage of a law by the National Assembly to ratify such treaties and agreements.
(B) The Presidency Council shall carry out the function of commander-in-chief of the Iraqi Armed Forces only for ceremonial and protocol purposes. It shall have no command authority. It shall have the right to be briefed, to inquire, and to advise. Operationally, national command authority on military matters shall flow from the Prime Minister to the Minister of Defense to the military chain of command of the Iraqi Armed Forces.
(C) The Presidency Council shall, as more fully set forth in Chapter Six, below, appoint, upon recommendation of the Higher Juridical Council, the Presiding Judge and members of the Federal Supreme Court.
(D) The Council of Ministers shall appoint the Director-General of the Iraqi National Intelligence Service, as well as officers of the Iraqi Armed Forces at the rank of general or above. Such appointments shall be subject to confirmation by the National Assembly by simple majority of those of its members present.
Article 40.
(A) The Prime Minister and the ministers shall be responsible before the National Assembly, and this Assembly shall have the right to withdraw its confidence either in the Prime Minister or in the ministers collectively or individually. In the event that confidence in the Prime Minister is withdrawn, the entire Council of Ministers shall be dissolved, and Article 40(B), below, shall become operative.
(B) In the event of a vote of no confidence with respect to the entire Council of Ministers, the Prime Minister and Council of Ministers shall remain in office to carry out their functions for a period not to exceed thirty days, until the formation of a new Council of Ministers, consistent with Article 38, above.
Article 41.
The Prime Minister shall have day-to-day responsibility for the management of the government, and he may dismiss ministers with the approval of an simple majority of the National Assembly. The Presidency Council may, upon the recommendation of the Commission on Public Integrity after the exercise of due process, dismiss the Prime Minister or the ministers.
Article 42.
The Council of Ministers shall draw up rules of procedure for its work and issue the regulations and directives necessary to enforce the laws.It also has the right to propose bills to the National Assembly. Each ministry has the right, within its competence, to nominate deputy ministers, ambassadors, and other employees of special grade. After the Council of Ministers approves these nominations, they shall be submitted to the Presidency Council for ratification. All decisions of the Council of Ministers shall be taken by simple majority of those of its members present.
Article 43.
(A) The judiciary is independent, and it shall in no way be administered by the executive authority, including the Ministry of Justice. The judiciary shall enjoy exclusive competence to determine the innocence or guilt of the accused pursuant to law, without interference from the legislative or executive authorities.
(B) All judges sitting in their respective courts as of 1 July 2004 will continue in office thereafter, unless removed from office pursuant to this Law.
(C) The National Assembly shall establish an independent and adequate budget for the judiciary.
(D) Federal courts shall adjudicate matters that arise from the application of federal laws. The establishment of these courts shall be within the exclusive competence of the federal government. The establishment of these courts in the regions shall be in consultation with the presidents of the judicial councils in the regions, and priority in appointing or transferring judges to these courts shall be given to judges resident in the region.
Article 44.
(A) A court called the Federal Supreme Court shall be constituted by law in Iraq.
(B) The jurisdiction of the Federal Supreme Court shall be as follows:
(1)Original and exclusive jurisdiction in legal proceedings between the Iraqi Transitional Government and the regional governments, governorate and municipal administrations, and local administrations.
(2) Original and exclusive jurisdiction, on the basis of a complaint from a claimant or a referral from another court, to review claims that a law, regulation, or directive issued by the federal or regional governments, the governorate or municipal administrations, or local administrations is inconsistent with this Law.
(3) Ordinary appellate jurisdiction of the Federal Supreme Court shall be defined by federal law.
(C) Should the Federal Supreme Court rule that a challenged law, regulation, directive, or measure is inconsistent with this Law, it shall be deemed null and void.
(D) The Federal Supreme Court shall create and publish regulations regarding the procedures required to bring claims and to permit attorneys to practice before it. It shall take its decisions by simple majority, except decisions with regard to the proceedings stipulated in Article 44(B)(1), which must be by a two-thirds majority. Decisions shall be binding. The Court shall have full powers to enforce its decisions, including the power to issue citations for contempt of court and the measures that flow from this.
(E) The Federal Supreme Court shall consist of nine members. The Higher Juridical Council shall, in consultation with the regional judicial councils, initially nominate no less than eighteen and up to twenty-seven individuals to fill the initial vacancies in the aforementioned Court. It will follow the same procedure thereafter, nominating three members for each subsequent vacancy that occurs by reason of death, resignation, or removal. The Presidency Council shall appoint the members of this Court and name one of them as its Presiding Judge. In the event an appointment is rejected, the Higher Juridical Council shall nominate a new group of three candidates.
Article 45.
A Higher Juridical Council shall be established and assume the role of the Council of Judges. The Higher Juridical Council shall supervise the federal judiciary and shall administer its budget. This Council shall be composed of the Presiding Judge of the Federal Supreme Court, the presiding judge and deputy presiding judges of the federal Court of Cassation, the presiding judges of the federal Courts of Appeal, and the presiding judge and two deputy presiding judges of each regional court of cassation. The Presiding Judge of the Federal Supreme Court shall preside over the Higher Juridical Council. In his absence, the presiding judge of the federal Court of Cassation shall preside over the Council.
Article 46.
(A) The federal judicial branch shall include existing courts outside the Kurdistan region, including courts of first instance; the Central Criminal Court of Iraq; Courts of Appeal; and the Court of Cassation, which shall be the court of last resort except as provided in Article 44 of this Law. Additional federal courts may be established by law. The appointment of judges for these courts shall be made by the Higher Juridical Council. This Law preserves the qualifications necessary for the appointment of judges, as defined by law.
(B) The decisions of regional and local courts, including the courts of the Kurdistan region, shall be final, but shall be subject to review by the federal judiciary if they conflict with this Law or any federal law. Procedures for such review shall be defined by law.
Article 47.
No judge or member of the Higher Juridical Council may be removed unless he is convicted of a crime involving moral turpitude or corruption or suffers permanent incapacity. Removal shall be on the recommendation of the Higher Juridical Council, by a decision of the Council of Ministers, and with the approval of the Presidency Council. Removal shall be executed immediately after issuance of this approval. A judge who has been accused of such a crime as cited above shall be suspended from his work in the judiciary until such time as the case arising from what is cited in this Article is adjudicated. No judge may have his salary reduced or suspended for any reason during his period of service.
Article 48.
(A) The statute establishing the Iraqi Special Tribunal issued on 10 December 2003 is confirmed. That statute exclusively defines its jurisdiction and procedures, notwithstanding the provisions of this Law.
(B) No other court shall have jurisdiction to examine cases within the competence of the Iraqi Special Tribunal, except to the extent provided by its founding statute.
(C) The judges of the Iraqi Special Tribunal shall be appointed in accordance with the provisions of its founding statute.
Article 49.
(A) The establishment of national commissions such as the Commission on Public Integrity, the Iraqi Property Claims Commission, and the Higher National De-Ba’athification Commission is confirmed, as is the establishment of commissions formed after this Law has gone into effect. The members of these national commissions shall continue to serve after this Law has gone into effect, taking into account the contents of Article 51, below.
(B) The method of appointment to the national commissions shall be in accordance with law.
Article 50.
The Iraqi Transitional Government shall establish a National Commission for Human Rights for the purpose of executing the commitments relative to the rights set forth in this Law and to examine complaints pertaining to violations of human rights. The Commission shall be established in accordance with the Paris Principles issued by the United Nations on the responsibilities of national institutions. This Commission shall include an Office of the Ombudsman to inquire into complaints. This office shall have the power to investigate, on its own initiative or on the basis of a complaint submitted to it, any allegation that the conduct of the governmental authorities is arbitrary or contrary to law.
Article 51.
No member of the Iraqi Special Tribunal or of any commission established by the federal government may be employed in any other capacity in or out of government. This prohibition is valid without limitation, whether it be within the executive, legislative, or judicial authority of the Iraqi Transitional Government. Members of the Special Tribunal may, however, suspend their employment in other agencies while they serve on the aforementioned Tribunal.
Article 52.
The design of the federal system in Iraq shall be established in such a way as to prevent the concentration of power in the federal government that allowed the continuation of decades of tyranny and oppression under the previous regime. This system shall encourage the exercise of local authority by local officials in every region and governorate, thereby creating a united Iraq in which every citizen actively participates in governmental affairs, secure in his rights and free of domination.
Article 53.
(A) The Kurdistan Regional Government is recognized as the official government of the territories that were administered by the that government on 19 March 2003 in the governorates of Dohuk, Arbil, Sulaimaniya, Kirkuk, Diyala and Neneveh. The term “Kurdistan Regional Government” shall refer to the Kurdistan National Assembly, the Kurdistan Council of Ministers, and the regional judicial authority in the Kurdistan region.
(B) The boundaries of the eighteen governorates shall remain without change during the transitional period.
(C) Any group of no more than three governorates outside the Kurdistan region, with the exception of Baghdad and Kirkuk, shall have the right to form regions from amongst themselves. The mechanisms for forming such regions may be proposed by the Iraqi Interim Government, and shall be presented and considered by the elected National Assembly for enactment into law. In addition to being approved by the National Assembly, any legislation proposing the formation of a particular region must be approved in a referendum of the people of the relevant governorates.
(D) This Law shall guarantee the administrative, cultural, and political rights of the Turcomans, ChaldoAssyrians, and all other citizens.
Article 54.
(A) The Kurdistan Regional Government shall continue to perform its current functions throughout the transitional period, except with regard to those issues which fall within the exclusive competence of the federal government as specified in this Law. Financing for these functions shall come from the federal government, consistent with current practice and in accordance with Article 25(E) of this Law. The Kurdistan Regional Government shall retain regional control over police forces and internal security, and it will have the right to impose taxes and fees within the Kurdistan region.
(B) With regard to the application of federal laws in the Kurdistan region, the Kurdistan National Assembly shall be permitted to amend the application of any such law within the Kurdistan region, but only to the extent that this relates to matters that are not within the provisions of Articles 25 and 43(D) of this Law and that fall within the exclusive competence of the federal government.
Article 55.
(A) Each governorate shall have the right to form a Governorate Council, name a Governor, and form municipal and local councils. No member of any regional government, governor, or member of any governorate, municipal, or local council may be dismissed by the federal government or any official thereof, except upon conviction of a crime by a court of competent jurisdiction as provided by law. No regional government may dismiss a Governor or member or members of any governorate, municipal, or local council. No Governor or member of any Governorate, municipal, or local council shall be subject to the control of the federal government except to the extent that the matter relates to the competences set forth in Article 25 and 43(D), above.
(B) Each Governor and member of each Governorate Council who holds office as of 1 July 2004, in accordance with the law on local government that shall be issued, shall remain in place until such time as free, direct, and full elections, conducted pursuant to law, are held, or, unless, prior to that time, he voluntarily gives up his position, is removed upon his conviction for a crime involving moral turpitude or related to corruption, or upon being stricken with permanent incapacity, or is dismissed in accordance with the law cited above. When a governor, mayor, or member of a council is dismissed, the relevant council may receive applications from any eligible resident of the governorate to fill the position. Eligibility requirements shall be the same as those set forth in Article 31 for membership in the National Assembly. The new candidate must receive a majority vote of the council to assume the vacant seat.
Article 56.
(A) The Governorate Councils shall assist the federal government in the coordination of federal ministry operations within the governorate, including the review of annual ministry plans and budgets with regard to activities in the governorate. Governorate Councils shall be funded from the general budget of the State, and these Councils shall also have the authority to increase their revenues independently by imposing taxes and fees; to organize the operations of the Governorate administration; to initiate and implement province-level projects alone or in partnership with international, and non-governmental organizations; and to conduct other activities insofar as is consistent with federal laws.
(B) The Qada’ and Nahiya councils and other relevant councils shall assist in the performance of federal responsibilities and the delivery of public services by reviewing local ministry plans in the afore-mentioned places; ensuring that they respond properly to local needs and interests; identifying local budgetary requirements through the national budgeting procedures; and collecting and retaining local revenues, taxes, and fees; organizing the operations of the local administration; initiating and implementing local projects alone or in conjunction with international, and non-governmental organizations; and conducting other activities consistent with applicable law.
(C) Where practicable, the federal government shall take measures to devolve additional functions to local, governorate, and regional administrations, in a methodical way. Regional units and governorate administrations, including the Kurdistan Regional Government, shall be organized on the basis of the principle of de-centralization and the devolution of authorities to municipal and local governments.
Article 57.
(A) All authorities not exclusively reserved to the Iraqi Transitional Government may be exercised by the regional governments and governorates as soon as possible following the establishment of appropriate governmental institutions.
(B) Elections for governorate councils throughout Iraq and for the Kurdistan National Assembly shall be held at the same time as the elections for the National Assembly, no later than 31 January 2005.
Article 58.
(A) The Iraqi Transitional Government, and especially the Iraqi Property Claims Commission and other relevant bodies, shall act expeditiously to take measures to remedy the injustice caused by the previous regime’s practices in altering the demographic character of certain regions, including Kirkuk, by deporting and expelling individuals from their places of residence, forcing migration in and out of the region, settling individuals alien to the region, depriving the inhabitants of work, and correcting nationality. To remedy this injustice, the Iraqi Transitional Government shall take the following steps:
(1) With regard to residents who were deported, expelled, or who emigrated; it shall, in accordance with the statute of the Iraqi Property Claims Commission and other measures within the law, within a reasonable period of time, restore the residents to their homes and property, or, where this is unfeasible, shall provide just compensation.
(2) With regard to the individuals newly introduced to specific regions and territories, it shall act in accordance with Article 10 of the Iraqi Property Claims Commission statute to ensure that such individuals may be resettled, may receive compensation from the state, may receive new land from the state near their residence in the governorate from which they came, or may receive compensation for the cost of moving to such areas.
(3) With regard to persons deprived of employment or other means of support in order to force migration out of their regions and territories, it shall promote new employment opportunities in the regions and territories.
(4) With regard to nationality correction, it shall repeal all relevant decrees and shall permit affected persons the right to determine their own national identity and ethnic affiliation free from coercion and duress.
(B) The previous regime also manipulated and changed administrative boundaries for political ends. The Presidency Council of the Iraqi Transitional Government shall make recommendations to the National Assembly on remedying these unjust changes in the permanent constitution. In the event the Presidency Council is unable to agree unanimously on a set of recommendations, it shall unanimously appoint a neutral arbitrator to examine the issue and make recommendations. In the event the Presidency Council is unable to agree on an arbitrator, it shall request the Secretary General of the United Nations to appoint a distinguished international person to be the arbitrator.
(C) The permanent resolution of disputed territories, including Kirkuk, shall be deferred until after these measures are completed, a fair and transparent census has been conducted and the permanent constitution has been ratified This resolution shall be consistent with the principle of justice, taking into account the will of the people of those territories.
Article 59.
(A) The permanent constitution shall contain guarantees to ensure that the Iraqi Armed Forces are never again used to terrorize or oppress the people of Iraq.
(B) Consistent with Iraq’s status as a sovereign state, and with its desire to join other nations in helping to maintain peace and security and fight terrorism during the transitional period, the Iraqi Armed Forces will be a principal partner in the multi-national force operating in Iraq under unified command pursuant to the provisions of United Nations Security Council Resolution 1511 (2003) and any subsequent relevant resolutions. This arrangement shall last until the ratification of a permanent constitution and the election of a new government pursuant to that new constitution.
(C) Upon its assumption of authority, and consistent with Iraq’s status as a sovereign state, the elected Iraqi Transitional Government shall have the authority to conclude binding international agreements regarding the activities of the multi-national force operating in Iraq under unified command pursuant to the terms of United Nations Security Council Resolution 1511 (2003), and any subsequent relevant United Nations Security Council resolutions. Nothing in this Law shall affect rights and obligations under these agreements, or under United Nations Security Council Resolution 1511 (2003), and any subsequent relevant United Nations Security Council resolutions, which will govern the multi-national force’s activities pending the entry into force of these agreements.
Article 60.
The National Assembly shall write a draft of the permanent constitution of Iraq. This Assembly shall carry out this responsibility in part by encouraging debate on the constitution through regular general public meetings in all parts of Iraq and through the media, and receiving proposals from the citizens of Iraq as it writes the constitution.
Article 61.
(A) The National Assembly shall write the draft of the permanent constitution by no later than 15 August 2005.
(B) The draft permanent constitution shall be presented to the Iraqi people for approval in a general referendum to be held no later than 15 October 2005. In the period leading up to the referendum, the draft constitution shall be published and widely distributed to encourage a public debate about it among the people.
(C) The general referendum will be successful and the draft constitution ratified if a majority of the voters in Iraq approve and if two-thirds of the voters in three or more governorates do not reject it.
(D) If the permanent constitution is approved in the referendum, elections for a permanent government shall be held no later than 15 December 2005 and the new government shall assume office no later than 31 December 2005.
(E) If the referendum rejects the draft permanent constitution, the National Assembly shall be dissolved. Elections for a new National Assembly shall be held no later than 15 December 2005. The new National Assembly and new Iraqi Transitional Government shall then assume office no later than 31 December 2005, and shall continue to operate under this Law, except that the final deadlines for preparing a new draft may be changed to make it possible to draft a permanent constitution within a period not to exceed one year. The new National Assembly shall be entrusted with writing another draft permanent constitution.
(F) If necessary, the president of the National Assembly, with the agreement of a majority of the members’ votes, may certify to the Presidency Council no later than 1 August 2005 that there is a need for additional time to complete the writing of the draft constitution. The Presidency Council shall then extend the deadline for writing the draft constitution for only six months. This deadline may not be extended again.
(G) If the National Assembly does not complete writing the draft permanent constitution by 15 August 2005 and does not request extension of the deadline in Article 61(F) above, the provisions of Article 61(E), above, shall be applied.
Article 62.
This law shall remain in effect until the permanent constitution is issued and the new Iraqi government is formed in accordance with it.
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