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Per Aspera Ad Veritatem n.22
Camera dei Deputati - XIV Legislatura - Commissione I Affari Costituzionali

Audizione del Ministro dell'Interno Claudio SCAJOLA concernente le linee programmatiche del Ministero dell'Interno in data 5 dicembre 2001



PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro dell'interno, Claudio Scajola, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Signor ministro, a noi sembra che questo momento sia abbastanza attuale per conoscere quali siano le linee su cui il Ministero dell'interno intenda muoversi.
Pertanto la ringrazio per aver accolto il nostro invito e le do senz'altro la parola.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Signor presidente, gli avvenimenti tragici dei mesi scorsi mi hanno impedito di venire prima in Commissione; avrei voluto farlo, ma non è stato possibile. Non vorrei che questo fosse stato assolutamente equivocato da alcuno, tale e tanto è il rispetto che ho, per storia e per tradizione, nei confronti del Parlamento, e quindi, della Commissione parlamentare che segue in maniera particolare i lavori del ministero che mi è affidato.
Poiché la materia trattata dal dicastero dell'interno è molto vasta ho ritenuto utile - anche per rispetto nei confronti dei membri della Commissione - predisporre una relazione scritta che ho preparato nell'ultima settimana e che consegnerò al presidente dopo averne dato lettura, in modo che siano più chiare e meglio organizzate nel pensiero le cose che ho da dire. Inoltre, ciò risulterà utilissimo per gli assenti - che sono più numerosi dei presenti - in modo che possano, volendo, approfondire anch'essi quanto il ministro dell'interno ha detto alla Commissione parlamentare competente.
In apertura di questa audizione, ritengo sia utile premettere la mia concezione sull'importante dicastero che mi è stato affidato e al quale destinerò le mie risorse affinché le missioni ministeriali siano assolte nel migliore dei modi possibile. La concezione dell'amministrazione dell'interno che tengo a ribadire è che essa deve garantire ai cittadini l'esercizio dei diritti di libertà costituzionalmente protetti. Ho rifiutato, fin dal primo momento, la logica un ministero di polizia, tutto votato a svolgere un’attività di polizia con l'unica finalità della sicurezza. Questo rischio vi è stato soprattutto per la pericolosa recrudescenza, negli anni settanta e ottanta, del terrorismo e della mafia, fenomeni che non hanno abbandonato il nostro paese neanche negli anni novanta e in quelli che viviamo. Si richiede quindi la massima allerta e vigilanza, oltre ad una forte mobilitazione dei cittadini, indispensabile quest’ultima per operare confortati dalla fiducia nelle istituzioni e dalla forza della democrazia.
La necessità di reagire, nel modo più incisivo possibile, agli attacchi del crimine e del terrorismo non significa però trasferire nella concezione del Ministero dell'interno una esclusiva logica di polizia. Va quindi respinta qualsiasi ipotesi di considerare il ministro dell'interno come il ministro di polizia; ciò - a mio parere - sarebbe pernicioso per la democrazia. Il ministro dell'interno è, e deve essere, un ministro delle garanzie. La sicurezza, in questa prospettiva, è sì il bene fondamentale di tutti, ma essa è strumentale alla garanzia della libertà e dei diritti sanciti nella Costituzione repubblicana più di cinquant'anni fa. E’ vero che senza la sicurezza non vi può essere la libertà e non vi può essere una giustizia giusta, ma è l'affermazione e l'espansione dei diritti la missione essenziale - a mio parere - del Ministero dell'interno; un dicastero sentito e vissuto dai suoi funzionari e dai suoi impiegati, in ogni livello, come ministero degli affari interni civili, cioè dei cives.
Non intendo soffermarmi ulteriormente su questo mio convincimento che ho messo all'inizio del mio intervento, ma è questo il quadro entro cui si muove la mia azione politica, tesa a sollecitare e riscoprire l'antica vocazione e visione di questa amministrazione generale di sintesi destinata ad attuare le politiche della sicurezza, della difesa e della protezione civile, del sostegno e del supporto di ogni autonomia territoriale e funzionale; un'amministrazione orientata a tutelare il funzionamento della democrazia, assicurando l'unitarietà del sistema e la coesione sociale nel suo complesso.
Si tratta di confermare in tal senso la logica di un centro unitario di imputazione degli interessi generali, di essere così rete delle reti, in grado di attivare il cambiamento con una nuova cultura al centro e sul territorio, offrendo un valore aggiunto alla società nella risoluzione dei problemi dei cittadini.
E’ per tale motivo che desidero fare riferimento, dinanzi alla Commissione, ai quattro principali comparti di attività del Ministero che poi compendiano le stesse competenze dei nuovi quattro dipartimenti (affari interni e territoriali il primo, pubblica sicurezza il secondo, libertà civili ed immigrazione il terzo, Vigili del fuoco, difesa civile e soccorso pubblico il quarto), la cui nuova configurazione è entrata in vigore - come voi sapete - da pochi giorni e che ha completato la riforma dell'intera amministrazione iniziata con l'attivazione degli uffici territoriali del Governo, eredi delle antiche prefetture e che potrà, nel suo complesso, fare affidamento sulla nuova strutturazione e sul rilancio della carriera del corpo dei prefetti.
Desidero fare tale riferimento perché sono convinto che ciò agevolerà un salto di qualità dell'intera macchina amministrativa, che deve sentirsi vincolata a condizioni di efficacia, efficienza ed economicità di gestione, che deve rendere gli apparati fortemente flessibili e capaci di adattarsi costantemente all'evoluzione dei bisogni, che deve misurarsi finalmente con la cultura dei risultati, troppo spesso soffocata dalla cultura del formalismo giuridico, di per sé certamente importante, ma insufficiente per soddisfare le esigenze di una società complessa come quella che :oggi viviamo.
Sono impegnato in questo senso a conferire vigore a questa nuova articolazione anche per ciò che concerne l'individuazione del secondo livello di organizzazione: quello della managerialità operativa.
Vi propongo in sostanza gli obiettivi che vi elenco: primo, conseguire, nella distinzione fra le funzioni di risultato e quelle di supporto, la flessibilità delle articolazioni degli uffici e l'impiego delle risorse umane mediante una mobilità di queste ultime per motivarle e arricchirle professionalmente (è già accaduto molto recentemente con una forte mobilità dei prefetti); secondo, snellire le procedure e la produzione di atti e servizi; terzo, razionalizzare l’utilizzo delle risorse strumentali con un forte investimento nell’informatica; quarto, potenziare la comunicazione interna per far condividere le strategie di cambiamento e la comunicazione esterna per rendere un miglior servizio alla comunità nazionale; quinto, puntare con più forza sulla formazione, ad ogni livello, come imprescindibile premessa alla partecipazione dei processi di innovazione del Ministero. In ciò, la volontà di contribuire alla crescita di una dirigenza amministrativa che si qualifichi sempre di più come guida ai processi di cambiamento, orientata e responsabile dei risultati, culturalmente attrezzata per accreditare un nuovo modello di amministrazione statale.
E’ questo un postulato politico che si rivela fondamentale proprio in ragione della insufficiente funzionalità degli apparati pubblici che devono essere motori, invece, dei processi di trasformazione del paese. Va in sostanza affermata la tesi che ogni soggetto operante nell'ambito dell'amministrazione, al centro come sul territorio, abbia una legittimazione non solo normativa ma sostanziale, con riferimento all'utilità della funzione svolta e della sua rispondenza alle effettive esigenze dell'utenza.
L’avere del resto riposizionato lo Stato sul territorio significa accreditare un ufficio territoriale del Governo il più prossimo al cittadino, per soddisfare le. sue esigenze, il più vicino possibile alle istituzioni pubbliche e private che agiscono sul territorio, strumento di rete con tutto quanto si muove sul territorio, in maniera da costituire un valore per lo stesso paese, in grado di realizzare un ambiente sociale coeso e favorevole allo sviluppo. Un ufficio territoriale del Governo che sia cosi facilitatore di processi di aggregazione, che aiuti a risolvere i problemi della gente, nel rispetto evidentemente delle diverse sfere di competenza e di autonomia che rendono le diversità una ricchezza quando si trovano poi in un riferimento comunque unitario.
La linea politica di azione relativa all’organizzazione centrale e territoriale dell’amministrazione dell’interno è dunque chiara: trasformare un’antica amministrazione, ricca di tradizioni, di risorse umane e strumentali, di valori di servizio, in una amministrazione più moderna e più capace di rispondere, nei diversi settori di attività, alle esigenze della complessità, che non si accontenta più di risposte semplici e che misura la bontà delle istituzioni nella qualità dei risultati che si raggiungono.
Dopo questa introduzione sull’impostazione politica che intendo imprimere e che sto imprimendo al Ministero che dirigo, vorrei ora delineare, nelle linee generali ed in sintesi, gli obiettivi che mi propongo dì raggiungere nei vari comparti dell'amministrazione e che, evidentemente, si pongono nel quadro del programma del Governo Berlusconi su cui il Parlamento ha espresso la sua fiducia ed esercita il suo sindacato ispettivo.
Inizio dalla pubblica sicurezza per le ragioni esposte, perché la ritengo strumentale e premessa al raggiungimento di quella garanzia di libertà dei cittadini che rappresenta una delle più preziose ragioni dell'esistenza di una democrazia.
Se sussidiarietà significa prossimità, anche le forze di polizia devono essere sul territorio prossime, cioè vicine al cittadino. Non solo le forze di polizia, ma anche le forze delle polizie municipali i cui vigili, nella loro qualità di agenti di pubblica sicurezza, fanno parte e devono fare parte. del sistema di prevenzione e repressione dei reati.
Questa concezione della polizia di prossimità, che dovrà tradursi in dispositivi più adeguati e flessibili, dal poliziotto o carabiniere o vigile di quartiere, alla razionalizzazione dei presidi di polizia sul territorio onde evitare duplicazioni e ridondanze, deve sollecitare, in misura più accentuata rispetto ad oggi, .anche una prossimità ed una vicinanza dei cittadini e, quindi, delle istituzioni che li rappresentano alle forze dell'ordine. Si tratta di concepire, accanto alla stessa polizia di prossimità, una polizia di comunità sull'esempio anglosassone, dove alcune funzioni di sicurezza che sono secondarie, sono affidate a soggetti diversi da quelli tradizionali, riservando a questi ultimi le competenze di sicurezza primaria (più strettamente, quindi, di polizia), più legate ai poteri di investigazione e di necessaria coercizione nei casi previsti dalle leggi.
Ciò significa una concezione di sicurezza condivisa, partecipata, in grado di liberare energie molteplici, ognuna con una propria precisa sfera di competenza, in un sistema unitario - ed è bene sottolinearlo - , idonea ad accrescere le condizioni di vivibilità dei cittadini. Guardo quindi con favore al coinvolgimento dei comuni, delle province, delle regioni perché, fermi restando gli attuali compiti delle forze di polizia ed i riferimenti all'autorità di pubblica sicurezza contemplati negli ordinamenti vigenti, siano sempre più incentivate forme di raccordo, di sinergie, di integrazione, attivando competenze o rafforzandole in settori che potrebbero, in modo concreto, aggiungere valore all'esistente, potenziando così l'intero sistema della sicurezza.
I cittadini che pur apprezzano l'operato delle forze dell'ordine chiedono di percepire un maggior senso di sicurezza ed il Governo ha il diritto di fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per soddisfare questa aspettativa. Questa visione politica della sicurezza non trascura ovviamente la cura della strategia della lotta al terrorismo e al grande crimine di stampo mafioso. Mi sembra del resto che le iniziative legislative per rafforzare il contrasto al terrorismo lo dimostrino, come pure i risultati delle investigazioni operative su questo fronte, positivi anche nelle ultime ore,. sul fronte dell'antimafia e della lotta al traffico degli stupefacenti; vorrei anche aggiungere che sono stati sciolti, come voi sapete, per infiltrazioni mafiose, cinque consigli comunali.
Nel contrasto alla criminalità organizzata resta prioritario l'impegno contro il riciclaggio, l'estorsione, l'usura, il contrabbando, fenomeni da combattere con grande energia per il pregiudizio che essi arrecano al libero mercato, per la forza intimidatrice che esercitano verso le risorse sane del paese, scoraggiandone i progetti di sviluppo dell'economia in tante parti d’Italia, per i costi enormi in sostanza ai danni della collettività. Così come è essenziale - lo ribadiamo - la lotta al racket e all’usura.
Sicuramente, onorevoli colleghi, occorre affinare ulteriormente gli strumenti dell’intelligence, non tanto di quella convenzionale, che ha raggiunto risultati che definirei ottimali, quanto di quella non convenzionale, per intenderci quella dei servizi per l’informazione e la sicurezza. Si tratta di dotare gli operatori dei cosiddetti servizi segreti di strumenti indispensabili come le garanzie funzionali, in grado di accrescere le potenzialità operative in ambiti nei quali superare la frontiera della legge è comune, pur sotto rigidi meccanismi autorizzativi di controllo, nonché, nel rispetto dei beni costituzionalmente ritenuti maggiormente rilevanti, finalizzato all'esclusiva tutela della stessa essenza della Repubblica e quindi della nostra democrazia.
Mi sto muovendo in questa logica ed ho, di recente, illustrato il mio pensiero in sede di Comitato parlamentare di controllo sui servizi, non trascurando di ipotizzare l'ampliamento dei poteri di quello stesso Comitato parlamentare, esigenza che ritengo condivisa e condivisibile da parte del Governo, necessaria per le garanzie costituzionali del nostro paese, e di ribadire l'azione di coordinamento affidata al CESIS. Coordinamento che è tema essenziale anche per le forze di polizia e che intendo sollecitare con costante vigilanza, raccomandando ai vertici di curare, in ogni sede e ad ogni livello, la relativa cultura e che vorrei facilitare avvalendomi, oltre che della consulenza del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica - che convoco molto frequentemente - , anche dell'azione preziosa del consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata. Tutto questo in una cornice di rapporti e sinergie in campo europeo e internazionale, che sto intensificando, rafforzando e senza la quale, soprattutto nei settori della lotta al terrorismo, al crimine organizzato e al traffico della droga, ogni sforzo rischierebbe di essere vanificato.
Desidero aggiungere che, dopo l'esperienza del. G8 di Genova, ho ben presente che la massima attenzione deve essere prestata al tema dell’ordine pubblico, per le sue delicate implicazioni non soltanto di carattere tecnico ma, in particolar modo, di quelle sociali e politiche. Per questi motivi ho diramato precise direttive affinché venga curato l’addestramento dei reparti destinati a tale impiego vincolandolo ad interventi ispirati ad un sollecito e misurato rigore di fronte alle violazioni di legge, ma, nel contempo, al massimo rispetto dell’esercizio delle libertà garantite dalla Costituzione.
Mi sembra che pure nell'esperienza dell'ordine pubblico negli stadi, constatando la provata utilità della normativa varata di recente dal Parlamento per reprimere la violenza in quei luoghi - che devono essere di svago e certamente di serenità. - i reparti mobili dei carabinieri e della polizia stiano dando costante prova di assoluta misura democratica ed intelligente rigore dinanzi alle intollerabili dimostrazioni di gratuita violenza, che sono fortemente in diminuzione.
Né posso sottacere, in. questa sede autorevole, l'importanza che annetto alle funzioni di polizia stradale, ferroviaria, di comunicazione, di frontiera e per l'immigrazione. Intendo potenziare, arricchendoli, gli organici di tali forze, in particolare, arricchendole con dotazioni e strumentazioni più moderne, in grado di moltiplicarne l'efficacia operativa per raggiungere i risultati che anche in questi ambiti i cittadini si attendono.
Questa ampia strategia di interventi nel settore della pubblica sicurezza. che indica un rilancio della fase di prevenzione, una riaffermazione della presenza e della utilità dell'autorità di pubblica sicurezza ed un coinvolgimento di tutti i soggetti presenti sul territorio esige in primo luogo il recupero delle necessarie risorse umane, logistiche, strumentali e finanziarie. E’ azione non facile, e non certo facilitata dalle reazioni, a volte immotivate, rispetto alle decisioni che ho assunto e che dovrò assumere quando se ne presenterà l'occasione.
La logica che ispira la mia azione è quella di restituire il più possibile, in termini ragionevolmente brevi, le maggiori risorse al territorio e all’investigazione preventiva e repressiva eliminando sprechi, privilegi o ridondanze, facendo adottare nuovi metodi di tutela, di vigilanza a persone e ad obiettivi a rischio, anche tramite l’ausilio delle forze armate facilitando l’immissione di personale civile in quei compiti che non richiedono la presenza di operatori di polizia.
In questo quadro, colleghi deputati, va inserita la scelta di una redistribuzione delle forze di polizia, per evitare che vi siano aree sovradimensionate, caratterizzate da un impropria sovrapposizione delle diverse forze ed altre, invece, sottodimensionate, in cui all'espansione demografica, economica e sociale non è corrisposto un. adeguato dispositivo di sicurezza. Ciò implica un maggiore coinvolgimento dei corpi di. polizia municipale nell’azione di controllo del territorio nell'ottica di un rafforzamento del progetto della già citata polizia di prossimità, nonché la massima diffusione delle moderne tecnologie, per rendere l'azione di prevenzione e di controllo più efficace e più aggiornata.
Desidero sottolineare che i dati provvisori relativi all'andamento della criminalità, nel mostrare una diminuzione dei reati, ed in particolare di furti e rapine, pari all'8 per cento, a confronto con analogo periodo. dell'anno precedente, sono certamente confortanti. Tuttavia, sarà anche necessario non far mancare le adeguate risorse finanziarie per acquisire nuove e moderne strumentazioni ed apparati, reperendo nuove risorse - per questo confido in un comprensivo ed intelligente ascolto del collega dell'economia delle finanze e, consentitemi, del Parlamento tutto, in occasione dell'approvazione del disegno di legge finanziaria - ma anche reimpiegando più razionalmente quelle a disposizione, ed eventualmente spostando, su altri centri di spesa, oneri ingenti che oggi gravano per intero sull'amministrazione del Ministero dell'interno. Penso, ad - esempio, alle notevoli spese per l'accasermamento di polizia e carabinieri, che potrebbero trovare un ristoro chiamando ad una giustificata contribuzione proprio quelle realtà territoriali - comuni, province e regioni - che rappresentano i destinatari principali dell’attività di prevenzione, nella richiamata logica della prossimità. È evidente che l’impegno. che la strategia delineata richiede agli operatori del sistema della sicurezza interna è tale da non far trascurare le loro motivazioni e le loro condizioni. Tra queste ultime, quelle economiche a me sembrano meritevoli della più ampia considerazione. Il mio impegno in questo campo è forte, e l'occasione mi sembra proficua per ribadire la necessità di interventi mirati, da me suggeriti per tempo, da adottare con lo strumento della legge finanziaria per il 2002, interventi che servano, da un lato, a premiare il maggiore impegno degli operatori più esposti al rischio, ma, dall'altro, a riparametrare le retribuzioni verso livelli di maggiore dignità, in coerente linea con quanto avviene già in molti paesi dell'occidente. So benissimo che questa scelta comporta il reperimento di risorse finanziarie di non poco conto, ma so anche che quello che si richiede agli operatori delle forze di polizia è molto elevato. Il senso è, quindi, quello di riconoscere un siffatto sforzo e di accrescere così motivazioni e risultati nel settore della sicurezza, tanto interconnessi con i livelli di qualità della vita e di esercizio delle libertà civili dei cittadini.
L'ottica della garanzia delle libertà è quella che presiede, con angolatura diversa, all'altro comparto dell'amministrazione e che fa riferimento al dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione, al quale spettano funzioni e compiti di tutela dei diritti civili, ivi compresi quelli concernenti l'immigrazione, l'asilo, la cittadinanza, le confessioni religiose e le minoranze etniche. E’ un ventaglio amplissimo di competenze, che ripropone il ruolo centrale del ministero, in un ambito di grande rilevanza per la democrazia. E’ centrale. infatti, definire e dare attuazione alle politiche dell’immigrazione e l’asilo, test di indiscutibile valore, in una società necessariamente sempre più connotata dai caratteri della multietnicità, della multireligiosità e della multirazzialità, laddove è necessario trovare i giusti contemperamenti, in accorte scelte di integrazione e di accoglienza. Ciò respingendo con fermezza ogni intolleranza, ma rifiutando ogni incertezza circa il contrasto alla clandestinità, in molti casi terreno fertile per il reclutamento della. manodopera criminale, ma non necessariamente espressiva di un'equazione di equivalenza.
In tale quadro, il disegno di legge presentato in materia, di cui è iniziato l'esame presso la I Commissione del Senato, contiene una serie di indicazioni interessanti, che vanno a modificare la preesistente normativa, conferendo più incisività alle politiche di immigrazione e di asilo, consolidando il rigore verso chi viola la legge, ma facilitando l'ingresso nel paese di chi intende lavorare onestamente. Se l'orientamento è così definito, anche se esso è suscettibile in sede parlamentare di ulteriori miglioramenti al testo presentato, resta l'esigenza, per l'apparato del Ministero dell'interno, di essere pronto a consolidare le strutture dei servizi civili, rendendole più adeguate allo standard di una moderna democrazia, dotandole di adeguate strumentazioni e di efficaci risorse gestionali.
Intelligenti politiche dell'immigrazione e dell'asilo, unite ad un'intelligente gestione dei relativi servizi civili, facilitano il mantenimento di una coesione sociale nel nostro paese. Se da una parte, infatti. la Costituzione democratica e le sue istituzioni riconoscono normalmente valori e dignità all'immigrato, contestualmente esistono ancora nella società fasce di intolleranze e di esclusione che rischiano di accentuare forme di pericolosa frattura sociale. Si tratta, dunque, di trovare i giusti contemperamenti nelle scelte e, soprattutto, nella gestione, respingendo qualsiasi visione di settarismo e di razzismo e, al tempo stesso, ribadendo il rigore contro l'immigrazione clandestina e contro quella criminale.
Tutelare i diritti civili e presidiare la coesione sociale sul territorio significa, peraltro, farsi carico di evidenziare tutte le altre condizioni di difficoltà d’esercizio di un diritto e di una libertà trovando gli strumenti utili per rimuovere ostacoli e discriminazioni sovente legati a culture superate, a sospetti senza motivazione, a prassi non più condivisibili. Si tratta, al centro e sul territorio, di trovare le formule giuste per attivare sinergie e reti di collegamento con altri dicasteri, con il mondo dell’associazionismo e del volontariato, con enti pubblici e privati, per mettere a disposizione capacità e risorse che valorizzino le diversità e le identità, ricomponendole in un quadro d'insieme coerente con gli interessi del paese. Anche in questo settore, mi propongo di incentivare una specifica azione d'innovazione e di cambiamento culturale, affinché la visione in chiave di polizia lasci il posto ad una prevalente visione di sintesi generalista, che osserva per intero le dinamiche della società, assicurando a queste ultime e alle sue componenti le migliori condizioni per la crescita e lo sviluppo.
Il terzo comparto cui fare riferimento per esporre le linee guida della mia azione ministeriale riguarda le competenze del nuovo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Il riferimento è utile per evidenziare l'impegno nel potenziare il Corpo nazionale dei vigili del fuoco - cui significativamente è stato conferito un risalto molto forte nella struttura ministeriale - e deve altresì delineare le linee di una nuova politica della protezione civile, della difesa civile, come componenti essenziali negli stati d'emergenza, di una concezione di sicurezza civile più ampia e più articolata.
In questo quadro, dopo l'abolizione dell'Agenzia di protezione civile decisa dal Governo ed approvata dal Parlamento ed il conseguente ripristino del dipartimento di protezione civile presso la Presidenza del Consiglio, come ministro dell'interno delegato alla protezione civile per l'esercizio delle specifiche funzioni intendo adoperarmi per un efficace e concreto coordinamento fra i diversi ambiti, avvalendomi delle risorse a disposizione e sul territorio dei prefetti per la gestione delle emergenze nazionali, fatte salve tutte le competenze demandate alle regioni e agli altri enti locali responsabili degli interventi nei loro specifici comparti territoriali.
So bene che non è cosa agevole e so bene che si tratta di fa prevalere una cultura dei risultati su una cultura delle competenze che inevitabilmente può portare alla frantumazione degli sforzi più che ad una visione unitaria degli interventi necessari. Mi auguro che l’esperienza porti, anche alla luce di quelli che potranno essere i processi attuativi della riforma del titolo V della Costituzione, ad una precisazione delle sfere di intervento, soprattutto con riguardo alla responsabilità in occasione di eventi calamitosi di portata nazionale che devono vedere gli apparati pubblici statali evidenziarsi per la loro coesione, la loro compattezza cooperativa, in sinergia e raccordo con le organizzazioni degli enti locali territoriali e delle diverse associazioni di volontariato.
Va in tal senso potenziata la componente della difesa civile per tanto, troppo tempo trascurata, e la cui carenza oggi si avverte in modo particolare. Lo farò sollecitando le sinergie necessarie con gli altri dicasteri interessati a pianificare un sistema d'interventi che, nelle emergenze derivanti da stati di crisi nazionali o internazionali, siano in grado, anche su questo versante, di assicurare una presenza dello Stato rassicuratrice ed attenta.
Ho ben chiara la sensibilità che deve essere ulteriormente maturata nel settore della sicurezza ambientale e della tutela dell'incolumità. Si tratta di attivare una forte azione di diffusione della cultura antinfortunistica, di sicurezza ambientale, di pretendere una maggiore omogeneità di risposta nell'espletamento dell'azione di soccorso tecnico urgente - anche tramite la riduzione dei tempi d'intervento -, di curare un'efficace tutela dei rischi di radioattività di approntare un sistema di comunicazioni che consenta non solo i collegamenti interfonici, ma anche la trasmissione digitale di dati e di immagini per garantire una maggiore efficacia nella gestione dell'emergenza nella fase di prevenzione e, quindi, in quella. di soccorso. Si tratta, altresì, di aprire nuovi presidi dei vigili del fuoco, valorizzando, peraltro, la componente volontaria del Corpo, che colloca oggi l’Italia all’ultimo posto tra le nazioni europee, di potenziare gli organici, di rinnovare il parco veicolare antincendio - che ha un'età media di 16 anni - , di fornire nuovi equipaggiamenti, mezzi e strumenti. Si tratta, infine, di realizzare una sinergia con regioni ed enti locali, istituzioni scolastiche e del volontariato, sviluppando azioni di partenariato pubblico e privato al fine di migliorare la capacità dì difesa del sistema di sicurezza civile.
Non mi nascondo le difficoltà e sono confortato dalla considerazione e dalla sensibilità della gente comune nei confronti di queste tematiche, dalla stima e dall'ammirazione che i cittadini nutrono nei confronti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
In questa veloce sintesi ho riservato per ultimo le indicazioni sulle linee generali riguardanti gli affari civili interni, la cui competenza è affidata ad uno specifico dipartimento il cui ruolo, secondo ciò che è stato dichiarato in apertura del mio intervento, assume un significativo spessore. Più degli altri, infatti, evidenzia la missione del Ministero come dicastero delle garanzie dei cittadini, nel senso di garanzie del funzionamento delle istituzioni, affinché vengano rese concrete le condizioni di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini al governo del territorio nazionale.
E’ una missione che occorre affrontare con una cultura nuova e con una visione più moderna dell’organizzazione, perché nuovi sono i cittadini che si sentono titolari di diritti, nuove sono le regioni che vogliano esercitare le loro competenze e nuove le autonomie locali che svolgono funzioni sempre più estese.
Di fronte alla legittima pluralità di soggetti e di interessi particolari, il sistema di Governo ha, anzitutto, il dovere di limitare la conflittualità e di agire positivamente in difesa della coesione istituzionale e sociale. L'interesse particolare che ciascuno rivendica deve essere sì tutelato, ma nell’ambito di un interesse generale. Al Ministero dell’interno spetta il fondamentale compito di tessere una rete continua fra centro e periferia per agevolare la conoscenza dei problemi, per favorire l’indivuduazione di soluzioni coerenti con i bisogni del territorio e per garantire efficaci sinergie funzionali nella realizzazione degli interventi. L'autorità dello Stato non consiste nel concedere, ma nel garantire i diritti; non consiste nel sovrapporsi ai poteri locali, ma nel sostenerne l'azione, allo scopo di favorire la corretta ed efficiente attuazione dei loro progetti di crescita economica e sociale.
Ho già detto, all'inizio dell'intervento, del punto di snodo rappresentato sul territorio dalle nuove prefetture, nella loro veste di uffici territoriali del Governo: sarà necessario riscoprirne questo nuovo ruolo interministeriale ma, al tempo stesso, strategico nel nuovo e complesso sistema amministrativo italiano.
A tal fine, dovranno essere elaborati sistemi di supporto tecnico alla costruzione di politiche pubbliche integrate e coerenti con le politiche territoriali, cui gli UTG dovranno dare il loro contributo concreto in sede locale; ma dovranno anche elaborarsi modelli organizzativi per la gestione di servizi comuni a più competenze dicasteriali e, ancora, dovranno istituirsi adeguate strutture di comunicazione istituzionale. In questo quadro - e mi rivolgo ancora a voi - spero che la legge finanziaria conferisca nuove risorse aggiuntive a questo programma di potenziamento degli uffici territoriali di Governo, la cui attuazione ritengo costituisca interesse prioritario dello Stato. Iniziative importanti sono state già avviate e mi auguro che esse giungano a definizione in tempi brevi. Ne cito alcune.In 83 comuni ha avuto inizio la sperimentazione della carta d'identità elettronica, per mezzo della quale il cittadino non solo disporrà dei propri dati anagrafici, ma, in futuro, potrà viaggiare sui mezzi pubblici, potrà entrare nei musei, potrà pagare alcune prestazioni sanitarie e potrà usufruire di parcheggi.
Per quanto riguarda l’indice nazionale delle anagrafi (INA), si sta potenziando la realizzazione, nel settore dei servizi demografici, di un sistema che consentirà a tutti i comuni l’accesso e l’interscambio anagrafico attraverso strumenti telematici.
Con riferimento, altresì, alle procedure elettorali, è in corso di attuazione un progetto di ammodernamento del seggio elettorale che consentirà lo snellimento delle operazioni di voto ed eviterà file, lungaggini e disguidi (in particolare, è in programma l’utilizzazione di una smart card personalizzata, al posto dell’attuale tessera, che ridurrà ulteriormente le attese nei seggi).
Debbo anche dire che il ministero ha promosso alcuni interventi correttivi del disegno di legge finanziaria per il 2002 - in ordine ai quali chiedo la collaborazione del Parlamento in sede di esame del provvedimento - per dare risposta a giuste richieste degli enti locali. Tra questi, segnalo l'incremento dall’1,5 al 4,5 per cento della compartecipazione dei comuni al gettito IRPEF, la previsione di maggiori fondi per favorire l'esercizio associato di funzioni e servizi dei comuni più piccoli, la soppressione del divieto di assunzione di personale dipendente per i comuni che abbiano rispettato il patto di stabilità nel corso del 2001 ed interventi specifici tesi ad incrementare i fondi erariali destinati, per finalità di investimento, ai comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti.
Sono trascorsi ormai sei mesi dalla nascita del Governo Berlusconi. Il compito al quale sono stato chiamato ha richiesto il massimo dell'impegno ed ha rafforzato i miei sentimenti di dedizione verso le nostre istituzioni democratiche. Sono orgoglioso di assolvere l'incarico di ministro dell'interno perché la visione che esso deve incarnare nell'animo della gente comune corrisponde a quei valori di eticità e libertà cui è ispirata la prima parte della nostra Costituzione ed ai quali ho cercato di conformare la mia vita. Nell'adempimento delle mie funzioni, anche in avvenire, avrò cura di rendere il Ministero dell’interno sempre più un dicastero di garanzia: garantendo l’esercizio delle libertà di ogni cittadino, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, dell’incolumità e della vita della gente (nell’ordinario e nelle emergenze di protezione e difesa civile), la tutela di ogni diritto civile, nonché il funzionamento e la regola costituzione degli organi degli enti locali ed il loro costante sostegno, esso assicurerà l’unità del sistema generale pubblico Stato-autonomie.
Ho in mente una stagione di rinnovamento profondo, che coincida con un cambiamento radicale dell’organizzazione centrale e territoriale dell’amministrazione dell’interno; una nuova concezione del rapporto tra lo Stato ed i cittadini, che deve essere paritario, trasparente e partecipativo; una forte sollecitazione a perseguire tutti l’esclusivo interesse generale, che è l’interesse pubblico.
Mi scuso se la relazione è stata, forse, troppo lunga, ma la vastità dei temi da affrontare era tale da non consentire una sintesi eccessiva, che avrebbe rischiato di apparire omissiva rispetto a competenze pure importanti, di spettanza del Ministero dell'interno.

PRESIDENTE Ringraziamo il ministro dell'interno, onorevole Scajola. Mi pare di comprendere che il lavoro che questa Commissione andrà a svolgere sarà abbastanza corposo, attesi anche gli interventi preannunciati dal ministro.
Do ora la parola ai colleghi che intendono formulare domande o richiedere chiarimenti.

GIANCLAUDIO BRESSA Signor presidente, la ringrazio per la sua sensibilità. Devo esprimere il mio personale apprezzamento per il tono e anche per i contenuti di questa relazione. Vorrei sottolineare alcuni aspetti a mio modo di vedere molto importanti e interessanti, cercando di leggere questa relazione però in controluce, tenendo in considerazione altri atti del Governo che, invece, trovano meno consenso da parte mia. Devo dare atto al ministro Scajola di avere affrontato le questioni che. riguardano il suo complicatissimo ministero con lo spirito giusto; ovviamente, egli ha una sua propria visione, che si innestano in un processo molto forte e consistente di riforma del ministero, non contraddicendo - anche in base alle cose che ci ha detto - quella linea di riforma, ma anzi arricchendola; come è logico che sia, visto che si tratta di proposte caratterizzate dalla personalità del ministro e dalla linea politica che segue. Devo dire, però, che questo suo particolare e personale approccio, che - ripeto - apprezzo, ha degli elementi di contraddizione con altri fatti accaduti nel corso di questi mesi. Cercherò di fare alcuni esempi per spiegarmi meglio.
Cominciamo dalla questione più delicata. Io ho apprezzato l'impostazione anche culturale che ha voluto dare rispetto ai problemi dell'intelligence e ai temi di un ministero che deve garantire i diritti di cittadini. Ora, l'intelligence rappresenta un punto di snodo e di confine assolutamente cruciale; soprattutto in questi ultimi tempi, si capisce l'importanza di un'intelligence all'altezza della situazione. Ci troviamo, intatti, in quel terreno di confine in cui diritti dei cittadini e i diritti della sicurezza dello Stato corrono su una linea rossa, e, in qualche modo, non è sempre agevole tenerli in equilibrio. Rilevo due questioni. In primo luogo, in un momento in cui l'esigenza del coordinamento è massima, ci troviamo di fronte alla singolarità di uno sdoppiamento di responsabilità tra il Ministero dell'interno e il ministro che ha la delega per i servizi segreti (Frattini).
Questo elemento di poco coordinamento, in qualche modo, è diventato evidente - e io sottolineo allarmante - nel momento in cui; recentissimamente, un ministro del Governo ha predisposto un'ipotesi di riforma che, mi pare di capire, non ha il consenso generale di tutto il Governo. Al di là del merito discuteremo a tempo debito su chi abbia ragione o meno - , mi pare di rilevare come questo sia un elemento di pericolosa. In questa materia, ci sarebbero maggiori garanzie di coordinamento se ci fosse un unico referente. Al di là delle mie personali preferenze, la logica funzionale vorrebbe che il ministro dell’interno fosse il punto di riferimento, anche perché ritengo che, al di là delle questioni dell’intelligence, debba davvero rappresentare il centro di coordinamento di tutte le forze di polizia.
Qui arriviamo ad un’altra questione molto delicata e complessa che non ha visto una positiva conclusione nella precedente legislatura e che mi auguro possa averla, invece, in quella corrente. Noi abbiamo visto - il ministro lo sa perché è stato oggetto di discussione in occasione dell’indagine istituita per i fatti del G8 - come, a Genova ci siano stati elementi di forte carenza - strutturale ma anche operativa e funzionale - per quanto riguarda il coordinamento tra le forze di polizia. Questo è un tema significativo, che si riconduce agli argomenti di prima: se di coordinamento davvero vogliamo parlare, cominciamo a mettere le pedine al posto giusto e non duplichiamo le funzioni e le responsabilità.
Apro e chiudo una parentesi. Ministro, per quanto riguarda la sua sottolineata e, dal mio punto di vista, condivisibile esigenza di dare più risorse alle forze di polizia per il loro contratto, se lei dicesse ai suoi colleghi di Governo nella sala di fronte di accogliere gli emendamenti che l'Ulivo ha presentato per mettere a disposizione delle forze di polizia le stesse risorse previste dalla finanziaria dell'anno scorso, risolverebbe il suo problema e farebbe contento il sottoscritto. Per cui noi siamo con lei in questo, ma è lei che deve dimostrare di essere con noi dicendo al sottosegretario Vegas di esprimersi a favore degli emendamenti che portano le nostre firme. Su questo siamo su un fronte comune.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Poi avremo un secondo appello.

GIANCLAUDIO BRESSA. Credo però che lei abbia più autorevolezza di me per convincere il sottosegretario Vegas su questo punto. Chiudo la parentesi.
L'altra questione che volevo sottolineare riguarda lo scollegamento tra il programma che lei ci propone e ciò che è avvenuto in ordine alla vicenda della protezione civile. Ora, io ho una opinione diversa dalla sua in merito a quale sia il sistema migliore per organizzare la protezione civile. Ritenevo che la scelta dell’agenzia fosse valida, ma che vi fossero degli elementi di incongruenza non essendovi un perfetto e puntuale coordinamento tra le competenze dell’agenzia e quelle del ministero. Io immaginavo una soluzione diametralmente opposta a quella che questo Governo ha seguito, però, se la logica di questo Governo è davvero quella di potenziare il coordinamento (perché è opportuno sottolineare come questo sia uno dei temi in cui le competenze centrali devono collegarsi alle competenze decentrate) - lei ha detto di avere la delega su questo e farà di tutto perché questo coordinamento avvenga - , allora mi chiedo che logica vi sia nell'avere ricostituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il dipartimento per protezione civile, contraddicendo la riforma della Presidenza del Consiglio stessa. Io chiedo quale sia la logica che porta il Presidente Berlusconi ad assumersi dei compiti così drammaticamente esecutivi quali quelli della protezione civile. Troverei molto più coerente a questo punto, fatta la scelta di eliminare l'agenzia di protezione civile, ricollocarla all'interno del Ministero dell'interno, cancellando completamente il dipartimento per la protezione civile presso la Presidenza del Consiglio che, al di là della delega ricevuta dal ministro per assicurare un coordinamento, resta sostanzialmente una duplicazione, che, anche se con livelli di competenza e di funzioni definite, non aiuta certamente questo coordinamento. Questa è un'altra cosa sulla quale credo varrebbe la pena di riflettere; decisa questa riforma, fatela fino in fondo, operate una scelta che abbia una sua coerenza. Mi rendo conto che le sto proponendo delle cose che aggravano il suo lavoro quotidiano, però credo che il suo dicastero sia, sotto tanti punti di vista, uno degli snodi fondamentali e centrali dell’attività di Governo.
La terza questione riguarda le libertà civili e l’immigrazione. Qui, non ho sentito quali siano gli intendimenti programmatici su due questioni non piccole, anche se sicuramente meno importanti di quelle relative alla immigrazione e all’asilo: la questione delle minoranze e quella delle confessioni religiose. Riguardo alla questione delle confessioni religiose c’è da completare una serie di attività che la XIII legislatura ha avviato e non concluso; quanto alle minoranze etniche, io vorrei ricordare come su questo punto l’Italia sia all’avanguardia in Europa. Invece, alcuni suoi colleghi con competenze che, in qualche modo, hanno a che fare con la questione, formulano ipotesi programmatiche molto poco rassicuranti e confortanti, che rischierebbero di farci fare dei passi indietro.
Su questo tema vorrei aprire una piccolissima. parentesi .per ricordare come, con il precedente Governo, sia stato fatto un passo molto importante con la sottoscrizione del protocollo aggiuntivo della convenzione di Madrid che garantisce la cooperazione transfrontaliera, che adesso dovrebbe essere approvato dal Parlamento. Le competenze per l'attuazione di questo protocollo d'intesa sono del Ministero degli affari esteri ma anche del Ministero dell'interno che, nella scorsa legislatura, aveva superato alcune perplessità che avevano impedito al nostro paese di dare piena attuazione a questo importante protocollo.
Con la riforma del titolo V della Costituzione e con l'inserimento della cooperazione transfrontaliera tra le competenze attribuite, nella realtà, alle regioni e agli enti locali, credo sia importante sollecitare il Parlamento (ma dovrebbe essere il Governo a presentare un disegno di legge in tal senso) a dare piena attuazione a questo protocollo aggiuntivo della convenzione di Madrid sugli accordi transfrontalieri.
Vengo, invece, alla questione più importante, relativa al problema delle libertà civili e dell'immigrazione. Credo che il disegno di legge in discussione al Senato sia un’occasione molto importante per dimostrare che quanto da lei dichiarato corrisponde, veramente, alla linea del Governo. Perché vedo, nelle dichiarazioni rese da alcuni suoi colleghi ministri, pericolosissime chiusure, addirittura diktat e imposizioni: o questa legge si fa in tempi brevi oppure oppure noi .... Non si sa cosa faranno coloro che lanciano queste minacce. Io, invece, prendo sul serio le dichiarazioni da lei rilasciate e credo che la discussione al Senato e poi quella che si svolgerà qui alla Camera, essendo questo un argomento la cui delicatezza non è il caso di sottolineare, saranno, in un certo senso, la cartina al tornasole della capacità del Ministero dell'interno di diventare davvero il ministero delle garanzie.
In una società che, come lei ha ricordato, è sempre più multiculturale, multirazziale, multietnica e multireligiosa, una legge che cerchi di contemperare il rigore verso i fenomeni della clandestinità e della criminalità, con il potenziamento dell'accoglienza credo sia l'occasione per dimostrare che le cose che lei ha detto sono veramente oggetto di un confronto (mi consenta un termine che in qualche modo detesto) bipartisan. Sono temi che non appartengono ad una maggioranza parlamentare, ma alla civiltà di un paese. Credo che questa dovrebbe essere l'occasione in cui trovare il massimo livello di confronto e di consenso. Sono però, lo ripeto, allarmato da alcuni atteggiamenti politici.
L'ultima questione (non voglio tornare sulla questione del coordinamento delle forze di polizia e mi auguro che questa sia la volta buona) che voglio affrontare e che ritengo molto importante, per come lei l'ha descritta e per i risvolti che ha, soprattutto in questo particolare momento, è quella della cooperazione internazionale. Non possiamo nascondere che, in questo momento, la partita sul mandato di cattura internazionale, la collaborazione tra magistrature e polizie, la partita di Europol e della collaborazione Eurojust e così via sono questioni la cui rilevanza immediata è sotto gli occhi di tutti. Su questo credo che non stiamo facendo tutto quello che potremmo fare. Trovo assolutamente sbagliato l’approccio avuto dal Presidente del Consiglio nell’immaginare che il voto del Parlamento europeo sia un voto gonfiato da polemiche improprie. Nel momento in cui, davvero, la posizione del Governo italiano nel panorama europeo dovesse apparire come quella di un Governo che non è in prima fila sul fronte della collaborazione tra le. polizie e le giustizie europee, credo che pagheremmo un prezzo altissimo non. solo alla nostra credibilità ma anche alla nostra capacità di essere protagonisti nella lotta al terrorismo internazionale e alla criminalità organizzata internazionale. Cose che, invece, credo, non meritiamo, non solo per cultura, ma anche per capacità di azione della nostra magistratura e delle nostre forze di polizia. Dunque, anche su questo tema, vorrei che quanto lei ha dichiarato oggi rispondesse non ad una sua visione personale, ma ad un atteggiamento del Governo nella sua interezza. Cosa che mi pare, invece, di non riscontrare.
Mi scuso di non poter rimanere più a lungo.
PRESIDENTE. Al fine di evitare duplicazioni chiedo se vi siano altri colleghi che intendano approfondire gli argomenti sollevati dal collega Bressa.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Se l'onorevole Bressa deve andare via posso rispondere anche subito.

GIANCLAUDIO BRESSA. Posso trattenermi ancora un po', ma non vorrei che diventasse una scortesia nei confronti degli altri colleghi.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Sarò breve nella risposta visto che l'introduzione è stata lunga.

PRESIDENTE. Prego, ministro Scajola.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Con riferimento all'intelligence mi interessava. subito chiarire che non c'è frammentazione: il ministro dell’interno ha competenza sul SISDe, il ministro della difesa ha la competenza sul SISMI e il ministro dell’interno e il ministro della difesa hanno un nome e un cognome; non esiste un delegato ai servizi.
Anch’io, sovente, leggendo e vedendo trasmissioni televisive rimango perplesso per le diciture, però c’è un equivoco. C’è un delegato a presiedere il CESIS, che è un organismo che, quando si riunisce dà linee di indirizzo e di coordinamento. In uno Stato democratico, la funzione della gestione dei servizi non è dei titolari dei ministeri ma dei direttori dei servizi. C’è un equivoco troppe volte diffuso, e mi è gradita l’occasione della sua domanda per fornire una risposta su questo punto. Dunque c'è il SISDe, c'è il SISMI, c'è il CESIS che ha un compito di coordinamento; il direttore del CESIS ha il compito di coordinare il direttore del SISDe con il direttore del SISMI e c'è un Comitato di controllo parlamentare. Il CESIS è un organismo di coordinamento che svolge le sue funzioni nel momento in cui si riunisce e tali funzioni cessano alla. conclusione della riunione.
Quando parlavo, nella mia relazione, della necessità che non solo su questo, ma anche su altro, si eliminassero sovrapposizioni ed. equivoci è perché ritengo, .forse in una visione eccessivamente efficientista che appartiene alla mia storia, che dalla confusione nascano gli equivoci e dagli equivoci nascano, anche, le zone d'ombra. Questo è un punto che mi interessava chiarire e questa credo sia la sede più opportuna..
Con riferimento, poi, all'Agenzia di protezione civile ho chiarito nella mia relazione che desidero prediligere, in ogni azione di carattere amministrativo, l'obiettivo, il risultato, rispetto alla politica della rincorsa delle competenze. Nel primo periodo di gestione del Ministero dell'interno, ho dichiarato più volte - non era solamente una battuta - che avevo più paura di un evento calamitoso che di un altro G8, tanto avevo colto la frammentazione di competenze presente nel settore delle calamità naturali, frammentazione che metteva tutti a rischio.
L'agenzia era un'altra occasione di confusione. L’abolizione dell’agenzia con decreto-legge, con la conversione dello stesso da parte del Parlamento, non è un’opera compiuta; l’onorevole Bressa ha perfettamente ragione quando sostiene questa tesi. Dovremo infatti pensare a una nuova legge organica in materia di protezione civile che, dopo un periodo di approfondimento, dovrà essere sottoposta al Parlamento per giungere ad una gestione efficiente ed efficace di questo settore. Ad oggi, però, con la soppressione dell’agenzia che automaticamente ha fatto sopravvivere il dipartimento presso la Presidenza del Consiglio, il Governo, il Presidente del Consiglio Berlusconi, hanno inteso anticipare quella che sarà la linea di univocità, dando delega per quel dipartimento, al ministro dell'interno. Ciò per raggiungere l'obiettivo, in questa fase provvisoria, di un maggiore coordinamento. Sfido chiunque a voler contestare, oggi, prendendo visione delle diverse normative esistenti prima di questo decreto-legge (poi convertito in legge), le, diverse competenze e l'assoluta incapacità di comando preesistenti.
Vi era, inoltre, un'altra anomalia cui porre rimedio: mi riferisco al fatto che l'agenzia non si occupava più solamente delle situazioni di emergenza, ma anche della ricostruzione. La protezione civile deve essere intesa come un momento di assoluta efficienza per l'emergenza; la ricostruzione spetta ai normali dicasteri. Sono sempre preoccupato di tutta questa legislazione che crea continue superfetazioni ed emergenze. La protezione civile deve essere intesa come un sistema di assoluta emergenza nel momento in cui si verifica un'emergenza e il momento della ricostruzione spetta, lo ripeto, ai dicasteri competenti.
Per quanto concerne la legge sull'immigrazione, la ritengo una buona norma, che credo ispirata, allo stesso tempo, dai criteri di rigore e di accoglienza da me poc'anzi ricordati. Penso che possa essere ulteriormente migliorata da alcuni emendamenti presentati negli ultimi giorni, ma l'obiettivo è quello di coniugare rigore ed accoglienza. Questo, lo ribadisco, è l'obiettivo del Governo, e non di un ministro o dell'altro.
Per quanto riguarda il mandato di cattura europeo, nei prossimi due giorni - sia su questo tema sia in riferimento ad Eurojust - si terranno alcune riunioni a Bruxelles. Sono temi su cui non esiste - come appare, o come alcuni vorrebbero far apparire - una nostra posizione di retroguardia. Siamo molto preoccupati che un tema di questo tipo possa essere affrontato con leggerezza. Non è vero che vi è una disputa, chi sa per quali motivi, sul numero dei reati da comprendere in questa lista. Il Governo non vuole - ed ho rappresentato tale posizione nell'ultimo Consiglio dei ministri svoltosi la settimana scorsa a Bruxelles - che per inseguire cento lepri, non se ne catturi neanche una. Dobbiamo metterci nelle condizioni di sviluppare una politica di sicurezza in Europa attraverso ciò che è possibile fare con piccoli passi, dicendo da subito questa è la posizione assunta dall'Italia - che ogni successivo Consiglio dei ministri potrà ampliare questa lista, andando a verificare cosa si è riusciti a determinare. Credo che non esistano grandi differenze - come, ripeto, si vorrebbe far apparire - e penso che dopodomani sera questo problema sarà certamente meno enfatizzato di quanto lo sia ancora oggi.

PRESIDENTE. Do la parola agli altri colleghi che desiderano intervenire.

MARCO BOATO. Ringrazio il ministro per la sua relazione; l'impostazione culturale, istituzionale, ed anche costituzionale alla quale in ultimo ha fatto riferimento è da me pienamente condivisa, e credo che sia importante ed opportuno che su un terreno di questo genere che, pur toccando un ministro di un Governo sostenuto da una maggioranza cui non appartengo, riguarda comunque la totalità dei cittadini dal punto di vista delle garanzie e delle esigenze di libertà e di sicurezza (sicurezza intesa in senso ampio, quindi anche rispetto alle calamità e non soltanto rispetto a problemi di ordine pubblico) - vi possa essere una larga condivisione. Penso che questo sia un fatto molto positivo e do atto al ministro di tale impostazione; ritengo inoltre importante. il fatto che questa sia stata enunciata in modo così ampio e motivato nel corso dell’odierna audizione.
Intendo soffermarmi su alcune tematiche (in parte già affrontate); innanzitutto la questione delle competenze istituzionali in merito ai servizi di informazione e di sicurezza (questione già richiamata dal collega Bressa e in parte già affrontata dal ministro). Quando noi deputati ci facciamo dare dall’archivio della Camera il libretto che riporta la composizione del Governo con le relative competenze e deleghe - perché non disponiamo ancora di un volume in cui questa sia riportata, anche se sono trascorsi oltre sei mesi - leggiamo che vi è un ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e di sicurezza. Da questo punto di vista condivido ciò che ha detto il ministro Scajola, però un problema si pone. Ribadisco che non mi interessa, in questa sede né altrove, creare un conflitto tra il ministro dell'interno ed il ministro della funzione pubblica, ma se volessi fare una battuta direi che il conflitto è già emerso in modo evidente sui giornali del giorno successivo e, in qualche modo, anche nell'intervento precedente. Vi è un problema di responsabilità del Parlamento e del Governo.
Sul Corriere della Sera, se non sbaglio, di domenica 25 novembre (non critico tale quotidiano che fa il suo mestiere e, quindi, se qualcuno gli fornisce del materiale, lo pubblica), infatti, è stata pubblicata la bozza di un disegno di legge del Governo, già varato dal comitato interministeriale (così è scritto sul Corriere della Sera, ma credo che si tratti del comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, ossia del CIIS, che è previsto dalla legge del 1977, come il CESIS, il SISDe e il SISMI). In questa circostanza, tale bozza viene ammessa come tale e commentata dal ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Non viene, quindi, contestata nel suo contenuto, non viene precisata, non viene corretta. né viene destituita di fondamento, anche se, essendo molto attento a queste vicende, nei giorni successivi - credo addirittura il giorno dopo - ho letto su vari quotidiani (Corriere della Sera, La Stampa e forse qualche altro) che il ministro dell’interno aveva precisato che, allo stato attuale, non esisteva alcun disegno di legge. E’ chiaro: non è che non esista il problema o un’elaborazione istruttoria ; sappiamo tutti che essa risale al precedente Governo e alla precedente legislatura. Comunque in qualche modo il ministro dell’interno ne ha delegittimato l’ufficialità, sia pure sotto forma di bozza “ancora riservata”, come scriveva il Corriere della Sera (è bello che si parli di una bozza “ancora riservata” che viene pubblicata sul primo giornale italiano!).
In quel caso vi è stato un problema di metodo che mi pare sia emerso con evidenza anche nella risposta al collega Bressa. Tuttavia, signor ministro, vi è anche un problema di contenuto. Che sia opportuna una riforma dei servizi di informazione, a distanza di 24 anni dalla precedente, mi pare del tutto legittimo: ciò non scandalizza nessuno, anzi scandalizzerebbe il contrario.
Le vorrei chiedere un primo chiarimento (poi, un ulteriore chiarimento si avrà a livello parlamentare,. perché il disegno di legge dovrà passare attraverso questa Commissione o, forse, attraverso Commissioni congiunte). In questo clima di necessario allarme internazionale dobbiamo prestare molta attenzione - e per questo motivo ho apprezzato l'impostazione della sua relazione - affinché le esigenze. di sicurezza interna e internazionale non entrino in rotta di collisione con il fatto che siamo in uno Stato costituzionale di diritto.
Lei sa - e noi tutti sappiamo - che in altri paesi vi è un dibattito molto aspro; in particolare, negli Stati Uniti d'America il Congresso ha votato, al 99 per cento, il consenso al Governo degli Stati Uniti sulle iniziative di lotta contro il terrorismo, ma si è spaccato quasi a metà sulle proposte del ministro Ashcroft relative ad una serie di misure, che possiamo definire emergenziali. Pertanto, anche in uno Stato che è il primo del mondo come forza e potenza ed è il primo colpito dal terrorismo di questa fase, si discute legittimamente su come si debba contemperare l’esigenza della sicurezza con quella - definiamola genericamente - delle garanzie. Uso la parola “garanzie” in un altro significato, ma si tratta di un gioco di parole che mi riesce bene e che non avevo programmato. Infatti, da questo punto di vista, il tema riguarda le cosiddette garanzie funzionali: le modalità con cui esse venivano prospettate in quella bozza - ancora riservata, pubblicata sul Corriere della Sera e commentata senza alcuna correzione dal ministro che ha il compito ufficiale del coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza - non erano rassicuranti, per usare un altro eufemismo, rispetto alle garanzie di uno Stato di diritto.
Ho constatato che lo stesso ex Presidente della Repubblica Cossiga - che è stato ministro dell'interno - e che è un esperto di servizi di sicurezza (lo dico non criticamente: sono un estimatore di Cossiga, anche quando ha qualche intemperanza) - il quale, in prima battuta, aveva reso una dichiarazione di totale adesione, proprio due giorni fa, invece (forse avrà visto il testo e ci avrà riflettuto) ha rilasciato una dichiarazione molto preoccupata.
So che questa è soltanto un'audizione in cui si discutono le volontà politiche e che poi, ad un certo punto, vi saranno i testi legislativi. Tuttavia, siccome si tratta di una questione che ha suscitato grande allarme ed è il momento meno opportuno per dividere l'Italia (adesso non voglio riferirmi all'America), l'opinione pubblica italiana e le forze politiche italiane rispetto a finalità che, sia per la maggioranza sia per l'opposizione, devono essere comuni - e mi riferisco a quelle relative al contrasto al terrorismo - le chiederei un chiarimento al riguardo. Infatti, così come prospettate, a mio parere tali questioni si ponevano in rotta di collisione frontale con lo Stato costituzionale di diritto, il quale, tra i suoi obiettivi, annovera anche la tutela della sicurezza e dell’unità dello Stato, ossia alcune ragioni di principio, generali e irrinunciabili, che si collocano al di sopra di tutto. Tuttavia, non voglio che esse si traducano in una mera ragion di Stato che giustifica tutto, sullo stile dei politologi del cinquecento, perché non saremmo in uno Stato di diritto, bensì in uno Stato assoluto.
Ovviamente, non ho bisogno di spiegare né a lei né al presidente Bruno la differenza fra le due forme di Stato. Gli obiettivi possono essere anche gli stessi, ma uno Stato autoritario e uno Stato democratico li affrontano in un modo diverso. Il fatto che non vi siano controlli parlamentari, che non vi sia alcun controllo da parte della magistratura e nessuna rendicontazione successiva (parlo di rendicontazione, ma non nel senso economico) ha giustamente creato grande allarme, anche perché non vi è stata alcuna smentita. La smentita è giunta da parte sua, nel momento in cui ha affermato che quel testo non esiste, ma vi è stato il silenzio del ministro Martino. Tuttavia, se il testo in realtà esiste - sebbene sia ancora qualcosa di informale che non possiede i crismi di ufficialità e sebbene se ne sia appropriato un ministro, - prescindendo dagli altri e dal Presidente del Consiglio - ed è stato reso noto, non ufficialmente ma informalmente, sul primo giornale italiano, vorrei una risposta anche in merito a ciò.
In qualche modo, nella sua relazione lei ha già fornito una risposta; io l'ho ascoltata molto attentamente, ma le rivolgo comunque una domanda al riguardo. Non le chiedo di riaprire una polemica con un ministro che fa parte del suo Governo, perché è un gioco che non voglio fare. Sono preoccupato rispetto al nostro paese e alla dolorosa lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e i crimini di varia natura, che in questo momento costituiscono la priorità delle priorità, ma sono anche preoccupato del fatto che nel nostro paese non avvenga uno snaturamento, anche perché la storia passata - lei lo sa meglio di me - ha già visto episodi di questo genere.
Su questo argomento mi sono dilungato più di quanto avessi previsto, quindi mi permetto di essere più sintetico sugli altri. Se possibile, voglio citare alcuni “titoli”.
Nel suo elenco ha parlato, giustamente, anche della lotta contro il traffico di droga. Non vorrei sollevare la questione relativa al proibizionismo e all’antiproibizionismo: non sarebbe la sede adatta e, comunque, ho a che fare con un Governo che ha una sua piattaforma al riguardo. Vorrei, invece, sollevare un problema che mi sta allarmando. Non sono un fanatico di una posizione ideologica, tutt’altro. Tuttavia, mi pare che si stia affermando in sedi extraistituzionali, anche da parte di ministri che non: hanno alcuna competenza istituzionale al riguardo, una tendenza contro le politiche di riduzione del danno, che non mettono in discussione di per sé il proibizionismo e che sono adottate in molti paesi europei. Esse si fanno carico del problema della scelta fra una predica al tossicodipendente, finalizzata a salvargli l'anima e magari non la vita e, invece, politiche che, prendendo atto che si tratta di un tossicodipendente che, quindi, versa in una situazione di grave disagio sociale (per usare, anche in questo caso, un eufemismo), possano comunque portare a politiche di riduzione del danno. La questione è se si preferisca la predica religiosa ed etica (io sono un credente, ma non accetto che si usi un'impostazione religiosa quando si affrontano laicamente le questioni della società) e, quindi, una predica totalizzante, a politiche concrete e pragmatiche che permettono di ridurre i rischi di morire esistenti per chi assume droga in certe condizioni.
Per quanto riguarda i commissari antiracket, non perdo tempo ad illustrare tale argomento, perché sia lei sia il presidente sia i colleghi ne siete a conoscenza. Le chiederei di fornirci un chiarimento al riguardo, poiché si tratta di un tema che nelle ultime settimane ha dilacerato l'opinione pubblica.
Per quanto riguarda la questione delle scorte, sebbene oggi non ne abbia parlato, condivido totalmente ciò che lei ha affermato in altre occasioni. Lei ha sostenuto di voler cancellare il fenomeno disgustoso - come lo ha definito - della scorta concepita come una sorta di status symbol. In merito a questo aspetto sono più d’accordo con lei di quanto lei non sia con se stesso. Mi pare, però, che si siano sommate questioni di eliminazione di sprechi, di uso non corretto e di mantenimento di status symbol che non hanno più ragion d’essere con problemi reali di sicurezza. Non vado oltre, dato che lei sa benissimo di cosa stiamo parlando, ma le chiedo un chiarimento al riguardo.
Ho apprezzato che lei abbia toccato la questione riguardante il coordinamento delle forze di polizia e le modalità di intervento in servizi di ordine pubblico. Come lei sa, si tratta di un argomento sul quale alcuni di noi, a cominciare dal nostro presidente, hanno trascorso l’estate. Ho condiviso gran parte della sua relazione, ma mi pare un po’ poco rispetto a quanto è avvenuto. So che quando sono avvenuti tali fatti lei era ministro da poco più di un mese, però sono emersi problemi macroscopici sia sotto il profilo del coordinamento, sia sotto il profilo delle modalità di intervento. Infatti, le modalità di intervento che abbiamo visto - e mi riferisco a quelle nei confronti di persone che, pur non avendo messo in atto azioni violente, si sono trovate sanguinanti per la strada - mi preoccupano molto. Non voglio ritornare sul G8: dal punto di vista parlamentare è un capitolo chiuso che non voglio riaprire. Mi preoccupo, però, per il futuro e le chiedo di dire qualcosa di più al riguardo. Ripeto, quello che lei ha detto è condivisibile, ma mi sembra poco rispetto all'importanza delle questioni.Per quanto. riguarda il diritto d'asilo abbiamo lavorato per anni in questa Commissione per cercare di varare una nuova legge in materia. Siamo, credo, l’ultimo paese in Europa a non avere tale legge. Qualcuno della maggioranza attuale potrebbe obiettare che sarebbe stato nostro compito, in quanto maggioranza, provvedere in tal senso. Chi ha fatto parte di questa Commissione nella legislatura precedente sa che se non ci siamo riusciti è perché gli ostacoli posti dall'opposizione di allora sono stati tali e tanti da impedirci di procedere consensualmente. La questione è rimasta all’ordine del giorno al livello italiano ed europeo: le chiedo cosa intenda fare al riguardo. Ovviamente è il Parlamento ad approvare leggi, non il ministro, ma quest’ultimo ha un potere di impulso che non ho bisogno dispiegare a lei ed ai miei colleghi.
Per quanto riguarda la questione dell’immigrazione, lei ha parlato di lotta contro la clandestinità. Lei sa che sotto la parola clandestinità si possono nascondere il criminale clandestino o il potenziale criminale, ma anche migliaia di persone (prevalentemente donne) che lavorano nelle nostre famiglie. Non posso parlare di una mia esperienza personale, ma conosco decine di famiglie che fanno assistere i loro cari o fanno fare lavori domestici a persone tecnicamente clandestine. Mi chiedo se lei, come ministro dell'interno, non si ponga il problema di distinguere drasticamente tra la clandestinità come potenziale ambito di reclutamento criminale e la clandestinità tecnica - la chiamerei così - riguardante migliaia di persone che sono, oggi, il supporto di centinaia di migliaia di italiani di tutti i colori politici, anche se non di tutti gli strati sociali (gli strati medio-bassi non se lo possono permettere).
Per quanto riguarda la questione della libertà religiosa, mi pare che il senatore Andreotti, in un dibattito al Senato, non so se rivolgendosi a lei o al Presidente del Consiglio, abbia posto un problema che adesso le pongo anch'io. Le chiedo, cioè, se non sia il caso di accelerare, con i dovuti criteri di trasparenza e di rigore, l'intesa con. le comunità islamiche. Questo, infatti, sarebbe un grande segnale rispetto ai problemi che tutti noi abbiamo detto di voler evitare, come la guerra di religione, lo scontro di civiltà o la criminalizzazione discriminata di appartenenti ad una confessione religiosa. Questo potrebbe essere un segnale forte da parte del Governo sapendo che vi sono molti problemi tecnici perché, a differenza di altre confessioni, le comunità islamiche non sono rappresentate univocamente.
Vorrei svolgere un’ultima considerazione per richiamare un’esperienza che conosco bene, quella del Trentino-Alto Adige, in materia di componente volontaria dei vigili del fuoco. A tale riguardo lei ha detto che l’Italia è l’ultima in Europa. Forse, in Trentino-Alto Adige, siamo tra i primi in Europa.. Quel modello, che sta funzionando perfettamente, dovrebbe essere generalizzato nel nostro paese.PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Boato invitando, però, gli altri colleghi ad una maggiore sintesi non per quanto riguarda il tempo, ma gli argomenti. Naturalmente darò la parola a tutti, ma non so se il ministro avrà la possibilità di rispondere compiutamente alle domande poste o, al contrario, intenda riservarsi di fornire alla Commissione un documento scritto.
Do ora la parola all'onorevole Mascia.

GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, non si possono che apprezzare le parole del ministro e la cultura politica che le ispira. Appare, però, molto evidente la contraddizione fra le parole che lei usa, signor ministro, e quanto sta avvenendo in questo Governo.
Concludendo il suo intervento lei ha dichiarato di condividere fino in fondo l'operato del Governo di cui fa parte. Poiché il mandato è già iniziato da sei mesi mi pare giusto, da parte nostra, sottolineare la contraddizione. Non posso fare a meno di sottolineare come le parole forti e positive da lei usate nel richiamare i diritti e le garanzie costituzionali della democrazia (ed è evidente che quanto lei dice non è frutto di propaganda, ma di una cultura e di un'esperienza politica) siano in contraddizione con l'operato di questo Governo sotto tanti aspetti.
Appare evidente lo scarto rispetto a quanto abbiamo visto ieri al Senato. Mi riferisco a tali avvenimenti non solo perché parliamo di un sottosegretario di sua competenza, ma perché le parole usate dal ministro Castelli non sono proprio in sintonia con i concetti di rispetto delle garanzie e dei diritti. Sottolineo solo quelle che considero le maggiori contraddizioni anche per non contravvenire al richiamo fattoci poco fa dal presidente. Ritengo, comunque, doverosa una sollecitazione al confronto da parte nostra.
Per restare nei temi di sua competenza, credo che la sua replica nei confronti dell’onorevole Bressa esprima uno scarto tra le sue parole e quello che, a mio avviso, è il progetto di legge sull'immigrazione. Signor ministro, non si può dire che guarderemo alla questione dei diritti sociali, al rispetto delle garanzie individuali e civili, alla coesione sociale - e, da questo punto di vista, al ruolo dei prefetti - sostenendo, poi, che tali concetti siano compresi in questo progetto di legge.
Penso che l'impianto di quel provvedimento sia assolutamente il contrario e che peggiori il testo precedente in vigore - la legge Turco-Napolitano che, dal punto di vista dei diritti di cittadinanza degli immigrati, non considero una buona legge - proprio dal punto di vista della logica emergenziale e punitiva.
È stato fatto riferimento a questa schiera di lavoratrici e di lavoratori che tutti noi utilizziamo, cioè coloro che aiutano i malati e che sono, ormai, manodopera fondamentale nel nostro paese; per esempio, facendo riferimento alla vertenza della camera del lavoro di Brescia dello scorso anno, possiamo parlare di persone considerate tecnicamente clandestine, che lo erano - e, probabilmente, lo sono ancora - semplicemente perché i loro datori di lavoro si rifiutano di riconoscerli: si tratta di lavoratori in nero che lavorano in piccole aziende.
Dunque, credo che ragionare partendo dai diritti vuol dire davvero capovolgere un’impostazione che non può essere quella contenuta in questo progetto di legge, rispetto sia all'asilo sia, persino, ai diritti previsti dall'articolo 10 della Costituzione.
Con questa legge, si facilitano le espulsioni, si eliminano le garanzie e il diritto di impugnare provvedimenti considerati illegittimi - cosa già difficile prima, e adesso mi sembra che potrebbe diventare praticamente impossibile -, si allungano i tempi nei centri di detenzione, con i permessi di soggiorno che diventano contratti di soggiorno.
Penso che, quando si ragiona sul contratto di soggiorno, prima ancora delle condizioni materiali di queste persone, si ponga un problema di cultura e di civiltà, e, ripeto, le parole che lei ha usato e i principi che ha affermato mi sembrano in contrasto con la sostanza, per esempio, di una legge di questo tipo. Inoltre, ma su questo punto sono più disponibile a verificare in corso d’opera il prosieguo di questo percorso, trovo una contraddizione sulla logica. emergenziale tra la legge antiterrorismo - che penso sia pericolosa, per quanto il testo approvato in aula sia stato migliorato e, comunque, con una logica emergenziale - e quella che, invece, mi è sembrata la sua impostazione e la sua idea di garanzia della sicurezza.
Così come lei l'ha espressa, si tratta di un'idea che apprezzo ma, anche in questo caso, non è insita nella legge antiterrorismo che abbiamo approvato, perché si interviene con intercettazioni ed operazioni sotto copertura. Su questo aspetto le concedo maggior credito, nel senso che molto dipenderà da come verrà gestita una legge di questo tipo e dalle pressioni che, in questa direzione, verranno dall'estero; infatti, la normativa che arriverà dall'Europa non è, purtroppo, migliore della nostra. e credo che la concezione di reato di terrorismo internazionale sia un elemento pericoloso rispetto alla libertà di opinione e alla modalità con cui si arriva a definire tale reato.
Pochi giorni fa, ho svolto un'interpellanza ed abbiamo dovuto ricorrere all'Assemblea per dire al sottosegretario per la giustizia che, in Italia, non accetteremo pressioni dagli Stati Uniti rispetto agli imputati stranieri e alla richiesta di estradizioni che non garantiscano le libertà previste dalla nostra Costituzione e dal nostro codice. Voglio dire che, in un clima come questo, ci sono tanti elementi e, quindi, se le sue parole venissero attuate e fossero garanzia di una gestione di un certo tipo, a mio avviso, sarebbero rassicuranti; tuttavia, poi, devono fare i conti anche con le questioni scritte e con i testi di legge che vengono approvati.
Anche se è stato detto già molto sulla questione dei servizi, rispetto al problema delle funzioni lei ha fornito chiarimenti, e voglio sottolineare le sue parole che mi sono sembrate importanti nel contesto di tale discussione. Credo non sia questa la sede per discuterne il merito. Naturalmente, su tutta la questione della riforma possiedo un’opinione che ho anche scritto e che va oltre questa idea di legittimare semplicemente maggiori libertà agli agenti; anche se ritengo che questa sia una materia molto complessa. Nel dibattito sui giornali ho apprezzato che lei abbia sottolineato che un provvedimento di questo tipo ha bisogno del contributo delle opposizioni: credo che, al di là delle urgenze di questi tempi, questo sia l'elemento più importante e spero che questo impegno venga davvero salvaguardato fino in fondo.
Vorrei esaminare velocemente argomenti più specifici da lei richiamati, entrando nel merito di altri aspetti del suo dipartimento, come la questione della polizia di prossimità. Preferisco sentir parlare di polizia di prossimità che di tolleranza zero, come in altri paesi, e anche in questo caso la nostra Commissione potrebbe cercare di conoscere le esperienze anglosassoni più da vicino. Mi permetto di sottolineare un dubbio, e cioè che questa polizia di prossimità non si riduca nel vedere qualche poliziotto in più nei quartieri e nelle vie più ricche, dove lavorano gli orefici o altri negozianti, come succede e sta succedendo di questi tempi.
Non amo molto la demagogia: se quella di prossimità fosse una polizia che, come abbiamo visto in un altri momenti, non rispondesse a logiche di campagne, di leggi, di ordine e di emergenza ma cercasse semplicemente di razionalizzare ed utilizzare al meglio le risorse sul territorio in un coordinamento e in un quadro di direzione centrale e non locale, allora sarebbe un'impostazione che condivido; tuttavia, sappiamo che la polizia di prossimità è qualcosa di più di tutto ciò, perché reca una storia, un'esperienza, e una cultura che nasce in determinati paesi e che noi non abbiamo. Essa fa riferimento ad un rapporto tra i cittadini e forze dell’ordine che, in questi termini, il nostro paese non conosce. Per quanto ci riguarda, se lo spirito è quello di una collaborazione e di una prevenzione, non di una logica poliziesca pura e semplice, si tratta di un lavoro molto faticoso.
Personalmente, credo che nel nostro paese, dopo i fatti di Genova, tale lavoro sia particolarmente faticoso; vorrei liberarmi da questa sindrome, ma credo che la coda non sia finita. In questa sede mi permetto di sottolineare che, proprio in relazione a questo concetto della polizia e del rapporto tra cittadini ed istituzioni, a seguito di quell'esperienza si è aperta una ferita molto profonda che, naturalmente, lascia dei segni, non solo sul terreno della gestione delle manifestazioni di piazza, ma proprio nella relazione tra i giovani e le istituzioni conosciute in quel contesto.
Siccome credo molto in tale istituzione e in questo mi sto adoperando, ho visto ed apprezzato, in primo luogo da parte delle forze dell'ordine, una riflessione ed una discussione e non ho avuto difficoltà ad ammettere anche l'impegno personale del ministro dell'interno, per esempio nella manifestazione del 10 novembre a Roma; si trattava di una situazione molto delicata e particolare che, però, ha dimostrato che alcune cose si possono fare bene perché, naturalmente, dipende da come viene gestito il tutto. Ho letto questo impegno particolarmente rilevante proprio come uno sforzo per sanare quella ferita. Pur riconoscendo pubblicamente questi elementi, ritengo che ci sia ancora molto da fare, sia in relazione ad un'idea di polizia come lei l'ha descritta (all'interno di un impianto di diritti e non di ordine pubblico) sia in relazione alla gestione della piazza, con il problema enorme della formazione, da lei ha richiamato: credo che su questo terreno la questione sia molto rilevante. Formare del personale non solo per insegnare ad usare nuovi strumenti di tecnologia avanzata, ma anche per far conoscere o sottolineare i diritti fondamentali dei cittadini in relazione alle nuove presenze di stranieri, ritengo sia un’impresa molto ardua che, comunque, seguendo questa strada, potrà essere realizzata con la collaborazione di tutti.
Sempre per chiudere lo strascico di quanto avvenuto a Genova, vorrei sollevare due questioni. La prima riguarda l’eventuale esistenza di ulteriori elementi che dovremmo conoscere dopo quella storia. Il Comitato sul G8 si è chiuso senza ottenere tutte le risposte che avremmo voluto, la magistratura ancora indaga, continuano ad arrivare lettere e denunce dall'estero.
Recentemente, ho presentato un'altra interpellanza su tale argomento. Ritengo che ottenere risposte anche sulla gestione di quella vicenda sarebbe un elemento di giustizia e di chiarimento, soprattutto rispetto alle persone che, in qualche modo, ne hanno pagato il prezzo.
Vorrei, inoltre, avere un chiarimento in ordine all'indagine amministrativa che il ministro ha detto .di aver disposto sulla carica di via Tolemaide. Se non in questa sede, almeno in un'altra mi piacerebbe sapere come tale indagine si sia conclusa.
Sono d'accordo sui diritti delle forze di polizia, di questi lavoratori, che sono stati presi in considerazione non solo in termini salariali e di diritti normativi. A questo proposito, vorrei sapere se è in fase di revisione il codice di disciplina delle forze di polizia, in quanto ciò rappresenta una delle questioni più pesanti. Infatti, si tratta di un codice che porta in sé un potere discrezionale di questori, commissari e quant'altro; è un codice molto discutibile anche dal punto di vista dei principi e delle necessità rispetto ai comportamenti delle forze dell'ordine, che tende a regolamentare aspetti banali, a volte - mi scuso -, anche ridicoli, come la barba, i capelli o le frequentazioni esterne di tali lavoratori. Ci sono, evidentemente, elementi di garanzia comportamentale che non sembrano particolarmente attinenti con quel compito e che, tuttavia - proprio sulla base di questa discrezionalità -, accentuano discriminazioni che possono verificarsi.
Ritengo che anche questo codice dovrebbe essere riscritto sulla base di quell’impostazione da lei qui riferita, vale a dire la questione dei diritti e le questioni fondamentali cui devono attenersi le forze dell’ordine nello svolgimento del proprio compito (l’accoglienza, l’integrazione, eccetera).
Mi trovano sempre consenziente gli elementi, le questioni, gli strumenti innovativi che possono aiutare la vita delle persone, mentre ho sempre qualche dubbio e pongo anche delle questioni quando parliamo di carta d’identità elettronica. Siamo ancora in fase di sperimentazione, quindi probabilmente potrete fornirci ulteriori delucidazioni in merito; tuttavia, il fatto che con questi strumenti si possano fare molte cose pone serie questioni di privacy, quindi mi piacerebbe approfondire maggiormente tale argomento.

PRESIDENTE. Non vi nascondo di essere un po' imbarazzato, in quanto per poter rispondere a tali domande credo sarebbero necessarie altre tre o quattro riunioni.:
Il ministro mi ha comunicato che tra 20-25 minuti dovrà andare via, quindi, essendo ancora iscritti a parlare i colleghi Lucidi, Saponara, Montecchi, Mancuso e Geraci, ritengo sia necessario contenere gli interventi.
Non intendo togliere la parola a nessuno, ma ho la sensazione che il tipo di domande non consentirà al ministro di rispondere nel corso di questa audizione.

MICHELE SAPONARA. Ho apprezzato molto la relazione del ministro, che ho trovato lucida, densa di contenuti, realistica ed anche sintetica in relazione al materiale al nostro esame. Il ministro ha delineato uno Stato moderno ed efficiente, che sia vicino ai cittadini e che riesca a conciliare la massima sicurezza con il pieno rispetto delle garanzie previste dalla Costituzione.
Per quanto concerne l'ammodernamento delle forze dell'ordine, vorrei ricordare che ho partecipato al Comitato sul G8 - non sono affetto dalla sindrome dell'amica Mascia, che continua ad invitarmi a diversi dibattiti, ai quali partecipo volentieri perché è una collega simpatica e responsabile - e ho ascoltato, in quella sede, la sua relazione, il suo impegno, l’analisi di tutta la situazione svolta nel nostro documento, nel quale si evidenziano determinate manchevolezze che, peraltro, vengono da lontano - è l’unica nota polemica che faccio in questa sede - e a cui lei, signor presidente, si è impegnato ad ovviare nel rispetto della Costituzione.
Certo, vi sono questioni importanti, come ad esempio l’emigrazione, in cui occorre conciliare la solidarietà, la sicurezza, l’economicità di tale questione, e noi siamo a disposizione per affrontarle tutte con impegno. Certo, si tratta di un impegno gravoso, stimolante e oneroso anche dal punto di vista finanziario, che richiede molta intelligenza.
Noi; signor ministro, le garantiamo ogni nostra collaborazione affinché il suo programma venga attuato, sempre nel rispetto dei principi costituzionali e sono sicuro - come è stato affermato poc'anzi da tutti i colleghi - che anche l'opposizione fornirà il proprio contributo costruttivo. L'ho sentito nelle parole di apprezzamento che le sono state rivolte, tutte finalizzate ad ottenere risposte che consentano un allargamento del tema da lei affrontato, consentendole di venire incontro a tutti gli argomenti che le sono stati posti.
Dicevo del contributo costruttivo dell'opposizione, già realizzatosi in altre occasioni; ricordo con piacere il contributo che l'amico Boato ha dato, o ha tentato di dare, durante la Commissione bicamerale, in materia di giustizia, evidenziando la sua posizione di grande garantista.

MARCELLA LUCIDI. Vorrei svolgere alcune brevi considerazioni ed una serie di domande, con l'impegno di non ripetere e di non sollevare nuovamente questioni che già i colleghi hanno portato all'attenzione del ministro.
Innanzitutto, ringrazio il ministro dell'ampia esposizione appena svolta; tuttavia, vorrei fare una riflessione - sollevata dall'accorgimento iniziale che lei, signor ministro, ha voluto dare alla sua relazione - anche perché, in un'interrogazione a risposta immediata, insieme all'onorevole Violante, la sollecitammo ad intervenire in Commissione.

PRESIDENTE. Non è stato mai chiesto.

MARCELLA LUCIDI. No, signor presidente, noi sollecitammo, attraverso un’interrogazione a risposta immediata in aula, il ministro a portare all’attenzione della Commissione il suo programma di governo. Siccome non era stato fatto.....

PRESIDENTE. Non è ammesso: deve chiederlo all'ufficio di presidenza della Commissione e non in aula. Abbiamo messo all'ordine del giorno l'audizione, il ministro ha dato la sua disponibilità e lo stiamo qui ascoltando.

MARCELLA LUCIDI. Io non sto polemizzando in questo momento con il ministro. Sto dicendo che, siccome capisco e condivido la parte iniziale del suo intervento in cui, ovviamente, ha motivato con gli impegni dei mesi scorsi la sua difficoltà ad intervenire, la nostra era essenzialmente una preoccupazione dettata dal fatto che non avevamo chiaro l'indirizzo politico che cominciava ad emergere in alcuni provvedimenti, a partire dal Documento di programmazione economico-finanziaria, fino alla legge finanziaria stessa.
Oggi, ho appreso da lei della sua richiesta - quindi della sua condivisione - di finanziare la riparametrazione dei redditi delle forze di polizia, il che nella legge finanziaria non era scritto. Noi abbiamo chiesto con un emendamento di poter disporre dei finanziamenti e oggi sento che lei su questo tema è fortemente attento e quindi sosterrà questo impegno: poi, se saremo noi a sostenere lei o viceversa, fa parte della dialettica politica. Evidentemente, l'interlocutore è un terzo, il ministro Tremonti, ma è chiaro che per noi è prioritario dare conseguenza ad un provvedimento di legge, la riparametrazione dei redditi delle forze di polizia, che la stessa opposizione - allora maggioranza - introdusse nell'ordinamento.La seconda considerazione è che ho apprezzato molto, nell'apertura della sua relazione, quando lei ha detto che lo spirito con cui svolge il suo compito di ministro dell’interno è quello di evitare che si riduca l’immagine del Ministero dell’interno a un organismo che assolve alle politiche della sicurezza dei cittadini soltanto attraverso un’attività di polizia: credo che questo sia fondamentale nel programma politico del suo dicastero. Rispetto a questo, dico che nello svolgimento del tema non ho trovato grandi risposte, anzi, dovrei dire che vi ho trovato una contraddizione, perché in verità questo è stato il contenuto successivo del suo intervento. Tuttavia, prendo per vera la prima affermazione, chiedendole di curare la possibilità che le politiche per la sicurezza siano effettivamente integrate e che non si pensi - come è emerso all'interno della sua maggioranza negli anni passati - che le politiche per la sicurezza si debbano ridurre essenzialmente a politiche di ordine pubblico o di carattere giudiziario: non è questo il modo con cui si risponde a quella percezione di insicurezza dei cittadini che lei richiamava.
Ad esempio, non ho trovato cenno - di questo ne abbiamo bisogno e le chiedo di riprendere questo tema - ad alcune delle politiche positive per la sicurezza, che in precedenza erano state avviate: penso ai protocolli per la sicurezza urbana. Le chiedo se ritiene di intervenire perché questi diventino dei veri e propri contratti per la sicurezza urbana, con una dignità riconosciuta anche agli amministratori delle nostre città. In questo senso, mi riferisco al comitato per l'ordine e la sicurezza che ha previsto la partecipazione dei sindaci. Ci sono esperienze ormai avviate anche in altri paesi che riguardano, ad esempio, l'opportunità di una mediazione dei conflitti sociali attraverso soggetti a ciò preposti, onde evitare proprio quanto lei diceva, ossia di ridurre tutto a politiche di tipo repressivo e giudiziario. Glielo dico anche perché questo rischio, signor ministro, l'abbiamo intravisto in Parlamento in questi sei mesi. Quando fu adottato il decreto-legge recante misure sulla violenza negli stadi, si è letto sui giornali che componenti dell'attuale Governo proponevano di estendere quelle misure ai fatti di criminalità diffusa, per non dire che c’erano colleghi parlamentari che volevano attuarle anche nei confronti dei no-global. Lei capisce quale preoccupazione si solleva rispetto all’idea di sicurezza che invece lei oggi ha qui voluto del tutto confutare.
Come si è letto anche sui quotidiani, lei ha apprezzato il fatto che nei primi 5 mesi dell'anno i reati sono diminuiti. Evidentemente, facciamo riferimento ad una politica messa in atto dal Governo di centrosinistra che allora era ancora alla guida del paese. Siamo in una situazione in cui è finita questa emergenza, ma si parla di politiche per la sicurezza come se il tema dell'insicurezza fosse presente nel paese soltanto quando era al Governo il centrosinistra. In realtà, il tema esiste ancora e merita risposte integrate: su questo le farò alcune domande.
Sulle forze di. polizia, credo vi sia bisogno sia in ambito parlamentare, sia soprattutto tra gli operatori, di chiarezza nelle cose che si dicono. Inutile dirle che condivido l'idea di polizia di prossimità, di polizia di sussidiarietà: ma qual è il modello che avete in mente? Concludendo i lavori del Comitato di indagine per il G8, nella relazione che presentammo come gruppo di opposizione, offrimmo alla riflessione anche del ministero, alla sua riflessione, la necessità di un potenziamento del coordinamento delle forze di polizia, che fosse definito non solo in termini di responsabilità posteriori, ma anche di funzionalità e di efficacia dell'azione e del compito stesso di coordinamento. Su questo le chiedo di dirci qual sia il modello a cui state pensando, come questo modello si rapporti, e se si rapporti - anche questo non l'ho sentito - , con la legge n. 121 del 1981. Parlare di rivisitazione, come lei ha fatto, del tema della prossimità, cosa significa per un paese che ha 5 forze di polizia? In sede di riforma della Costituzione, nell'ambito della sua coalizione, ne abbiamo sentite molte in tema di ridefinizione delle funzioni, dei compiti e dell'assetto delle forze di polizia. Si pensa alle 5 forze di polizia attuali, a nuove forze di polizia? Si pensa di decentrare una di queste forze? Su questo ancora non c’è stata una parola chiara, che le chiedo perché è importante anche per la dialettica tra maggioranza e opposizione. Se lei parla di polizia municipale e concepisce questa polizia all’interno del sistema repressivo e preventivo, poi ci deve anche dire cosa significa questo in rapporto alle altre 5 forze di polizia e rispetto alla necessità conseguente di garantire un’identità di trattamento previdenziale ed economico tra la polizia municipale ed altre forze di polizia, così come evidentemente ne consegue.
Altro tema che le sottopongo è quello della vigilanza privata. La legislazione in materia è vecchia, credo di 70 anni: merita una riforma, anche rispetto alla difficoltà di realizzare una concorrenza tra queste imprese. Le chiedo se il tema di questa riforma rientri tra gli impegni del suo dicastero e soprattutto che tipo di impegni si possa chiedere alla vigilanza privata. Anche su questo, arrivano in ambito parlamentare voci discordanti rispetto all'impegno che possono prendere con queste società private i presidenti delle regioni o altri soggetti. Credo che questo sia un tema molto importante nel ragionamento che interessa la sicurezza dei cittadini, sicurezza che coinvolge cose e persone; quindi, a tal proposito vorrei conoscere la sua opinione.
Per quanto riguarda il comparto sicurezza, cioè le forze che oggi vi operano, credo ci siano alcuni temi importanti che devono accompagnare l'investimento di risorse, previsto nella legge finanziaria, per i contratti delle forze di polizia. Innanzitutto, signor ministro, intendo soffermarmi sul tema dei dirigenti, da noi posto attraverso un emendamento presentato alla. stessa legge finanziaria. I dirigenti delle forze di polizia non sono ad oggi contrattualizzati e, praticamente, rischiano di subire un ulteriore allontanamento rispetto al personale delle carriere diplomatiche e, soprattutto, prefettizie. Abbiamo posto tale questione e vorrei sapere se vi è disponibilità ad accoglierla. Prima lei chiedeva anche a noi uno sforzo per sollevare il Ministero dell’interno da alcuni impegni, ad esempio in tema di alloggi e di accasermamenti. Credo che occorra davvero pensare a delle forme di finanziamento - anche convenzionate - per il piano alloggiativo delle forze di polizia.
Altro tema che le pongo e sul quale dobbiamo avviare una ricerca comune - prendo spunto dalla collega Mascia - riguarda l’assicurazione per la responsabilità civile delle nostre forze di polizia quando, in connessione alla loro attività di servizio, si trovano a provocare danni in conseguenza dell'espletamento delle proprie funzioni.
A proposito dei vigili del fuoco lei ha detto cose che, sicuramente, incontrano il nostro favore; tuttavia, la invito a sforzarsi maggiormente per coniugare competenza e capacità. Penso ci sia bisogno di arrivare ad un'azione di coordinamento di questi operatori, che sia attenta anche alla loro formazione e ad indagare le cause prevalenti degli incidenti cui vanno incontro. Dobbiamo conoscere, per favorire meglio i sistemi di sicurezza, le cause di infortunio di questi operatori, anche di quelle che non ne provocano la morte. Non vogliamo un personale rassegnato al fatto che, misurandosi con il pericolo, debba comunque correre il rischio di rimanerne anche vittima.

ELENA MONTECCHI. Signor ministro, lei ci ha offerto un ricchissimo quadro strategico-programmatico, in un contesto politico e culturale ampiamente condivisibile. Naturalmente saranno poi le valutazioni sui singoli atti normativi ed organizzativi che delineeranno il modo con il quale le diverse forze si atteggeranno. Vorrei svolgere due considerazioni, ringraziandola anche per la disponibilità che ha manifestato immediatamente dopo la richiesta rivoltale da diversi gruppi in ufficio di presidenza. Il primo tema riguarda il modo con il quale il Ministero dell'interno, sia nella sua dimensione - chiamiamola in modo tradizionale - civile sia nella sua dimensione di presidio della sicurezza, affronta il tema della dimensione federale e dei rischi della conflittualità interistituzionale. Lei ha detto che questo rappresenta un punto strategico per la nazione; siccome sui temi della sicurezza si consumano, in tutti i paesi democratici, scontri forti fra destra e sinistra, e nel nostro paese questo tema ha assunto una rilevanza in senso federalista e localista, mi chiedo e le chiedo quale sia il ruolo del ministro dell’interno nella cabina di regia, che considero il primo punto di passaggio per affrontare questioni così complesse (con l’approccio culturale che dà lei) non solo sul piano giuridico-formale. Infatti, il rischio che emerge - a mio parere - dalla composizione dei dicasteri è quello della rilevanza su questo piano e non nella sua dimensione più organizzatoria, cioè nella cultura del risultato.
Lei faceva riferimento all'efficacia e all'efficienza, che sono gli elementi base della possibilità di dare risposte sinceramente democratiche. Il tema della sicurezza, di come essa si raccorda con le funzioni locali, di come si garantisce l'unitarietà dei diritti - anche nella fase repressiva - in una nazione che ha una Costituzione, è un tema dirimente. Su questo, ministro, la misureremo; la misureremo sul piano dei principi, cui lei giustamente fa riferimento, e sul modo concreto con il quale, su questo aspetto, si stabilisce un equilibrio tra la garanzia dei diritti costituzionali e le ovvie dimensioni repressive. Signor ministro, negli anni precedenti ho letto cose bizzarre e non mi sfugge che parte di questa bizzarria è stata frutto di forze politiche che compongono la sua maggioranza, lo dico senza polemica: camicie verdi, polizie sublocali, possibilità di arrestare. Lei comprende che in questa fase è interessantissimo ragionare di tale equilibrio, di quale sia il ruolo del Ministero dell'interno nella sua duplice dimensione, caratterizzata da un approccio di equilibrio tra la garanzia dei diritti costituzionali e le ovvie dimensioni repressive, all'interno del faticosissimo lavoro sull'impianto organizzatorio nazionale nella nuova dimensione federale.
La seconda, grande questione, riguarda il tema del diritto d'asilo e dell'immigrazione. Naturalmente, a nessuno di noi sfugge che ci troviamo nel contesto dell’Unione europea; lo ricordava il collega Boato: siamo l’ultimo paese ad affrontare il tema del diritto d’asilo, sia dal punto di vista della garanzia dei diritti di chi lo chiede sia sotto il profilo relativo alle modalità efficaci con le quali si esplicano le valutazioni rispetto ai richiedenti. Questo per noi è un tema di modernità, un tema che - ha ragione Boato - venne confuso con un’ulteriore liberalizzazione all’immigrazione e così via. Questo è un tema sul quale dobbiamo misurarci anche rispetto alla nostra dimensione interna, non solo nei riguardi del contesto internazionale. Così, sulla questione dell’immigrazione, le sollevo una questione di fondo: non vi è paese al mondo che stabilisca diritti di cittadinanza in senso lato sulla base della tipologia del contratto di lavoro. Occorre risalire agli scritti di uno schiavista moderato come Calohun, il quale poneva il tema nel diritto americano. Signor ministro, è una questione molto seria. Si devono riuscire a valutare le esigenze oggettive del mercato del lavoro nel nostro paese e i diritti che i cittadini (a seconda della dimensione di cittadinanza) devono avere; si tratta però di dimensione di cittadinanza, non di tipologie di contratto di lavoro.
Cito anche l'altro tema posto dal collega Boato riguardante migliaia e .migliaia di donne ucraine o moldave che svolgono funzione di colf badanti; in alcuni paesi sono state adottate soluzioni efficaci che prevedono, ad esempio, il diritto di soggiorno della durata di un anno, rinnovabile sino a cinque anni e cosi seguitando.
Il tema del lavoro di cura, connesso alle famiglie e alla trasformazione del lavoro, pone sempre più queste questioni. Come lei probabilmente saprà meglio di me, queste donne arrivano in Italia portate da coloro i. quali compiono la tratta delle donne; una tratta che può avviarsi indifferente nel canale della prostituzione oppure finire nella dimensione del lavoro di cura. Pertanto, la questione è molto, molto delicata. Se viene affrontata in questi termini siamo disponibili a ragionare in modo assolutamente trasversale, poiché questi temi non possono essere affrontati con furori ideologici e perché emergono complessi problemi nazionali ed internazionali.
Per quanto riguarda la questione relativa alle confessioni religiose, scorgo sempre qualche sorriso quando si affronta tale aspetto. Il collega Boato ha posto un problema sull’Islam giustissimo. Dobbiamo concepire una nuova fase di attenzione a quanto sta accadendo nel mondo ed affrontare molto seriamente questa tema, ivi compreso l’aspetto delle solidarietà internazionali per aprire luoghi di culto islamici. Bisogna ricondurre in un tavolo di confronto questo aspetto perché altrimenti vi sarebbero rischi di finanziamenti - come noto - a moschee e centri culturali con .risorse che provengono da altri paesi.
Il Ministero dell'interno ha un ruolo sensibile, perché è in grado di avere quell'equilibrio che gli. deriva da una duplice funzione: quella che oggi definiremmo di coesione sociale e di repressione e che, alla sua nascita, era di assistenza e di repressione. Pertanto, in merito a. tali aspetti sarebbe utile che il ministro ci desse qualche segnale.

GIUSEPPE GERACI. Signor ministro agli apprezzamenti provenienti più o meno dall'opposizione non possono che aggiungersi anche gli apprezzamenti, raddoppiati, da parte della maggioranza per una relazione naturalmente di sostanza; ciò sta a significare che questo Governo è sulla strada giusta e, quindi, mantiene gli impegni assunti con i cittadini italiani.
La sua relazione di sostanza, che effettivamente ha abbracciato tantissimi argomenti, è forse carente sulla questione relativa alla prostituzione legata al mondo dell'immigrazione. Dico ciò perché, forse, sono suggestionato da un fatto accaduto ultimamente in un comune del Mezzogiorno: alcuni giorni or sono un giovane pregiudicato autoctono, unitamente ad una donna polacca, è rimasto ucciso a colpi di kalashnikov. Ciò significa che il mondo dell'immigrazione e della prostituzione legata all'immigrazione non subisce il controllo che, in realtà, dovrebbe avere, non tanto in termini di repressione (non vorrei nemmeno usare tale termine) quanto in termini di tutela nei confronti di queste donne; tutela che ritengo non vi sia.
Passando a volte su qualche strada o superstrada della Calabria, della zona ionica, mi accorgo di queste donne che possono diventare vittime di tantissimi episodi senza che da parte delle forze dell’ordine che, a volte, giungono sul posto nel giro di qualche minuto venga adottato alcun provvedimento.
Il dipartimento che si interessa.. di immigrazione, di asilo e via seguitando, quali disposizioni ha ricevuto dal ministro dell'interno per intervenire su questo fenomeno, non tanto a livello di repressione, ma a livello di tutela di queste persone, vittime quotidianamente di tanti episodi di violenza?

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e do ora la parola al ministro Scajola per la sua replica, a meno che si riservi di intervenire successivamente in merito a tutti o ad alcuni argomenti.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Due sono i rischi di questi incontri: il primo è la genericità della relazione, il secondo è la particolarità degli argomenti che emergono dagli intervenuti. Ho inteso mettere per iscritto la mia relazione perché ho voluto affidare all'attenzione del Parlamento, per vostro tramite, le linee sulle quali intendo muovermi come ministro dell'interno. Credo che nella relazione, pur nella sua relativa sinteticità, fossero racchiusi tutti gli argomenti oggetto degli interventi degli onorevoli colleghi, evidentemente non in modo dettagliato. La relazione vi è stata distribuita; pertanto vi accorgerete che gli argomenti proposti, non nel dettaglio rispetto alle molte richieste che sono poi pervenute, sono compresi nella linea politica di indirizzo del Governo e del suo ministro dell'interno in merito ai questi settori che sono affidati alla competenza del dicastero.
Credo quindi che, nella mia breve replica, sarò in grado di fornire indicazioni su alcune delle richieste formulate nel quadro di questa linea programmatica e non come provvedimenti che o non sono definiti o comunque possono non essere stati posti alla mia attenzione, dal momento che qui vi è tutto lo scibile di una attività che non comprende soltanto l’arco di una legislatura, bensì di diverse. Ciò è vero al punto che diversi di questi argomenti si trascinano ormai da decenni.
Proverò senza essere reticente a fornire qualche risposta, cominciando dal tema giornalisticamente più dibattuto nei giorni scorsi, ovvero quello relativo alla riforma dei servizi. Non c'è una bozza: vi è un lavoro egregio iniziato dal Parlamento, attraverso il Comitato parlamentare sui servizi che ha udito i ministri che hanno responsabilità in questo settore, i direttori di questi servizi - che sono stati cambiati - e che, per quello che riguarda la competenza diretta del Ministero dell'interno, ha registrato una lunga audizione durata più di due ore e mezza - molto costruttiva, riservata e segreta come è opportuno che sia. Non ho infatti rilasciato alcuna dichiarazione al termine di questa audizione.
Mi sono presentato all'audizione del Comitato con un documento contenente le mie idee sul SISDe, documento che ho lasciato; nel corso dell'audizione è stato richiesto il mio parere in merito al coordinamento dei servizi. In quell'occasione ho parlato della mia esperienza di questi mesi di Governo come responsabile del dicastero dell'interno ed ho fatto pervenire, su richiesta del Comitato, in un momento successivo, ad integrazione del mio documento - accolto come un documento approfondito - le mie ulteriori indicazioni che esulavano dalla competenza diretta del Ministero dell'interno, ma che rappresentavano un contributo richiesto, ulteriore rispetto a ciò che il Comitato in questione aveva acquisito attraverso le audizioni.
Sono perfettamente consapevole, da un lato, della necessità che i nostri servizi debbano essere . adeguati ai tempi che viviamo; dall'altro, sono perfettamente consapevole che una materia di questa delicatezza debba essere condivisa, come ho affermato nell’ambito del Comitato, anche a nome del Presidente del Consiglio dei ministri, e necessiti della più alta condivisione. Questo rappresenta anche un interesse della maggioranza e del Governo e un interesse superiore delle istituzioni.
Sono altrettanto consapevole del fatto che la competenza in ordine alla modifica legislativa non può essere affidata al Comitato parlamentare sui servizi che ha svolto l’attività di audizione, raccogliendo elementi, e che credo, nella collaborazione fra i diversi organismi, dovrà, a conclusione di questa attività, determinare le linee, mi auguro condivise, da offrire ai competenti organi cui spetta il compito della proposta, discussione e approvazione della legge. In questa caso non si tratterà dello strumento del decreto-legge: lo strumento sarà quello del disegno di legge, ovvero di uno strumento che consenta un momento di forte approfondimento nelle sedi parlamentari, quelle rappresentate dalle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato.
Le fughe giornalistiche relativamente a questo argomento probabilmente hanno determinato un danno, nella misura in cui hanno creato il rischio di non rendere più condivisa, come necessario, la riforma. Credo tuttavia che il senso di responsabilità di ciascuno possa portarci a dire che questo percorso possa riprendere, dal momento che l'interesse generale complessivo - e anche da parte del Governo - è nel senso di garantire la massima condivisione nei confronti di tale riforma.
Procedo per flash. Innanzitutto la vicenda di Tano Grasso e del commissario antiracket. Se ne è parlato molto, se ne e discusso, molte volte in modo improprio. Si tratta di una legge pasticciata, risalente a due legislature precedenti, che creava disparità fra due figure: una nomina che veniva a scadere e che il Governo in carica non aveva fatto coincidere, in termini di durata, col secondo incarico affidato alla stessa persona Il Governo avrebbe potuto attribuire la stessa durata temporale ai due incarichi di cui era titolare Tano Grasso. Se lo stesso Governo in carica al tempo attribuì due diverse scadenze temporali, ciò voleva dire che lo stesso Governo in carica riteneva che le due figure presentavano comunque alcune diversità.Quando si è posta sul tavolo del Ministro dell’interno la questione della scadenza di uno di questi incarichi, si è esercitato il diritto democratico di scelta e di fiducia. Il Ministro dell’interno non ha proposto al Consiglio dei ministri la nomina di un sodale della maggioranza, proponendo per quell’incarico un prefetto della Repubblica che ha uno dei curriculum più importanti e forti per quanto concerne la lotta alla mafia e al racket. Il commissario Tano Grasso ricopriva il secondo incarico e a distanza di un mese ha deciso di rassegnare le dimissioni. Il Governo in carica ha attribuito la seconda nomina allo stesso prefetto Monaco, stabilendo la stessa durata temporale delle due cariche, in modo che esse possano coincidere per l’espletamento del compito.
Ho appreso con piacere che Tano Grasso ha ricevuto incarichi di consulenza da regioni e da comuni e posso dire che nel corso della prossima settimana riceverò lo stesso Tano Grasso, come presidente di questa associazione; devo dire con piacere che nella richiesta formulata da Grasso vi sono le espressioni di collaborazione nei confronti del nuovo commissario antiracket. Ciò non può che essere un fatto positivo.
Per quanto riguarda la questione della riduzione delle scorte, tema attuale, credo sia a tutti molto chiaro che la posizione più agevole sarebbe stata quella che avesse ricalcato le soluzioni adottate negli ultimi 15 anni, secondo la quale ad ogni cambio di Governo si aggiungevano nuove scorte. Potrei illustrare un grafico relativamente all'andamento delle scorte e voi potreste vedere che si registra un continuo aumento. Ogni Governo infatti aumentava il numero degli uomini: erano 6.200 gli uomini impegnati nelle scorte. Se vi proiettassi il grafico che indica l'aumento delle scorte, dovrei anche inserire le didascalie rappresentate dalle dichiarazioni, di volta in volta espresse, circa le riduzioni delle scorte che si sarebbero dovute fare.
Se vi facessi notare le didascalie con le dichiarazioni delle scorte che diminuiscono, e vi facessi vedere che il grafico non pulsa secondo le dichiarazioni di riduzione delle scorte, vedreste, invece, che c’è un aumento costante e geometrico. Si è attuata una rimodulazione del servizio di scorta e di tutela e si è realizzato un aggiornamento in base al diverso pericolo che si può correre.
Il problema delle scorte e delle tutele era diventato come il laticlavio: si otteneva a vita. Non c'è dubbio che la scorta e la tutela si concedono secondo il pericolo che si corre. Certamente questo è molto più rischioso per il ministro dell'interno, perché sarebbe stato più facile e più comodo lasciare tutto com'è. Dio non voglia che succeda qualcosa. Questo paese, che è abituato a solidarizzare sui grandi problemi, probabilmente direbbe che la colpa è stata di chi ha ridotto le scorte. Ma credo fosse un dovere per chi gestisce questo dicastero.
Ad oggi, 43 prefetture su 67 hanno provveduto alla loro proposta di rimodulazione, perché le province interessate al “problema scorta” sono 67 e, all'interno di esse, quattro sono le realtà più importanti. Roma è caput mundi. In questo quadro di rimodulazione - è la prima volta che ho occasione di potervelo dire e credo di fare anche una cosa doverosa - si è già ottenuto che, su 43 prefetture intervenute, vi sia già stata una riduzione di 850 uomini, il che significa che, dai prossimi giorni, avremo progressivamente 300 volanti in più sul territorio.
Falcone è morto in seguito al gravissimo attentato, ed aveva due macchine di scorta. Ad 800 metri di distanza, 15 giorni prima, avevano iniziato a preparare e a costruire la cabina di regia per far saltare la sua macchina: non servivano le scorte, servivano forse anche le scorte, ma sarebbe servito un controllo del territorio. Il nostro obiettivo è quello di riuscire - nel tempo, perché nessuno fa miracoli - a controllare meglio il territorio, recuperando le risorse dove si possono recuperare, compiendo il dovere principale di un ministro dell'interno, che è scegliere non secondo moda o convenienza, ma secondo quelle che si ritiene siano le esigenze obiettive della sicurezza.
Farò un altro esempio relativo a questo fenomeno. Roma è il caso più eclatante. Non è possibile che ogni Governo che si succede moltiplichi il numero delle tutele ai ministri e ai sottosegretari, che si sommano e che si acquisiscono per sempre: si perde il ministero, ma non si perde la tutela. Non è possibile che non abbiamo neanche il diritto di reciprocità con le ambasciate - e questo è un tema delicato - perché non è possibile che l'Italia debba garantire, a Roma, le scorte alla stragrande maggioranza del corpo diplomatico che risiede in Italia, quando il corpo diplomatico che risiede all'estero non riceve, per reciprocità, lo stesso tipo di tutela. Sto cercando, con difficoltà, di mettere ordine in questo settore (ed è più difficile che facile), per ottenere risorse umane e perché ognuno di noi si senta un po' più a posto con la coscienza su questo tema. È diventata una vergogna nazionale.
Le scorte, poi, si modificano. Quanto è successo ultimamente, nelle brillanti operazioni di polizia sull'antiterrorismo, ci ha indotto ad apportare delle modifiche e delle aggiunte, in queste ore, che non è opportuno dire, ma che sono utili, perché c'è attenzione a proteggere chi in quel momento può essere esposto, il quale fra sei mesi potrà non essere più esposto - e me lo auguro - e non dovrà tenersi la scorta per i prossimi 15 anni. Questa è l'azione che stiamo svolgendo e credo sia una azione di assoluta correttezza, certamente difficile, ma che dovrebbe essere maggiormente condivisa da chi governa le sorti di uno Stato.Relativamente al coordinamento delle forze delle polizie, credo che, da sempre, si sia detto che questo è il tema più importante. Ma non è un tema facile. Noi abbiamo quattro, cinque polizie ed io sostengo, nella filosofia e nella cultura che voglio avere da ministro dell'interno, che avrei paura di una polizia unica e sono convinto che le polizie debbano essere più di una. Abbiamo delle ottime polizie ed è giusto che vi sia questa differenza. Non è giusto che vi sia una sovrapposizione di compiti, né che la dislocazione delle forze dì polizia dia priorità ad alcune zone e ne lasci: altre scoperte. Il lavoro che stiamo compiendo, e che ho descritto nella mia relazione introduttiva, è quello di un grande studio - che va avanti da tre mesi e che necessiterà ancora, forse, di un mese o un mese e mezzo - per cercare di individuare graficamente le nostre forze di polizia ed iniziare una diversa dislocazione sul territorio, per quanto sarà possibile.
Credo sia inutile che, in un comune piccolo o medio, vi sia la caserma dei carabinieri, la caserma della finanza ed il commissariato di polizia. Sarebbe meglio che, nei paesi vicini, vi fossero da una parte i carabinieri, dall'altra la polizia, e dall'altra la finanza: la scoperta dell'acqua calda: Credo che sarebbe utile andare in questa direzione, il che è difficile, perché significa modificare alcune cose, pero credo sia un obiettivo che dobbiamo prefiggerci.
Collegato a questo. aspetto, c'è il vero coordinamento delle forze di polizia, con l'istituzione effettiva delle sale operative comuni. Questo è il vero nodo. Le sale operative comuni devono esistere, funzionare, essere riconosciute, e devono avere i mezzi tecnici necessari a comunicare tra loro.

MARCO BOATO. Comuni o interconnesse?

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Interconnesse. Grazie ad un importante finanziamento europeo di un paio di anni fa, proprio in questi giorni ci si sta muovendo, per sei regioni del sud, con un nuovo e importante investimento nel settore della comunicazione tra le diverse forze di polizia, che può far diventare le nostre macchine sul territorio come dei terminali. Non è moderno, né utile, né organizzativamente intelligente, pensare che la presenza della polizia (delle polizie) si possa intendere solo se vi è il luogo fisico del commissariato o della caserma. Ogni caserma che si costruisce comporta un costo non soltanto finanziario, ma di risorse umane, che sono utilizzate per fare esistere la struttura: i telefoni la vigilanza, la sicurezza. Crediamo di mandare su una parte del territorio dieci uomini, ma non mandiamo nessuno, perché mandiamo i custodi di una struttura. Non mandiamo forze di polizia che sono in mezzo alla gente. Se riusciremo a far diventare le nostre pantere le nostre macchine della polizia, le nostre gazzelle dei terminali effettivi, avremo dei piccoli commissariati nei nostri terminali, attraverso un controllo più forte del territorio. E’ un compito difficile che si sta portando avanti.
Sul tema della legge sull’immigrazione, a cui si sono riferiti molti di voi, da una parte e dall’altra, resto convinto che il progetto di legge in questi giorni all’esame del Senato coniughi rigore ed accoglienza.
Certamente, però, non ho la pretesa che ognuno di voi la pensi allo stesso modo. Resto convinto che sia così ed anche che alcuni miglioramenti - ad esempio, sul problema delle colf, che è emerso poc'anzi o comunque del ruolo importante che hanno nel sistema curativo, perché svolgono una funzione importantissima - possano essere apportati in sede parlamentare. Credo sia una buona legge, ma non diciamo che è retrograda, contro l'accoglienza. La legge che è, in questi giorni, all'esame del Parlamento tedesco è più restrittiva della legge italiana. Non credo debba essere intesa in questo modo, ma, evidentemente, non potremo avere le stesse opinioni su questo tema.
Tralascio il problema della vigilanza privata, dei vigili urbani, del problema pensionistico, dei diversi contratti: sono tutti aspetti particolari, importanti, che sono oggetto di un'attività che sta andando avanti, ma su cui certamente il ministro non può, in una sede qualificata come la Commissione, dare già degli orientamenti precisi di quello che intendiamo fare. Sono argomenti su cui stiamo lavorando.
Mi piacerebbe soffermarmi ancora un momento sul problema relativo alla maggiore collaborazione tra comuni, province e regioni e le forze di polizia. La sicurezza è un servizio importante; oggi costituisce un tema fondamentale per chiunque voglia investire e questa è la richiesta più forte che arriva dai cittadini. Non è più possibile pensare che, su questo tema, non debba esserci la considerazione che si ha nelle città nei confronti dei servizi importanti. Quando si approva un piano urbanistico particolareggiato, quando le regioni approvano i piani regolatori delle singole città, sono previsti degli standard di servizi che devono essere garantiti sul territorio. Perché non ritenere che tra questi standard di servizi possa esserci anche il servizio della sicurezza nella città? Perché non ritenere che la sede del commissariato o della stazione dei carabinieri possa trovare una forma di collaborazione che diventi non onerosa per lo Stato e che consenta di risolvere un problema di costi eccessivamente onerosi? Credo che ciò possa essere preso in considerazione. Di recente - dieci giorni fa - a Padova, vi è stato un primo esperimento di questo tipo: un comune ha dato la sede del commissariato in comodato gratuito, in una zona di periferia difficile, per istituire un punto di polizia. Credo che ciò possa essere realizzato; certamente può aiutare la domanda di sicurezza che arriva dal territorio con costi compatibili col bilancio dello Stato.
Per quanto riguarda la nostra idea di modello, non vorrei essere scolastico; nel corso della mia relazione, ho dichiarato che rifuggo sempre dalla lotta e dalla diatriba delle competenze o degli schemi rigidi. Mi piace ragionare sulla logica dell'efficienza, dell'obiettivo e della verifica del raggiungimento dello stesso. Vogliamo istituire la polizia di prossimità, vogliamo farla diventare anche polizia di comunità dividendo, come ho detto, la. nostra presenza sul territorio. Credo che ciò sia riassumibile in un concetto: la polizia amica del cittadino, la polizia in mezzo alla gente. Questo è il nostro modello, il resto sono particolari su cui tecnicamente stiamo studiando la migliore operatività.
Mi avvio alla conclusione affrontando la questione più importante sollevata dall’onorevole Montecchi. Tale questione emerge dal combinato disposto del titolo V della Costituzione e della legge sulla devoluzione. Come affrontiamo il problema del rapporto tra il servizio della sicurezza, il federalismo e la devoluzione delle competenze? E’ un tema difficilissimo su cui il Governo sta discutendo, di cui sarà investita, a breve, la Conferenza Stato-regioni e, successivamente il Parlamento. Sarebbe pericolosissimo ritenere che l'univocità nazionale sulla sicurezza in un paese come l'Italia possa essere parcellizzata. Credo che dovremmo organizzare al meglio un servizio di polizia amministrativa attribuita alle regioni restando la responsabilità della politica della sicurezza e dell'ordine pubblico allo Stato centrale.

PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro Scajola. Ritengo che non solo la sua relazione, ma anche le risposte alle nostre numerose domande possano servire, a tutti noi, come momento di riflessione. Auguro, a nome di tutti i membri della Commissione, buon lavoro al ministro e gli dico che, qualora ne sentissimo ancora la necessità, sarà nostra cura chiamarla in Commissione per una nuova audizione.
'Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17.50.



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