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Per Aspera Ad Veritatem n.26
U.S.A. - Corte Distrettuale della Columbia.
Procedimento American Friends Service Committee ed altri vs/William H. Webster ed altri del 1979. Opinion Greene



La questione della periodica valutazione, scarto ed eventuale distruzione della documentazione non più ritenuta attuale, contenuta negli archivi degli organismi di intelligence e delle forze di polizia, è molto complessa, in quanto tocca temi assai delicati, come la tutela della sicurezza e il valore temporale dell’informazione di intelligence, la durata della classificazione della documentazione, la privacy. Coinvolge inoltre valutazioni di ordine storico, giuridico e politico sull’appartenenza del patrimonio archivistico e la sua utilizzazione a fini di ricerca storica.
Per queste ragioni, in molti Paesi ed anche in Italia, da ultimo nella passata legislatura, la problematica è stata ciclicamente oggetto di serrato dibattito.
Mentre alcuni hanno osservato come, almeno per i documenti di scarso valore amministrativo, competa solo all’organismo interessato valutare la necessità di conservarne nel tempo il contenuto, o parte di questo, altri hanno ritenuto viceversa prevalenti le esigenze dei ricercatori, determinandosi a considerare la documentazione archivistica come patrimonio tout court pubblico, fonte irrinunciabile per la ricostruzione delle vicende storiche. Per queste ragioni, non dovrebbe essere ritenuta ammissibile alcuna distruzione e alcuna preclusione all’accesso, dopo un ragionevole periodo di tempo. Gli archivi moderni, secondo tale impostazione, avrebbero due tipi di valore: l’uno primario, per l’uso immediato dell’Ente di origine; l’altro secondario, per il successivo uso di altri enti o fruitori. I documenti di scarso valore amministrativo non sono, ne consegue, necessariamente di scarso valore per la ricerca.
Come vedremo, le questioni di principio devono essere esaminate anche alla luce delle preoccupazioni pratiche di molti organismi governativi, in varie parti del mondo, circa l’oggettivo e non eludibile problema dell’accumulo oltre ogni misura di documentazione la cui custodia può rivelarsi assai onerosa, oltre che inutile in quanto rivolta ad atti obsoleti.
Il tema è dunque di grande interesse e presenta numerosi risvolti.
Tra i principali, va considerata la circostanza che gli organismi di intelligence sono sottoposti a direttive politiche concernenti l’ambito della ricerca informativa, che mutano nel corso del tempo al variare delle condizioni storiche. Si realizza pertanto una vera e propria stratificazione della tipologia delle informazioni trattate, in relazione alle quali la legittimità della raccolta va ancorata a parametri storici, che non sempre trovano conferma nei periodi successivi. Data la modalità della ricerca di intelligence, in cui va distinta la fase di acquisizione di una notizia da quella dell’utilizzazione nel processo di analisi e valutazione, nient’affatto scontata, specifico rilievo assume inoltre il profilo di tutela della privacy, soprattutto quando tali atti accedano ad una procedura pubblica, per esempio giudiziaria. È, insomma, corretto conservare un documento mai utilizzato nel processo di intelligence, con il rischio di una sua pubblicità, ovvero attraverso adeguate garanzie di imparzialità tali atti andrebbero periodicamente distrutti?
Considerata la rilevanza della questione, la Rivista intende occuparsene anche in futuro, ospitando contributi o documenti che aiutino ad analizzare le diverse linee di pensiero sull’argomento.
Come primo passaggio di tale riflessione, abbiamo ritenuto interessante pubblicare in questo numero un parere (opinion Greene) emesso nel 1980 nell’ambito di un procedimento che negli Stati Uniti ha avuto grande risonanza, precedente importante nella misura in cui vengono affrontati molti dei temi oggetto di dibattito e di approfondimento intorno alla questione degli archivi.
Si tratta del «caso degli archivi dell’FBI», promosso dall’American Friends Service Committee per mettere fine alla distruzione di documenti dell’FBI e per contestare una decisione sui criteri di valutazione per lo scarto. I ricorrenti ebbero successo, smentendo il principio secondo il quale dovesse essere il Governo a valutare la rilevanza della documentazione da conservare ovvero da distruggere.
Nel corso del procedimento la parte pubblica lamentò che gli informatori erano divenuti restii a parlare per paura che i loro nomi potessero essere resi pubblici; i funzionari dell’FBI affermarono anche che gli «scavi archeologici» nella documentazione del passato nuocevano, per esempio, agli sforzi attuali di attrarre personale appartenente alle minoranze; infine, riferirono di essere sopraffatti dalla quantità di richieste di accesso e di trovare difficoltà a rispondere con sollecitudine alle domande. (1) Inoltre, sia l’FBI che l’Archivio Nazionale riconobbero che il programma di distruzione era un modo per controllare la crescita enorme dell’apparato documentario dell’FBI, in particolare nelle sedi periferiche, che non poteva agevolmente essere gestito.
Il Giudice Greene ordinò la sospensione della distruzione dei fascicoli dell’FBI e intimò all’Archivio Nazionale di redigere un piano per la gestione della sua voluminosa documentazione (a cura della Redazione).



Civ. A n. 79-1655

Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto della Columbia, Sezione Civile

485 E, Suppl. 222, 1980 Distr. USA LEXIS 9159, 6 Media L. Rep. 1033
10 gennaio 1980

Avvocati difensori:
(**1)
Alan Dranitzke, Washington D.C., Marshall Perlin New York City, per la parte attrice
LynneK. Zussman, Assistente del Ministro della Difesa USA, Dipartimento della Giustizia, Washington D.C. per la parte convenuta.
Parere del Giudice GREENE

PARERE:
(*225)

La presente è un’azione tendente a bloccare la distruzione di fascicoli di proprietà del FBI (Federal Bureau of Investigation). I ricorrenti sono costituiti da singoli individui o organizzazioni i quali sostengono che il programma di distruzione degli atti del FBI viola diverse disposizioni di legge ed interferisce in molti casi con i diritti e gli interessi ivi connessi. I resistenti, che sono Funzionari del Servizio Nazionale Registri ed Archivi (NARS / National Archives and Records Service) – n.1, e del FBI, si oppongono asserendo che sussista un difetto di giurisdizione, che i ricorrenti non abbiano titolo per esercitare l’azione in questione essendo perciò illegittimati, e che il programma di distruzione della documentazione viene attualmente eseguito alla stregua di una operazione di normale amministrazione, con finalità di riordino, nel più rigido rispetto delle disposizioni di legge, al fine di eliminare dagli archivi materiale e fascicoli ormai obsoleti. Al momento, al vaglio della Corte vi sono le richieste di rigetto dell’azione da parte dei resistenti nonchè quelle dei ricorrenti che avanzano invece richiesta di misura cautelare a carattere preventivo (la preliminary injunction). La Corte ha raccolto innanzi a sé tutti i documenti di prova ed é stata tenuta una prima udienza per l’ammissione dei mezzi istruttori.

n1. In passato e fino ad oggi i compiti e le funzioni relativi alla conservazione e alla rimozione della documentazione sono stati svolti negli Stati Uniti dal NARS e, a partire dal 1970, dai Servizi Amministrativi Generali (General Services Administration). P.L. 81-152. Per chiarezza di esposizione, e salvo come espressamente previsto, queste Agenzie sono di seguito denominate con il termine collettivo di Archivista o Archivi.
(**2)


I.


I contenziosi statali riguardanti questioni di giurisdizione e di legittimazione possono essere trattati sommariamente.

L’argomentazione del Governo si fonda sul fatto che la Corte non ha competenza giurisdizionale sulla questione oggetto della disputa in quanto le varie normative che disciplinano la gestione dei documenti agli atti (vedi Parte II infra) non costituiscono diritti soggettivi applicabili ed esercitabili nelle Corti. Tuttavia, nei casi su cui il Governo si è basato a sostegno di tale argomentazione - n2 - si è posta la questione del risarcimento privato in quanto entrambi i soggetti processuali, i ricorrenti ed i resistenti, sono soggetti privati, non sussistendo cioè alcuna pretesa derivante da cattiva condotta pubblica. La presente azione processuale, inoltre, coinvolge varie entità e funzionari governativi che, secondo le accuse, avrebbero agito in violazione dei propri doveri derivanti dalla legge scritta. In tale contesto, appare di gran lunga irrilevante l’ipotesi che le normative in materia di gestione della documentazione agli atti diano luogo ad un rimedio di natura soggettiva nei casi in cui si metta in discussione l’azione di governo, in assenza di azioni concorrenti, o quando esistono rimedi a carattere specifico per suscitare l’attenzione della Corte. In tali casi la questione è unicamente quella di stabilire se ai sensi della Legge sul Procedimento Amministrativo (Administrative Procedure Act) si preveda la possibilità di un riesame delle azioni esperite dall’Ente in questione.

(...)

(**3)

(*226) Le sezioni 10, 10a e 10e della suddetta Legge, Codice USA 5, §§ 701, 702, 706, prevedono che l’azione di una agenzia amministrativa è subordinata alla procedura di riesame a meno che la normativa non lo vieti o la questione sia affidata per legge alla discrezionalità dell’agenzia medesima. Il caso I Cittadini per la Conservazione del Parco di Overton contro Volpe, 401 Codice USA 402, 91 S. Ct 814, 28 L. Ed. 2d 136 (1975) chiarisce che nessuna delle normative in materia di gestione della documentazione agli atti precludeva espressamente o implicitamente un riesame dell’azione intrapresa sia dall’Archivista che dal FBI, così come non era precluso il riesame delle azioni poste in essere dai funzionari di queste agenzie, azioni che erano lasciate alla discrezionalità degli Enti medesimi. Si ritiene che le azioni di un ente pubblico siano rimesse alla discrezionalità dell’Amministrazione stessa, quando la normativa invocata usi una terminologia generica e vaga tale da far ritenere che non esista una specifica legge da applicare alla fattispecie concreta. Cosi, nel caso I Cittadini per la Conservazione del Parco di Overton contro Volpe, Supra, 401 USA at. 402, 91 S. Ct at 821, la disciplina relativa alla gestione della documentazione in questione conteneva criteri e direttive di carattere specifico, relativi alla conservazione dei documenti, che tutti i funzionari erano tenuti a rispettare essendo perciò evidente in questi casi che è «la legge a dover essere applicata». Pertanto, il riesame è possibile alla luce della Legge sul Procedimento Amministrativo al fine di stabilire se le azioni pubbliche siano state arbitrarie, o del tutto destituite di fondamento, o se sia verificato un abuso di potere, o non abbiano soddisfatto le condizioni procedurali e derivanti dalla legge scritta e se la Corte abbia la giurisdizione ai sensi del 28 U.S.C. § 1331.

Non si discute nel merito della legittimazione dei convenuti.

Si ritiene che un soggetto abbia la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, solo se sussista il fatto lesivo o doglianza sia cioé attuale, e purché i soggetti abbiano un interesse personale alla risoluzione della controversia, e siano in grado di dimostrare di aver subito una lesione oggettiva, come pure che sussista un nesso causale ben definito tra l’evento lesivo e la condotta incriminata, come nel caso in cui la doglianza lamentata abbia ad oggetto taluni interessi protetti dalla legislazione in questione.

(...)

(**5)

In questo tipo di azione giudiziaria, i soggetti legittimati possono essere classificati in tre gruppi o categorie: (1) i singoli e le organizzazioni il cui interesse alla conservazione della documentazione da parte del FBI deriva in ragione della loro professione di storici, giornalisti, insegnanti, sceneggiatori o avvocati, (2) gli individui che, essendo stati oggetto di indagine da parte del FBI o perché presunte vittime di attività poste in essere dal FBI, reclamino di aver subito un torto, (3) le organizzazioni che, per i fini prefissatisi, di natura politica, educativa e quindi organizzativa, abbiano necessità di accedere ai fascicoli e ai registri del FBI.

I ricorrenti appartenenti alla prima categoria, in passato, hanno presentato al FBI richieste di documentazione in base alla Legge sulla Libertà di Informazione, 5 U.S.C. § 552 e successivi, ma, a quanto pare, tali documenti sarebbero stati distrutti nonostante la presenza di dette richieste. Essi hanno attualmente in sospeso altre simili richieste e asseriscono di aver intenzione in futuro di chiedere altra documentazione in possesso del FBI. I soggetti in questione necessitano di tali documenti e fascicoli per poter condurre ricerche nell’ambito dei rispettivi campi professionali - n4 - ed essi asseriscono pure che la prosecuzione dell’attività di distruzione di tali documenti arrecherebbe loro un vero e proprio danno personale e reale. È probabile (**6) che l’asserito danno ai loro obiettivi professionali giunga ad essere anche di carattere economico, e questo ha sempre rappresentato il criterio tradizionale per poter promuovere un’azione in giudizio. Tale danno tuttavia deve essere per lo meno (*227)
equivalente a quello di altra natura (danno non economico) riconosciuto dalla Corte Suprema nel caso USA contro SCRAP, 412, US 669, 686, 93 S. Ct. 2405, 37 L. Ed. 2d 254 (1972) - n5, quale requisito necessario e sufficiente ai fini dell’avvio di un procedimento giudiziario.
n4. Si guardi sul punto la testimonianza giurata di Harold Fruchtbaum, professore associato di storia e filosofia della sanità pubblica presso la Columbia University; John S. Rosenberg, scrittore e storico; Blanche Weiser Cook, professore associato di storia presso la City University di New York; Victor Navasky, autore e curatore; Frank J. Donner, legale ed autore; Robert e Richard Meeropol, figli di Julius ed Ethel Rosenberg, insegnanti, scrittori e conferenzieri; John Anthony Scott, storico, scrittore ed insegnante.

n5. In questo caso la Corte aveva stabilito che la lesione, anche solo di natura apparente (estetica) o a carattere ambientale, era sufficiente a configurare il diritto di azione.

Tra i soggetti appartenenti alla seconda categoria (**7), vale a dire quelli che sono o sono stati oggetto di indagini effettuate dal FBI e che hanno chiesto o intendono richiedere i fascicoli in possesso del FBI - n6 - vi sono coloro che possono essere stati vittime di un illecito civile a causa o in conseguenza di tali indagini. Il loro interesse alla conservazione di questi documenti deriva dalla possibilità che, tramite le richieste basate sulla normativa fondamentale in materia di libertà di informazione (FOIA / Legge sulla Libertà di Informazione), essi potrebbero scoprire le prove necessarie per intentare un’azione legale volta alla riparazione di tali offese. La loro azione è stata bloccata dalla impossibilità di accedere a tale documentazione, e di conseguenza non hanno modo di esercitarla.

n6. Si guardi sul punto la testimonianza giurata di Alan McSurely e quella di Jonathan W. Libell presentata in nome e per conto di un ex appartenente alle Pantere Nere.

Il danno rivendicato dal terzo gruppo di istanti, quanto alla legittimazione, è ancora più discutibile. In questo gruppo sono presenti organizzazioni - n7 - che asseriscono che le loro attività perseguono finalità di promozione delle libertà civili, dei diritti civili, di sviluppo economico, culturale, sociale e di pace. n8. Queste organizzazioni, agendo (**8) nel loro proprio interesse come pure in nome e per conto dei loro appartenenti, sostengono di avere l’esigenza di accedere ai fascicoli del FBI in virtù della FOIA al fine di perseguire il loro scopo sociale e ribadiscono il fatto che, nel caso di distruzione di tali documenti, essi sarebbero privati della materia prima per svolgere attività di ricerca primaria di loro interesse.

n7. I requisiti per l’esercizio dell’azione da parte delle persone giuridiche sono gli stessi necessari per l’esercizio dell’azione medesima da parte delle persone fisiche. Stati Uniti contro SCRAP, vedi sopra.

n8. I soggetti appartenenti a questa categoria includono il Comitato di Servizio Amici Americani, la Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà, la Fondazione Inter-Religiosa per l’Organizzazione della Comunità Inc., l’Alleanza contro la Repressione, il Movimento Indiano Americano, il Comitato Studi Internazionale sulla Sicurezza, gli Storici per la Libertà dell’Informazione, il Progetto per un Governo Aperto della Fondazione per il Governo Costituzionale, il Comitato Cittadini Uniti e il Comitato Nazionale contro la Legislazione Repressiva. Alcune di queste organizzazioni rivendicano pure l’esigenza di poter disporre dei documenti in questione, in quanto organizzazioni che agiscono per proprio conto e per ciascuno dei propri membri, per finalità professionali o occupazionali e a tal fine esse dispongono della stessa legittimazione dei soggetti del primo gruppo

(**9)

È ancora controversa la questione se la condizione del danno effettivo risulti essere necessaria per l’esercizio di una azione di questo tipo, quando si lamenti l’esigenza di accedere a tale documentazione, per il perseguimento dei fini politici dell’Ente. Tuttavia, non è questa la sede opportuna per analizzare tale questione, poichè, laddove agli organismi in questione venisse negato l’accesso a tale documentazione, le organizzazioni facenti parte degli altri gruppi potranno dimostrare il danno cagionato loro e, quindi, la piena legittimazione.

Tutti i soggetti muniti del secondo tra i requisiti per la legittimazione pongono l’accento sul fatto che i diritti invocati devono necessariamente rientrare nella sfera delle posizioni individuate e tutelate dalle normative, e che debba sussistere un netto e ben delineato nesso causale tra l’offesa lamentata e la condotta incriminata. Come può essere facilmente notato, le normative in questione disciplinano la creazione, la salvaguardia, il mantenimento e la distruzione degli atti federali. Queste leggi sono state disegnate, innanzitutto, per una ordinata gestione dei fascicoli governativi, ma esse hanno comunque anche altre finalità importanti quale la conservazione dei documenti che possano risultare utili ai privati cittadini. In proposito, i tre gruppi di legittimati che hanno chiesto di poter avere informazioni sull’azione mossa delle agenzie, nel cui ambito essi sono o risultano essere stati coinvolti, rientrano nella sfera degli interessi protetti (**10) da queste leggi e il danno lamentato risulta
essere direttamente ascrivibile alle iniziative poste in essere dai resistenti. Pertanto, i soggetti in questione, o alcuni di essi, hanno piena legittimazione all’azione.

(...)


(*228)
II.


La conservazione e la distruzione degli atti di proprietà del governo statunitense sono regolate da una serie di leggi codificate nel Titolo 44 del Codice USA. L’Archivista degli Stati Uniti, nel rispetto di un’apposita direttiva emanata dalla Amministrazione dei Servizi Generali, n9, ha la totale responsabilità della gestione e della distruzione dei documenti di proprietà del governo. I suoi compiti, e quelli delle varie agenzie che producono, assemblano, conservano e distruggono documenti, sono delineati nella Legge di Amministrazione degli Archivi (44 Codice USA § 2101 e successivi), nella Legge di Gestione Atti da parte delle Agenzie Federali (44 Codice USA § 3101 e successivi), nella Legge sulla Distruzione di Documenti (44 Codice USA § 3301 e successivi) e in altre normative approvate a seguito (**11) di queste leggi.

(...)

Queste normative contemplano e impongono, inter alia, la conservazione delle seguenti categorie di documenti: (1) «documenti concernenti l’organizzazione, le funzioni, le politiche, le decisioni, le procedure, le operazioni e tutte le attività fondamentali di una agenzia» (sezioni 3101.3301), (2) i documenti che presentano «un sufficiente valore storico o di altro genere tale da imporne una conservazione nel tempo» (sezione 2103), (3) i documenti che risultano essere necessari ai fini di tutela dei diritti civili e finanziari delle persone direttamente coinvolte nelle attività di una agenzia (sezione 3101) e (4) i documenti che risultano avere un qualsiasi altro «valore legale, amministrativo, di ricerca o di altro genere, tale da imporne una ulteriore e più prolungata conservazione nel tempo» (sezione 3303).

Nel rispetto di questi sostanziali orientamenti o direttive di carattere generale, l’Archivista, in base alla legge, ha il dovere di delineare norme, procedure e orientamenti in materia di gestione dei documenti in questione, come pure di configurare i compiti in maniera più specifica per la determinazione di criteri standard finalizzati alla conservazione, quest’ultima effettuata mediante criteri selettivi, di atti che abbiano un certo valore (sezioni 2901, 2902, 2904). L’Archivista è anche tenuto a varare procedure per la distruzione di quei documenti per i quali sia stata ordinata la distruzione. (sezione 3302). Le varie agenzie, a loro volta, sono tenute a collaborare con l’Archivista per quanto concerne l’applicazione di questi criteri standard, procedure e tecniche (sezione 3102), sottoponendo alla sua attenzione elenchi e programmi di atti passibili di essere distrutti. L’Archivista esamina siffatti programmi ed elenchi in modo da stabilire se i relativi documenti abbiano un valore tale da imporne la conservazione in base alla legge in vigore (sezioni 3302, 3303a).

L’Archivista ha emanato regolamenti dettagliati in modo da rendere eseguibili le direttive previste dalla legge scritta. I regolamenti richiedono la elaborazione, in relazione a ogni singola agenzia, di piani di conservazione della documentazione e di programmi di gestione controllata (41 C.F.R. § 101-11.401-1.403-2c), n10, come pure la tenuta da parte dell’agenzia di inventari degli atti e le ispezioni periodiche effettuate dall’Ufficio medesimo in modo da garantire che i documenti permanenti resistano e siano debitamente conservati (sezioni 101-11, 403-4e). I programmi presentati da una agenzia che abbia chiesto l’autorizzazione a procedere (**13) alla distruzione dei documenti devono essere valutati dall’Archivista per condurre un’eventuale ricerca o per verificarne il valore storico (sezione 101-11.406-3). A seguito di tale operazione, l’Archivista stabilisce se gli atti in questione possono essere distrutti e, in caso positivo, ne autorizza la distruzione (sezione 101-11.406-5).

n10. I piani per la conservazione dei documenti vengono elaborati dall’Archivista. Tali piani hanno come oggetto primario le categorie di documenti che abbiano un valore permanente nel tempo (sezione 101-11.403-3). I programmi di controllo degli atti, che si basano su questi piani, sono elaborati dalle singole agenzie operative per tutti i documenti di cui dispongono (sezione 101-11.403-3). I programmi delineano con maggiore specificità le categorie di documenti da distruggere, le scadenze per la distruzione e i documenti da conservare, il tutto nel rispetto dei piani elaborati. Pur operando nel rispetto dei regolamenti, l’Archivista è responsabile, in primo luogo, dell’elaborazione dei piani di conservazione, mentre le agenzie sono tenute a collaborare con l’Archivista nella redazione dei piani.
Le prove sottoposte alla attenzione della Corte dimostrano che l’Archivista, unitamente agli altri uffici sottoposti alla sua supervisione, non sono riusciti per oltre trent’anni a svolgere adeguatamente i compiti loro assegnati in base alla legge scritta o mediante i regolamenti nella materia concernente i documenti del FBI.

(*229) Nel corso di questi trent’anni, l’Archivista si è attivato in ben quattro occasioni - n11. Una richiesta di distruzione di documenti è stata approvata dagli Archivi nel 1946. In base a tale approvazione, il FBI veniva autorizzato a distruggere tutti i fascicoli che erano stati istituiti nelle proprie sedi periferiche, successivamente chiuse, nel rispetto della teoria secondo cui questi fascicoli costituivano meri duplicati degli atti conservati presso la sede centrale del FBI. Fino al 1969 gli Archivi non avevano emanato alcun orientamento, mentre nel corso di quello stesso anno l’agenzia aveva varato un nuovo piano volto ad istituire criteri standard in materia di conservazione dei documenti, in modo tale che i responsabili dei fascicoli del FBI potessero identificare con precisione la serie di documenti da conservare. n12. In seguito, nel 1975 e nel 1976, il FBI chiedeva di essere autorizzato a distruggere alcuni fascicoli conservati nelle proprie sedi periferiche ed entrambe le richieste in questione furono autorizzate prontamente. n13

n11. Inoltre, vi furono anche varie iniziative di minore importanza concernenti la distruzione di materiale di carattere amministrativo.

n12. Per di più, tale piano non prevedeva la conservazione permanente dei fascicoli conservati presso le sedi periferiche.

(**15)

n13. Nel 1975 veniva autorizzata la distruzione di tutti quei fascicoli d’ufficio, tenuti presso le sedi periferiche, per i quali nessuna iniziativa fosse stata intrapresa nell’arco di tempo di dieci anni, o nel caso in cui gli autori dei fatti in questione non fossero poi stati identificati o nel caso in cui le indagini si fossero spinte oltre la sfera di competenza del FBI. L’autorizzazione del 1976 aveva ampliato il precedente programma di distruzione nel senso di includere la distruzione dei fascicoli tenuti presso le sedi periferiche, successivamente chiuse, contenenti rapporti di indagini ed altro materiale connesso a tali attività. Nessuna di tali iniziative fu effettivamente realizzata a causa di una moratoria imposta da una Risoluzione del Senato (S. Res. 21, 94° Congresso, 1ª sessione), 121 Atti Congres. 1432 (1975), che aveva ordinato la distruzione di tali atti. La moratoria restò in vigore fino al 15 agosto 1977. Nel giugno dello stesso anno, l’Attorney-General (preposto al Department of Justice e nelle funzioni di ministro della giustizia federale) autorizzò la ripresa del programma di distruzione, l’Archivista ne diede l’approvazione, il 15 agosto 1977, e le sedi periferiche furono di conseguenza autorizzate a procedere con l’attività di distruzione a partire dal 18 ottobre 1977 (eccezione fatta per gli atti relativi a controversie ancora in corso e per quegli altri documenti che la Commissione Parlamentare del Senato per gli affari di omicidio aveva chiesto di conservare ulteriormente).Per tutto l·arco di quel periodo, (**16) nessun impiegato degli Archivi riuscì a vedere un solo fascicolo del FBI, né in occasione dell·approvazione dei vari piani e programmi, né nel periodo a seguire. n14. Tutte le decisioni venivano assunte sulla base di semplici congetture del FBI che, in base ai dati evidenziati qui di seguito, risultavano essere per taluni aspetti non corrette e non verificabili in alcun modo.

n14. Gli Archivi hanno il compito e la funzione di svolgere le ispezioni permanenti, 41 C.F.R. § 101-11.403-4c.

Alcuni tra i dipendenti degli Archivi, incaricati di valutare i piani di conservazione e di distruzione dei documenti del FBI, hanno testimoniato di avere messo in atto, e quindi dato corso a tali piani, senza neanche avere mai visionato alcuno dei documenti coinvolti da tali procedure, né per categoria, né per tipo o campione. La Corte ha espresso la propria incredulità di fronte a queste affermazioni n15. La legge pone a carico dell·Archivista e del suo personale tecnico-amministrativo importanti compiti e funzioni in merito alla selezione di quello che, fra i documenti tenuti presso una agenzia, potrebbe rivestire un valore permanente o continuo, in quanto a diritti contenuti, ricerche, memorie storiche. Non si riesce quindi a credere in alcun modo (**17) o ad accettare il fatto che decisioni di tal genere possano essere assunte addirittura a distanza. n16. La spiegazione di gran lunga più plausibile, che giustifica il fallimento delle autorità d·archivio nelle attività di ispezione dei documenti, di cui esse erano chiamate a fornire valutazioni, e i cui funzionari pubblici avevano assistito inerti, consiste nel fatto che il FBI, nel rispetto delle direttive impartite dal Direttore, all·epoca J. Edgar Hoover, non era solito concedere a nessuna figura esterna all·agenzia la facoltà di accedere al proprio carteggio, che gli impiegati degli Archivi erano a conoscenza di questo atteggiamento e che, di fronte a quello che ritenevano una prassi futile, vale a dire quella di chiedere di avere accesso ai documenti, essi preferivano addirittura evitare di dover ispezionare personalmente gli atti del FBI. n17

n15. Persino James O·Neill, Archivista degli Stati Uniti, ha testimoniato che, a ben pensarci, un esame preventivo dei fascicoli fosse «preferibile» e «auspicabile».

n16. Vedi, ad esempio, la testimonianza di William Appleman Williams, il quale ha asserito che tali decisioni non potevano essere assunte senza un esame dei documenti da parte di storici o archivisti.

n17. L·Archivista degli Stati Uniti ed altri funzionari di governo hanno parlato a lungo in merito alle procedure che essi seguivano, ed hanno anche messo in risalto la professionalità del personale addetto. Tuttavia, per lo meno per quanto riguarda i fascicoli del FBI, il mancato accesso a tale documentazione, l·inadeguatezza del personale di fronte alla notevole mole di lavoro da evadere, avevano fatto sì che il personale in questione non fosse in grado di assumere alcuna determinazione autonoma.

(**18)

(*230) Fu solo nel 1978, e a seguito di un interesse dei media e del Congresso relativamente al problema, che due o tre impiegati degli Archivi visitarono la sede centrale del FBI e vari uffici periferici al fine di ispezionare, almeno in parte, circa 76 fascicoli. Anche quella ispezione, però, risultò limitarsi agli atti che lo stesso personale del FBI aveva prescelto (dopo che gli impiegati degli archivi avevano indicato i settori generali in cui essi desideravano condurre il riesame).

È chiaro, quindi, che l·Archivista non ha ottemperato ai suoi compiti e funzioni derivanti dalla legge scritta per quanto concerne lo svolgimento in maniera autonoma dell·attività di valutazione dei documenti da conservare e delle procedure di distruzione del FBI. Questo comportamento che non va oltre la condotta negligente, «fa vacillare» il criterio della legalità di ogni ulteriore distruzione di documentazione effettuata dal FBI: il programma di distruzione degli incartamenti del Bureau, che non è stato mai correttamente valutato e messo in atto dagli Archivi, non può continuare ad essere attuato conformemente al mandato della legge scritta, secondo cui gli atti possono essere distrutti solo in virtù di standards e procedure predisposte ed approvate dalle autorità d·archivio.

In assenza di un esame indipendente e autonomo, non vi è alcuna garanzia, o alcuna ragione per credere che il programma venga eseguito (**19) conformemente alla volontà del Congresso, riscontrabile nelle leggi che regolano la gestione dei documenti. Il Congresso ha tratto la conclusione che i suoi obiettivi non potevano essere raggiunti mediante programmi di distruzione o di ulteriore conservazione degli atti, amministrati da agenzie operative federali che agivano da sole. n18. Le prove di cui dispone la Corte dimostrano che gli Archivi hanno rinunciato ai propri compiti di revisione.

(...)

La mancata ispezione e il mancato controllo degli atti non è stato l·unico elemento a riprova di questa negligenza da parte dell·Archivista. Ad esempio, l·Archivista ed il suo personale hanno anche mancato di eseguire esami critici dei programmi sottoposti alla loro attenzione, volti a stabilire se, in base alla descrizioni fornite dal FBI, gli atti venivano conservati nel rispetto degli standards previsti dalla legislazione ordinaria. Tutto quello che veniva sottoposto al vaglio e proveniva dal FBI risultava essere così sintetico, e di natura così conclusiva, da avere ben poco valore ai fini di adottare decisioni autentiche. Nonostante questa situazione, gli Archivi non hanno mai chiesto spiegazioni o ulteriori dettagli.

E, in linea con quanto sopra, al FBI non è nemmeno stato mai chiesto di far pervenire la modulistica necessaria (**20) prevista dai regolamenti. Il piano per la conservazione degli atti del 1969 inglobava un capitolo, la cosiddetta Parte II, secondo la quale, in pratica, il FBI avrebbe dovuto completare una specifica serie di files inclusi nell·ambito delle più ampie categorie nella Parte I. La Parte II, una volta completata è stata restituita dal FBI agli Archivi solo nel 1976 e cioè con circa sette anni di ritardo n19 e persino in quel momento risultava ancora incompleta.

n.19. È stato asserito da alcuni testimoni degli Archivi, di avere avuto accesso a questo documento nella sede del FBI.

La realtà di questa situazione risiede nel fatto che fra il 1946 ed il 1976, e cioè per circa trent·anni, in un·epoca in cui il FBI registrava una crescita senza precedenti in fatto di risorse umane e di importanza dell·agenzia, n20, questo Bureau conduceva i propri programmi di distruzione e di conservazione permanente degli atti senza una supervisione d·archivio e in assenza di una direttiva di legge. Inoltre, come vedremo nelle successive pagine (p. 232), il FBI portava avanti tale lavoro in base a piani che erano basati su almeno due premesse, e cioè che l·esame si era poi rivelato essere falso e che i fascicoli della sede centrale fossero duplicati di quelli delle sedi periferiche, e che il FBI (**21), per conto proprio, stava conservando non solo gli atti che «ben si adattavano» alle sue proprie esigenze burocratiche ed operative, ma anche documenti utili dal punto di vista scientifico, storico o di altro genere e per la salvaguardia dei diritti civili.

n20. In tale periodo, si è assistito ad un incremento dei compiti di sicurezza e di controllo ad opera del FBI .


III.


I ricorrenti adducono il fatto che, a prescindere dalle possibili pecche del loro operato per il passato, il programma di gestione degli atti che avevano adottato nel 1977 · n21 - li metteva in regola con gli obblighi e i doveri imposti loro dalla legge e quindi l·intervento della Corte era stato inutile. Questa spiegazione non viene vista di buon grado, per vari motivi.

n21. Tale programma contiene categorie descrittive sia dei fascicoli della sede centrale, che di quelli delle sedi periferiche, e propone uno scadenzario per la distruzione degli atti presenti e futuri. Esso è stato approvato dall·Archivista, ma non è divenuto operativo in quanto, in base alla normativa (44 U.S.C. §3303a), esso è stato sottoposto alla attenzione del Congresso per il riesame. Il Congresso deve ancora esprimersi in proposito, ma le agenzie esecutive, da un punto di vista legale, sono libere di dare attuazione a tale programma, pur in assenza dell·intervento del Congresso. Il programma prevede la distruzione di circa il 40% dei documenti che si trovano attualmente agli atti della sede centrale del FBI.

(**22)

In primo luogo, il programma del 1977, al pari dei precedenti piani e programmi, è stato elaborato senza alcun riesame dei documenti del FBI e quindi, unicamente per tale motivo, non potrebbe esserci stata alcuna valida determinazione sul fatto che le categorie di atti che il programma coinvolge, possano o meno avere un valore storico o una qualsiasi delle caratteristiche che la legge ritiene decisive ai fini della ulteriore conservazione dei documenti stessi.

In secondo luogo, nel programma del 1977, l·Archivista si rimetteva ancora una volta al FBI in tutti i casi in cui era necessario assumere una decisione. n22. Tale programma prevede che i fascicoli della sede centrale devono essere ulteriormente conservati nel caso in cui risultino essere rispondenti ad uno dei cinque criteri designati. Tuttavia, tutti questi criteri risultano essere oltremodo· n23 · vaghi. Come lo stesso programma riporta, «i criteri sono di natura generale (sic) e l·attività di selezione si basa fondamentalmente su una valutazione informata». Il processo che esso istituisce si fonda sul giudizio degli impiegati del FBI, che vengono chiamati a decidere quali documenti devono essere esentati dalla distruzione per il fatto di avere un valore storico o di protezione legale. Il personale FBI non professionista, però, pur se animato da tutte le migliori intenzioni, ed anche se esperto in materia di amministrazione ed applicazione della legge, non può essere costretto d·ufficio ad assumere decisioni di tal genere e conformi agli standard della legge scritta (**23). Tale personale, inoltre, potrebbe difficilmente assumere la decisione di conservare documenti il cui contenuto potrebbe «nuocere negativamente» all·immagine del loro Bureau o gettare le basi per formulare denunce contro lo stesso Bureau.

n22. Come indicato nella Parte V infra, un adeguato programma di distruzione dei documenti agli atti non deve escludere il FBI. Il personale di tale agenzia, tuttavia, deve operare secondo una direttiva effettiva, e non di mero pro forma, emanata dagli Archivi.

n23. Ad esempio, il programma prevede la conservazione prolungata dei fascicoli, laddove le indagini «coinvolgano direttamente una persona, una entità o una organizzazione le cui attività, a parere degli investigatori, pongono una sostanziale e forzata minaccia alla conduzione della difesa nazionale e della politica estera». Il sistema centrale di archivio del FBI è articolato in 191 classi di fascicoli basate sul tipo di crimine in questione, parte dei quali attinenti alla difesa nazionale o alla politica estera. Il programma del 1977 non tiene conto di questa catalogazione per poter definire con maggiore specificità i criteri per la conservazione della documentazione.

In terzo luogo, il programma del 1977 evidenzia che «la distruzione (**24) risultante dalle operazioni di smaltimento o riordino, non va ad incidere in alcun modo sull·autorizzazione corrente concessa per la distruzione della documentazione periferica». Tutto questo significa, in apparenza, che i piani di distruzione del 1975, 1976 e 1977 non ne subiscono ripercussioni e che i fascicoli delle sedi periferiche possono essere ancora eventualmente distrutti, in base a tali piani, a prescindere dal fatto che essi siano basati sul presupposto che i fascicoli della sede centrale costituiscano un duplicato di quelli delle sedi periferiche. Vedi p. 232 infra.

In breve, il programma del 1977, nonostante qualche modifica di carattere estetico, cioé di forma, non elimina affatto le discrepanze esistenti nelle intese e decisioni Archivi-FBI.


IV.


Nessuna delle parti qui in causa, fatta eccezione del FBI, ha avuto la opportunità di effettuare uno studio degli atti di tale Agenzia - n24 - e nessuna, anche qui ad eccezione del FBI, ha visto alcun documento prima che questo fosse distrutto. Per questo motivo, non è possibile quantificare e riportare appieno il danno tangibile derivante dalla mancata attuazione governativa di quanto stabilito dalla legge. Gli elementi a disposizione permettono in ogni caso di poter delineare talune deduzioni al riguardo.

n24. Ad eccezione dell·inadeguatezza dell·esame degli Archivi svolto nel 1978.

(**25)

Il punto centrale della doglianza dei ricorrenti è costituito dai fascicoli delle sedi periferiche del FBI - n25. Un gran numero di elementi di prova è stato dedotto da ambo le parti (*232), allo scopo di dimostrare fino a che punto i fascicoli della sede centrale del FBI costituivano un duplicato o meno degli atti sedi periferiche. Diversamente gli Archivi, come si è rilevato in precedenza, hanno operato, fino a poco tempo fa, sul presupposto che i due gruppi di documentazioni erano del tutto identici, e le prove presentate dimostrano che questa convinzione era sbagliata. n26.

n.25. Nonostante la doglianza si riferisca ai documenti della sede periferica come pure a quelli della sede centrale, le prove presentate durante il dibattimento, a sostegno della richiesta del provvedimento d·urgenza, hanno riguardato in primo luogo le sedi periferiche, presumibilmente per il fatto che nessuna distruzione di documenti della sede centrale è attualmente in corso. La richiesta di misura cautelare ha ad oggetto entrambi i gruppi di documenti.
n26. Il fatto che gli Archivi ignorassero la situazione effettiva può essere eventualmente attribuito al loro mancato assolvimento dei compiti di revisione che avrebbero invece dovuto adempiere autonomamente.

I semplici dati investigativi, come ad esempio i rapporti sulla sorveglianza (**26), le intercettazioni, le dichiarazioni degli informatori etc., vengono ordinariamente conservati unicamente nelle sedi periferiche, mentre nella sede centrale si conservano solo rapporti delle informazioni che affluiscono dalla periferia. A dire il vero, almeno per quanto riguarda gli storici e gli altri investigatori, la sede periferica costituisce la sede principale di ricerca, almeno per quanto riguarda il modus operandi e le motivazioni che hanno portato allo svolgimento delle indagini da parte del FBI (e quindi ben distinte da quelle del processo finale di assunzione di decisioni). Allo stesso modo, per sostenere le loro tesi, anche coloro che asseriscono che i loro diritti sono stati lesi da procedure investigative del FBI hanno molte più probabilità di riuscire a trovare le prove che cercano nei fascicoli delle sedi periferiche (dove vengono conservati i registri relativi alle tecniche investigative), piuttosto che della sede centrale. La distruzione dei fascicoli delle sedi periferiche, pur tenendo conto della necessità di tale operazione, prevede quindi una violazione degli standard e degli scopi sostanziali delle normative in materia di gestione della documentazione agli atti.

Per essere precisi, al personale delle sedi periferiche risultano essere state date istruzioni secondo le quali tutte le informazioni importanti o «pertinenti», come uno dei testimoni ha preferito definirle, dovevano essere inoltrate alla sede centrale e non vi è alcun motivo per ritenere che dette istruzioni siano state disattese. Ma il problema di tale approccio sta nel fatto che (**27) esso era, ed è tuttora, basato unicamente su aspetti utilitaristici per il FBI. Come i testimoni del governo hanno ammesso, per il FBI risultava importante tutta quella documentazione che avrebbe potuto aiutare la sede centrale nella sua attività di applicazione della legge (funzione del potere esecutivo) e di assunzione di decisioni. Non vi è mai stata alcuna iniziativa volta ad inviare alla sede centrale dati che potessero essere ritenuti utili o importanti per altri aspetti: vale a dire atti aventi un valore storico o di ricerca, documenti che riguardavano i diritti di un individuo o documenti che avrebbero potuto ripercuotersi negativamente sul Bureau, o sul suo personale, o sul suo operato ordinario. n27 (una conseguenza di questa selettività si evidenzia nel fatto che i fascicoli delle sedi periferiche relativi ad un qualsiasi particolare soggetto avevano un volume tipicamente superiore rispetto a quelli esistenti presso la sede centrale, di solito con un rapporto di 1 a 4 o 5 volte superiore). La distruzione degli atti degli uffici periferici in questi settori ha comportato, e continuerà a comportare, se non vengono bloccati gli attuali piani di distruzione degli incartamenti, la indisponibilità perenne delle informazioni contenute in tali documenti.

n27. Se, ad esempio, qualcuno si interessasse e tentasse di scoprire le ragioni delle indagini del FBI sul conto del dr. Martin Luther King, o dei Rosenberg, agli atti della sede centrale, egli riuscirebbe a rintracciare solo delle sintesi e delle conclusioni. E poiché la completezza delle sintesi esistenti presso la sede centrale, varia in funzione della notorietà della persona o del caso oggetto di indagine, la documentazione di persone o casi meno noti risulterebbe senza alcun dubbio meno copiosa. In ogni caso, il fascicolo della sede periferica potrebbe con maggiore probabilità rivelare i metodi di sorveglianza effettivamente utilizzati, la durata di particolari metodi di sorveglianza, le possibili deviazioni dagli standards prescritti e cosi via.

(**28)

E queste non sono nemmeno tutte le risultanze «sostanziali» del fallimento degli Archivi nell·esecuzione dei compiti ad essi assegnati dal Congresso. L·Archivista non si è opposto in alcun modo e si è addirittura adeguato alla prassi adottata dal FBI per tentare di sfuggire al peso della Legge sulla Libertà di Informazione con la distruzione di una parte dei suoi incartamenti. La data di entrata in vigore di tale Legge (FOIA) (19 febbraio 1975) fu seguita a due mesi di distanza dalla richiesta del FBI di distruggere i fascicoli delle sedi periferiche, che ottenne immediatamente l·autorizzazione richiesta. In seguito, nell·estate del 1976, gli Archivi ed il personale del FBI iniziarono a consultarsi in merito a possibili cambiamenti di politica nel settore della conservazione prolungata di atti. Questi contatti, che alla fine portarono alla adozione del programma del 1977, erano motivati almeno in parte dai problemi che le agenzie sentivano di avere di fronte alla nuova legge e proprio questa Legge finiva con l·essere ripetutamente menzionata nel corso delle discussioni quale elemento della massima importanza.

(*233) Non è necessario accettare la tesi dei ricorrenti secondo cui si tentò di procedere ad una distruzione degli incartamenti in modo tale da impedire che fossero scoperte «pecche» del FBI, attraverso richieste, sulla base della FOIA, e rivelazioni. Sembra invece probabile che le preoccupazioni dell·agenzia si limitassero a ridurre le relative difficoltà amministrative (**29) derivanti dalla gestione di tali richieste. Anche se così fosse, è chiaro che la Legge in questione influenzò la bozza del programma del 1977 e portò ad un pregiudizio, del tutto inammissibile, della distruzione, piuttosto che della conservazione degli atti governativi.

Sulla scorta di tutte le prove acquisite, la Corte conclude che le attuali operazioni di distruzione dei documenti sono in contrasto sia con le direttive procedurali che con le finalità sostanziali della leggi sulla gestione degli incartamenti e che i ricorrenti - n28 - hanno dimostrato che avrebbero probabilmente avuto ragione delle loro rivendicazioni.

n28. Come illustrato nei dettagli nella Parte I supra, i ricorrenti, o alcuni di essi, hanno un interesse legittimo alla conservazione di questi atti. Inoltre, e per quanto riguarda in particolare gli incartamenti custoditi presso gli uffici periferici, le prove dimostrano i dati che seguono. Katherine L. Camp, della Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà, ha presentato richiesta, sulla base della FOIA per poter visionare documenti che possono essere rinvenuti solo in sedi periferiche. Victor Navasky, editore della Rivista «Nation», ha testimoniato che la sua rivista si regge in larga parte grazie alla produzione di atti del FBI, la maggior parte dei quali è reperibile solo nelle sedi periferiche. William Appleman Williams, uno storico, ha dichiarato che gli incartamenti custoditi presso le sedi periferiche formano l·evidenza principale delle ricerche di carattere storico, ed esso è quindi essenziale per chiunque sia impegnato a condurre una ricerca storica degna di tal nome. Harold Frichtbaum, professore di storia e filosofia, impegnato attualmente in una ricerca sul ruolo degli scienziati nel caso Rosenberg, ha riferito di essersi basato su una notevole quantità di documenti che provenivano da sedi periferiche, inclusi i fascicoli concernenti le operazioni di sorveglianza sul conto di scienziati ed altri. Paul Robeson, scrittore e conferenziere, si è basato sui fascicoli delle sedi periferiche e prevede che ne avrà bisogno anche in futuro per la stesura di un libro in cui parlerà dei suoi genitori e della sorveglianza alla quale essi sono stati sottoposti dalle amministrazioni governative. John Rosenberg, che sta attualmente completando un libro su Clifford Durr, si è basato tantissimo sui fascicoli della sedi periferiche ed ha una necessità costante di visionarli regolarmente.

(**30)


V.


Alla luce dei casi della WMATA contro la Holiday Tours Inc. supra e della Petroleum Jobbers Assn. contro la FPC supra, la Corte deve passare ora a considerare i relativi danni e l·interesse pubblico, ovvero l·interesse in riferimento alla collettività dei cittadini.
I ricorrenti chiedono un·ordinanza che impedisca al FBI di distruggere qualsiasi suo altro documento, che ordini al Bureau di presentare alla Corte un inventario di tutti i propri fascicoli ed atti e che la Corte provveda alla nomina di una persona cui sia affidato il compito di assicurarsi della completezza dell·inventario e della conservazione dei fascicoli in attesa della loro eventuale consegna agli Archivi. n29

n29. Nell·ambito della loro richiesta di ottenere il risarcimento di carattere permanente, i ricorrenti chiedono pure che tutti i fascicoli in possesso del FBI siano trasformati in cartaceo permanente degli Archivi.Non vi è alcuna necessità di considerare le relative lesioni, con riguardo a quelli che sono gli aspetti ancora più complicati del risarcimento richiesto dai ricorrenti, in quanto essi non hanno dimostrato alcun diritto ad un tale risarcimento e su base alcuna. Non vi è alcuna indicazione secondo cui, ad eccezione della propria riluttanza istituzionale a permettere a soggetti estranei e non operanti nel FBI di avere accesso ai propri fascicoli (**31) e dei casi relativamente isolati connessi con la Legge sulla Libertà di Informazione, il FBI abbia agito in una qualche situazione con la deliberata intenzione di disattendere alle direttive stabilite dalla legge scritta. E certamente nessun proposito di tal genere può essere addebitato all’attuale Direttore del Bureau. Per tale motivo, la Corte non ha alcuna intenzione e non assumerà alcun controllo diretto o indiretto del carteggio del FBI tramite la presentazione di inventari di sorta, la nomina di un incaricato speciale o altra iniziativa di genere diverso.

I ricorrenti, comunque, hanno dimostrato con una sufficiente probabilità che le leggi in materia di gestione del materiale cartaceo non sono state rispettate in pieno, e la Corte deve decidere se, in relazione alla parte restante del risarcimento richiesto, risulterebbero maggiormente danneggiati i resistenti con la concessione di una ingiunzione o i ricorrenti con un rigetto.
Sulla base delle prove sintetizzate nella precedente parte di questo Parere, è chiaro che i querelanti subiranno un danno irreparabile e di notevole entità nel caso in cui non verranno bloccate le continue distruzioni dei supporti cartacei del FBI poste in essere dai resistenti. Il programma di distruzione, così come attualmente condotto, non è conforme alla legislazione ordinaria. Numerosi testimoni hanno dichiarato (*234) che i fascicoli che continuano ad essere distrutti contengono informazioni di carattere storico, di ricerca e (**32) di altro genere e rivestono quindi un potenziale valore per questi ricorrenti nelle loro varie funzioni. Il rigetto di una ingiunzione tesa a bloccare il programma di distruzione, in queste circostanze, danneggerebbe irreparabilmente i ricorrenti.

I resistenti si oppongono chiedendo di dare maggior peso ai loro interessi, che sono quelli di minimizzare i costi logistici e finanziari connessi con la conservazione del materiale cartaceo. A loro avviso, qualsiasi decisione volta a far sospendere permanentemente i programmi di distruzione del cartaceo «getterebbe sulle loro spalle» un onere di notevoli dimensioni, specialmente se una tale sospensione fosse allargata a tutti i settori governativi. n30.

n30. Sette milioni di piedi cubi di cartaceo vengono prodotti ogni anno dal governo federale. Il solo FBI produce giornalmente circa 400.000 pagine di documenti.

Mettiamo da parte gli aspetti, di ampia portata governativa, su cui insistono i ricorrenti. Come si vedrà, la Corte non ravvisa un divieto permanente della distruzione degli atti del FBI, ma unicamente una sospensione, di sufficiente durata, tale da dare ai resistenti l’occasione di formulare, adottare, (**33) ed attuare piani e programmi di distruzione che risultino essere conformi ai requisiti di legge.
Per quanto attiene poi alla questione dell’estensione del risarcimento al di là degli atti del FBI, in breve la risposta è che l’attuale iniziativa riguarda solo tale Agenzia. Se presumessimo pure che gli Archivi, nell’assolvimento dei loro compiti imposti dalla legge scritta, siano stati più coscienti con altre agenzie e bureau e meno con il FBI - n31 - non ne deriverebbe che un identico risarcimento sia da concedersi adeguatamente a loro e i loro fascicoli. Per le ragioni sopra esposte, quindi, il rapporto del FBI con la storia di questo Paese ed i diritti civili dei suoi cittadini continua ad essere unico, e l’intensità dello scrutinio al quale il cartaceo dovrebbe essere assoggettato, prima di qualsiasi autorizzazione alla sua distruzione, dovrebbe riflettere un tale aspetto di unicità.

n31. Tuttavia, un tale presupposto non è necessariamente accurato in quanto solo pochissime altre agenzie, o forse nessuna, avrebbero probabilmente attirato così tanta attenzione sui propri atti come è invece successo al FBI nel periodo della sua precedente direzione.

In termini meno restrittivi, è chiaro che (**34) l’interesse del governo alla riduzione dei costi e dell’onere amministrativo, connesso con la conservazione di quelli che, a suo parere, sono documenti inutili e non voluti, non può prevalere sull’interesse dei ricorrenti, vale a dire quello inteso alla conservazione degli atti che possono eventualmente avere per loro un notevole valore di carattere economico o di altra natura. In tale contesto, il giudizio fondamentale è stato espresso dal Congresso. Emanando le varie leggi di gestione della documentazione agli atti, il Congresso ha stabilito che i problemi amministrativi e finanziari, connessi con il riesame degli archivi come prerequisito per la distruzione degli atti, assumono una minore importanza e devono cedere il passo alla necessità che i riesami di tal genere costituiscano un mezzo per preservare quei documenti che possono eventualmente avere un particolare e specifico valore. A tale riguardo, è utile ricordare pure che il FBI, per propria iniziativa o a seguito della spinta da parte dell’Attorney-General o del Congresso, ha operato per lunghi periodi di tempo e in base a svariate moratorie sulla distruzione di documenti, n32 ed in tutte queste occasioni non vi sono state conseguenze disastrose per tali sue operazioni.
n32. Attualmente il FBI, in proprio o a seguito di direttiva ricevuta dall’Attorney-General, sta operando in base ad una moratoria sulla distruzione di documenti della sua sede centrale e di uffici periferici attinenti ad indagini relative alla sicurezza nazionale. Queste moratorie sono state decise a seguito di richieste pendenti o di divulgazione anticipata di informazioni relative a procedimenti in cui erano imputati ex agenti del FBI. Stiamo parlando dei casi degli Stati Uniti contro Kearney, 436 F. Suppl. 1108 (S.D.N.Y. 1977), degli Stati Uniti contro Gray e degli Stati Uniti contro Miller e Felt ( D.C. Crim. No. 78-179). Vi è inoltre una moratoria in atto su pochi fascicoli a seguito di una richiesta pervenuta dal Comitato Senatoriale sulle Attività di Intelligence (il cosiddetto Church Committee). Tutte queste moratorie sono nate su specifica iniziativa del FBI e, in assenza di ordinanze giudiziarie, possono essere sospese o annullate in qualsiasi momento per iniziativa unilaterale dello stesso FBI.

(**35)

La Corte conclude che l’imposizione di una moratoria di emanazione giudiziaria sulla ulteriore distruzione di fascicoli del FBI – n33, valevole fino al momento della elaborazione di procedure e standard soddisfacenti sulla conservazione del carteggio, non costituirebbe per i resistenti un danno maggiore rispetto a quello che verrebbe fatto ai ricorrenti nel caso di una mancata concessione di un risarcimento.

n33. L’effetto pratico e immediato di una tale ordinanza sarebbe solo quello di bloccare la distruzione dei fascicoli delle sedi periferiche concernenti indagini di carattere criminale, in quanto gli atti di altro genere non vengono attualmente distrutti in base a moratorie proprie del FBI. Vedi nota 32 precedente.

E tutto questo impone ora di considerare l’interesse pubblico. Il Congresso ha stabilito che l’attività federale di tenuta dei registri non dovrebbe servire unicamente alle esigenze operative ed amministrative delle particolari agenzie ma essere anche al servizio del diritto dei cittadini di questo Paese di conoscere quelle che risultano essere le attività governative. n34. La sostanza delle leggi che il Congresso ha emanato si basa sul fatto che gli atti governativi appartengono al popolo americano e dovrebbero essere quindi accessibili ai cittadini per fini storici e di ricerche di altro genere (**36). L’impulso del FBI trae la sua origine naturale dalla necessità di tutelare quello che è necessario o utile per il compimento delle sue operazioni. Gli Archivi, che avrebbero dovuto salvaguardare gli interessi del FBI e dell’ampio pubblico, in pratica hanno poi tutelato solo il FBI.

n34. Da qui trae origine la direttiva, contenuta nella legge, che impone la conservazione di quei documenti che hanno un valore storico e di ricerca e degli altri documenti che risultano essere utili per la protezione dei diritti civili dei cittadini. La Legge sulla Libertà di Informazione si riferisce a quegli interessi e si prefigge di salvaguardare fini similari.

Il mandato del Congresso riveste anche una speciale importanza per il FBI. Il carteggio del Bureau, forse più di quello di qualsiasi altra agenzia, costituisce un «museo» di particolare rilevanza degli atti della storia recente di questo Paese ed il prodotto finale del lavoro di una organizzazione che ha avuto a che fare con le vite di un numero infinito di americani. Molti di questi sono stati personaggi della vita pubblica, altri hanno raggiunto notorietà (**37) di vario genere, altri ancora sono stati semplicemente oggetto da indagini di routine (controlli di sicurezza, criminalità sospetta o indagini sul passato o altro). I fascicoli di una agenzia di tal genere contengono molto di più di quel materiale «grezzo» utile per un lavoro storico o di ricerca e dati sui diritti dei cittadini di gran lunga più copiosi rispetto a quelli contenuti nei fascicoli di altre agenzie con incarichi di minor prestigio. L’interesse pubblico pertanto ci impone una attenzione di gran lunga maggiore nel momento in cui siamo chiamati a decidere sulla distruzione di documenti di tal genere. n35.
n35. La testimonianza dei funzionari del governo non ha evidenziato alcuna conoscenza circa l’esistenza di standard per una più corretta ed adeguata conservazione nel momento in cui devono essere gestiti atti del FBI ad esempio, o del Dipartimento di Stato o della Casa Bianca, rispetto all’accumulo di atti del Bureau della Caccia e della Pesca o del Bureau dei Reclami (2) e della Irrigazione. In effetti, visto il fallimento delle autorità d’archivio che non si sono mai degnate di controllare in qualche modo il cartaceo del FBI, potremmo dire che esse, rispetto ad altri dipartimenti governativi, hanno applicato a tale Bureau uno standard decisamente meno rigoroso.

(**38)

In base al mandato imposto dalla legge scritta, le decisioni fondamentali relative alla conservazione e distruzione dei documenti governativi devono essere assunte con professionalità e, quindi, con imparzialità, dagli Archivi. Le prove acquisite dimostrano che questo mandato non viene eseguito e l’interesse pubblico impone l’intervento di un organo giudiziario (la corte) che, mediante ordinanza, blocchi ogni altra operazione di distruzione, almeno fino a quando sarà presentato un piano che inglobi e soddisfi la direttiva congressuale.

La concessione di un tale risarcimento non sarà solamente utile a facilitare la funzione tecnica finalizzata ad imporre una conformità con le varie leggi di gestione del cartaceo; essa servirà anche a garantire che i documenti non vengano distrutti se a storici ed archivisti non sia stata data prima una possibilità di visionarli e classificarli in modo da stabilire quali di essi rivestano un effettivo valore storico e quali altri possono essere normalmente distrutti senza arrecare danno ad alcuno. n36
n36. La conservazione di documenti aventi un valore storico, ovviamente, è importante non solo per i ricorrenti di questo dibattimento ma anche per l’ampio pubblico.

Alcuni, o comunque molti documenti del FBI attualmente destinati alla distruzione meritano invece di essere conservati (**39) non solo per un vantaggio dei ricorrenti o di altre figure analoghe ma in quanto parte di una eredità nazionale. George Santayana ci ha insegnato che «coloro che non sono in grado di ricordare il passato sono condannati a riviverlo nuovamente». È difficile far tesoro delle lezioni derivanti dalla storia quando si consente ai documenti di interesse storico di svanire.


VI.


È ovviamente impossibile identificare con precisione ogni singolo documento che può eventualmente, in un dato futuro, essere di interesse per uno studioso, un giornalista, uno storico o altra persona con legittimo diritto ad averne accesso e visione. Ma (*236) non è invece impossibile identificare «con larghezza di maniche» quali atti possano avere probabilmente un dato valore, e non dovrebbe quindi essere impossibile farlo addossando una data mole di responsabilità sugli Archivi come previsto dalla legge scritta. Tale agenzia, ad esempio, nell’ambito del sistema di classificazione del FBI, potrebbe designare le categorie di atti aventi un ovvio valore storico e quindi da salvare in toto. n37. Per quanto attiene alle altre categorie, gli atti potrebbero essere conservati secondo una base maggiormente selettiva. n38. Anche altre categorie di documenti potrebbero essere «marcate» per la distruzione nel momento in cui il personale degli Archivi si convince, a seguito di ispezione personale su particolari fascicoli tipici, del loro inesistente valore storico, (**40) speciale o di altro genere. n39.

n37. Ad esempio i documenti classificati come «Criminalità in base alla Legge sull’Energia Atomica», «Rovesciamento o Distruzione del Governo» e «Cooperazione con Polizie di Altri Paesi».

n38. Ad esempio, in tali classificazioni come «Legge di Servizio Selettivo e «Intralcio al Regolare Corso della Giustizia», potrebbero essere conservati solo gli atti relativi alla sorveglianza elettronica, alle relazioni con le manifestazioni di protesta, o con le persone che hanno raggiunto una notorietà.

n39. Ad esempio, «Furto su Spedizioni Interstatali» o «Furto di carattere epistolare».

Lo strumento preciso per addivenire ad un sistema adeguato di conservazione degli atti non può essere delineato dalla Corte e nemmeno la sua formulazione, come è avvenuto in passato, può essere essenzialmente onere del FBI. In base alla legge vigente, è l’Archivista ad avere la responsabilità per il programma di conservazione degli atti in tutti gli Stati Uniti. Di conseguenza, l’Archivista ed il suo personale o altri professionisti chiamati in causa nella veste di consulenti devono, in prima battuta, elaborare un programma adeguato. Le persone impegnate in questa attività dovrebbero altresì avere familiarità con il contesto storico durante il quale i documenti (**41) sono stati generati, conoscere in pieno le richieste reali ed attuali o previste di accesso a documenti di sorta per fini legittimi, e comprendere il metodo di operatività del FBI ed il suo sistema di tenuta del carteggio. Inutile dire che tali persone dovrebbero avere accesso al carteggio del FBI. n40

n40. Tali dipendenti, ovviamente, dovrebbero soddisfare adeguati standard e criteri di sicurezza.

Una misura cautelare a carattere preventivo emessa in questa data impone all’Archivista ed al suo personale, con l’assistenza del FBI, di formulare un piano di conservazione per il carteggio del FBI che risulti soddisfare il criterio fissato dalla legge scritta così come interpretato nel presente documento, ed impone altresì al FBI di formulare un programma di controllo degli atti rispettoso di questo piano. Il piano ed i programmi dovrebbero essere sottoposti alla attenzione della Corte, per l’approvazione, entro i prossimi 90 giorni a decorrere da oggi. In ogni caso, e fino al momento della loro presentazione, qualsiasi ulteriore distruzione di documenti del FBI dovrà essere sospesa così come impone la stessa misura cautelare. In seguito, non appena la Corte avrà approvato il piano ed i programmi, tale misura cautelare cesserà di avere valore.


(*) Traduzione a cura della Redazione.

(1) Susan D. Steinwall, Appraisal and the FBI files case: for whom do archivists retain records?, The American Archivist, 49, n. 1, 1986. Si veda anche Le carte di polizia tra archivi protocollo, privacy ed altro, di Antonio Mazzei, Nuova Rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza n. 6/2003.
(2) Bureau of Reclamation indica nella terminologia nordamericana l’azione diretta a rivendicare nei confronti del patrimonio del fallito la proprietà di un cespite incluso nel fallimento (n.d.r.).

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