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Per Aspera Ad Veritatem n.26
Passaggi a Oriente

Fitzroy Maclean - Neri Pozza Editore, Vicenza, 2002



Sul numero ventidue della nostra Rivista, nella parte dedicata alle curiosità storiche, abbiamo ospitato un bello scritto di Stefano Malatesta, Il grande mare di sabbia e un paziente non tanto inglese, tratto dal volume Il grande mare di sabbia, storie del deserto, edito da Neri Pozza nel 2002. Il noto giornalista e scrittore cura adesso, per la stessa casa editrice, la collana Il cammello battriano, nel cui contesto è stato pubblicato circa un anno fa un volume che consigliamo senza esitazioni di leggere. Passaggi a Oriente (titolo originale Eastern Approaches), scritto nel primo dopoguerra, è innanzitutto la storia autobiografica di un personaggio avventuroso che si è trovato al centro, con un ruolo significativo, di eventi fondamentali del novecento. Con tratto very british, ancorché egli fosse di origine scozzese, Fitzroy Maclean vive le forme di un personaggio autenticamente leggendario, che attraversa gli spazi della diplomazia, della politica, dell’azione da agente speciale al servizio di Sua Maestà,
con tale straordinaria abilità da essere, secondo Malatesta, la vera ispirazione dello 007 di Ian Fleming. Ma Passaggi ad Oriente è in primo luogo un bellissimo libro da leggere, al medesimo tempo narrazione di viaggio e di avventura, mentre la contestualizzazione degli eventi fa emergere incessantemente il dato storico e politico analizzato con lucidità, understatement e ironia. D’altro canto, la sola indicazione delle aree geografiche teatro di questo godibilissimo diario, che sostanziano le tre parti in cui è diviso il volume (Asia centrale, deserto occidentale, Yugoslavia) fa comprendere quale sia l’interesse anche attuale sotteso a cogliere i risvolti più acuti e profondi del racconto.
Alla descrizione emozionata e letteraria dell’ingresso nella leggendaria città di Samarcanda, una delle tappe di un tentativo incessante di andare oltre, in territori proibiti agli stranieri, con trattative ed estemporanei escamotage, successi e fallimenti, fa da contraltare la lucida cronaca dei processi staliniani, cui Maclean partecipa descrivendo sapientemente i risvolti non solo politici ma anche e soprattutto psicologici messi in luce da accusatori e accusati. Nella tragica messinscena, coglie infatti i tratti più inquietanti del fedele burocrate, il pubblico ministero Vysinskij, che con tenacia persegue, tra false testimonianze e diffamazioni, l’obiettivo politico del riconoscimento da parte degli accusati delle loro colpe e dei loro tradimenti, a conferma delle spontanee confessioni di colpevolezza già rese, mentre prendeva forma un’incredibile struttura: ogni prigioniero incriminava i suoi compagni e veniva a sua volta incriminato da loro. Ma coglie anche l’incredibile e imprevista resistenza di Bucharin, personaggio in controtendenza che, accusato di aver pianificato l’assassinio di Lenin nel 1918, nega risolutamente le accuse rivolte contro di lui.
Il feeling della narrazione non muta al variare dello scenario.
È il deserto occidentale il palcoscenico della parte centrale del lavoro di Maclean, che allo scoppio del conflitto mondiale lascia senza esitazioni l’incarico al Ministero degli Esteri per arruolarsi nell’esercito, soldato dei Cameron Highlanders presto destinato, dopo una breve esperienza in politica, al teatro del Medio Oriente. Le operazioni condotte dallo Special Air Service dietro le linee nemiche, l’Afrikakorps del Maresciallo Rommel, sono raccontate con semplicità e realismo, vissute con naturalezza, al medesimo tempo avventura e coscienza profonda dell’importanza storica degli eventi che si andavano sviluppando.
«Andremo sempre un poco oltre: forse oltre l’ultimo monte azzurro striato di neve, attraverso quel burrascoso o scintillante mare». La frase di Flecker, che introduce all’ultima parte del lavoro di Maclean, guerra nei balcani, registra molto efficacemente la temperatura emotiva di un racconto che nel giro di due pagine passa dal rumore del paracadute che si apre sul cielo della Yugoslavia all’incontro con Tito, al quale riferisce la sua missione: dare un aiuto, per conto del governo britannico, alla resistenza partigiana. Del leader comunista esplora ogni tratto, fisico e psicologico, per cercare di comprendere fino in fondo le sue motivazioni, i suoi orientamenti e le sue scelte, consapevole dell’incredibile distanza di ideologia e di prassi tra il suo mondo e quello di Josip Broz, ma allo stesso tempo sinceramente affascinato dall’importante personalità del leader. L’affresco della regione balcanica fa tornare alla memoria nomi noti di luoghi e città, ancora martoriati dalla guerra negli anni novanta, così come problemi e conflitti rimasti immutati nel corso di anni. Nella parte finale del libro c’è la deliziosa descrizione dei diretti rapporti con Sir Winston Churchill,Primo Ministro britannico, prima attraverso un avventuroso collegamento radio, poi nella residenza di Downing Street, e ancora nel ritorno in Yugoslavia. Il ritorno a casa, è sopra l’Adriatico verso occidente. Il mondo è già cambiato.



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