Da tempo, ormai, vengono periodicamente proposti scenari, ipotesi e analisi riguardanti l'avvenire con riferimento ai fenomeni più svariati. Nonostante le incognite, tale esercizio, che coinvolge anche gli specialisti e i cultori dell'intelligence, non è privo di utilità a condizione che si basi su tendenze e potenzialità prudenzialmente riscontrabili in quanto già in atto e non pretenda, invece, di offrire predizioni o, tanto meno, profezie.
Particolarmente arduo è il tentativo di formulare previsioni valide sul futuro di fenomeni complessi quali l'estremismo e il fondamentalismo, entrambi prole di molteplici matrici, con i consequenziali rischi che essi pongono per l'ordine pubblico e per la sicurezza nazionale e collettiva. Questa difficoltà è ulteriormente aggravata dai limiti di espressione socialmente e psicologicamente imposti dalla moda del politically correct, da non confondersi con i principi - auspicabilmente solo dormienti - della buona educazione e della convivenza civile.
Prima di considerare quanto potrebbe prospettarsi per l'avvenire, qui restrittivamente inteso come quel lasso di tempo che abbraccia i prossimi dieci o quindici anni, è opportuno soffermarci sul significato che riteniamo di poter ragionevolmente attribuire ai termini estremismo e fondamentalismo con riferimento al delicato tema della sicurezza.
Per estremismo intendiamo le manifestazioni - specialmente quelle attinenti alla sfera politica - più illiberali del massimalismo, del radicalismo e dell'intransigenza, spesso accompagnate dall'eversione e dalla violenza, sia quest'ultima palese o clandestina. In quanto le radici dell'estremismo sono numerose e di conseguenza differenziano un determinato tipo di estremismo da ogni altro, è preferibile parlare di estremismi.
Più difficile è circoscrivere il concetto di fondamentalismo, il quale rispecchia complesse radici sociali, politiche, economiche, culturali e, naturalmente, religiose, ma non è di per sé sinonimo di intolleranza, violenza o sopraffazione, anche se viene sovente ed impropriamente prospettato in tal senso.
Il fondamentalismo trae il proprio sostegno da un testo sacro, costituisce un programma di azione socio-politica in senso lato e si propone come guida per la vita spirituale dei credenti. In tutte queste sue manifestazioni, il fondamentalismo si confronta con i non credenti, senza però mirare allo scontro violento o all'imposizione del proprio credo. Allo stesso tempo, il fondamentalismo non viene praticato da una singola comunità religiosa ma da diverse, ancorché all'interno di una confessione religiosa più vasta. Anche nel caso del fondamentalismo è quindi preferibile avvalersi dell'espressione al plurale: fondamentalismi.
In particolar modo quando i movimenti fondamentalisti nascono come movimenti riformisti e falliscono nei loro obiettivi, subentra il rischio che vengano adottate, specialmente dai nuovi leaders che subentrano a quelli originari, metodiche radicali o rivoluzionarie. Ma, a prescindere dalle varianti situazionali, in tutti i casi ove il fondamentalismo degenera in forme d'intolleranza e d'imposizione sarebbe comunque preferibile parlare di radicalismo religioso piuttosto che di fondamentalismo, nonostante il su ricordato ampio e generalizzato utilizzo improprio del termine fondamentalismo.
Va infine tenuto presente che la religione può essere vissuta e praticata come fede, cioè il rapporto soggettivo della creatura (il credente) con il Creatore, oppure come ideologia. Nel secondo caso, si verifica lo straripamento della sfera religiosa in quella politica. Ne deriva, sotto l'aspetto analitico, l'esigenza - problema in vari casi complesso - di distinguere nettamente il fondamentalismo o, meglio, il radicalismo religioso dal semplice estremismo politico. (1)
Fatte queste premesse concettuali e terminologiche, possiamo con la dovuta cautela tentare di inquadrare tanto gli estremismi, quanto i fondamentalismi degeneranti in radicalismi religiosi, nell'ambito della dimensione temporale che ci proponiamo di affrontare.
Siamo pienamente concordi con la valutazione secondo cui gli anni Novanta sono stati un periodo di transizione e di squilibrio che ha caratterizzato il passaggio dalle certezze, insite nella logica della Guerra Fredda, a nuovi paradigmi e problemi. Siamo parimenti concordi nel ritenere che detto periodo di transizione, accompagnato da minacce e rischi di natura multidimensionale e multidirezionale rispetto all'assetto bipolare simbolicamente sorto con l'erezione della cortina di ferro e simbolicamente tramontato con la caduta del muro di Berlino, sia ancora in atto e che si protrarrà nel corso dei prossimi dieci o quindici anni. (2)
Va immediatamente aggiunto che viviamo in un'era tormentata dal ricorso di numerosi gruppi subnazionali - talvolta appoggiati da Stati sostenitori - alla cosiddetta guerra asimmetrica, che nella sostanza punta allo sfruttamento dei punti deboli di un avversario più potente, come macroscopicamente dimostrato dai noti fatti dell'11 settembre 2001. (3) Ogni tipo di estremismo e fondamentalismo degenerativo costituisce quindi una minaccia per la sicurezza nazionale, inscindibile in questo frangente storico da quella collettiva.
è appunto nel contesto di questo periodo di transizione storica e di proclività per l'aggressione asimmetrica che tenteremo di inquadrare il verosimile andamento degli estremismi e dei fondamentalismi.
Nella storia contemporanea, le manifestazioni tipicamente ideologiche dell'estremismo emanano tanto dall'ultradestra quanto dall'ultrasinistra e sono, nella maggior parte dei casi, poste in essere da aggregazioni o movimenti extraparlamentari o extraistituzionali. A queste si aggiungono pulsioni di esasperato sentimento etnico o tribale generalmente mirante alla costituzione di comunità politiche indipendenti o al ricongiungimento di popoli consanguinei. Maggiormente variegate sono poi le istanze, spesso espresse con metodi non istituzionali e non convenzionali, dei gruppi dediti a cause specifiche quali i diritti umani e la protezione dell'ambiente oppure alla fumosa crociata antiglobalizzazione. Infine, non solo le aggregazioni subnazionali su menzionate, ma anche determinati Stati - oggi denominati rogue states ovvero Stati canaglia o fuorilegge - operano sulla base d'impostazioni estremiste.
Tutti questi fenomeni di estremismo politico o socio-politico sono, in diversa misura, sopravvissuti alla conclusione della Guerra Fredda o hanno tratto, alternativamente, il proprio impulso da situazioni sorte a seguito della conclusione della stessa.
Sotto forma di un metaforico sguardo verso l'orizzonte, considereremo per prime le aggregazioni estremiste subnazionali, le quali, a prescindere dalla rispettiva matrice, commettono, o danno vita a frange che commettono, atti rientranti nelle dinamiche dell'agitazione sovversiva e del terrorismo.
Per quanto riguarda l'estrema destra - variabilmente razzista, xenofoba, velleitaria o legata ad espressioni e simboli esoterici - è prevedibile che le aggregazioni ad essa appartenenti continuino ad esprimere uno spessore culturale e intellettuale fortemente limitato ed accompagnato sia da paranoia e antisocialità, specialmente nei confronti di comunità straniere trapiantate e non culturalmente assimilate, sia da comportamenti spesso riconducibili a delinquenza giovanile, particolarmente con l'allargamento della militanza pseudo-nazista nei Paesi già appartenenti al blocco sovietico ed ora in fase di transizione dal mondo socialista a quello neocapitalista.
Tutto ciò non riduce la pericolosità complessiva dell'estrema destra, pericolosità che si traduce in atti vandalici, aggressioni e comportamenti irrazionali quali l'equiparazione del tifo per determinate squadre sportive a determinati convincimenti politici. Da tenere presente che, contrariamente al passato, numerose manifestazioni dell'estremismo di destra oggi prevalgono su quelle di sinistra. Va, però, pure notato che, almeno in Europa, l'incremento (anche sotto l'aspetto della violenza non clandestina) dell'agitazione sovversiva di destra non ha contemporaneamente prodotto una analoga incidenza di azioni terroristiche vere e proprie riconducibili alla stessa matrice. Fuori dell'Europa, non vanno poi sottovalutati i rischi posti tanto negli Stati Uniti dalle militias con atteggiamenti paranoici, antifederalisti e razzisti quanto in alcuni Paesi dell'America Latina da gruppi paramilitari, proclamatisi autodefensas, a servizio di latifondisti e allo stesso tempo perpetratori di violenze private ed altri crimini.
L'estremismo di sinistra, la cui componente marxista-lenista è retrocessa allo stadio embrionale nella quasi totalità degli Stati, costituisce ancora un polo di attrazione per una serie di aggregazioni soprattutto anarcoidi. Come risulta dalla casistica, molteplici gruppi anarchici, di regola qualificati anarchici insurrezionalisti, operano a livello di agitazione sovversiva e commettono altresì atti terroristici prevalentemente di natura dimostrativa.
A loro volta, i nostalgici dei partiti comunisti combattenti, d'ispirazione chiaramente marxista-leninista, si stanno adoperando - sotto le note denominazioni del passato o sotto nuovi ma altrettanto inequivocabili appellativi - per rivitalizzare, con l'agitazione sovversiva e con occasionali (piuttosto che sistematici) atti di terrorismo, il tentativo di costituire l'auspicato fronte antimperialista di portata internazionale. Perdurano, inoltre, situazioni in Paesi ancora in via di sviluppo, quali la Colombia ed il Nepal, in cui l'estremismo marxista-leninista o maoista è in condizione di condurre azioni di guerriglia in pieno stadio d'insorgenza e di esercitare il proprio controllo su parte del territorio nazionale.
Nonostante esso sia oggi meno visibile di quello di destra, l'estremismo di sinistra è maggiormente proiettato verso lo sfruttamento di disagi e scontri sociali e possiede maggiori capacità d'inserimento nelle relative dinamiche conflittuali, potenzialità che continueranno ad essere pienamente sfruttate.
Rispetto agli estremismi a sfondo ideologico di destra e di sinistra, le pulsioni etniche e tribali espresse in modo violento rappresentano una maggiore minaccia per il futuro prossimo. Nel mondo occidentale, casi quali l'auspicato separatismo nord-irlandese, basco o corso sono riconducibili soprattutto a radici storico-culturali, ancorché accompagnate da rivendicazioni sociali ed economiche. Tuttavia, tentativi di accomodamento tuttora dimostrano di non soddisfare gli elementi irriducibili, come si evince, a titolo di esempio, dal sorgere nell'Ulster del Real Irish Republican Army e del Continuity Irish Republican Army nel momento in cui il Provisional Irish Republican Army si è reso disponibile per qualche forma di pacifica trattativa.
Anche nella defunta Unione Sovietica la repentina liberalizzazione politica ed economica non accompagnata dall'indipendenza nazionale auspicata da diversi popoli, sostanzialmente estranei tanto all'impero zarista quanto al successivo dominio sovietico, può tutt'oggi fungere da catalizzatore per movimenti indipendentisti condotti o infiltrati da elementi fanatici e violenti.
Ma la situazione più esplosiva di oggi e di domani riguarda innumerevoli Paesi del Terzo Mondo, non solo africani, dove fattori quali l'artificialità dei confini riconducibili al colonialismo, all'imprevidente tempestività della decolonizzazione e all'incompiuto processo di formazione dello Stato-nazione - quest'ultimo dovuto non solo a fattori storici esterni, ma anche a carenze istituzionali interne, disparità socio-economiche, rivalità e corruzione - non possono che esasperare tradizioni e aspirazioni tribali. Va parimenti notato, come lo dimostra il recentissimo caso afghano, che la sovranità nazionale non è sufficiente ad impedire conflitti e scontri tribali, particolarmente dove esistono inveterate consuetudini riguardanti il ciclico processo di formazione e di ribaltamento delle alleanze interne al Paese.
Come sopra anticipato, il terzo dei raggruppamenti subnazionali comprensivo di frange estremiste e, paradossalmente, violente è quello dedito a cause specifiche che spaziano dal pacifismo e dall'antimilitarismo alla protezione dell'ambiente (ecocentrismo, antinquinamento e antinuclearismo), degli animali (biocentrismo) e dei diritti umani (terzomondismo e lotte libertarie, che sovente includono il libertinaggio vero e proprio), fino all'antiglobalizzazione, la quale abbraccia a sua volta una miriade di cause e costituisce il massimo punto di aggregazione, per quanto nebulosa, fra diversi gruppi non infrequentemente muniti di coperture ed appoggi istituzionali.
Sono appunto la trasversalità e la transnazionalità di questo fenomeno, come evidenziato dalla composizione dei dimostranti e dai fatti di Seattle, Washington, Praga, Nizza, Napoli, Goteborg e Genova, per citare solo alcuni esempi, che lo rendono oggetto di notevole preoccupazione per quanto riguarda il proprio sviluppo nel medio termine. La comprovata infiltrazione anarchica e di elementi provenienti dall'autonomia - assieme all'interessamento da parte di estremisti dell'ultradestra e della sinistra marxista-leninista con precedenti di violenze di piazza e terrorismo - in questo milieu dedito alle su ricordate cause specifiche e all'antiglobalizzazione costituiscono ulteriore causa di allarme.
Oltre agli estremismi di matrice subnazionale, continua a prospettarsi sull'orizzonte la minaccia posta dai rogue states, il cui ruolo non si esaurisce con il sostegno al terrorismo internazionale, ripetutamente denunciato dagli Stati Uniti, il cui governo periodicamente pubblica la terrorism list, che dal 1993 include Iran, Iraq, Libia, Siria, Sudan, Cuba e Corea del Nord.
Alcuni Stati fuorilegge palesemente violano altresì i diritti umani (al punto di tollerare la schiavitù), praticano l'omicidio politico all'estero, intervengono in conflitti a loro estranei e contravvengono agli accordi internazionali sia perseguendo la produzione o l'acquisizione di armamenti di distruzione di massa sia procurandone ad altri Stati la disponibilità. Nonostante gli ammonimenti americani nei confronti dell'asse del male, espressione di recente conio, non ci sembra realistico ritenere che, in assenza di abili passi diplomatici e/o pesanti contromisure, tali comportamenti cessino nel breve termine. (4)
Come accennato nella Premessa, il fondamentalismo è riscontrabile in ogni fede o confessione e si sostanzia nella dedizione a determinati principi e valori. Il radicalismo religioso, anch'esso occasionalmente riscontrabile in numerose professioni fideistiche e praticato solo da estremisti, è invece una degenerazione del fondamentalismo e spesso comporta iniziative violente e sopraffazioni in nome della religione.
A rischio di violare la moda del politically correct, è doveroso e indispensabile notare, ai fini analitici e nel contesto delle previsioni sull'andamento di tendenza dei fondamentalismi/radicalismi religiosi, che in questo momento storico non solo è in corso un risveglio dell'Islam, grande religione monoteista portatrice di valori culturali e principi spirituali, ma che allo stesso tempo il radicalismo islamico, indiscutibilmente espressione minoritaria di quella religione, costituisce la maggiore minaccia a livello di estremismo politico-confessionale. è nitidamente percepibile, a seconda delle circostanze, un confronto o uno scontro tra l'attivismo islamico moderato (ovvero Islam religioso) e il radicalismo islamico (ovvero Islam politico).
è, a nostro avviso, inverosimile che la su rilevata tendenza possa subire una inversione di rotta nel breve termine, poiché numerosi fattori, alcuni dei quali sono qui appresso sommariamente ricordati, lo precludono.
§ Al di là dei fattori spirituali e culturali, sia l'attivismo islamico moderato sia il radicalismo islamico, pur nella loro sostanziale dicotomia, costituiscono in ragguardevole misura una reazione ad una serie di problemi materiali contingenti, fra cui si distinguono e continueranno a distinguersi gli aspetti deleteri dell'andamento economico, sociale e demografico di diversi Paesi musulmani, la corruzione dilagante negli apparati statali, la conseguente crisi di legittimità governativa e la frustrazione della sempre crescente popolazione giovanile.
§ In tale quadro negativo, il risveglio islamico moderato potrebbe, come forza spirituale e culturale, stimolare la ricerca di illuminate soluzioni. Ma, per ora, sembra prevalere il duplice dinamismo degli elementi islamici radicalizzati, fanatici e, spesso, privi di basilare istruzione scolastica. (5) Questi, da un lato, si dedicano al magistero religioso integralista ed alla fornitura di una vasta gamma di servizi sociali, così contribuendo a riempire un vuoto che spesso né lo Stato né la società sono in grado di colmare nel breve termine. Dall'altro lato, gli stessi schieramenti radicali islamici ricorrono allo scontro fisico di tipo comune e al terrorismo con l'obiettivo di portare al potere governi confessionali e fortemente anti-occidentali.
§ La scelta, in particolare, degli strumenti non convenzionali per istituire governi confessionali nei singoli Stati musulmani e per respingere allo stesso tempo l'inquinamento occidentale incrementa l'aggressività delle numerose aggregazioni radicali o radicalizzanti e ne allarga la sfera di azione al di là dei confini del mondo tradizionalmente islamico. In questo contesto incide pesantemente a livello psicologico, coinvolgendo emotivamente anche i moderati, il noto, annoso e irrisolto conflitto israelo-palestinese che si fa risalire a responsabilità occidentali e se ne attribuisce il perdurare - quindi la responsabilità dolosa o quantomeno colposa - all'appoggio americano ritenuto indispensabile per la sopravvivenza dello Stato ebraico nel cuore dei luoghi più sacri dell'Islam. Non va sottovalutato il fatto che i fedeli musulmani, a prescindere dalle proprie posizioni moderate o radicali e a prescindere dalla propria cittadinanza, considerano l'appartenenza all'Islam come l'appartenenza ad una singola nazione.
§ Onde precludere generalizzazioni o conclusioni errate, è opportuno chiarire che le aggregazioni radicali islamiche quasi sempre sorgono con l'intenzione di combattere per la causa teocratica, e per l'interpretazione da essi data all'ortodossia religiosa, nel proprio Stato di appartenenza sia contro connazionali sia contro elementi stranieri ivi presenti. Solo occasionalmente, fintantoché esse rimangono autonome, estendono il raggio di azione all'estero. Allo stesso tempo, queste aggregazioni, molti dei cui membri hanno partecipato o sono stati influenzati dall'esperienza afghana, sono soggette a condizionamenti sia psicologi sia pragmatici (appoggi logistici, finanziari, ecc.) provenienti da organizzazioni, quali al-Qaida, che si propongono, come concretamente e ripetutamente verificatosi, di condurre contro l'infedele una lotta senza quartiere e senza confini.
§ Sulla pericolosità di al-Qaida, ovvero La Base, sono fondamentali alcune considerazioni che la inquadrino nella sua dimensione effettiva senza diminuirne o esaltarne le caratteristiche. Stando alle risultanze finora acquisite, oltre ad avere una propria struttura gerarchica e operativa, essa funge da elemento di raccordo finanziario, logistico e operativo per una serie di formazioni semiautonome o indipendenti presenti in ogni continente. Cellule o elementi appartenenti a questa rete operano in circa 60 Paesi non solo islamici, ma anche occidentali e di altra collocazione culturale. Lo smantellamento dell'Emirato Islamico dell'Afghanistan (dove al-Qaida verosimilmente aveva stabilito una sorta di quartiere generale presso il regime dei Taleban), a seguito dell'intervento militare americano e alleato, ne ha sicuramente ridotto ma non annullato le capacità e le potenzialità. In ogni caso, anche se dovesse scomparire in quanto tale, al-Qaida ha tracciato un modello organizzativo multidimensionale con fini politico-confessionali riproducibile o adattabile secondo le esigenze.
§ A prescindere dall'apporto finanziario iniziale del ben noto Osama bin Laden e dalle capacità imprenditoriali da lui fattivamente messe a disposizione, l'attivismo radicale islamico, sia a livello locale che internazionale, gode comunque di finanziamenti occulti provenienti da fonti private per il tramite dei canali che fanno parte della su ricordata struttura binaria. La situazione è poi aggravata dal fatto che, per considerazioni inerenti ad interessi di sicurezza interna, le monarchie conservatrici islamiche tentano incautamente di tenere a bada i propri sudditi radicali contribuendo al finanziamento delle attività dei medesimi all'estero, anche se non necessariamente o direttamente quelle violente. La stessa considerazione vale per la consuetudine, ancorché mossa da sentimenti puramente umanitari, di offrire risarcimenti ai familiari di coloro che muoiono per la fede, eufemismo per attivisti violenti e, in particolare, per attentatori suicidi che di regola colpiscono vittime inermi.
§ Il radicalismo islamico continua a far presa anche in Paesi con minoranze musulmane, quali le Filippine e la Cina, dove si avvale strumentalmente di movimenti separatisti o di formazioni terroristiche. Vulnerabili altresì al radicalismo islamico sono le comunità musulmane trapiantate in vari Paesi europei, dove le risultanze investigative rispecchiano la costituzione di basi e reti con molteplici fini: l'ingresso clandestino di connazionali/correligionari; il reperimento o la contraffazione di documenti d'identità e di viaggio; la raccolta e il riciclaggio di fondi attraverso attività commerciali e caritative; l'acquisizione di armi, esplosivi e agenti chimici da utilizzare in patria, in Europa o altrove; matrimoni con cittadini europei per l'ottenimento della cittadinanza, residenza e relative coperture; il monitoraggio e il reclutamento di musulmani nell'ambito delle stesse comunità trapiantate, o fra i convertiti, per essere inviati a frequentare corsi di addestramento o a svolgere direttamente compiti eversivi e violenti in Europa e altrove. Inoltre, secondo fonti di stampa, sarebbero stati progettati attentati falliti ai danni delle cattedrali di Parigi e Strasburgo, delle ambasciate americane di Parigi e Roma, del consolato generale britannico di Amburgo, del cuore finanziario di Londra e di navi della NATO nello Stretto di Gibilterra.
§ Il convincimento radicale islamico per quanto riguarda la propria causa ed i mezzi per raggiungerla non si pone limiti. Nel 1998 Osama bin Laden dichiarò pubblicamente che l'acquisizione di armi di distruzione di massa, cioè nucleari-radiologiche-biologiche-chimiche (Nrbc) costituisce un dovere religioso. Non si ha conoscenza, nel pubblico dominio, se tali ordigni siano entrati a far parte dell'arsenale radicale islamico, ma sicuramente i drammatici fatti dell'11 settembre 2001 non lasciano alcun dubbio circa la volontà di far seguito a tale infuocante retorica con mezzi stragistici, seppure non rientranti nella categoria Nrbc.
§ è, infine, riscontrabile una incipiente ed inquietante tendenza ad imitare il fanatismo dei radicali islamici da parte di elementi estremisti d'impostazione laica, anche se culturalmente appartenenti alla stessa fede, come si evince nel caso degli attentati suicidi di recente ripetutamente posti in essere in Israele e nei territori da elementi palestinesi che fanno capo alla Brigata Martiri di al-Aqsa, da non confondersi con le formazioni radicali islamiche quali Hamas o Jihad Islamica Palestinese.
Quanto precede è indicativo di una situazione temporale in cui vengono sfruttati in chiave radicale i precetti dell'Islam e non costituisce un giudizio negativo su quella religione. Va, all'uopo, ricordato quanto osservato dallo islamologo Richard Gramlich: “…l'Islam … nel corso della sua storia si è mostrato normalmente più tollerante di quanto avrebbe dovuto esserlo se avesse seguito i dettami del proprio essere. Il cristianesimo d'altra parte si è mostrato meno tollerante di quanto avrebbe dovuto, se avesse seguito il comandamento dell'amore, insegnato da Gesù”. (6) Infatti, in questo momento storico radicalismi religiosi di altra matrice, sebbene in misura minore, contribuiscono a minacciare la sicurezza.
Il terrorismo riguardante Israele, e la Palestina in generale, è anche opera di aggregazioni estremiste ebraiche, i cui membri o simpatizzanti talvolta operano indipendentemente dal gruppo di appartenenza o di riferimento. La loro maggiore consistenza numerica è riscontrabile fra i coloni insediati nei territori occupati.
Queste aggregazioni, incluse Kach e Kahane Chai, e individui quali il medico Baruch Goldstein, responsabile del massacro di 29 musulmani nella Moschea al-Ibrahim di Hebron nel 1994, e Yigal Amir, il giovane assassino del Premier Rabin a Tel Aviv nel 1995, nutrono mire riconducibili, singolarmente o collettivamente, a convinzioni razziste riguardanti i palestinesi, a sentimenti di vendetta nei confronti delle comunità arabe che circondano Israele, a pretese d'imporre la legge mosaica sull'intero territorio nazionale e a sogni di ricostituire i confini biblici d'Israele.
Minacce e aggressioni sono commesse da questi estremisti, che godono di appoggi finanziari privati da correligionari europei e americani, non soltanto nei confronti di elementi etnici palestinesi, ma anche di altri ebrei israeliani considerati arrendevoli nei confronti dell'avversario. Le sigle più recenti includono formazioni denominatesi Rete Clandestina Ebraica e Vendicatori degli Oppressi. è prevedibile che queste forme, anch'esse minoritarie, di estremismo e radicalismo ebraico-israeliano si ripetano nel contesto dei problemi irrisolti della regione.
Elementi che praticano il radicalismo religioso sono altresì presenti in seno alla fede cristiana. Di tutte le categorie di estremisti razzisti e pseudo-religiosi la più subdola e farneticante è verosimilmente oggi quella che si autodenomina Christian Identity, ovvero Identità Cristiana, e trova un limitato seguito negli Stati Uniti. Secondo questa dottrina pseudo-biblica, i bianchi nord-europei, ossia la razza ariana, ed i loro discendenti comporrebbero il popolo eletto, mentre gli altri, specialmente gli ebrei, costituirebbero la prole di Satana. La medesima dottrina profetizza la seconda venuta di Cristo, la disfatta dell'anti-Cristo, la costituzione del Regno di Dio su questa terra ed il riconoscimento della razza ariana come la sola e vera Israele. Seguaci di questa dottrina sono presenti nelle militias menzionate nella pregressa sezione, ma non rispecchiano la principale componente delle stesse.
Anche al di fuori delle tre grandi religioni monoteiste su considerate - Ebraismo, Cristianesimo e Islam - il radicalismo religioso è fonte di turbamenti in questo frangente storico. Fanno stato le minacce dirette da estremisti indù a Papa Paolo Giovanni II, il disegno del Partito nazionalista indù di mettere al bando tutte le chiese straniere in India e i massacri di musulmani, religione minoritaria, nello stesso Paese, già in preda a problemi di non rapida risoluzione causati da movimenti separatisti violenti in Kashmir e numerosi altri Stati della federazione. (7)
Tanto gli estremismi quanto i radicalismi su trattati si richiamano a dei valori: politici o socio-politici e laici i primi; religiosi o, più propriamente, politico-confessionali i secondi. In entrambi i casi totalizzante è l'impegno nel perseguimento di questi valori, mentre insignificanti sono i diritti di coloro che non condividono tali valori. Sia gli estremismi sia i radicalismi sfruttano le condizioni ambientali, si avvalgono dell'appoggio di singoli cittadini, organizzazioni private e Stati sostenitori, impiegano varie forme di propaganda e di proselitismo e, spesso, nutrono mire internazionaliste o tentano di creare strutture globali. Anche quando da alcuni di essi contestata, la globalizzazione, intesa come il crescente flusso di denaro, persone, informazioni, tecnologia, idee et alia attraverso i confini internazionali, viene strumentalizzata da tutti gli estremismi e da tutti i radicalismi per i loro fini specifici.
La capacità di attrarre seguaci e di ottenere appoggi dipende dalla causa e dall'ambiente in cui operano i vari estremismi e radicalismi. Questi ultimi, in quanto caratterizzati da idealismo e fanatismo d'ispirazione religiosa o pseudo-religiosa sovente possiedono una maggiore capacità di produrre simboli e d'imporsi ai seguaci rispetto agli estremismi.
Ai fini della sicurezza nazionale e collettiva, risulta particolarmente ed estremamente importante la distinzione tra estremismi e radicalismi per tutto ciò che riguarda il terrorismo, principale strumento proditorio in quest'era di guerra asimmetrica. Con rare eccezioni, comunque circoscritte, gli estremismi sono tendenzialmente selettivi nella scelta dei bersagli e, in quanto mirano a trasformare la società e/o le istituzioni e non a distruggere intere popolazioni ma solo specifiche categorie di nemici, si avvalgono di armi ed esplosivi convenzionali. Per loro le armi di distruzione di massa (Nrbc) costituiscono un mezzo sproporzionato, overkill. (Potrebbero fare eccezione gli ecologisti della restaurazione, cioè quei fanatici protettori della natura che vorrebbero riportare il pianeta allo stato primordiale). Tendenzialmente indiscriminati sono, invece, gli attentati commessi dai fautori del radicalismo religioso il cui scopo sta nell'annientamento totale del nemico con qualsiasi mezzo, inclusi gli ordigni Nrbc.
Va comunque tenuto presente che il ricorso alle armi di distruzione di massa è meno agevole di quanto si possa pensare. La conoscenza teorica riguardante la costruzione è insufficiente. Seppure in diversa misura per ogni ordigno Nrbc, incidono comunque difficoltà tecniche di reperimento, stoccaggio, conservazione, trasporto, occultamento ed impiego. Infatti, il terrorismo Nrbc si è a tutt'oggi quasi esclusivamente limitato ad atti preparatori e falsi allarmi dolosi. Le eccezioni riguardano rarissimi casi di terrorismo biologico e chimico, in buona parte falliti. è altresì poco probabile che Stati sostenitori forniscano tali armi a gruppi terroristici, che, per definizione, eludono la supervisione totale del patrono, i cui fini politici, del resto, non coincidono completamente con quelli del gruppo assistito o strumentalizzato.
Riteniamo improbabile che queste osservazioni comparativistiche siano soggette a variazioni nel breve o nel medio termine.
Le idee, che spesso si traducono in comportamenti, non sono eliminabili. Ciò vale anche per quelle sottostanti ad ogni estremismo politico o socio-politico e ad ogni radicalismo religioso o politico-confessionale.
Esistono, come noto, strumenti per contrastare comportamenti illeciti o nocivi per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale e quella collettiva. Tutti questi strumenti sono facilmente e, nella loro generalità, rapidamente elencabili: le operazioni preventive e repressive di polizia, la diplomazia, i trattati internazionali, la collaborazione bilaterale e multilaterale, le sanzioni economiche e di altra natura, l'intelligence e le operazioni speciali complementari e, infine, il dispiegamento delle forze armate.
Ma di fronte alla guerra asimmetrica, specialmente come ci è stata prospettata l'11 settembre del 2001, potrebbe sorgere la necessità di adottare misure generalmente restrittive delle libertà alle quali siamo abituati e che abbiamo sempre ritenuto inalienabili, così come potrebbe rendersi necessario addivenire ad accordi con Stati le cui istituzioni contrastano con le nostre, ma dei quali non potremmo fare a meno per vincere la guerra asimmetrica.
Si tratta, fortunatamente, di decisioni che non competono, nello Stato di diritto da noi conosciuto in Occidente, agli organi o, tantomeno, ai cultori dell'intelligence, ma alle Autorità politiche. Auspicabilmente saranno all'altezza di contemperare le esigenze della sicurezza con quelle della democrazia e dei diritti umani.
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