L’anno 2002 ha visto ricorrere il bicentenario dell’istituto prefettizio.
Duecento anni fa, in età napoleonica, nasceva infatti la figura del Prefetto che, fin dal periodo pre-unitario, ha accompagnato la vita del nostro Paese.
Per ricordare questo importante evento storico il Ministero dell’Interno ha promosso una serie di importanti iniziative, non solamente culturali, che hanno interessato tutte le provincie italiane.
Convegni e tavole rotonde hanno messo in luce l’importanza, oggi come allora, del Prefetto e delle Prefetture, uffici territoriali di Governo, “presidio di garanzia, di legalità, di sicurezza” nelle parole del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio CIAMPI, pronunciate nella cerimonia conclusiva dell’anno del bicentenario.
In occasione dell’inizio delle celebrazioni, aperte a Milano il 26 giugno 2002, sono stati presentati un prestigioso volume, che raccoglie per la prima volta bellissime immagini dei palazzi del Governo sul territorio, nonché un francobollo celebrativo emesso dalle Poste Italiane ed una medaglia in bronzo.
Gli eventi legati alla ricorrenza del bicentenario si sono conclusi lo scorso 13 dicembre con una cerimonia importante e ricca di significati presso la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno alla presenza, già ricordata, del Capo dello Stato, del Ministro dell’Interno e di alte cariche istituzionali.
Di seguito riportiamo l’intervento del presidente dell’ANFACI, l’Associazione dei funzionari dell’Amministrazione dell’Interno, Prefetto Carlo MOSCA.
Signor Presidente,
vi è un profondo significato nelle celebrazioni del Bicentenario che si concludono oggi dinanzi a Lei che ci onora con la Sua ambita presenza.
Il significato di duecento anni di servizio ai cittadini italiani.
Il Corpo prefettizio, che si sente così profondamente legato alla società italiana, ha accompagnato la storia della nostra Patria.
Sono state scritte pagine esaltanti e meno, vi sono stati grandi prefetti e prefetti che non hanno onorato in pieno la loro missione. Vi è stata un’età delle tensioni ideali e un’età della crisi.
Lo stesso Ministero dell’Interno sorto nella prima Repubblica italiana il 24 febbraio 1802 ha alternato periodi di splendore e di centralità a periodi di difficoltà e di opacità riuscendo però sempre a mantenere viva, anche quando l’orientamento politico sembrava indirizzarlo verso una prevalente connotazione di polizia, la sua originaria vocazione ad essere dicastero di garanzia di esercizio di libertà, di funzionamento delle strutture pubbliche, di cura degli affari civili interni, un dicastero comunque sempre prossimo ai cittadini.
Ai prefetti pre-unitari della prima Repubblica e del primo Regno d’Italia hanno fatto seguito i prefetti del primo trentennio post-unitario radicati nella tradizione risorgimentale e poi quelli del secondo trentennio segnato dalle difficoltà della fine del secolo e del primo dopoguerra. Per giungere ai prefetti dell’epoca fascista su cui grava un severo giudizio che solo la recente storiografia sta attenuando distinguendo tra l’abile esercizio della funzione svolta dai più e la discutibile qualità degli uomini, invero pochi, che scelsero di fare politica rinnegando la loro missione di esercitare amministrazione generale. Per arrivare infine ai prefetti del secondo dopoguerra e della moderna democrazia distinguibili anche loro tra quelli dei primi trenta anni a partire dalla Costituzione repubblicana e quelli dei nostri giorni contrassegnati dal 1976 in poi da una costante affermazione delle autonomie, territoriali e funzionali, in un periodo di progressivo federalismo amministrativo proiettato oggi verso traguardi ancora non compiutamente definibili.
E' stata una storia che la nostra sensibilità come associazione professionale ha sentito il dovere di trasmettere - e lo abbiamo fatto con tenacia - per esprimere gratitudine a chi ci ha preceduto e per indicare un itinerario a chi, dopo di noi, sceglierà di continuare ad assolvere una missione fondata su un elevato senso delle istituzioni e su una spiccata dedizione alla causa dell’Unità nazionale.
L’anno del Bicentenario ha incrociato un periodo di riscoperta dei valori, di volontà riformatrice, di cambiamento di una cultura in cui l’etica deve svolgere la funzione di collegare le risorse umane al benessere della società razionalizzando le spinte ad un profitto privo di un quadro strategico d’insieme.
L’anno del Bicentenario ha trovato pure nello scenario nazionale le difficoltà della complessità del sociale, del politico, dell’economico, del religioso, la difficoltà di gestione di un sistema polifunzionale, poliarticolato, pluriframmentato, ricco di autonomie dove le diversità, preziose nella loro configurazione, disegnano contestualmente varietà di situazioni, di opportunità, di rischi scaturenti proprio dalla interazione di atteggiamenti, progetti e culture differenti.
Una frammentarietà che se non si vuole vedere trasformata in frantumazione, necessita sul territorio di un polo di riferimento, di raccordo, di mediazione, di composizione, di sostegno ad una partecipazione condivisa e promossa nell’interesse nazionale.
Ecco l’esigenza e la presenza della rete prefettorale. Ecco il significato di un servizio concreto alla Comunità nazionale.
Un servizio alla Comunità nazionale, curato con impegno silenzioso e lontano da ribalte illuminate, che si è svolto e si svolge quotidianamente tra la gente, il che rappresenta, oggi come ieri, la più antica e la più moderna aspirazione del Corpo prefettizio.
Abbiamo, Signor Presidente, un “cuore antico” tutto teso a vivere il presente ma tutto proteso verso il futuro che per noi significa facilitare le migliori condizioni di civiltà e di progresso, essere artefici, insieme con gli altri, di livelli di democrazia sempre più adulta.
Ciò seguendo il filo di una impresa intellettuale che conferisce vigore ad una forte progettualità e ad una continuità che è ragionata, sorretta da una convinta etica dei valori, rafforzata al contempo da un necessario pragmatismo.
E' stata del resto questa capacità di tenere insieme idealità e pragmatismo, guardando avanti verso il domani, ad arricchire la nostra storia che è storia di cultura dell’amministrazione e di amministrazione di una cultura basata su una singolare identità i cui stili di comportamento mantengono una loro precisa attualità e vengono spesso reclamati come segno distintivo da preservare per non disperdere un patrimonio senza cui ci sembra non facile ricercare strumenti adeguati all’incedere di una globalizzazione per la quale si avvertono, al tempo stesso, sentimenti di speranza e di timore.
L’elogio della storia che questo Bicentenario rappresenta si concilia dunque con la visione del futuro e con la volontà di essere fini innovatori e abili facilitatori di un cambiamento richiesto dai cittadini.
Il Corpo prefettizio ha percorso così duecento anni di storia, con slancio, sovente con coraggio soprattutto nei momenti aspri e difficili del Paese, con autorevolezza nel senso della radice latina di augere suscitando cioè crescita ed energia. è stato nel 1802, e lo è ancora di più nella realtà odierna, alfiere di uno Stato uguale dove libertà ed uguaglianza sono principi essenziali della nostra Costituzione repubblicana.
Ecco perché, Signor Presidente, non abbiamo vissuto l’anno del Bicentenario per celebrare con retorica semplici riti, ma abbiamo voluto cogliere, anche con l’aiuto di quanti nel pubblico e nel privato ci hanno dimostrato simpatia e stima, un’opportunità unica per riaffermare una presenza e un ruolo al servizio della Repubblica italiana e dei suoi valori fondanti, tra i quali spicca l’Unità nazionale di cui Lei, Signor Presidente, è il primo garante e il nobile custode. Di questo soprattutto Le siamo e Le saremo sempre profondamente grati.
Grazie ancora per la Loro importante presenza alle altre alte Autorità, ai Colleghi, agli Amici e ai Sostenitori di questo Bicentenario che abbiamo avuto quest’anno il privilegio storico di vivere e l’onore di celebrare. Grazie.
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