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Per Aspera Ad Veritatem n.19
Camera dei Deputati - XIII LEGISLATURA

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza (secondo semestre 2000) presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuliano Amato





In una congiuntura in cui tanto lo scenario estero quanto quello interno si connotano per spiccata fluidità, analoga caratteristica si rinviene con riguardo al composito fronte della minaccia alla sicurezza. Esso, specularmente ai fenomeni ed alle situazioni da cui trae origine, è interessato da un processo di globalizzazione che, per quanto concerne l'ambito terroristico, risulta suscettibile di accomunare più vettori di rischio, grazie alla funzione aggregante svolta da talune tematiche, prima fra tutte l'antioccidentalismo.
Le coordinate entro le quali si muove l'azione dell'intelligence vengono calibrate, pertanto, su un quadro in cui sfuma la distinzione tra profilo endogeno ed esogeno, focalizzando l'impegno informativo sui molteplici fattori di pericolo, in ragione dell'incidenza che su di essi sono in grado di esercitare - in termini di innesco ed amplificazione - scadenze nodali della vita politico-istituzionale cui consegue una peculiare esposizione del nostro Paese.
In questo senso, specifica attenzione impongono appuntamenti, come la presidenza di turno del G8 e le consultazioni elettorali, sui quali possono convergere, anche al fine di sfruttarne la risonanza, iniziative controindicate di cui si rinvengono numerosi segnali nella propaganda dell'antagonismo radicale.
L'esigenza di assicurare un'adeguata cornice di sicurezza al citato esercizio internazionale, e specialmente al Vertice del luglio 2001 a Genova che ne segnerà il culmine, si è tradotta nell'adozione di una serie di attività finalizzate alla disamina delle minacce, nella loro dimensione attuale e potenziale, in raccordo sinergico con le Forze di polizia.
In tale contesto, è stato avviato un programma di stretta collaborazione con omologhi organismi stranieri, allo scopo di ottimizzare la risposta ad eventi di natura eversiva e verificare i rischi collegati a nuove forme di terrorismo, come l'aggressione a reti telematiche di rilevanza strategica.
L'eventualità che determinati passaggi catalizzino inserimenti controindicati emerge dall'analisi complessiva del panorama della sicurezza interna, caratterizzato dalla ritrovata vitalità dell'intera area oltranzista. Sia l'ultrasinistra che la destra radicale hanno sviluppato, infatti, una sostenuta propaganda antisistema rendendosi protagoniste di numerose iniziative intimidatorie, nel tentativo di creare le condizioni per il rilancio di progetti rivoluzionari.
Significativo dinamismo palesano gli ambienti di impronta brigatista, interessati da un processo riorganizzativo cui potrebbero non essere estranei vecchi militanti irriducibili, ed impegnati nel perseguimento di una strategia articolata sul duplice piano dell'"attacco al cuore dello Stato" - specie mediante la lotta contro i "progetti neocorporativi" - e dell'internazionalismo armato.
Sono di tutto rilievo i fermenti in seno all'anarcoinsurrezionalismo che, sinora ancorato ad una tradizione "individualista", mostra indicatori di possibili evoluzioni verso forme più strutturate che ne accentuerebbero l'aggressività.
Insidiose restano le frange dell'estrema destra che hanno evidenziato propositi emulativi dell'opposto segno, attestati dal recupero dell'opzione operativa e da un'accentuata mobilitazione propagandistica giocata pure sulla tematica relativamente inedita dell'antiglobalizzazione.
La comprovata esistenza di contiguità ideologiche e programmatiche all'interno dell'area oltranzista europea ha sollecitato, inoltre, mirata attenzione nei confronti della recrudescenza del separatismo in ambito continentale, al fine di cogliere eventuali, concrete traduzioni dei richiami, ricorrenti nella produzione documentale eversiva nazionale, alla costituzione di un "fronte antimperialista".
Analoga tendenza verso l'aggregazione di varie realtà radicali interessa anche il fenomeno integralista islamico, minaccia prioritaria collegata allo scenario internazionale, che potrebbe trovare momento di innesco nel riaccendersi di crisi regionali, prima fra tutte quella mediorientale.
La mappatura dell'oltranzismo confessionale disegna un articolato reticolo di contatti tra esponenti di spicco dell'islam militante, che mostra accentuata propensione ad agire in un'ottica universalista in cui multinazionalità, antioccidentalismo e trasversalità delle tematiche di maggiore valenza simbolica rappresentano fattori in grado di rafforzare la coesione tra gruppi e realtà diversi e di coagulare sul piano operativo cellule sinora utilizzate a fini logistici.
La disamina dei vettori di minaccia che promanano dai contesti esteri ha indotto ad orientare l'analisi verso gli epicentri delle crisi sulle quali si innesta l'azione di gruppi a vocazione confessionale, ideologica o separatista ed in direzione di quelle aree segnate da perdurante instabilità ed interessate dalle direttrici dei maggiori traffici illeciti.
Al centro dell'impegno dell'intelligence, oltre al quadrante mediorientale, restano pertanto il Nordafrica e, soprattutto, i Balcani, su cui si incardinano diversificati profili di rischio suscettibili di riflettersi direttamente sulla sicurezza del nostro Paese, in ragione del ruolo di spicco assunto dall'Italia nel promuovervi il processo di normalizzazione.
In questo senso, al monitoraggio delle dinamiche legate al riacuirsi della tensione, si affianca quello relativo all'attivismo della criminalità transnazionale, specie per quanto attiene alla gestione dei flussi migratori clandestini e dei connessi circuiti illegali nonché all'impianto entro i confini nazionali di strutture ad essa riferibili che, per efferatezza e pervasività, risultano destinate ad incidere sul panorama delinquenziale anche in termini di contrapposizione con le formazioni malavitose autoctone. Queste ultime, a fronte dei risultati dell'azione di contrasto, appaiono connotarsi per la precarietà degli assetti di vertice e del sistema delle alleanze; ciò, in un quadro in cui, se i vecchi sodalizi privilegiano strategie di minore visibilità, funzionali a garantirsi remunerativi spazi di manovra, specie attraverso il riciclaggio, particolare aggressività distingue i tentativi egemonici delle "nuove leve".
I propositi di infiltrazione nei comparti economici, tanto italiani che stranieri, costituiscono ulteriore ambito di interesse dell'intelligence, proiettata all'individuazione di quelle zone grigie esposte ad inserimenti illeciti ad opera di una criminalità finanziaria che mostra notevoli capacità di adeguamento e mimetizzazione.
L'esposizione delle principali minacce attesta l'ampiezza dell'ambito di attivazione dell'intelligence, non sempre né agevolmente traducibile in riscontri immediati e quantificazioni numeriche, ma certamente valutabile nel medio/lungo periodo. Avvenimenti importanti, come il Giubileo, si sono svolti in un adeguato quadro di sicurezza anche grazie al costante impegno informativo sviluppato di concerto con le Forze di polizia.
Alla base vi è la consapevolezza del ruolo fondamentale della funzione informativa, che richiede grande cura e sensibilità nel cogliere per tempo ogni segnale eversivo nei confronti delle Istituzioni. Ciò determina il costante arricchimento di un patrimonio di conoscenza che riguarda - accanto a fenomeni tradizionali come l'estremismo ed il terrorismo ideologico, le cui proiezioni impongono una continua attenzione, ora estesa ben oltre i confini nazionali - i processi di rinnovamento di minacce classiche, come lo spionaggio e la ricerca di armi di distruzione di massa ed, infine, i pericoli emergenti come il cyberterrorismo.


a. brigatismo e sinistra extraparlamentare
II semestre è stato caratterizzato dal moltiplicarsi di segnali di marcato dinamismo di segmenti del circuito clandestino mostratisi pervicacemente determinati a perseguire, su diversi fronti, propositi intimidatori, anche attraverso attentati con l'uso di esplosivi, in una strategia volta a segnare un'immanente presenza nella vita politica del Paese.
Si sono in tal senso succedute azioni violente connotate da fanatismo ideologico, da crescente ostilità alle Istituzioni e da suggestioni di carattere emulativo rispetto al forte impatto scaturito dall'omicidio D'Antona. Propensioni verso istanze e progettualità di lotta tese ad inasprire la propaganda antisistema hanno altresì potuto avvalersi di una cornice contrassegnata dal ritorno agli scontri di piazza, sovente preordinati.
D'altronde, le iniziative minatorie, seppure di basso profilo, nel Centro-Nord, riconducibili all'area di ispirazione brigatista, la cospicua documentazione che spesso ne ha accompagnato l'attuazione e la comparsa di sigle estemporanee, testimoniano la rilevanza assegnata da quegli ambienti alla strategia comunicativa ed alla ricerca di visibilità, per accreditarsi nel panorama eversivo e sollecitare altre realtà di riferimento ad aggregarsi in un fronte comune antistatuale ed "antimperialista".
L'analisi di intelligence in ordine a tale articolato scenario, corroborata da una costante attività di ricerca informativa, ha evidenziato la possibilità di una progressiva omogeneizzazione ideologica tra le varie componenti dell'area eversiva, suscettibile di determinare, nel medio termine, una sorta di saldatura tra nuclei clandestini "minori" e "BR-PCC".
Analogie sono presenti, infatti, nei documenti diffusi, soprattutto nella conforme definizione delle direttrici strategiche individuate:
- sul piano interno nella lotta alle scelte del Governo in materia occupazionale e di ristrutturazione di importanti aziende, all'impegno delle organizzazioni sindacali storiche - nei cui confronti è proseguita la campagna intimidatoria con finalità di delegittimazione - ed alle misure volte a favorire una maggiore flessibilità e mobilità del mercato del lavoro, viste come strumenti per depotenziare le spinte "rivoluzionarie";
- sul piano internazionale, nell'avversione al ruolo del nostro Paese nello sviluppo della politica di allargamento dell'Unione Europea e dell'Alleanza Atlantica.
Sulla base dell'attuale quadro di acquisizioni, è da ritenere verosimile che le "BR-PCC" considerino prioritario da un lato il rafforzamento dell'assetto strutturale della nuova "avanguardia" terroristica, attraverso il reclutamento di ulteriori militanti e la massima compartimentazione, dall'altro la pianificazione di progettualità in linea con l'evoluzione del contesto nazionale ed internazionale. In tal senso, l'attuale delicata fase per il nostro Paese - con la scadenza elettorale e con l'assunzione della Presidenza del G8 - appare offrire le condizioni "ideali" per iniziative controindicate di vario spessore.
In questo processo rigenerativo, costituisce ambito di impulso il circuito degli irriducibili detenuti, dal quale provengono segnali propagandistici tesi ad enfatizzare reiteratamente la valenza dell'azione D'Antona, ai fini del rilancio della lotta armata.
In prospettiva, lo scopo ultimo può essere ritenuto quello di raggiungere un'adeguata articolazione sul terreno, con proiezioni offensive scandite da intervalli temporali, specie in direzione degli obiettivi individuati come cardini delle scelte in materia occupazionale e dei nuovi programmi di riassetto istituzionale. Ciò, fermo restando il rischio, sempre possibile, di gesti violenti contro operatori e strutture degli apparati di contrasto e del mondo giudiziario e penitenziario.
Funzionale a questa ripresa potrebbe leggersi il ricorso a rapine a scopo di autofinanziamento, al vaglio degli inquirenti.
Permane elevato il livello di guardia verso quell'arco estremista di natura semiclandestina sospettato di contiguità con l'area br, che appare aver accentuato la ricerca di proseliti. La prospettiva di pericolo più immediata è rappresentata dall'inserimento strumentale in altre formazioni di settore ed in contesti sociali particolarmente sensibili - quali il mondo dell'emarginazione e della disoccupazione giovanile, soprattutto al Sud - con l'intento di alimentare forme radicali di lotta, specie sulle questioni del lavoro, sia in ambito nazionale che europeo.
Resta di forte attualità la minaccia rappresentata dall'altra opzione brigatista, quella della lotta armata in funzione "antioccidentale", che individua i principali bersagli nei progetti di ampliamento dell'Unione Europea e della NATO e nelle loro espressioni più rappresentative, nonché nell'industria del comparto difesa.
Su tale direttrice verte il tentativo di costituire un "Fronte Combattente Antimperialista", inteso come articolazione eversiva internazionale basata su collegamenti con omologhi gruppi stranieri. Si tratta di un percorso - ancorché al momento limitato a generiche espressioni di sostegno alle "forze rivoluzionarie", dirette anche al fondamentalismo islamico - in cui si muovono le frange eversive del Nord-Est, pervase da un nuovo attivismo propagandistico ed "operativo", che potrebbero essere indotte ad ulteriori sortite dimostrative, approfittando del riemergere, nel quadro internazionale, di tensioni antistatunitensi ed anti NATO.
Le proiezioni estere appaiono marcate, d'altra parte, nell'anarchismo di matrice insurrezionalista: infatti, sono stati raccolti segnali di un crescendo di iniziative di solidarietà nel confronti di compagni di militanza detenuti in Italia ed all'estero, specie in Grecia e in Spagna. Ciò sulla base del comune denominatore dell'avversione al sistema giudiziario, alle istituzioni penitenziarie ed ai regimi di detenzione di tutto il mondo, tematiche peraltro al centro dell'attivismo dell'intero antagonismo oltranzista.
Proprio in quest'alveo, a conferma della pericolosità del settore - già rilevata anche per l'abitudine a forme di "ecoterrorismo" - si inserisce il fallito attentato del 18 dicembre 2000 contro il Duomo di Milano che, per modus operandi, estemporaneità del gesto e tipologia dell'obiettivo richiama precedenti analoghe azioni, come quella di giugno alla Basilica di Sant'Ambrogio. Allo stesso tempo, il bersaglio prescelto ben si coniuga con l'accesa propaganda contro la Chiesa, divenuta nel periodo giubilare oggetto di campagne virulente.
Sono alla particolare attenzione dell'intelligence i propositi di circoli insurrezionalisti - finora connotati dal rifiuto genetico di ogni forma organizzativa - di dar vita ad iniziative coordinate, nazionali ed internazionali, nell'ambito di un disegno che giunge a prevedere interventi di forte impatto contro quelle che vengono definite espressioni dell'"imperialismo" e della "repressione". Obiettivi, questi, in grado di agire da collante anche delle manifestazioni di ostilità contro la globalizzazione dei mercati, lo sviluppo delle biotecnologie e di qualsiasi altro analogo simbolo, come i progetti dell'alta velocità ferroviaria.
L'intero settore antagonista - costantemente proteso ad individuare spunti di attivazione per il rilancio del "movimento" - vede ancora contrapporsi realtà moderate e frange oltranziste intenzionate ad elevare il livello della protesta con forme di mobilitazione più estese ed incisive, anche attraverso l'alleanza con forze di varie nazionalità.
D'altronde, l'eterogeneo ed ancora molto articolato movimento del dissenso globale scaturito dalle manifestazioni di Seattle - come dimostrano gli episodi di teppismo e gli scontri con le Forze dell'ordine in settembre a Praga ed in dicembre a Nizza, in occasione di consessi internazionali - appare esposto al pericolo sempre più frequente delle infiltrazioni di elementi interessati a fomentare un'accesa conflittualità ed a strumentalizzare le rivendicazioni.
Particolare importanza in tal senso è destinato a rivestire il Vertice G8 di Genova del luglio 2001, contro il quale il settore antagonista ha avviato un'ampia mobilitazione propagandistica su tutto il territorio nazionale, che lascia intravedere segnali di forte determinazione nella pianificazione di turbative dell'ordine pubblico, con l'intendimento di ampliare il fronte della contestazione ad altri soggetti sociali.
Si valuta che l'evento possa costituire occasione per iniziative di stampo "internazionalista", volte da un lato a riaffermare la piena trasversalità di talune tematiche (i "prigionieri politici", l'"antimperialismo" e l'antimilitarismo) e, dall'altro, ad accreditare l'area come forza trainante.
A tale proposito, sulla scorta dell'esperienza maturata in occasione del Giubileo, è in corso una specifica attivazione del Servizi, d'intesa con gli Organismi collegati, per il monitoraggio e la disamina dei profili di minaccia connessi allo svolgimento del Vertice e di altri consessi ad esso collegati, che potrebbero fungere da cassa di risonanza per iniziative di varia matrice.

b. destra extraparlamentare
L'attentato del 22 dicembre 2000 alla sede romana del quotidiano "il manifesto" conferma l'accresciuto pericolo rappresentato dall'articolato fronte del radicalismo di destra, nel quale convergono istanze xenofobe, ideologie neonaziste, posizioni antioccidentali nonché orientamenti di ultratradizionalismo pseudoreligioso.
L'episodio si pone a corollario di un fermento, da tempo rilevato dall'intelligence negli ambienti oltranzisti del Centro-Nord, caratterizzato da una intensificazione della mobilitazione propagandistica e non esente da propensioni verso opzioni marcatamente eversive, nella prospettiva di un rilancio dell'azione antisistema.
Appare coerente con tale disegno il recupero di vecchie sigle terroristiche per dare spessore a messaggi connotati da espressioni nostalgiche e dai toni fortemente intimidatori nei confronti del mondo politico, sindacale ed in particolare del sistema giudiziario e del circuito multimediale, in un'ottica di riaffermazione dello spontaneismo armato.
Il riproporsi dell'estremismo di destra sul piano operativo lascia trasparire l'intento di assumere un ruolo di "coprotagonista" accanto all'eversione di sinistra in chiave emulativa, in un periodo evidentemente ritenuto favorevole alla diffusione di logiche destabilizzanti.
Si va progressivamente consolidando il ruolo di alcune significative formazioni, dotate di notevoli disponibilità finanziarie e logistiche sia a livello nazionale che internazionale, impegnate in forma visibile - ma anche attraverso canali meno palesi - nell'azione di proselitismo e radicamento sul territorio. Tale strategia, volta a favorire lo sviluppo di ampie aggregazioni, se da un lato si indirizza verso ambienti sociali ritenuti permeabili al messaggio estremista, dall'altro tenta di perseguire lo scopo di accreditarsi ulteriormente tra gli altri settori d'area.
L'attività informativa ha evidenziato connivenze con frange skinheads e della tifoseria ultràs nonché con gruppi dell'integralismo pseudoreligioso più retrivo, che potrebbero dar luogo a comuni progettualità.
A tal fine, la divulgazione propagandistica è stata incentrata su argomenti di stretta attualità in grado di far leva su talune fasce giovanili, quali l'opposizione all'immigrazione, il disagio sociale ed occupazionale nel Meridione, la globalizzazione dei mercati. Quest'ultima tematica - che si coniuga con la dura polemica, da tempo in atto, verso le organizzazioni finanziarie e politiche sovranazionali ed il modello culturale occidentale - è destinata ad assumere una posizione ancora più centrale, in quanto funzionale all'acquisizione di consensi nonché sfruttabile a livello mobilitativo.
Taluni episodi di forte attrito con avversi schieramenti ideologici confermano i rischi di un'ulteriore intensificazione della contrapposizione in occasione di contestuali mobilitazioni di piazza e di significative scadenze contro la globalizzazione, con il pericolo che venga avviata una spirale di gesti ritorsivi, specie in concomitanza con il periodo elettorale.
Per quanto riguarda le organizzazioni skinheads, sono state rilevate, soprattutto nel Nord-Est, iniziative di vario spessore, tese ad alimentare forme di rifiuto di ogni "diversità" capaci di surrogare la carenza di valori condivisi che caratterizza fasce dell'emarginazione giovanile, potenzialmente ricettive al richiamo della violenza teppistica, tra le quali alcune tifoserie estreme.
Il monitoraggio informativo ha registrato una crescita esponenziale nei rapporti con omologhe formazioni europee, in particolare d'oltralpe e dell'Est - molte delle quali attestate su posizioni di aperta intolleranza razziale e di contrapposizione alle Istituzioni - nella prospettiva della creazione di una sorta di fronte comune. Per altro verso, suscita preoccupazione la presenza nel circuito telematico di un numero rilevante di siti internazionali, soprattutto di stampo neonazista, che incitano all'odio razziale.
A seguito del riacutizzarsi della conflittualità in Medioriente, nell'ambito dell'intero settore è stato constatato un incremento della mobilitazione a supporto della causa palestinese, in un'ottica "antisionista ed antimperialista", che potrebbe indurre a nuove manifestazioni dai toni provocatori verso le comunità ebraiche nel nostro Paese.
Del resto, queste teorie trovano fertile terreno nella propaganda antioccidentale ed antistatunitense propria del settore dei neofascisti convertiti alla religione islamica, da tempo al centro di una rete di relazioni con ambienti estremisti musulmani, anche all'estero.
A fronte di un quadro di minaccia tanto articolato quanto insidioso prosegue intensa la vigilanza info-investigativa ad ampio raggio, soprattutto in direzione di quella zona indefinita all'interno della quale si muovono elementi determinati a trascinare le frange maggiormente propense verso derive eversive.
In questo senso, valido deterrente per fronteggiare i rigurgiti neonazisti si conferma la legge n. 205/93 contro la discriminazione razziale, etnica e religiosa, sulla base della quale il Governo, il 27 ottobre 2000, ha deliberato lo scioglimento di un'organizzazione avente tra i propri scopi l'incitamento alla xenofobia.

c. altre aree di attenzione
Taluni contesti regionali continuano ad essere interessati da fermenti separatisti alimentati dalla propaganda strumentale di ristretti ambienti radicali, pronti a sfruttare ogni occasione per fomentare il dissenso in chiave antitaliana. Il riferimento riguarda quei segmenti più suggestionabili che, sulla scia della ripresa vitalità da parte di gruppi stranieri, potrebbero essere stimolati a compiere azioni dimostrative anche al solo scopo di attirare l'attenzione.


a. gruppi endogeni
I sodalizi nazionali hanno confermato elevate potenzialità di espansione, come testimoniato dalla costante diversificazione delle dinamiche operative e degli spazi d'azione, nonché dall'affinamento delle capacità di infiltrazione e mimetizzazione, in un contesto nel quale è risultata ancora prioritaria l'adozione di strategie di minore visibilità ed impatto.
In questa cornice sono emersi, con sempre maggiore evidenza, i propositi di insinuazione nel tessuto economico -legale attraverso i canali del riciclaggio, le interferenze nel settore degli appalti relativi ad opere pubbliche ed il ricorso ad attività estorsive ed usurarie.
Allo stesso tempo è stato rilevato un accentuato coinvolgimento della criminalità organizzata in ambiti meno tradizionali ma altrettanto remunerativi, come il mercato della pedofilia e della pornografia e la pirateria informatica.
A ciò si aggiunge l'elevato grado di flessibilità e di adattamento alle nuove frontiere dell'illecito nonché alle prospettive offerte dalla globalizzazione dei mercati, evidenziato dalle ramificazioni transnazionali e dalla spiccata capacità di movimentare capitali attraverso le metodiche più aggiornate dell'informatica.
In Calabria, le cosche, interessate in molti casi da un processo di riassetto, pur continuando ad operare nei consueti settori illegali, hanno manifestato una crescente propensione a proiettarsi verso modelli e logiche imprenditoriali attraverso i quali penetrare nel sistema produttivo locale.
Nell'area di Reggio Calabria le famiglie della Locride, ancora impegnate in faide interne, continuano a dedicarsi prevalentemente al traffico internazionale di stupefacenti provenienti dalla Colombia e dall'Albania e diretti in tutto il territorio nazionale grazie ai terminali impiantati specie nell'Italia settentrionale: quelle attive nel capoluogo e nella fascia tirrenica appaiono interessate soprattutto ad accaparrarsi gli appalti e gli stanziamenti pubblici, nonché ad inserirsi nelle iniziative collegate allo sviluppo di importanti aree portuali. Prospettive, queste, che, secondo le più recenti acquisizioni info-investigative, fanno prevedere un'alterazione dei rapporti di forza con ripresa di forme di conflittualità.
Mentre nel comprensorio di Catanzaro la vigilanza informativa ha evidenziato il rafforzamento di alcune ‘ndrine, nell'area di Lametia Terme ha posto in luce una perdurante fluidità degli equilibri criminali, anche in funzione del possibile inserimento negli investimenti previsti a livello locale.
In Campania, si è verificata una recrudescenza degli episodi criminosi verosimilmente riconducibile all'acuirsi delle tensioni fra clan, che lascia prevedere ulteriori mutamenti nei rapporti di forza e nuovi equilibri nell'ottica della spartizione delle zone d'influenza e del controllo dei traffici illeciti.
Particolarmente critica la situazione di Napoli, ove l'accentuazione della conflittualità rischia di alimentare un clima di violenza diffusa ed indiscriminata: alla progressiva frammentazione della maggiore organizzazione imputabile all'indebolimento della leadership, si contrappone, infatti, il rafforzamento di un asse trasversale predominante ormai in più zone.
Nel comprensorio avellinese, passaggio obbligato dei traffici fra la Campania e la Puglia, si sono intensificate le estorsioni nei confronti di imprese impegnate nella realizzazione di lavori pubblici e di filiali bancarie.
I sodalizi pugliesi, dopo un periodo di sensibile contrazione del contrabbando di tabacchi lavorati esteri, ascrivibile al rafforzamento del dispositivo di contrasto, hanno evidenziato una maggiore aggressività nelle metodologie di intervento, dimostrandosi capaci di attivare nuovi canali di traffico, grazie ai referenti all'estero ed all'intensificazione di accordi operativi con gruppi campani e calabresi.
Nelle diverse province, permangono situazioni di contrasto tra le famiglie storiche e quelle emergenti, in un contesto contrassegnato dal ricorso al gesto intimidatorio nei confronti di pubblici amministratori.
Sono risultati in crescita il traffico di stupefacenti, gestito anche in collegamento con gruppi albanesi, l'attività usuraria (gran parte dei prestiti verrebbero concessi agli scommettitori e ai giocatori d'azzardo) e le rapine, queste ultime connesse, fra l'altro, con la necessità di diversificare le risorse finanziarie per far fronte alle esigenze dei detenuti e delle loro famiglie.
In Sicilia, le consorterie palermitane appaiono interessate da un processo di riorganizzazione interna. Le principali fasi di tale percorso sono individuabili nella costituzione di un "direttorio" e nell'accentuazione del vincolo di omertà, per assicurare una più proficua gestione degli interessi criminali, in un'ottica tendente a privilegiare strategie di basso profilo, il reclutamento di elementi non affiliati e l'instaurazione di rapporti con omologhi sodalizi stranieri.
L'attività di intelligence ha posto in luce come, accanto alla ripresa delle estorsioni, delle scommesse clandestine, del traffico di stupefacenti e dell'illegale gestione dei rifiuti, l'edilizia pubblica e privata continui a rappresentare un importante settore di attrazione, come indicato dalla costante ricerca di contatti con il mondo imprenditoriale e della pubblica amministrazione.
Taluni episodi delittuosi avvenuti nella provincia palermitana hanno evidenziato l'insorgere di tensioni in alcuni mandamenti mafiosi riconducibili all'evoluzione di nuovi equilibri, sui quali potrebbero incidere "vuoti di potere" creatisi a seguito della cattura di soggetti di notevole caratura e di imprenditori ad essi legati. A questo proposito, la ricerca dei latitanti di spicco, mai interrotta, ha trovato nuovi impulsi di cui l'intelligence è parte attiva.
Mentre nella provincia di Messina i sodalizi locali, pur avendo da tempo instaurato rapporti con organizzazioni di maggiore spessore affiliate a "cosa nostra" (palermitana e catanese) ed alla ‘ndrangheta, hanno mantenuto spazi autonomi, nel Ragusano - ove è consistente l'incremento della presenza di criminali albanesi - l'indebolimento del clan egemone ha favorito l'ascesa di famiglie emergenti.

b. gruppi stranieri
Il monitoraggio informativo del panorama delinquenziale - inteso anche a coglierne le principali dinamiche evolutive - evidenzia l'ampiezza del radicamento di gruppi esteri entro i nostri confini. Esso è da ascrivere a diversi fattori, collegati preminentemente a "vuoti" criminali - per lo scompaginamento dei sodalizi endogeni e per la loro tendenza a trasferire in altri Paesi parte delle attività - nonché alla complementarità dell'azione delle formazioni straniere rispetto a quelle nazionali, di cui sono divenute, nel tempo, le principali fornitrici di beni illeciti.
Tale fenomeno consegue direttamente alla dimensione sovranazionale dei traffici di punta del crimine organizzato: il ruolo di primo piano svolto da talune organizzazioni nel campo dell'immigrazione clandestina e degli stupefacenti - voci portanti dei bilanci dell'illegalità - ne genera infatti il consolidamento specie nei Paesi divenuti mete strategiche di destinazione o transito, soggetti pertanto a costituire teatro preferenziale dell'ulteriore fase espansiva in campo economico-finanziario.
In questo senso, prioritaria attenzione è stata indirizzata all'attivismo dei gruppi albanesi, distintisi per il rafforzamento delle posizioni egemoniche raggiunte nei tradizionali ambiti di intervento e per la tendenza a diversificare ulteriormente la propria sfera operativa. Tale propensione - traducendosi nell'erosione del predominio dei gruppi italiani ovvero nell'avvio di forme di cooperazione su base paritaria - appare destinata a modificare lo scenario criminale delineando anche la possibilità di scontri violenti per il controllo di taluni settori dell'illecito. Analogo rilievo rivestono i segnali relativi all'infiltrazione nell'economia legale in esito all'allargamento del raggio d'azione alle estorsioni ed in dipendenza di operazioni di riciclaggio, di per sé indicative di un rimarchevole profilo organizzativo.
La connessione tra natura transnazionale dei traffici e modalità di insediamento dell'associazionismo malavitoso estero dà conto anche del progressivo estendersi delle articolazioni operative dei sodalizi cinesi oltreché nel Centro, nel Nord ed in Campania, in altre aree del Mezzogiorno. Ciò in quanto quei gruppi, gestori primari degli arrivi clandestini di cinopopolari da impiegare nel lavoro nero, hanno consolidato ulteriori reti tra i Balcani - segnalati quale bacino di confluenza per elementi di quella nazionalità - e le regioni italiane che rappresentano "sponde" naturali dei flussi migratori.
Gli stessi sodalizi, inoltre, si distinguono per l'attitudine ad inserirsi nei circuiti economici gestiti dalla comunità di riferimento, mediante un accentuato coinvolgimento nel racket in danno di connazionali e pratiche di acquisizione di esercizi commerciali, sovente riconducibili al riciclaggio di capitali.
Peculiare dinamismo sul fronte dell'infiltrazione nell'economia legale mostrano le consorterie ex sovietiche, soprattutto la cd. "mafia russa", evidenziatesi per il ricorso a complesse operazioni finanziarie funzionali al reinvestimento degli introiti ed a schemi operativi che prevedono l'instaurazione di rapporti commerciali con aziende italiane per determinarne, attraverso condotte fraudolente e ricattatorie, il tracollo e quindi l'inglobazione ovvero lo sfruttamento.
La criminalità est-europea, inoltre, presenta aspetti di particolare insidiosità poiché gestisce traffici internazionali di armi e risulta fortemente coinvolta nell'immigrazione clandestina - specie di giovani donne e minori poi avviati all'accattonaggio - e nel connesso mercato della prostituzione.
La remuneratività del lenocinio è all'origine della crescita dei gruppi nigeriani che - gestori monopolistici della "tratta" di connazionali verso il nostro Paese - confermano la tendenza a reinvestire i proventi nel narcotraffico e ad ampliare le proprie zone d'influenza.
Nella sostanza, la mappatura della presenza delinquenziale e l'analisi delle forme aggregative confermano la crescente pervasività del crimine organizzato straniero, specie quello originario di aree geografiche a forte incidenza malavitosa ovvero interessate dalle direttrici dei maggiori business. I1 fenomeno va evidenziando una tendenza verso l'integrazione delle diverse componenti le quali, pur mantenendo differenti connotazioni funzionali e strutturali, dimostrano una spiccata propensione ad interagire nella conduzione dei traffici più redditizi, in un processo speculare alla globalizzazione delle rotte e dei mercati illegali.
Il contributo informativo concernente il crimine organizzato nella sua totalità ha consentito tra l'altro l'arresto di 128 persone, di cui 93 per associazione a delinquere di stampo mafioso e 7 per droga, la cattura di 13 latitanti, nonché sequestri di stupefacenti, armi, valuta nazionale ed estera, valori bollati contraffatti e reperti di interesse storico ed archeologico.


In un quadro generale in cui i più significativi inserimenti delinquenziali nei circuiti dell'economia reale sono da ricollegare al riciclaggio, è stata registrata un'accentuata propensione ad articolare tale attività attraverso l'acquisizione di società in crisi e sono state raccolte evidenze in ordine alla tendenza ad infiltrare settori del terziario.
Parimenti strumentali alla legittimazione di proventi di origine illegale appaiono le irregolarità nell'intermediazione e nella raccolta dei fondi rilevate sul versante finanziario, in un contesto in cui inserimenti nel settore economico si rintracciano, altresì, in illeciti societari finalizzati all'evasione fiscale, procedure dirette all'indebita captazione di contributi comunitari, frodi in materia di IVA - realizzate attraverso triangolazioni con società di comodo ovvero la creazione ad hoc di imprese di import-export - nonché in sospette attività di intermediazione e speculazione.
Potenziale fase propizia per le ingerenze criminali resta, in prospettiva, la graduale introduzione dell'euro a seguito di breve convivenza con le monete nazionali.
II panorama delle dinamiche in grado di produrre effetti distorsivi, sul piano economico include necessariamente i fenomeni di contestazione in seno a comparti produttivi, la cui diretta incidenza sulla sicurezza è legata alla possibilità che agitazioni innescate da peculiari momenti congiunturali generino ulteriori turbative dell'ordine pubblico, anche in ragione di strumentalizzazioni della protesta.
Profili di vulnerabilità ad infiltrazioni criminose delle dinamiche connesse con il mondo economico-produttivo prospetta ora l'emergenza concernente il morbo BSE, per l'eventualità che essa conferisca nuovo impulso ad attività illecite finalizzate alla violazione ed elusione dei meccanismi di controllo, mediante truffe operate anche nelle procedure di smaltimento delle derrate inutilizzabili e degli scarti di macellazione.


a. sicurezza ambientale
Il monitoraggio informativo delle minacce alla sicurezza ambientale delinea un quadro segnato dall'incremento della movimentazione di prodotti speciali e tossici e da cospicui inserimenti delinquenziali nella gestione del ciclo dei rifiuti - come attestano l'interramento abusivo, lo sversamento in canali e condotte fognarie, l'abbandono in prossimità di siti aziendali, nelle regioni meridionali, specie in Calabria e in Campania, di materiali di risulta provenienti da poli chimico-siderurgici del Centro-Nord.
Emergono, poi, nuove direttrici di trasporto che interessano talune regioni adriatiche e del Nord-Est, in uno scenario in cui il nostro Paese si connota quale zona di transito dall'area continentale verso l'Africa.
Ciò, in un contesto che vede il graduale consolidarsi di vere e proprie filiere internazionali dell'ecocriminalità, attive nel movimentare residui pericolosi sulle stesse rotte delle armi e degli stupefacenti.
Massima attenzione, in questo ambito, hanno imposto le rilevate pratiche di occultamento, dispersione nell'ambiente e smaltimento promiscuo di sostanze radioattive derivanti da attività medico-diagnostiche, industriali e di ricerca. Specifica vigilanza hanno richiesto altresì i traffici di materiali contaminati, soprattutto rottami metallici, che provengono dall'Europa dell'Est.
L'aggressione al "bene ambiente" da parte della criminalità organizzata vede inoltre un momento pregnante sia nel radicato fenomeno dell'abusivismo edilizio - grazie ad una consolidata presenza in taluni settori, quali il movimento terra e la fornitura di materiali inerti - sia nei tentativi di inserirsi nella ricostruzione delle aree meridionali distrutte da dissesti idrogeologici e da incendi.

b. pirateria informatica
Con lo sviluppo delle reti informatiche su scala mondiale e la tendenza a trasferire nell'ambiente virtuale le attività creditizie, finanziarie, commerciali e di informazione, va emergendo l'esigenza di prevenire minacce che, incidendo sul livello della sicurezza delle comunicazioni e sulla fiducia nelle nuove tecnologie, si pongono quali concreti fattori di depotenziamento tanto della società digitale quanto delle correlate prospettive di crescita economica.
La transnazionalità delle operazioni e la loro difficile tracciabilità, anche per il filtro opposto dai Paesi con ordinamenti di privilegio fiscale e finanziario, vengono opportunamente sfruttate per la consumazione di condotte criminali oramai diversificate: riciclaggio di capitali, spionaggio e sabotaggio industriale, attività connesse al gioco d'azzardo ed alle scommesse clandestine, traffico di minori.
Particolare attenzione è stata posta alla pirateria informatica, sia per le manovre di intrusione in centri protetti attuate con finalità di lucro, di manomissione o di semplice provocazione, sia per la diffusione di virus con lo scopo di danneggiare i sistemi.
Il fenomeno mostra tendenziale incremento a motivo dell'accresciuta facilità di reperire strumenti e conoscenze per iniziative di hackeraggio. Segnali di contiguità con ambienti criminali e dell'antagonismo evidenziano, altresì, il pericolo di un allargamento delle condotte illegali a seguito di travasi delle tecnicalità.
Ulteriore aspetto di interesse è costituito dal rischio di disinformazione derivante dalla diffusione, su rete, di notizie dovute esclusivamente all'esigenza di privilegiare la speditezza piuttosto che l'affidabilità del dato. Consuetudine che, se trae origine dalla difficoltà di conciliare efficacemente tempestività ed attendibilità delle comunicazioni propalate via Internet, si va affermando sulla scia di produzioni informative per fini economici e finanziari.

c. fenomeno delle sette
La celebrazione del Giubileo ha richiesto un particolare impegno di vigilanza informativa e di analisi al fine di contrastare adeguatamente le possibili minacce alla sicurezza. In proposito, notevole rilievo è stato riservato al pericolo che le forti suggestioni evocate dalla ricorrenza potessero indurre movimenti settari a compiere azioni eclatanti. Il rischio, peraltro, appare destinato a persistere per il precipuo valore simbolico attribuito da alcuni gruppi alla nuova "era" del terzo millennio.
Ulteriori profili di insidia appaiono correlati alle contiguità evidenziate, specialmente nei Paesi del Nord Europa, tra ambienti del satanismo (che in Italia hanno mostrato un rinnovato attivismo con la profanazione di cimiteri, furti sacrileghi e rituali demoniaci di carattere anche violento) e gruppi neonazisti, in considerazione dei sentimenti anticristiani ed antisemiti che li accomunano.
Attenzione sarà, pertanto, ancora dedicata alle prospettive legate alla diffusione delle sette sul territorio nazionale, sia sotto l'aspetto della possibile pericolosità sociale, sia per i risvolti illeciti di natura economica sovente celati dietro l'attività pseudoreligiosa.


Importanti vicende internazionali di vario segno hanno scandito il semestre e, per i fattori di rischio ad esse riconducibili, hanno conferito ulteriore interesse ai tradizionali ambiti di attenzione dell' intelligence.
Priorità è stata riservata alla regione balcanica, al quadrante mediorientale ed all'Africa mediterranea, attese le possibili ricadute delle dinamiche locali sulla sicurezza nazionale, sia in termini di pericolo incombente che di fenomeni complessi e di lungo periodo.
L'analisi ha ricompreso, inoltre, l'evoluzione di contesti europei ed extracontinentali in cui la rilevanza geostrategica si coniuga con la presenza di conflitti, crisi latenti e situazioni di precarietà.

a. area balcanica
Nel contesto balcanico, epicentro di una serie di positive ripercussioni è stata la svolta jugoslava. Il pragmatismo legalista della nuova dirigenza - che le ha guadagnato l'attenzione dell'Occidente consentendo la rapida reintegrazione della federazione nei consessi internazionali - ha trovato positivo riscontro, da ultimo, nell'ampio consenso ottenuto nelle elezioni parlamentari serbe ed ha aperto la via verso la normalizzazione dei rapporti con gli altri Paesi dell'area: oltre ai significativi segnali di riapertura del dialogo con l'Albania e con la leadership moderata albano-kosovara, ne fa stato, emblematicamente, la ripresa delle relazioni diplomatiche con tutte le Repubbliche dell'ex Jugoslavia.
Si tratta, peraltro, di vicende suscettibili ancora di differenti evoluzioni, da seguire con cautela anche per l'inevitabile interazione con l'ampia e complessa realtà in cui sono inserite.
Così, nella Repubblica Federale di Jugoslavia, all'affrancamento dal regime di Milosevic compiutosi in Serbia ha corrisposto una rinnovata spinta nel Montenegro verso forme di più decisa autonomia. All'affermazione dei moderati in Kosovo ha fatto riscontro il riaccendersi di fermenti nell'ambito delle fazioni estremiste di etnia albanese, tradottisi in intimidazioni ed attentati ai danni degli esponenti politici maggiormente impegnati nella ricerca di soluzioni negoziate. Tale rinnovato attivismo che, accentuando la conflittualità interetnica, mantiene elevata l'esposizione a rischio per il personale internazionale, si proietta anche al di fuori della provincia. Ciò vale per la Fyrom nordoccidentale, l'Albania settentrionale e, soprattutto, per la Serbia meridionale, ove maggiore si profila il pericolo di ulteriori degenerazioni. L'intensificarsi degli attacchi delle formazioni paramilitari di etnia albanese attive nella Valle di Presevo, miranti a provocare la reazione di Belgrado al fine di inficiarne
il processo di distensione con la comunità internazionale, non è privo, oltretutto, di ricadute sul piano umanitario, comportando flussi di profughi verso il Kosovo e la Fyrom.
Anche in Bosnia-Erzegovina (B-E) il nuovo corso jugoslavo ha determinato riflessi non univoci. Infatti, a fronte delle rassicurazioni espresse dalla nuova dirigenza della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina (RSBE) in ordine al rispetto degli Accordi di Dayton/Parigi, l'affermazione elettorale conseguita in novembre dagli ultranazionalisti sembra in grado di favorire spinte centrifughe. Indicativo, in tal senso, il manifestato proposito di richiedere un referendum per l'indipendenza della Repubblica, qualora si dovesse pervenire alla proclamazione di uno Stato kosovaro. Analoga tendenza a radicalizzare le proprie aspirazioni si delinea in seno alla componente croata della Federazione Croato-Musulmana (FCM), come dimostrano talune iniziative fra cui la costituzione di un "congresso nazionale", tese a salvaguardare i diritti dell'etnia.
Sul piano della sicurezza, alla riscontrata centralità del territorio bosniaco quale via di transito di immigrati clandestini provenienti dall'Est ha, peraltro, corrisposto un atteggiamento di maggiore attenzione da parte delle istituzioni congiunte, testimoniato dall'introduzione di apposite disposizioni sui visti d'ingresso. Inoltre, in relazione all'attuale congiuntura internazionale, il rilevato attivismo, in Bosnia-Erzegovina, di militanti dell'integralismo islamico potrebbe accentuare i rischi per l'incolumità del personale a vario titolo colà impegnato e rendere concreta la possibilità che quel contesto diventi base d'appoggio per eventuali azioni terroristiche in altri Stati europei.
Nell'intera area balcanica permangono, del resto, situazioni rilevanti per gli immediati riflessi che esse sono in grado di proiettare sul nostro Paese. Si tratta di fenomeni, quali l'immigrazione clandestina, l'espansione dei traffici illeciti e l'intreccio fra interessi malavitosi ed istanze nazionaliste armate, che seguono dinamiche proprie, determinate esclusivamente da logiche di autoaffermazione. Ne emergono geografie differenti rispetto a quelle disegnate dai confini statuali, che si sovrappongono, in maniera strumentale e destabilizzante, al già complesso quadro delineato dalla variegata dislocazione dei numerosi gruppi etnici sul territorio. Ove a ciò si aggiunga il forte impegno italiano nella regione, risulta comprensibile come l'attività informativa abbia costantemente ed attentamente seguito le cennate, peculiari dinamiche, al fine di coglierne la trasversalità e la dimensione transnazionale.
Nella Repubblica ex jugoslava di Macedonia (FYROM) gli aspetti di interesse per l'intelligence appaiono, in effetti, strettamente legati agli sviluppi verificatisi nelle aree contermini: l'aumento della criminalità organizzata locale è da mettere in relazione con l'attivismo delle varie formazioni armate di etnia albanese, mosse non solo dalle comuni aspirazioni indipendentiste, ma anche da interessi economici connessi ai traffici di materiale di armamento.
In Albania non sono mancati segnali positivi, quali il corretto svolgimento delle consultazioni amministrative di ottobre e l'impulso conferito al contenimento dei fenomeni illegali. Permangono, tuttavia, elementi di precarietà. Da un lato, infatti, la pesante crisi energetica, incidendo ulteriormente sulle condizioni di vita della popolazione, profila rischi di strumentalizzazioni in chiave antigovernativa, in un contesto non nuovo a repentine degenerazioni; dall'altro, pur in presenza di alcuni non trascurabili risultati nella lotta alla criminalità, resta elevata l'aggressività dei sodalizi malavitosi, con un'accentuata esposizione del personale internazionale operante nel Paese, specie se impegnato nel contrasto ai traffici di clandestini e stupefacenti.
Di interesse, in Croazia, l'attivismo di gruppi ultranazionalisti, che appaiono determinati a far ricorso alla violenza per contrastare la politica di apertura nei confronti della comunità internazionale e di collaborazione con il Tribunale Penale Internazionale dell'Aja. Proprio per l'importanza ascritta all'integrazione nelle strutture euroatlantiche, il ruolo crescente assunto dal territorio croato quale via di transito per i traffici illeciti diretti in Europa ha indotto Zagabria a rafforzare i controlli, specie lungo le fasce confinarie, e ad imprimere maggiore impulso alla cooperazione con i Paesi confinanti, prima fra tutti la Slovenia. Interessata dallo stesso fenomeno, Lubiana si sta anch'essa adoperando, con le forze di polizia italiane e croate, per intensificare i fermi di clandestini. anche in prossimità della nostra frontiera, e potenziare le strutture di accoglienza.

b. Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)
Continua, nonostante le resistenze di ambienti politici ed economico-finanziari, il consolidamento del potere centrale nella Federazione russa. Sul piano della sicurezza interna, accanto al ripetersi di attentati di presunta matrice criminale, resta prioritaria la perdurante conflittualità in Cecenia, dove si è registrata una recrudescenza dell'attività della guerriglia, che continua a ricevere il supporto di settori del radicalismo islamico internazionale. In politica estera, le iniziative del Cremlino si sono spesso rivolte alla ricerca di collaborazioni mirate a contrastare la diffusione nel Caucaso e nelle repubbliche dell'Asia centrale, dell'integralismo confessionale. Fenomeno, quest'ultimo, che si conferma quale fattore di rischio per la stabilità interna e per la sicurezza di interessi russi all'estero, in particolare in quei Paesi ove i terroristi possono contare sull'appoggio di elementi legati a movimenti fondamentalisti.
Per quanto riguarda gli altri Paesi della CSI, le perduranti tensioni politiche in Ucraina potrebbero incidere sugli attuali equilibri di potere. E' stata rilevata una certa permeabilità del confine con la Romania al transito di clandestini provenienti da Paesi africani ed asiatici e diretti in Europa occidentale. La pesante situazione economica in cui versa la Moldova ed il conseguente, probabile pericolo di nuove manifestazioni di piazza, rischiano di indebolire ulteriormente la posizione di quel governo nei negoziati per la soluzione della crisi concernente la regione secessionista del Trans Dnestr. Un'ulteriore fase di accese proteste potrebbe caratterizzare il clima politico anche in Belarus, in relazione a talune scelte del regime, che tra l'altro ha conseguito una contestata affermazione nelle consultazioni di metà ottobre.
Nelle repubbliche caucasiche della CSI, lo scenario permane teso a causa dei perduranti contenziosi etnici e del deterioramento dei rapporti istituzionali. In Armenia, prosegue il confronto tra autorità governative e opposizione, mentre è ancora in una fase di stallo il contenzioso sul Nagorno Karabakh. In Georgia, la situazione si conferma critica a causa della recrudescenza delle attività criminali e della mancata soluzione della crisi della repubblica secessionista dell'Abkhazia. In Azerbaigian, a seguito del successo del partito al potere alle elezioni politiche, si sono registrate manifestazioni di protesta dell'opposizione che ne richiede l'annullamento per irregolarità.
Nelle repubbliche dell'Asia Centrale ex sovietica, la precarietà dell'ordine pubblico è riconducibile alla forte presenza di estremisti islamici ed all'incremento dell'attività dei gruppi criminali, spesso collusi con elementi degli apparati dello Stato. La posizione geografica di tali Paesi risulta strategica per le organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti destinati ai mercati russi ed europei. Iniziative di cooperazione con Mosca sono state intraprese dagli Stati della regione per favorire il controllo dei confini ed il contrasto ai commerci illeciti e al fondamentalismo islamico.

c. area mediorientale
La degenerazione del confronto israelo-palestinese ha innescato dinamiche complesse ed interagenti, capaci non solo di incidere direttamente sulle prospettive di pacificazione dell'area, ma anche di ingenerare situazioni di minaccia di più ampia portata.
In ambito israeliano, essa ha accelerato taluni processi già in atto: a livello politico, ponendo in luce profonde divisioni in merito ai tempi e ai contenuti del negoziato; nel tessuto sociale, evidenziando una realtà altrettanto composita, che comprende con difficoltà le rivendicazioni dei coloni e la solidarietà della componente araba verso la popolazione dei Territori.
Sul versante palestinese, la congiuntura ha impresso nuova forza aggregante agli articolati rapporti tra la dirigenza e la sua base tra settori istituzionali e formazioni radicali, tra esponenti laici ed islamisti, lasciando ipotizzare reciproci condizionamenti e precari equilibri di potere.
Per entrambe le parti appaiono quanto mai ristretti i margini di agibilità negoziale, mentre si vanno dilatando gli spazi delle istanze estreme e della violenza terroristica.
Il monitoraggio dell'intelligence in ordine alle proiezioni regionali della crisi ha posto in luce le accresciute capacità di mobilitazione dell'integralismo religioso ed il pericolo di più ampie convergenze in chiave antisraeliana.
Le massicce manifestazioni di piazza in favore dei palestinesi, fomentate anche dalla propaganda di regimi e movimenti oltranzisti, in alcuni Paesi dell'area hanno assunto toni di decisa protesta contro scelte governative ritenute troppo accondiscendenti nei confronti dello Stato ebraico. In Giordania le contestazioni sono state scandite da due attentati ai danni di diplomatici israeliani, con possibili ricadute sul successivo corso politico, volto a migliorare i rapporti con gli ambienti islamici al fine di prevenirne spinte eversive.
In altri casi, i reiterati richiami alla jihad da parte di leader carismatici hanno fatto da sfondo ad aggressioni o ad iniziative di stampo terroristico contro obiettivi occidentali. Nello Yemen gli attacchi al cacciatorpediniere statunitense Cole ed all'Ambasciata britannica hanno attestato la persistente pericolosità della rete di supporto alla militanza integralista; in Kuwait l'azione contro una pattuglia del contingente ONU a ridosso del confine iracheno è verosimilmente da collegare all'arresto di una dozzina di integralisti, sospettati di progettualità violente in direzione di installazioni e personale USA; in Arabia Saudita, tre attentati dinamitardi in danno di cittadini britannici, pur se di dubbia matrice, hanno comunque contribuito ad innalzare la tensione.
Peculiari riflessi si rilevano nel contesto libanese, oggetto di attenzione informativa anche in relazione all'impegno assicurato dal nostro Paese per la normalizzazione dell'area. Rischi di immediata evidenza derivano dal riproporsi di incidenti tra l'esercito di Tel Aviv e le milizie sciite, nonché dalla perdurante operatività, lungo quella fascia confinaria, di frange dell'estremismo palestinese. Di interesse, inoltre, con riferimento alla presenza militare siriana, il riemergere di segnali di insofferenza, le cui possibili evoluzioni risultano direttamente correlate alle future determinazioni di Damasco. Al riguardo, sebbene appaiano improbabili, nei tempi brevi, mutamenti radicali nel tradizionale asse strategico con Beirut, non può escludersi una graduale rimodulazione dei rapporti bilaterali, qualora ciò dovesse rispondere alle esigenze di stabilità e di consenso - interno ed internazionale - legate al processo di rinnovamento in corso.
In un clima di piu accesa conflittualità si sviluppano, invece, le iniziative politiche in Iran, ove il programma della leadership riformista deve ancora misurarsi con forti resistenze al cambiamento da parte di settori non disponibili alla dialettica democratica. L'approssimarsi delle consultazioni presidenziali rende concreto il pericolo di rinnovate offensive da parte della componente ultraradicale, specie in termini repressivi ed intimidatori. Inoltre, il proposito di colpire la dirigenza moderata - proprio nel momento in cui maggiormente costruttivo si va configurando il dialogo con l'Occidente - potrebbe giovarsi dell'attuale fase per riattivare canali di supporto a movimenti oltranzisti a fini di destabilizzazione regionale.
In Iraq il regime risulta sostanzialmente stabile. Lo scenario politico è stato caratterizzato dal progressivo consolidamento del ruolo dei due figli del Presidente: circostanza verosimilmente connessa con le notizie, circolate durante l'anno, relative al peggioramento delle condizioni di salute del rais.
Perdurano le frizioni con l'Iran, in relazione al contenzioso sui 29 mila iracheni prigionieri ad oltre dieci anni dalla fine della guerra ed al timore di ritorsioni iraniane in risposta alle azioni condotte dalla dissidenza dislocata in territorio iracheno.
Per quanto concerne il regime sanzionatorio, è ancora in fase di discussione la ripresa delle missioni da parte dell'organismo di controllo per il monitoraggio dell'arsenale non convenzionale iracheno (UNMOVIC - United nations Monitoring Verification Inspection Commission), a causa dell'atteggiamento ostativo di Baghdad, che richiede maggiori garanzie circa la durata delle ispezioni, l'abolizione delle restrizioni in campo economico-commerciale ed il ripristino della sovranità sulle aree interdette al volo (No Fly Zones).

d. area nordafricana
Il Nordafrica costituisce "naturale" oggetto dell'attenzione informativa, in ragione della sua contiguità geografica e della sua centralità quale raccordo tra mondo islamico ed occidente. In questo senso, l'analisi delle dinamiche salienti che connotano la minaccia collegata all'integralismo confessionale, ha evidenziato un rinnovato attivismo di gruppi e militanti sunniti nordafricani in Europa, conferendo peculiare rilevanza agli sviluppi in atto nei Paesi dell'area.
Paradigmatica è, in proposito, la situazione in Algeria, dove il fenomeno terroristico resta attestato su livelli di allarme, profilando rischi non solo in relazione agli interessi stranieri in loco ma anche con riferimento ai collegamenti delle frange armate con reti di sostegno insediate nei Paesi europei.
Le propaggini all'estero, infatti, in ragione della prossimità con altre realtà del radicalismo, appaiono in grado di mantenere e rilanciare una linea programmatica in cui la dimensione "politica" dell'islamismo viene recuperata attraverso l'adesione a un progetto di tipo internazionalista.
La perdurante operatività delle formazioni integraliste continua a rappresentare il principale problema con cui deve misurarsi l'attuale dirigenza, che aveva assegnato una valenza di legittimazione al successo del processo di riconciliazione.
A saldare idealmente contesti pur profondamente diversi, episodi terroristici di matrice islamica si sono registrati nelle regioni nord-orientali (Cirenaica) della Libia, ambito in cui, peraltro, non appaiono costituire una reale minaccia per la stabilità del regime, anche in ragione della mancanza di coordinamento tra gruppi eversivi.
Tripoli conferma un orientamento teso a guadagnare un ruolo di rilievo, sia in ambito regionale, quale mediatrice dei principali conflitti, sia con riguardo all'intero Continente africano.
Peraltro, l'intento di quella leadership di presentarsi come punto di riferimento per la realizzazione del progetto panafricano ha trovato momento di frattura nei gravi incidenti registrati nel Paese in esito a manifestazioni di intolleranza nei confronti di immigrati provenienti dalle aree centrali.
In Egitto, accanto al consolidamento - sancito dalle ultime consultazioni politiche - della posizione del partito presidenziale, si pone l'affermazione elettorale del movimento islamico dei "Fratelli Musulmani" che ne ha potenziato le aspettative di legittimazione politica ed ha evidenziato il perdurante consenso di cui gode l'ideologia islamista.
Sul piano della sicurezza, pur se non sembrano aver seguito gli appelli della dirigenza della militanza radicale all'estero in favore della ripresa della lotta armata, permangono indicazioni informative sulla perdurante capacità operativa delle due principali formazioni integraliste.

e. Corno d'Africa ed Africa subsahariana
Nel Corno d'Africa, gli sviluppi della situazione appaiono destinati a favorire l'avvio di una fase di stabilizzazione in un contesto ancora segnato da precarie condizioni di sicurezza. Il contenzioso territoriale tra Etiopia ed Eritrea, infatti, è sfociato nella firma di un trattato di pace ad Algeri, con l'accettazione delle parti della demarcazione del confine comune ad opera di una commissione internazionale. I due Paesi, peraltro, hanno mantenuto sostanzialmente intatto lo schieramento del dispositivo militare, anche se non si sono registrate gravi violazioni del "cessate il fuoco". L'interruzione delle ostilità consente il ripristino del flusso degli aiuti finanziari internazionali necessari per il rilancio delle attività produttive. In Etiopia, si sono registrati un aumento dell'attività criminale, in specie nella capitale, e il prosieguo degli attentati ad opera di elementi dell'opposizione armata. In Eritrea, la crisi economica si è ulteriormente acuita, con ripercussioni negative sul livello
del sostegno popolare al governo.
In Somalia, a seguito della conferenza di pacificazione di Arta, si è aperta una nuova fase politica che, con la formazione di un governo, ha posto le premesse per la ricostituzione dell'apparato statale ed in specie delle forze di sicurezza, stante il grave deterioramento dell'ordine pubblico soprattutto nella capitale. Le nuove istituzioni, tuttavia, devono confrontarsi con la perdurante opposizione delle entità autonome regionali del nord e di numerosi capi fazione.
In Sudan, il clima di tensione si è acuito in concomitanza con le consultazioni elettorali. I principali schieramenti politici ne hanno boicottato lo svolgimento non ritenendo adeguate le garanzie per l'attuazione di una regolare campagna elettorale, a causa dello stato di emergenza, in un quadro che, peraltro, ha registrato fasi alterne nei rapporti tra il regime e le forze del dissenso. A fronte del reiterarsi degli scontri tra unità regolari e formazioni della guerriglia, sono proseguiti i tentativi di mediazione per una soluzione negoziale del conflitto interno.
L'area centroafricana è tuttora caratterizzata da instabilità a motivo della perdurante crisi della Repubblica Democratica del Congo, ove le forze governative non sono riuscite a prevalere sulle formazioni ribelli. Sul piano diplomatico, nonostante l'impegno assunto dalle parti coinvolte nel conflitto a ritirare le proprie unità dalla linea del fronte per favorire lo schieramento della forza di pace dell'ONU, permangono dubbi sulle effettive intenzioni di rispettare l'accordo. In Angola, la situazione della sicurezza si mantiene precaria per il protrarsi degli scontri tra reparti delle forze armate ed i miliziani ribelli dell'UNITA, mentre si aggravano ulteriormente le condizioni degli sfollati e dei profughi, che si riversano in massa nei centri cittadini e nei campi di raccolta dei Paesi limitrofi. In Sierra Leone, l'accordo per il "cessate il fuoco" tra il fronte rivoluzionario ed il Governo ha favorito un lento miglioramento della situazione della sicurezza, con lo schieramento della forza di pace
dell'ONU e la parziale ripresa della distribuzione degli aiuti umanitari. In Costa d'Avorio, non accenna a diminuire il clima di tensione, evidenziatosi anche in corrispondenza con le elezioni legislative. Nello Zimbabwe, la situazione socio-politica è in progressivo deterioramento a causa della prolungata occupazione delle fattorie dei coloni da parte dei veterani della guerra d'indipendenza.

f. altri contesti di interesse
In Afghanistan, malgrado l'impegno delle diplomazie regionali per una soluzione della guerra civile, è proseguito il conflitto tra le milizie dei taliban e quelle dell'opposizione. L'isolamento diplomatico del regime, impegnato ad ottenere un riconoscimento quale nuova e legittima entità statuale, trova riscontro nel rifiuto delle Nazioni Unite di concedere un seggio a quella dirigenza motivato con il sostegno logistico assicurato ai militanti islamici radicali presenti in vari campi di addestramento nel Paese. L'atteggiamento del regime di fronte alle richieste di espulsione dello sceicco Osama Bin Laden ha comportato l'applicazione di nuove sanzioni nei confronti di Kabul.


La minaccia collegata al terrorismo internazionale costituisce riflesso degli sviluppi in atto sulla scena estera e si pone quale vettore di rischio collegato all'andamento di conflitti e di crisi su cui si innesta l'azione di gruppi a varia connotazione: confessionale, separatista ovvero dell'oltranzismo ideologico.
In questo senso, l'azione dell'inteIligence è stata necessariamente focalizzata sui segnali di pericolo palesati dall'integralismo islamico in relazione al riaccendersi del confronto arabo-israeliano, potenziale innesco per iniziative terroristiche ad opera sia degli estremismi in loco, sia di altri protagonisti dell'oltranzismo regionale, sia, infine, della componente universalista dell'islamismo.
La variante militante e radicale dell'islam da tempo è infatti interessata da un processo di progressiva integrazione in un disegno unitario delle differenti espressioni, in una dinamica che, mantenendo la specificità originaria e tipizzante dei singoli aggregati, moltiplica impatto e portata del loro attivismo. Risulta funzionale alla strategia perseguita l'accentuato antioccidentalismo, atto a ricondurre l'operato delle varie formazioni nell'alveo di un progetto comune.
In tale quadro si colloca la figura di Osama Bin Laden, inauguratore di una linea programmatica ormai sostanzialmente in grado di sopravvivergli. Il significato del ruolo del citato integralista può cogliersi proprio nell'aver fornito ai gruppi islamisti una cornice di riferimento comune, la cui funzione aggregante viene potenziata dall'esistenza di un vasto circuito logistico-addestrativo e finanziario che consente l'impiego dei mujaheddin in diversi teatri conflittuali.
Al di là delle sigle utilizzate in passato per attestare il concreto compattamento di diverse articolazioni in una sola compagine, è in questi raccordi che risiede la valenza del "fronte" islamista, a legare formazioni di varia origine e spessore in reti orizzontali in cui la coesione è assicurata, più che da rapporti di compenetrazione organica tra sodalizi, dalla contiguità ideologica tra correligionari e dai contatti maturati in pregresse esperienze belliche e/o addestrative.
Sono tali contatti che garantiscono poi il sostrato per lo sviluppo di canali di cooperazione, risultati vitali, almeno sul piano logistico, proprio al di fuori dei luoghi di origine.
II monitoraggio del radicalismo entro i nostri confini disegna un'articolata mappa di rapporti tra elementi di diversa nazionalità, tra questi ed i paesi di provenienza e con le sponde più significative dell'elaborazione teorica e dei circuiti di addestramento. Il patrimonio informativo in materia evidenzia la presenza di cellule riconducibili all'estremismo algerino e di militanti appartenenti ad una nuova formazione tunisina, impegnata nel reintegrare le strutture oltranziste sul Continente europeo. E' di tutto rilievo, inoltre, il ruolo propulsivo svolto da taluni centri di aggregazione. emersi quali fulcri del reclutamento di volontari avviati nei campi paramilitari afghani come maglie nodali nella rete mondiale dell'islamismo, nonché per attivazioni solidaristiche in favore della causa cecena.
Quanto sopra delinea peculiari profili di rischio, specie in relazione alla crescente attrazione nell'orbita internazionalista della componente nordafricana, distintasi per accentuata mobilità e dinamismo.
L'uso consolidato del nostro Paese quale retroterra logistico dei gruppi integralisti di quella provenienza ha infatti generato l'impianto di articolazioni suscettibili di essere utilizzate quali nuclei di supporto per l'attuazione di eventuali proiezioni offensive. Si inscrivono in tale quadro le acquisizioni circa progettualità terroristiche contro obiettivi USA e NATO in territorio italiano riferibili all'agglomerato universalista.
Multinazionalità, antioccidentalismo e trasversalità delle tematiche di maggiore significato simbolico - prima fra tutte la difesa dei "luoghi santi" dell'islam - costituiscono altrettanti fattori in grado di produrre una moltiplicazione degli obiettivi a rischio e di generare saldature tra gruppi di diverso profilo.
Lo scenario tracciato potrebbe dar luogo ad una sorta di coalescenza operativa in esito a scelte tattiche maturate nell'ambito di contesti o disegni per i quali sia pagante ampliare il raggio d'azione della militanza islamista. Valutazione, questa, che rimanda altresì ai segnali raccolti con riferimento all'oltranzismo palestinese ed a quegli attori più direttamente coinvolti nelle dinamiche dello scacchiere mediorientale che, specie laddove la conflittualità dovesse tornare ad assumere un andamento "strisciante", potrebbero riproporre progettualità violente al di fuori dell'area, anche grazie al sostegno assicurato da taluni circoli ultraconservatori presenti nella regione ed alla collaborazione rodata nella nuova intifada.
Sono del pari oggetto di monitoraggio gli eventuali collegamenti con ambienti radicali di estremisti italiani e le attività illecite svolte nel nostro territorio a fini di autofinanziamento da elementi riconducibili agli epicentri delle crisi.
L'impegno informativo non manca di rivolgersi a quelle realtà coinvolte in patria in conflitti di matrice separatista di cui esportano talune dinamiche, specie per quanto attiene la raccolta di fondi e le contrapposizioni interne. In questo senso restano all'attenzione sia ambienti tamil sia quelle frange del movimento curdo che non hanno mai smesso di sostenere la prospettiva dello scontro militare.
I cennati vettori di minaccia connessi ai gruppi indipendentisti impongono altresì di richiamare l'attivismo di analoghe organizzazioni operanti nel Continente europeo, e soprattutto sulla scena spagnola, anch'esse oggetto di costante attenzione in relazione a pregressi contatti con militanti italiani. Ciò, specialmente per l'ipotesi che i richiami alla costituzione di un fronte internazionale antimperialista trovino momento di concreta traduzione ad opera di formazioni satellite ed in occasione di eventi di risonanza internazionale previsti nel nostro Paese.


Il fenomeno migratorio clandestino è tuttora alla peculiare attenzione informativa, specie in relazione alle sue ripercussioni sulle dinamiche criminali nazionali e transnazionali.
I sodalizi delinquenziali stranieri - specie anatolici e balcanici - che ne gestiscono le rotte evidenziano elevati livelli di specializzazione, nonché crescenti interconnessioni operative con altre consorterie, cui si affiancano, per quanto riguarda il territorio italiano, articolate forme di collaborazione con organizzazioni endogene.
Si tratta di un business che costituisce fattore propulsivo per lo svolgimento di ulteriori attività illegali, specie il narcotraffico. L'espansione di tale settore - che movimenta un bene cui l'economia criminale assegna un valore nettamente superiore a quello delle vite umane - ha contribuito in maniera determinante al raggiungimento di una dimensione organizzativa di tipo "imprenditoriale".
Speculare e connessa - in ragione dei rapporti che legano ormai stabilmente clan di varia nazionalità, consentendo remunerative joint ventures - è la circostanza che le direttrici clandestine risultino sempre più capillari, quanto a percorsi, e parcellizzate, quanto alla gestione delle singole tratte.
Sono di rilievo i segnali circa la progressiva trasformazione di taluni Paesi in sponde "di secondo livello", ove le organizzazioni criminali eludono l'azione di contrasto con la predisposizione di schemi più articolati. E' il caso di quanto recentemente emerso sulla presenza in Albania di aziende intestate ad elementi provenienti dagli epicentri dell'immigrazione, coinvolte nel rilascio di false attestazioni di lavoro a propri connazionali, in un processo che scompone gli arrivi clandestini in rivoli ulteriori.
Il perdurare di situazioni di crisi e di diffusa illegalità nei Balcani continua a rendere l'area, nonostante gli sforzi compiuti dalle autorità locali e dalla comunità internazionale, principale luogo di genesi e bacino di raccolta dei migranti diretti verso l'Europa occidentale, con fulcri significativi non solo in territorio albanese, ma anche nelle zone adiacenti, attraversate da flussi extraregionali verso le nostre frontiere marittime e terrestri nordorientali.
In tale contesto, l'attività informativa è stata orientata all'individuazione delle direttrici che interessano il nostro Paese, delle modalità di gestione e dei connessi reticoli delinquenziali, traducendosi in molteplici segnalazioni concernenti partenze di natanti da vari porti di interesse.
Il monitoraggio delle dinamiche organizzative delinea un quadro complessivo in cui soggetti criminali di diverso spessore interagiscono in base ad una "regia" delinquenziale che raccorda specializzazioni e competenze, regolando in taluni casi la tempistica dei trasporti clandestini e ridisegnando rotte e percorsi, come attesta quanto registrato in ordine a partenze, oltreché dalle coste turche, da quelle libanesi, siriane e maltesi, ed all'interessamento del territorio ellenico quale scalo intermedio.
All'estendersi del fenomeno su più quadranti e con riguardo a soggetti provenienti anche da aree remote, corrisponde il progressivo insediarsi entro i nostri confini di articolazioni dei circuiti criminali transnazionali, specie per lo smistamento dei migranti verso le mete di destinazione finale.
Se la valenza criminale e criminogena dell'immigrazione clandestina costituisce ambito prioritario dell'azione dell'intelligence, questa non manca, peraltro, di rivolgersi ai profili di rischio connessi all'eventuale uso dei canali illegali da parte di militanti di formazioni terroristiche ed alle ripercussioni sul piano della stabilità sociale. Sotto quest'ultimo profilo, l'aumento di episodi delittuosi, soprattutto di microcriminalità, ascrivibili a clandestini resta potenziale innesco di manifestazioni di xenofobia e intolleranza, suscettibili di strumentalizzazione da parte di ambienti estremisti permeati da ideologie razziste.


La ricerca è stata finalizzata al controllo ed al contrasto di iniziative di specifico interesse intraprese da personale estero, accreditato in vari Paesi nei confronti dell'omologo italiano e di strutture diplomatiche nazionali.
Parallelamente, sono state poste in essere azioni informative su talune attività promosse da stranieri a vario titolo presenti in Italia e da connazionali sospettati di contatti con agenti di Servizi di altri Paesi.
Nello specifico, sono stati rilevati indicatori di incremento dell'attività di taluni Servizi nei confronti sia di personale italiano accreditato all'estero sia di cittadini in possesso di particolari specializzazioni. Il principale obiettivo resta l'acquisizione di notizie riguardanti le Istituzioni, anche dell'Unione Europea, il know-how scientifico, tecnologico ed energetico, le normative ed i meccanismi che regolano il commercio nazionale ed internazionale, il processo di allargamento dell'UE e della NATO nonché l'efficienza dell'apparato militare nazionale e dell'Alleanza.
E' proseguito inoltre il monitoraggio verso Servizi nordafricani e mediorientali, al fine di verificare eventuali attività intese a costituire reti informative in territorio nazionale o ad acquisire conoscenze nei settori economico e finanziario.
E' stato riscontrato l'interesse di Servizi orientali a tenere sotto controllo ogni forma di dissidenza anche fuori dai confini nazionali.


L'intelligence ha profuso specifico impegno per individuare traffici illegali e cessioni segrete di armi tra governi stranieri, soprattutto verso i Paesi sottoposti ad embargo. Gli esiti della ricerca hanno evidenziato il permanere di flussi di materiale militare, di diversa origine, verso zone di conflitto nel continente africano.
Analoga attenzione è stata rivolta a quei Paesi "a rischio" che conducono programmi finalizzati al raggiungimento di autonomi processi produttivi nei campi dell'armamento convenzionale e missilistico. In tale ambito, l'azione informativa è stata diretta ad individuare i siti sensibili e ad identificare e contrastare le organizzazioni preposte ai progetti ed al reperimento delle tecnologie e dei materiali necessari allo sviluppo del comparto (cd. "procurement"), così come i personaggi e le aziende nazionali ed estere coinvolti.
Nel settore missilistico, a fronte degli attenti controlli occidentali sui trasferimenti, alcuni Stati stanno perseguendo forme sempre più strette di cooperazione, incentrata su finanziamenti, sperimentazioni, scambi di dati e di consulenze, anche per la realizzazione di nuovi programmi. Nazioni prima dipendenti dall'estero hanno raggiunto l'autonomia nella produzione di vettori a corta gittata e potrebbero, pertanto, porsi sul mercato come nuovi fornitori. Altre sono in grado, oramai, di assemblare componenti di sistemi o hanno acquisito le capacità di produrre propellenti. Sta emergendo, inoltre, la tendenza dei Paesi proliferanti a ricercare tecnologie avanzate per missili balistici multistadio a più lunga gittata.
Per quel che concerne i traffici di materiale strategico, si è provveduto a diramare agli enti interessati il rapporto annuale che compendia lo stato dell'indagine e le valutazioni sul fenomeno, relativamente all'anno 1999. Non sono stati registrati episodi significativi, ma si ritiene che l'attenzione debba rimanere elevata a causa dei rischi derivanti dal possibile interessamento di Stati proliferanti o gruppi terroristici.
Nel campo nucleare, sono all'attenzione taluni segnali di collaborazione tra Nazioni asiatiche e la sospetta costruzione, in un Paese mediorientale, di un impianto ricollegabile ad un programma militare.
Con riferimento ai progetti di sviluppo di armi chimiche e biologiche, gli approfondimenti informativi hanno confermato i rapporti di collaborazione tra enti ed istituti scientifici di un Paese mediorientale con parallele strutture est-europee ed il rinnovato attivismo di una Nazione africana nel settore chimico.
In tale contesto ed a fronte delle nuove sfide emergenti nel comparto missilistico, proseguono le iniziative degli organismi internazionali di non proliferazione per accrescere l'efficienza dei regimi multilaterali e per incentivare il dialogo con gli Stati non membri, al fine di incoraggiarli ad assumere una politica responsabile e idonee misure di controllo in materia di esportazione. Parimenti, l'auspicata adozione di un codice di condotta internazionale, che preveda il preavviso di lanci spaziali e missilistici, può costituire un importante passo verso la trasparenza delle attività condotte nel settore.



(*) Trasmessa alla Presidenza della Camera il 18.4.2001, ai sensi dell'articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

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