Le Edizioni Scientifiche Italiane hanno appena pubblicato, per la collana Istituzioni e Società diretta da Giuseppe Riccio, il lavoro assai pregevole di Gianlorenzo De Stefano dedicato a Sicurezza della Repubblica e processo penale. Diciamo subito che di uno studio sull'argomento, delicato e non facile, in un momento di grandi trasformazioni e difficoltà per individuare corretti bilanciamenti tra le varie istanze che trovano o possono trovare rappresentanza nel processo penale, se ne sentiva veramente la necessità. De Stefano muove da una felice intuizione, solo apparentemente ovvia. Fino ad oggi, il segreto è stato vissuto come qualcosa di esterno al processo, naturalmente in conflitto con la giustizia, quale sostanziale espressione, insomma, della ragion di Stato. Ma se dal concetto di Stato, genericamente inteso, ci spostiamo a quello di Repubblica, intesa come complesso di valori che trovano la loro sintesi nella Costituzione, appare molto più chiaro che il conflitto non è tra giustizia e segreto, cioè tra verità e ragion di Stato, ma tra sicurezza della Repubblica e giurisdizione, cioè tra valori condivisi e non contrapposti che nella gerarchia dei valori e degli interessi da salvaguardare devono trovare di volta in volta il necessario bilanciamento. Affermato questo importante passaggio concettuale, sicuramente condivisibile, c'è da dire che il lavoro di De Stefano ha il grande pregio di fornire forse il primo quadro generale delle misure processuali per la tutela della sicurezza democratica. Tutti i problemi, nessuno escluso, vissuti nell'esperienza processuale di questi anni, che hanno trovato del resto soluzioni giurisprudenziali non univoche, conoscono adeguato approfondimento e lettura critica. Così è per la confusione terminologica e concettuale nelle varie norme tra segreto e vietata divulgazione; per le difficoltà di affermare, ancora, la netta separazione tra l'attività della polizia giudiziaria e quella dei Servizi, e tra questi e la Magistratura; per le questioni giuridiche che riguardano segreto interno e internazionale; per il problema, non ancora pienamente risolto, della cittadinanza del segreto di Stato nella Costituzione. Ma il valore aggiunto dell'eccellente pubblicazione si ritrova anche nell'approccio tecnico assai valido ad alcune norme del codice di procedura penale che sono snodi essenziali del discorso che ci interessa, come l'art. 202, l'art. 66 disp. att., l'art. 203. Non di rado l'approfondimento critico spinge verso soluzioni interpretative innovative che, seppure non sempre pienamente condivisibili, costituiscono un terreno assai fertile di confronto di idee. Ai lettori della nostra Rivista è ben nota la vicenda che, di recente, ha visto in reiterate occasioni il Governo sollevare conflitto di attribuzione nei confronti della Procura della Repubblica di Bologna, davanti alla Corte Costituzionale. L'occasione, che ha visto importanti decisioni della Consulta, non poteva essere trascurata dal giurista, che infatti trae spunti notevoli dalla giurisprudenza più recente per affrontare, de jure condendo, il tema delle garanzie funzionali per gli appartenenti agli organismi di intelligence. Anche questo tema è ben noto ai lettori, nell'ottica di un'auspicata riforma del settore dell'intelligence. Su questo passaggio, in fondo, il cerchio si chiude in perfetta coerenza con le considerazioni iniziali. Anche per le garanzie funzionali, non si tratta a ben vedere di garantire immunità, o zone franche, bensì proprio il contrario, cioè condurre strumenti essenziali di operatività in un quadro legale di autorizzazioni e controlli. Come per il segreto di contemperare e bilanciare interessi diversi che concorrono al medesimo fine generale.
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