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Per Aspera Ad Veritatem n.24
La nozione di “terrorismo” nella legislazione internazionale: analisi comparativa dei testi europei e inglesi

Girolamo TESSUTO


Scopo di quest’articolo è offrire al lettore un panorama generale del concetto di terrorismo così come viene utilizzato nei testi legislativi europei. Una particolare attenzione sarà dedicata alle leggi recentemente adottate nel Regno Unito sul medesimo argomento. Il concetto di terrorismo viene esaminato, tuttavia, in entrambi i casi sotto uno specifico profilo, avendo cioè riguardo al genere scritto del linguaggio giuridico attraverso un’analisi critica delle modalità descrittive, linguistiche e giuridiche, della nozione, così come viene utilizzata nei diversi testi normativi. Lo scopo è quello di individuare le principali caratteristiche stilistiche cui i diversi Legislatori hanno fatto ricorso nella stesura dei relativi testi normativi, evidenziandone i punti di forza e di debolezza.





I tragici e dolorosi eventi terroristici susseguitisi nello scenario internazionale nell’ultima decade hanno evidenziato come le protezioni giuridiche previste, sia a livello nazionale che internazionale, per contrastare la minaccia terroristica, si siano rivelate insufficienti o inadeguate. Ciò anche in relazione al fatto che, quanto meno nelle sedi internazionali, è stato sinora piuttosto complesso giungere ad una comune intesa sulla definizione di terrorismo (1) . In verità, per quanto riguarda la dimensione nazionale, il Parlamento britannico si rese conto già nel 2000 della crescente necessità di adottare una più adeguata normativa in materia di antiterrorismo varando il Terrorism Act (2) . Con il verificarsi degli attacchi alle Twin Towers a New York l’11 settembre 2001 anche altre nazioni europee hanno avvertito l’esigenza di adottare misure legislative per rafforzare la lotta contro il terrorismo. La stessa Gran Bretagna ha dovuto emendare la norma emanata appena un anno prima, adottando l’Anti-terrorism, Crime and Security Act (ACSA 2001) (3) .
La principale difficoltà nel procedere in modo giuridicamente efficace in questo cammino è da mettere in connessione proprio con l’aspetto relativo alla definizione linguistica del concetto. Non può essere considerata casuale l’assenza, nei codici penali nazionali, ove esistenti, di una soddisfacente definizione di questo termine dal punto di vista contenutistico. In sede internazionale è emersa una difficoltà politica ancor più rilevante, stante la difficoltà di individuare una definizione comune del termine in correlazione con fattispecie delittuose determinate. Ciò emerge con chiarezza negli atti internazionali approvati e dalla difficoltà che permane nell’approvare risoluzioni impegnative per gli Stati.
La medesima condotta terroristica, d’altro canto, non può essere di per sé di agevole identificazione e classificazione, considerato che le stesse organizzazioni terroristiche ricorrono a tattiche e metodiche in continuo mutamento, anche in relazione agli obiettivi da perseguire.
Nella presente trattazione si intende fare riferimento all’uso che del termine terrorismo viene fatto nelle varie legislazioni europee. Queste ultime operano generalmente una differenziazione tra terrorismo vero e proprio ed altro genere di fenomeni, con ciò intendendo l’uso di metodologie terroristiche per obiettivi non di carattere politico. In particolare, rileva il caso di attività di tipo criminale. è bene sottolineare come gli ordinamenti giuridici europei tendano a ben distinguere l’azione violenta di matrice terroristica dall’esercizio legittimo della forza da parte delle forze di polizia e dei reparti militari. Analizzando il linguaggio utilizzato nei diversi testi normativi, si evince comunque la tendenza a definire l’azione come terroristica indipendentemente dalla natura delle motivazioni di tipo ideologico o politico sottostanti alla commissione del fatto.
Nel quadro generale appena definito, la descrizione che segue intende analizzare sinteticamente i provvedimenti antiterrorismo adottati, o in attesa di adozione, in alcuni paesi dell’Unione Europea dopo l’11 settembre, entrando nel dettaglio esclusivamente per ciò che concerne i testi normativi italiani.
Diversi Paesi dell’Unione Europea hanno approvato, o stanno approvando, apposite normative recanti misure di prevenzione e repressione del terrorismo, alcune delle quali in attuazione di convenzioni e accordi internazionali. Questi provvedimenti presentano taluni aspetti comuni che possono riassumersi come segue.
In primo luogo, si è cercato di fornire una definizione più precisa di espressioni chiave quali ‘minaccia’, ‘reato di terrorismo’, ‘associazione terroristica’, ‘finanziamento al terrorismo’, ‘associazione criminale’, ‘associazione/organizzazione/gruppo’, e così via. Vengono inoltre configurati come reati, laddove non erano già previsti quali fattispecie delittuose, taluni specifici atti come, ad esempio, il riciclaggio di danaro, l’insider trading, il finanziamento al terrorismo e figure analoghe. Vengono creati organi di collegamento tra le autorità nazionali competenti al fine di favorire lo scambio di informazioni nella lotta al terrorismo, ampliando anche i poteri dei servizi nazionali di intelligence. Sono previste, infine, disposizioni in materia di collaborazione con la giustizia e reati associativi.
Per quanto concerne l’Italia, va in primo luogo premesso che nel diritto nazionale, almeno fino alla fine dello scorso anno, non esisteva una definizione normativa di terrorismo, né il reato di terrorismo, parzialmente introdotto e definito, con specifico riguardo all'aspetto associativo, con la normativa varata dopo l'undici settembre. Se, con un approccio più generale, ci riferiamo al concetto di terrorismo, si può dire che questo fa ingresso nel nostro ordinamento nell'anno 1978, quando viene inserito nel codice penale l'articolo 289bis che espressamente menziona la finalità di terrorismo quale circostanza aggravante del reato eventualmente commesso. Tale indirizzo prosegue nel 1980, quando vengono introdotte nel codice penale altre due norme, articolo 270 bis e articolo 280, ove si fa nuovamente riferimento alle finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico. In altre parole, mentre appare chiara la scelta del Legislatore di non definire ex se la condotta terroristica, semplicemente qualificando come più gravi alcune tipologie di reati commessi con quel determinato fine, l'esegesi delle norme appena richiamate offre all'interprete una definizione ricavata in forma deduttiva, che può riassumersi nel terrorismo inteso quale atto di violenza che si esprime con modalità tali da generare terrore politicamente motivato. L'interpretazione giurisprudenziale consolidatasi nel corso degli anni, infatti, ha chiaramente specificato come tale aggravante si sostanziasse nel proposito di far valere istanze politiche destabilizzanti attraverso atti di violenza destanti panico nella popolazione. In seguito, la Suprema Corte ha affermato che la finalità di terrorismo ha natura di elemento circostanziale di aggravamento per qualsiasi reato, ritenendo che tutti gli atti criminosi tendenti ad impedire, in qualunque modo, che l'ordine democratico e costituzionale si realizzino contengono finalità di terrorismo ed eversione.
Sul punto concettuale, richiamando la distinzione poco sopra accennata, può essere interessante osservare come, soprattutto negli anni novanta, la parola terrorismo (nella specie, terrorismo politico-mafioso) sia stata usata in Italia anche con riferimento ad alcune azioni della criminalità organizzata, nella misura in cui la tipologia di queste (4) e gli effetti che si volevano determinare sulle Istituzioni avevano un risvolto, come è stato possibile in seguito accertare, di natura politica legato agli interessi della mafia (come, ad esempio, la legge sui pentiti o in materia di trattamento carcerario). In quegli anni, le stesse attribuzioni conferite all'intelligence in materia di criminalità organizzata (5) trovavano fondamento nel riconoscimento della minaccia alla sicurezza nazionale e al benessere economico che l'attività criminale era in grado di portare, anche attraverso gravi attentati di tipo terroristico mafioso.
Nel codice penale si rinvengono inoltre altre norme ( artt. 305, 306, 307, 309) che, pur senza fare espressa menzione alle finalità di terrorismo o di eversione, assumono una valenza per il contrasto di reati ad essi connessi.
A seguito degli eventi dell’11 settembre e in attuazione di regolamenti dell’Unione Europea e risoluzioni delle Nazioni Unite in materia, il Governo italiano ha approvato tre decreti legge, successivamente convertiti in legge (6) , proprio allo scopo di contrastare con nuovi strumenti e in maniera più efficace il terrorismo. Tra questi provvedimenti, la legge n. 438, in particolare, sanziona le condotte di promozione, organizzazione, finanziamento e supporto di associazioni che hanno luogo sul territorio nazionale ma che si propongono il compimento all’estero di atti di violenza su persone o cose con finalità di terrorismo. Pur introducendo nuove fattispecie delittuose, quali l’associazione con finalità di terrorismo internazionale e l’assistenza agli associati, la nuova normativa attribuisce maggiori poteri all’apparato investigativo e repressivo nello specifico settore del terrorismo interno ed internazionale (ad es. in materia di intercettazioni preventive o di fermo di polizia) estendendo alle ipotesi di terrorismo internazionale le c.d. ‘misure premiali’ volte all’incentivazione della dissociazione interna delle organizzazioni terroristiche. La legge n. 415 stabilisce invece disposizioni sanzionatorie in caso di violazione delle misure adottate nei confronti della fazione afgana dei talebani, prevedendo sanzioni amministrative pecuniarie nonché pene detentive per specifiche violazioni, quali quella al divieto di transazioni riguardanti prodotti e tecnologia a doppio uso (militare - civile), riconducibili ad attività messe in atto da persone fisiche o giuridiche o organizzazioni afgane controllate dai talebani. Infine, la legge n. 431 stabilisce sanzioni per chi viola le disposizioni relative al divieto di effettuare transazioni aventi ad oggetto beni, servizi o attività finanziarie riconducibili al terrorismo.Possiamo, quindi, affermare che l’intervento del Legislatore si è articolato su due piani: da una parte, inasprendo il sistema sanzionatorio e potenziando quello investigativo, dall’altra, estendendo anche alle ipotesi di terrorismo internazionale le misure - già previste per il terrorismo interno e per la criminalità organizzata - volte a favorire la disgregazione interna delle associazioni terroristiche, mediante la prospettazione di benefici a quanti maturino propositi di distacco dal terrorismo o siano comunque disponibili ad offrire contributi di conoscenza sulle associazioni (oltre a riduzioni di pena, è prevista l’adozione di speciali misure di protezione e di assistenza e sicurezza nei confronti di persone esposte a grave e attuale pericolo per effetto della loro collaborazione o delle dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale, relativamente a delitti commessi per finalità di terrorismo, purché risultino di intrinseca attendibilità e rilevanti per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio o comunque per attività investigative su organizzazione, obiettivi, modalità operative delle organizzazioni terroristico-eversive).
Nel quadro delle misure di contrasto al fenomeno terroristico adottate in risposta agli attacchi dell’11 settembre 2001, va infine menzionato il disegno di legge governativo, attualmente all’esame del Parlamento, volto al potenziamento della capacità operativa dei Servizi di intelligence, attraverso, in particolare, la previsione di modalità di intervento e correlate forme di tutela atte ad assicurare efficacia e funzionalità alla loro attività.





Nel Regno Unito la normativa concernente la prevenzione e le indagini in materia di terrorismo, emanata a partire dal 1974, è costituita da una serie di provvedimenti, approvati in tempi successivi, tra i quali il Prevention of Terrorism (Temporary Provisions) Act 1989, integrato da ulteriori leggi antiterrorismo quali il Criminal Justice and Public Order Act 1994, il Prevention of Terrorism (Additional Powers) Act 1996 ed il Criminal Justice (Conspiracy and Terrorism) Act 1998. Queste leggi sono state a loro volta emendate ed ampliate dal Terrorism Act 2000, alle cui previsioni è stata conferita una maggior specificità. Queste norme sono caratterizzate da uno stile in gran parte chiaro, comprensibile e completo. Inizialmente rivolto all’azione antiterrorismo nell’Irlanda del Nord, con alcune norme applicabili anche a talune categorie di terrorismo internazionale, il Terrorism Act 2000 è destinato a predisporre misure per combattere il terrorismo in tutte le sue forme, nazionale, irlandese ed internazionale.
Questi aspetti del TA 2000 hanno assunto poi un maggior grado di specificità e di copertura del fenomeno a seguito dell’approvazione dell’Anti-terrorism, Crime and Security Act 2001 (7) . Questo testo legislativo modifica profondamente la legislazione antiterrorismo attraverso il ricorso ad un linguaggio che rende la legge in parola più accurata e giuridicamente precisa rispetto ai precedenti atti in materia (8) . Partendo dalla normativa vigente (in particolare, appunto, il TA 2000) l’ACSA 2001 si prefigge lo scopo di rendere il Regno Unito il più possibile preparato ad affrontare il terrorismo, ponendo l’enfasi maggiore sul ruolo delle forze di polizia piuttosto che su quello degli apparati di sicurezza e di intelligence. Questi dati informativi emergono implicitamente dalla componente descrittiva della legge: il titolo lungo, che compare all’inizio del testo (detto, per l’appunto, public act). L’utilità di questo titolo consiste nel presentare un’esposizione sintetica del contenuto della legge a beneficio del lettore e deve la sua presenza alle regole procedurali che governano le procedure parlamentari di formazione degli atti. Il titolo recita:
Una legge con lo scopo di emendare il Terrorism Act 2000; di disporre ulteriori norme sul terrorismo e la sicurezza; di disporre norme in merito al congelamento dei beni; di disporre norme sull’immigrazione e l’asilo; di emendare o estendere le leggi penali ed i poteri di prevenzione del crimine e per l’applicazione di quelle leggi; di disporre norme in merito al controllo di agenti patogeni e tossine; di disporre norme in merito alla conservazione nella comunicazione dei dati e delle informazioni; di disporre l’attuazione del Titolo VI del Trattato sull’Unione Europea; e per scopi connessi.
Il disposto enuncia dunque una dichiarazione di intenti: ‘una legge con lo scopo di emendare il Terrorism Act 2000’, specificata pure nella relativa struttura testuale dalle successive “clausole di scopo”, formulate in termini generali:
di disporre ulteriori norme sul terrorismo e la sicurezza;
di disporre norme in merito al congelamento dei beni;
di disporre norme sull’immigrazione e l’asilo;
di disporre l’attuazione del Titolo VI del Trattato sull’Unione Europea;
e per scopi connessi.
Per implicazione, si comprende che il ricorso a queste clausole ha lo scopo di riassumere la natura dei rimedi a ciò che è noto come il mischief (difetto, lacuna) della legge scritta (9) e, quindi, è finalizzato a colmare le lacune delle fattispecie criminose presenti nella normativa antiterrorismo precedentemente in vigore. Su queste basi, nella formulazione di questo moderno atto legislativo britannico, che manca di un preambolo e non contiene una sezione intitolata alle disposizioni di principio della legge, il titolo lungo è l’unica indicazione per individuare il mischief, che assume le modalità di una esposizione sintetica (10) . Ai fini di quest’analisi, il mischief può essere di tipo tanto sociale quanto puramente giuridico. Infatti, se esaminiamo più attentamente l’ACSA 2001, possiamo osservare che il termine mischief, così come utilizzato nell’interpretazione legislativa inglese, richiama due diversi significati: di fatto o di diritto. Laddove il mischief c.d. di fatto generalmente si riferisce ad una circostanza, appunto, di fatto (la preoccupazione che sorge, ad esempio, nel caso di un aumento del fenomeno rapina o in quello di una diminuzione del tasso di natalità), nel caso della presente analisi il termine analizzato può essere messo in connessione ad un mischief sociale, richiama, cioè, un difetto della legislazione previgente (quella anteriore al 2000), che si rivela inadeguata a fronteggiare la minaccia del terrorismo internazionale, di conseguenza implicando un difetto di tipo giuridico (di diritto).
Leggendo il testo, e allo scopo di offrire al lettore una descrizione sintetica del contenuto prescrittivo dell’atto, risulterà più agevole comprendere i fini menzionati che evidenziano il mischief riformulandoli con parole diverse, a scopo esplicativo, come segue:
(a) vietare il finanziamento dei terroristi mediante ordinanza o provvedimento;
(b) garantire che i vari dicasteri e le agenzie governative possano ottenere le informazioni necessarie per contrastare la minaccia terroristica;
(c) consentire che i sospetti terroristi internazionali siano detenuti per un periodo illimitato di tempo in attesa del provvedimento di espulsione deciso per motivi di sicurezza nazionale;
(d) garantire che le industrie nucleari ed aeronautiche siano mantenute sicure;
(e) potenziare il livello di sicurezza sulle sostanze pericolose suscettibili di essere prescelte come obiettivo o di essere utilizzate dai terroristi;
(f) ampliare i poteri delle forze di polizia;
(g) garantire che il Regno Unito possa rispettare i propri obblighi e doveri assunti in sede di Unione Europea nei settori della cooperazione giudiziaria e di polizia nonché i propri impegni internazionali nella lotta alla corruzione.





Ad un primo esame del linguaggio dell’intera legge del 2001, appare chiaro che essa è stata modificata ed aggiornata dove necessario per prendere in considerazione gli ultimi sviluppi del diritto ed i cambiamenti della terminologia e delle definizioni, come pure per garantire che fosse formulata in un inglese chiaro e conciso (plain) rispettando i canoni espressivi dell’inglese moderno. Infatti, lo stile lessicale e morfosintattico della legge elimina le verbose e contorte forme espressive della norma che si rinvengono invece nella legislazione redatta nello stile tradizionale. Esso è basato sul principio che i termini e le espressioni usate debbano esprimere i concetti in un linguaggio facilmente comprensibile per i destinatari, siano essi lettori esperti o meno, e che si applichino principalmente al contesto giuridico del common law inglese piuttosto che statunitense, senza per questo sacrificare la precisione necessaria ad evitare possibili ambiguità.
Oltre a ricorrere ai canoni dell’inglese moderno, lo stile in cui l’atto è redatto è caratterizzato dall’uso di termini ed espressioni tali da far prevalere il loro significato di lingua comune o ordinaria (authorization, cordon, government, serious, stop and search, violence e così via) o in modo tale che questo si alterni al significato tecnico-giuridico dei termini (act and action, chemical weapon, driver, esplosive, terrorist property e così via). Ciò si rileva nell’intero testo in modo che i tradizionali termini tecnici derivati dal linguaggio penale ricorrono unitamente a quelli atecnici, a seconda che la collocazione di questi sia quella assunta negli anni nell’interpretazione del diritto giurisprudenziale (common law) o nelle definizioni statutarie.
Il testo è diviso in brevi paragrafi con l’intestazione in carattere di rilievo, per agevolare il lettore nella comprensione. Leggendo il contenuto prescrittivo appare evidente che le problematiche relative alla nozione di terrorismo sono espresse in modo conciso, allo scopo di assicurarsi che tali questioni siano presentate in una forma accettabile e che non perdano significato in una superflua prolissità o in un carente ordine sintattico. Per tutto il testo viene mantenuta la coerenza nell’uso delle definizioni e della terminologia per evitare, ad esempio, che siano usate due diverse definizioni per indicare lo stesso concetto. Tuttavia, un livello inferiore di coerenza si riscontra nel testo in ordine allo stile di redazione di talune definizioni: vi sono esempi di termini che non recano la relativa definizione o recanti una scarsa definizione (11) .





Il termine ‘terrorismo’ è stato a lungo compreso nella categoria dei ‘reati politici’, altrimenti noti come ‘reati contro lo Stato’ (12) . La natura politica di tali reati è ancora considerata con riferimento, in senso ampio, all’uso della violenza per scopi politici, compreso quello volto a destare panico nella popolazione, e che presenta similitudini con il concetto italiano.
Secondo il Treason Act 1351, i seguenti atti costituivano reato di tradimento:
(a) complottare per procurare la morte al Re, alla Regina, o al loro primogenito ed erede;
(b) muovere guerra al Re nel suo regno;
(c) sostenere i nemici del Re nel suo regno, dando loro aiuto e conforto nel regno, o in qualsiasi altro luogo.
Il Treason Act 1351 era originariamente volto a sanzionare la violazione del dovere feudale di fedeltà personale al monarca. Sebbene il concetto di tradimento rimandi sempre ad una violazione del dovere di fedeltà (13) , il vincolo è ora di natura politica e si riferisce ad un sistema di governo piuttosto che ad un singolo individuo, sebbene si tratti di una monarchia costituzionale.
Durante i secoli diciassettesimo e diciottesimo, il dettato normativo del 1351 fu adattato ai mutati bisogni del tempo. Gli atti di tradimento sotto il nuovo statuto finirono per essere formulati in termini di ‘tradimenti presunti’ (14) , coerentemente con l’elaborazione giurisprudenziale. La successiva legislazione, il Treason Act 1795, stabilì che tali tradimenti presunti dovessero considerarsi tradimenti a tutti gli effetti, ma con il Treason Felony Act 1848, quasi tutte queste fattispecie costituirono una categoria di delitti particolarmente gravi, comunemente noti come ‘treason felonies’.
Analizzando la definizione di tradimento contenuta nel primo capo (a) della legge del 1351, sembra che con tale enunciato si intendesse riferirsi anche a meri propositi, intenzioni. Tuttavia, sulla base di una successiva clausola della legge, si stabilì che per dichiarare l’accusato colpevole fosse necessario il compimento di un atto palese che manifestasse l’intento criminoso e che tendesse all’esecuzione del reato (l’oggetto dell’intento criminale). Si ritenne poi che le parole pronunciate nel corso della cospirazione o incitanti all’uccisione del Sovrano (15) fossero sufficienti per configurare la responsabilità penale, ma non qualora tali parole fossero pronunciate senza fare alcun riferimento a qualsivoglia piano o atto criminali, come il dire, ad esempio, che il Sovrano non è più adatto a fare il Re di quanto possa esserlo un pastore ignorante. Per costruzione giurisprudenziale, comunque, l’espressione ‘complottare per procurare la morte al Re’ finì per includere anche il tramare per ottenere la fine della sua esistenza politica, come nel caso di chi promuovesse una rivolta coloniale o di chi incitasse amici stranieri ad invadere il regno (16) .
In relazione al secondo capo (b) la dottrina del tradimento presunto si consolidò pienamente. Si ritenne cioè che l’espressione ‘muovere guerra al Re nel suo regno’ includesse l’organizzazione o partecipazione a moti o insurrezioni aventi scopi pubblici generali, come, ad esempio, il cambiamento della politica governativa, una modifica legislativa, e così via (17) .
In relazione al terzo capo, l’espressione ‘sostenere...’ è chiara nel senso che ogni aiuto e conforto al nemico può configurarsi come sostegno (18) .
Il più recente, il Prevention of Terrorism Act 1989 prevede un certo numero di reati ed altre prescrizioni (relative a questioni come l’arresto, la detenzione e l’interrogatorio) resesi necessarie in relazione alla situazione nell’Irlanda del Nord. Sulla base di questo testo normativo, nel quale si ricorre ad espressioni come ‘organizzazioni proscritte’ o ‘chiunque appartenga o dichiari di appartenere ad una organizzazione proscritta’, presenti peraltro anche nell’ACSA 2001, si commette reato di terrorismo, a norma delle sezioni 3, 9, 10 e 18 della legge del 1989, quando si verificano gli eventi di seguito elencati:
‘istigando, sollecitando o ricevendo finanziamenti in denaro o in altri beni volti ad atti di terrorismo connessi con la situazione dell’Irlanda del Nord o del Regno Unito o di alcuna parte di esso diversa dall’Irlanda del Nord; istigando o sollecitando contribuzioni in denaro o in altri beni ad organizzazioni proscritte, o disponendo o ricevendo qualsiasi contributo alle sue risorse; rifiutando senza giustificato motivo di rivelare informazioni, sapendo o supponendo che esse possano essere d’aiuto sia nella prevenzione di un atto di terrorismo legato alla situazione dell’Irlanda del Nord sia nel permettere l’arresto, il processo o la condanna di una persona per un reato che comporti un atto di terrorismo’.
Il Northern Ireland (Emergency Provision) Act 1991, oltre a disporre norme per l’interrogatorio, la perquisizione, l’arresto ed il processo contro sospetti terroristi, definisce il ‘terrorista’ come colui che ‘è o è stato coinvolto nel compimento o nel tentativo di compimento di un atto di terrorismo o nella direzione, organizzazione o addestramento di persone a scopi terroristici’.
Il Criminal Justice and Public Order Act 1994 modifica la legge del 1989 definendo come reato il possesso di un oggetto di cui sia ragionevole sospettare abbia uno scopo connesso ad un atto terroristico. La sezione 16A di questo testo recita:
‘Un individuo è considerato colpevole di un reato se dispone di qualsiasi oggetto in circostanze che facciano sorgere il legittimo sospetto che quell’oggetto sia nella sua disponibilità per un scopo connesso al compimento, alla preparazione o all’istigazione degli atti terroristici cui si applica questa sezione’.
La sezione prosegue descrivendo gli atti di terrorismo, sia quelli collegati alla situazione dell’Irlanda del Nord e del Regno Unito, sia quelli connessi al terrorismo internazionale. Secondo questa legge, costituisce reato anche raccogliere informazioni o essere in possesso di informazioni utili ai terroristi.
A conclusione di questo breve resoconto storico, possiamo affermare che la definizione legislativa di terrorismo, come oggi la conosciamo, si riferisce ad azioni che, pur essendo politicamente o altrimenti dirette e che presentano i caratteri di violenza grave contro persone o cose, causano particolari conseguenze per le persone.
Nella I parte (introduttiva) del TA 2000, il termine ‘terrorismo’ viene ricondotto alle seguenti circostanze:
[1] il compimento o la minaccia di un’azione laddove:
(a) l’azione ricada nella sottosezione [2]
(b) il compimento o la minaccia siano preposte ad influenzare il governo o ad intimidire il pubblico o una parte di esso, e
(c) il compimento o la minaccia siano preposte allo scopo di supportare cause politiche, religiose o ideologiche.
[2] l’azione ricade nella sottosezione [2] se:
(a) presenta carattere di violenza grave contro individui,
(b) danneggia seriamente beni,
(c) mette in pericolo la vita di qualcuno,
(d) crea un serio rischio alla salute o alla sicurezza della popolazione o di una parte di essa, o
(e) è seriamente volta ad interferire con o a intralciare seriamente i sistemi elettronici.
[3] Il compimento o la minaccia di azioni che rientrano nella sottosezione [2] che includono l’uso di armi da fuoco o esplosivi sono considerati comunque terrorismo, rientrino o meno nella sottosezione [1](b).
Questa definizione di terrorismo è più ampia di quella presente nella precedente legislazione (19) , estendendosi pienamente al terrorismo internazionale e alle azioni compiute da gruppi estremisti interni sia nel Regno Unito che in tutto il mondo ed includendo azioni rivolte contro qualsiasi Governo.
Lo stile di stesura della definizione nei capi [1], [2] e [3] costituisce un esempio di definizione onnicomprensiva, nel senso che essa vuole indicare chiaramente tutto ciò che rientra nel termine. Essa costituisce anche un esempio di definizione referenziale, nel senso che rinvia all’universo delle cose di cui si parla nella legge medesima. Il significato del termine è determinato anche attraverso una serie di condizioni o casi cumulativi (e) e alternativi (oppure) introdotti da ‘laddove/quando/qualora’ (where) e ‘se/quando’ (if), i quali, nel loro complesso, devono essere tutti soddisfatti.
Leggendo la definizione statutaria e l’intero testo, appare evidente che la definizione tace circa il preciso significato della ‘gravità/serietà’ dell’azione, con il risultato di lasciare tanto il profano quanto l’esperto lettore privi di criteri d’interpretazione del termine (20) . In questi casi, pertanto, sorge la questione del valore semantico del linguaggio naturale, ovvero, il problema dei confini tra la sinonimia, l’iponimia, la variazione di significato, gli elementi contestuali e intertestuali dell’indeterminatezza dei termini giuridici contenuti nell’atto. Di fronte a tale indeterminatezza di significati, tuttavia, secondo il diritto vigente, ciò che costituisce una ‘grave/seria’ violenza o danno è una questione di fatto nella quale c’è spazio di manovra per derive giurisprudenziali. Tale indeterminatezza si rileva anche nell’uso del termine ‘violenza’, che pure non reca definizione statutaria. Considerando la questione in un’ottica intertestuale, in relazione a testi che sono in pari materia, si presume che il termine assuma lo stesso significato rinvenuto nella sezione 8 del Public Order Act 1986, ossia quello di ‘ogni condotta violenta’, in cui l’uso del determinante ogni/any è tale da suggerire che la qualificazione violenta o no di un’azione è una questione di fatto lasciata alla discrezionalità del giudice.
Le stesse notazioni si applicano ai termini ‘uso’ e ‘minaccia’. La ‘minaccia’ sembra assumere il significato comune di ‘l’espressione di un’intenzione di ledere qualcuno allo scopo di forzarlo a fare qualcosa’ o di ‘altre azioni ostili’. Sebbene la ‘minaccia’ o ‘l’atto di minacciare’, unitamente alle sue qualificazioni di condotta ‘immediata e inevitabile’, sia un elemento di molte figure delittuose, si può assumere che essa possa sostanziarsi tanto in semplici gesti (ad esempio brandendo un’arma) quanto con sole espressioni verbali, oppure ancora con l’unione di entrambi (ad esempio compiere un furto d’auto brandendo un’arma e pronunciando espressioni come: ‘Ti colpirò con questo’). Sebbene nel caso delle parole si ritenga che esse siano solitamente pronunciate, valutando la terminologia legislativa sembra che il loro valore verbale si applichi anche se la minaccia (a scopi terroristici) include una delle situazioni descritte nei capi da 2(a) a (e) o è comunicata influenzando il governo o intimidendo la popolazione o supportando cause ideologiche, politiche o religiose (capi b e c), o include l’uso di armi da fuoco od esplosivi con l’intento di mettere in pericolo la vita umana (capo 3). In altri termini, l’indeterminatezza della formulazione normativa sembra avvertire che la ‘minaccia’ possa essere tanto verbale che materiale, come pure l’unione di entrambe. Comunque, l’espressione ‘mettere in pericolo la vita’ è piuttosto fuorviante dato che questo crimine si impone come tale senza la necessità, ai sensi della sezione 1(2) del Criminal Damage Act 1971, che la vita sia effettivamente minacciata, essendo sufficiente che l’accusato (ossia il terrorista ai sensi dell’ACSA 2001) abbia l’intenzione di minacciarla o sia incurante o imprudente del fatto che una vita possa essere messa in pericolo (21) . Evidentemente, l’intensità della mens rea varia dall’intenzionalità dell’atto al suo compimento effettivo, potendo configurarsi quest’ultimo tanto come colpa cosciente (subjective recklessness) quanto come colpa incosciente (objective recklessness).4.1 ‘Atto e azione’, ‘beni’, ‘pubblico’, ‘governo’, ‘terrorista’: definizioni
Alcune definizioni sono contenute nel corpo delle relative sezioni, altre invece vanno ricercate nella sezione 121. Per comodità di esposizione, vengono qui di seguito presentati alcuni esempi di stesura di termini così come ricorrono nel testo del 2001.
Mentre il termine ‘governo’ è lasciato indefinito nella legge del 2001, quello di ‘atto’ viene definito nella Parte VIII, sezione 121, in cui si legge:
“In questa legge ‘atto’ e ‘azione’ includono il comportamento omissivo.”
Ma nella Parte I, sezione 1[3] relativa alle ‘Azioni compiute a scopo terroristico’, si stabilisce che l’azione:
“include comportamenti tesi a procurare benefici ad organizzazioni proscritte (22) .”
Il significato del termine ‘pubblico’ è fornito in via indiretta in relazione all’espressione composta ‘public place’ nella Parte VIII, sezione 121, nel quale si prevede che:
‘luogo pubblico’ indica un luogo al quale membri della popolazione hanno accesso, liberamente o a pagamento.
Il termine ‘beni’ è definito nella Parte VIII, sezione 121, dove è stabilito che:
“ ‘beni’ comprende i beni ovunque situati, siano essi nell’ampia categoria di beni reali o personali, ereditabili o mobili, e altri diritti (things in actions) ed altri beni immateriali.”
Come per il termine ‘pubblico’, la definizione di ‘beni’ ricorre anche in relazione a ‘beni e cose dei terroristi’. Nella Parte III, sezione 14, si statuisce:
[1] In questa legge per ‘beni dei terroristi’ s’intendono:
(a) denaro o altri beni suscettibili di essere utilizzati a scopi terroristici (compresa ogni risorsa imputabile ad organizzazioni proscritte),
(b) proventi derivanti dalla commissione di atti terroristici, e
(c) proventi derivanti da attività realizzate a scopi terroristici.
[2] Nella sottosezione [1]
(a) il riferimento ai profitti di un’azione include il riferimento a qualsivoglia bene il quale, interamente o in parte, direttamente o indirettamente, rappresenti profitto dell’atto (compresi i pagamenti o altri emolumenti collegati alla sua commissione), e
(b) il riferimento alle risorse di un’organizzazione comprende il riferimento a qualunque somma di danaro o altri beni impiegati o resi disponibili, o che debbano essere impiegati o resi disponibili per l’uso da parte dell’organizzazione.
Il termine ‘terrorista’ è definito nella Parte V, sezione 40, come segue:
[1] In questa Parte per ‘terrorista’ s’intende un individuo che -
(a) ha commesso reati previsti nelle sezioni 11, 12, da 15 a 18, 54 e da 56 a 63, o
(b) è implicato o è stato implicato nella commissione, preparazione o istigazione di atti di terrorismo.
Eccezion fatta per i termini non definiti o insufficientemente definiti, la tecnica di redazione delle suddette definizioni illustra la mera intenzione del Legislatore di chiarire un termine usato nel testo che potrebbe altrimenti sollevare dubbi nella mente del lettore relativamente a cosa si intenda significare o includere nell’oggetto così designato. Ciò è dovuto al fatto che il significato del termine così come si rinviene nei comuni dizionari non è sufficientemente ampio da coprire ogni eventualità che può sorgere nella fattispecie concreta, risultando perciò inadeguato a stabilire un significato giuridico più preciso. Pertanto, allo scopo di fugare dubbi, tali definizioni mirano ad assicurare la certezza del diritto. Tuttavia, la tecnica di redazione è tale da assicurare che esse possano funzionare nel contesto nel quale sono utilizzate e che il loro contenuto (cioè ciò che vi rientra e ciò che ne è escluso) non causi difficoltà all’atto dell’interpretazione della disposizione.
Inoltre, la suddetta tecnica di redazione è tale che le definizioni risultano cariche di significati, essa, cioè, individua più definizioni per un unico significato. Questa caratteristica segnala non solo la necessità del Legislatore di essere il più rigoroso possibile nella formulazione delle espressioni legislative, ma anche giustifica il mischief sociale prima menzionato, come pure il difetto giuridico. In questi casi, è tuttavia necessario valutare se, indipendentemente dal riferimento a specifici doveri, poteri o privilegi, alcuni o tutti i significati alla base delle definizioni date avrebbero dovuto, al momento della formazione dell’atto, essere esposti in sezioni separate. È probabile che la ragione per cui ciò non è stato fatto risieda nell’obiettivo di facilitare il lettore, il quale potrebbe trascurarle, o trovare difficile tenere a mente le informazioni aggiuntive contenute nelle sezioni separate.
L’uso della voce verbale ‘include’ (4 occorrenze nelle definizioni oggetto di analisi) chiarisce inoltre la necessità del Legislatore di estendere il significato comune del relativo termine attraverso una definizione che include uno o più oggetti di riferimento che non rientrano nel suo solito significato ordinario. Ciò non vale completamente per il termine ‘organizzazione’, per il quale invece pare che prevalga il significato generico della lingua comune anche nella definizione statutaria del 2001 che, a sua volta, porta con sé un grado di similitudine con la definizione del dizionario.
Nel New Oxford Dictionary of English (1998) questo termine viene definito nel seguente modo:
‘organizzazione’: un insieme organizzato di individui con uno scopo particolare, specialmente economico, amministrativo o caritatevole’,
laddove nella sezione 121, Parte VII, dell’ACSA 2001 al termine viene attribuito un significato inclusivo, sebbene piuttosto vago, come:
‘organizzazione’ include ogni associazione o combinazione di persone’,
risultando quindi insoddisfacente.
Per contrasto, l’uso della voce verbale ‘significa’ (2 occorrenze nelle definizioni oggetto di analisi) è tale da definire il relativo termine limitatamente al più ristretto contenuto necessario agli scopi della legge, vale a dire per indicare un solo oggetto e nient’altro. Nella legge tale obiettivo si realizza indicando nella definizione cosa viene escluso, implicitamente, dal significato del vocabolo come usato nel suo senso pieno. In questi casi - occorre sottolineare - sembra sorgere una difficoltà proprio dall’uso dell’elemento connettivo o/oppure nella definizione di ‘terrorista’. Sebbene il connettivo o/oppure sia normalmente interpretato come elemento di esclusione, nel senso che impone la scelta tra i fattori che lega, come avviene dicendo, ad esempio, caffè nero o macchiato, può nondimeno comportarsi come elemento di inclusione nel senso che, in determinate circostanze, entrambi i fattori legati possono essere presenti. Pertanto, o/oppure può, in un contesto appropriato, essere interpretato come e (congiunzione). In proposito, qualsiasi tentativo di identificare linguisticamente il senso di una o potrebbe risultare inconcludente, dato che andrebbe di nuovo lasciato al giudice l’onere di identificare adeguatamente la responsabilità penale dell’agente (il terrorista) nei casi di specie. Ciò si spiega nel fatto che la responsabilità penale sorge in relazione alle situazioni descritte nei capi [1] (a) o (b) oppure in entrambi, l’ultimo comunque facendo derivare la responsabilità dal concorso nella condotta criminale del presunto terrorista e dell’organizzazione. Ciò viene espresso comunemente con la locuzione ‘implicato in attività terroristiche’ che assume un significato tecnico-giuridico al di fuori com’è del linguaggio naturale (23) .
Sulla base delle considerazioni svolte, quindi, l’uso concreto dei termini legislativi nel testo del 2001, siano essi di valenza comune o tecnica, è tale da indicare la necessità di imporre prescrizioni restrittive onde poter far fronte alla minaccia del terrorismo e ciò in maniera tale che la comunità degli addetti ai lavori possa facilmente comprenderle e immediatamente applicarle. Ciò rende le disposizioni dell’atto onnicomprensive, specifiche e chiare.





In questo articolo, si è cercato di descrivere come i recenti eventi terroristici abbiano indotto i paesi dell’Unione Europea ad introdurre o migliorare la legislazione antiterrorismo. Fino al verificarsi di tali eventi, la definizione del termine ‘terrorismo’ era approssimativa e spesso esposta ad abusi. L’uso del termine, quale si rinviene nella legislazione dell’Unione Europea, porta con sé un significato politico. Il significato del termine nella legislazione italiana è ricavato in relazione alle finalità della condotta terroristica, intesa come un’azione politica sovversiva diretta contro l’ordine democratico.
Per quanto concerne il Regno Unito, nella costruzione della legislazione precedente, l’ampio concetto legislativo di ‘terrorismo’ è stato a lungo incluso nella categoria dei ‘delitti politici’ per essere poi esteso ad una varietà di altri reati.
La nozione di terrorismo ha subito sviluppi significativi nel TA 2000 e nell’ACSA 2001, l’ultimo dei quali ha evidenziato la necessità che il concetto abbia un’applicazione e una portata più ampie, in modo tale da estendersi alle minacce internazionali con modalità che pongono l’enfasi sull’operato delle forze di polizia.
La necessità, per i testi di legge in parola, di eliminare potenziali ambiguità e garantire la certezza del diritto è evidenziata dal chiaro stile della lingua inglese nel quale sono redatti, in cui il significato delle espressioni e dei termini si alterna passando da quello proprio della lingua ordinaria a quello tipicamente giuridico, sia attraverso l’espressione della fonte legislativa che giurisprudenziale.
Fatta eccezione per alcuni casi in cui i termini sono indefiniti e pertanto portano significati indeterminati, aprendo spazi di manovra al giudice, il complesso delle definizioni è redatto in maniera onnicomprensiva attraverso espressioni cariche di significati. Pur esprimendo molteplici definizioni per un solo significato, una tecnica di redazione simile è tale che il concetto ristretto (significa) o quello esteso, inclusivo, ordinario del termine (comprende) forniscono complessivamente al linguaggio della legge un carattere specifico e onnicomprensivo, assicurando pertanto che esso sia funzionale nel contesto in cui è utilizzato.




Riferimenti bibliografici


ACSA 2001 e Atti relativi disponibili all’indirizzo Internet www.hmso.gov.uk (Legislation - United Kingdom - Acts of the UK Parliament - full text Public Acts - 2001)
Il decreto legge n. 374, convertito in Legge 15.12.2001 n. 438, il decreto legge n. 353 convertito in Legge 27.11.2001 n. 415 e il decreto legge n. 369 convertito in Legge 14.12.2001 n. 431 sono disponibili nel sito.
Pearsell (ed.), 1998, The New Oxford Dictionary of English, Clarendon Press, Oxford
Simester, A.P. & Sullivan, G.R. (2001), Criminal Law. Theory and Doctrine, Hart Publishing, Oxford
Giurisprudenza
Damaree (1709) Foster 213
Hensey (1758) 1 Burr 642, 19 State Tr 1341
Lynch (1903) 1 KB 444, 72 LJKB 167
Longhorn (1679) 7 State Tr 417


(1) Per quanto riguarda l’aspetto internazionale, nell’ambito di diversi provvedimenti adottati a seguito degli eventi dell’undici settembre, preme sottolineare come sia da tempo in discussione e in attesa di definizione presso le Nazioni Unite un progetto, presentato dall’India, finalizzato all’approvazione di una convenzione globale in materia di lotta al terrorismo. Per quanto riguarda l’Unione Europea, fra le numerose iniziative che hanno portato all’approvazione di diversi atti normativi in materia, vanno segnalati in particolare due provvedimenti: la decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri e la decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 in materia di lotta contro il terrorismo. Entrambi i testi sono pubblicati sul presente numero della Rivista, in Parte Terza.
(2) Il testo normativo è stato pubblicato, in stralcio, sul n. 18/2000 della presente Rivista.
(3) Il testo integrale della Legge è reperibile all’indirizzo www.hmso.gov.uk (al titolo Legislazione - Regno Unito - Leggi scritte del Parlamento del Regno Unito - Public Acts - 2001).
(4) Si possono citare, a titolo esemplificativo, gli attentati del 1993 a Roma e Milano a siti d’interesse artistico e culturale o l’uccisione di personalità particolarmente simboliche per le Istituzioni attraverso il ricorso a modalità di tipo bellico (ricordiamo i tragici attentati ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), tali, appunto, da destare panico fra la popolazione o da provocare vittime tra i civili.
(5) Legge 30 dicembre 1991, n. 410 recante “Disposizioni urgenti per il coordinamento delle attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata”.
(6) Decreto legge n. 374, convertito in Legge 15.12.2001 n. 438; decreto legge n. 353 convertito in Legge 27.11.2001 n. 415 e decreto legge n. 369 convertito in Legge 14.12.2001 n. 431. Il testo integrale relativo a ciascuno di tali decreti è consultabile nel sito.
(7) Questa legge può essere consultata sul sito www.hmso.gov.uk (seguendo il percorso Legislation - United Kingdom -Acts of the UK Parliament - full text Public Acts - 2001).
(8) Due leggi sono considerate in pari materia (dal latino pars o paris, ossia uguale) se trattano lo stesso argomento.
(9) Il Parlamento non può far nulla senza una ragione. La ragione alla base dell’approvazione di una legge scritta deve risiedere in qualche difetto della legge in vigore. Se la legge vigente non presenta difetti, il Parlamento non avrà bisogno di cambiarla. Questo difetto costituisce ciò che nell’interpretazione legislativa inglese è detto tecnicamente il ‘mischief’ (difetto, lacuna, mancanza) che il nuovo atto si propone di eliminare.
(10) Si confronti l’enunciazione di scopo nel titolo lungo (sia essa formulata come nella suddetta intestazione o meno, sia essa formulata in modo onnicomprensivo o meno) dell’Obscene Publication Act 1964 che recita: “Una legge posta per rafforzare la normativa per la prevenzione della pubblicazione a scopo di lucro di materiali osceni e la pubblicazione di materiali volti alla produzione di materiali osceni”. Implicitamente deduciamo che il mischief consiste qui in una carenza delle previsioni di legge contro l’oscenità. La natura del rimedio non è indicata. Deduciamo che qualunque esso sia, rafforzerà la legge, ma questo è tutto. Per saperne di più, il lettore deve leggere l’atto.
(11)) Ad esempio: ‘government’, ‘public’ e ‘organization’ illustrati in appresso.
(12) Si tratta di crimini che attentano alla sicurezza dello Stato nel suo complesso. I principali crimini contro lo Stato sono il ‘tradimento’ e la ‘mancata denuncia di tradimento’, la ‘sedizione’ (e l’istigazione alla ‘rivolta’), crimini implicanti ‘segreti di stato’ ed ‘atti di terrorismo’.
(13) Ossia il dovere di obbedienza dovuto ad un capo di stato in cambio della sua protezione.
(14) ‘Presunti’ perchè derivanti dalla legal rule del diritto giurisprudenziale.
(15) Longhorn (1679) 7 State Tr 417.
(16) Hensey (1758) 1 Burr 642, 19 State Tr 1341.
(17) Damaree (1709) Foster 213.
(18) In Lynch (1903) 1 KB 444, 72 LJKB 167, nel quale fu stabilito che costituiva sostegno al nemico il caso in cui un cittadino britannico diviene un naturalizzato di uno stato nemico in tempo di guerra.
(19) Ossia, il Prevention of Terrorism Act 1989, il Criminal Justice and Criminal Order Act 1994, il Prevention of Terrorism Act 1996, ed il Criminal Justice Act 1989. Comunque, il Prevention of Terrorism (Temporary Provision) Act 1989 ed il Northern Ireland (Emergency Provisions) Act 1996 sono stati abrogati sebbene l’ Allegato 1 faccia salve alcune norme per l’Irlanda del Nord
(20) Questo vale anche per altre espressioni presenti nella legge.
(21) La titolazione di questa sezione è ‘ Distruzione o danneggiamento di beni con lo scopo di mettere in pericolo la vita umana’.
(22) L’espressione ‘organizzazioni proscritte’, sebbene non si applichi al contesto legislativo italiano, è definita nell’atto con una lista di organizzazioni (Sezione 3, Parte II) elencate nell’Allegato 2 della legge del 2001. Inoltre, è compito del Ministro competente (Secretary of State) aggiungere o rimuovere un’organizzazione dalla lista o aggiornare la lista in altro modo se lo ritiene necessario.
(23) Vale a dire, la partecipazione in attività criminale del terrorista e dell’organizzazione come descritto nella sezione 3(5), Parte II dell’ACSA 2001: “Ai sensi della sottosezione (4) una organizzazione è coinvolta in attività terroristiche se: (a) commette o partecipa alla commissione di atti terroristici, (b) si prepara al compimento di atti terroristici, (c) promuove o incoraggia il terrorismo, o (d) è in altro modo collegata al terrorismo”.

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