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Per Aspera Ad Veritatem n.19
Qadesh: il trionfo nella catastrofe

Kenneth A. KITCHEN



Un viaggio velocissimo
Nella calda alba primaverile di un giorno della fine di aprile 1274 a.C. tutta Pi-Ramses, nel Delta orientale, ferveva di energia. Battaglioni di fanteria erano disposti in ordine, squadroni di carri correvano freneticamente nella polvere, mentre i loro capitani mettevano alla prova il valore dei destrieri che si impennavano. Un continuo flusso di archi, frecce, lance, spade, si riversava dagli arsenali e dai magazzini, sotto il controllo di scribi affaccendati e continuamente apostrofati da comandanti di compagnie gesticolanti intenti a procurarsi l'equipaggiamento destinato ai rispettivi reparti. Lontano dagli accampamenti militari, nel palazzo reale che continuamente aumentava di ampiezza, il re metteva a punto con i suoi generali i piani di battaglia. Egli in persona avrebbe condotto il grosso dell'esercito attraverso Canaan e la Siria meridionale fino a Qadesh; truppe di rinforzo avrebbero invece risalito direttamente la costa fenicia per poi piegare ad est verso l'entroterra e congiungersi con Ramses il giorno del suo arrivo a Qadesh, passando per la valle dell'Eleutheros. Infine (1) :

Quando Sua Maestà ebbe approntato le truppe, i carri ed i Sherden che aveva vittoriosamente catturato, (tutti) equipaggiati con le loro armi, e comunicato loro i suoi piani di battaglia, allora Sua Maestà partì verso nord con le sue forze. Egli iniziò la sua marcia bene, nell'anno V, 2° mese dell'estate, 9° giorno. Sua Maestà passò il posto di frontiera di Sile, potente come Montu quando appare; tutti i paesi stranieri tremarono di fronte a lui, i loro capi recarono tributi e tutti i ribelli vennero a rendere omaggio, poiché temevano la potenza di Sua Maestà.

Ritto sul suo splendente carro da guerra, alla testa dell'esercito articolato in quattro principali divisioni, chiamate con i nomi degli dei Amon, Ptah, Ra e Seth, Ramses era accompagnato da uno dei vizir, da alcuni dei suoi giovani figli e da altri membri della famiglia reale, dal suo personale di casa e dalla guardia del corpo.
(...)
Dal suo accampamento il giovane sovrano si affrettò a raggiungere Qadesh il più presto possibile. Con i seguaci più fidi e la guardia del corpo si diresse a nord, seguito dalla I divisione di Amon. Dietro di loro si mossero le altre tre divisioni, per chilometri e chilometri lungo il cammino. Mentre attraversava il bosco di Labui per raggiungere il guado sull'Oronte, presso Shabtuna, due uomini della tribù Shosu, abitatori delle regioni semidesertiche, si presentarono al corteggio reale, proclamando di offrire all'Egitto l'alleanza dei loro fratelli capi della tribù, che rifiutavano il giogo hittita. Immediatamente Ramses li interrogò: dov'erano questi capi? La risposta fu immediata: "Sono dov'è il re di Hatti, poiché il nemico hittita è nella terra di Aleppo a nord di Tunip; ha troppa paura del faraone per spingersi a sud, da quando ha sentito che il faraone sta venendo verso nord!".

Arrivo a Qadesh senza problemi
Simili splendide notizie - il Gran Re hittita imboscato nella Siria del nord a 200 chilometri di distanza e restio ad attaccare battaglia - sembravano troppo belle per essere vere. E, infatti, così fu. Esultanti per le informazioni favorevoli, Ramses e il suo servizio di spionaggio trascurarono di controllare ulteriormente questi testimoni troppo spontanei e si affrettarono invece lietamente a passare il guado ed a percorrere la pianura verso Qadesh, seguiti a poca distanza dalla divisione di Amon. L'anno precedente aveva visto una facile vittoria, il momento attuale sembrava comportare rapidi successi senza seri problemi: il re egiziano ed i comandanti delle truppe si lasciavano andare ad un allegro compiacimento che sfiorava la totale noncuranza, mentre correvano verso nord attraverso la pianura per insediarsi in un comodo accampamento a nord-ovest di Qadesh. La città sorgeva al sommo di un rialzo formato dai resti degli insediamenti più antichi, su di una lingua di terra tra l'Oronte, che scorreva verso nord lungo il suo lato est, ed un fiumicello proveniente da ovest che si gettava nell'Oronte a sud di Qadesh: scavando un canale che congiungeva i due corsi d'acqua i suoi abitanti ne avevano fatto una sorta di isola, che poteva essere meglio difesa in caso di attacchi.

Illusioni infrante
Dopo aver passato il fiumicello occidentale nel primo pomeriggio, Ramses con la sua scorta e l'armata di Amon cominciarono ad approntare l'accampamento di fronte alla città che, come essi ingenuamente immaginavano, avrebbero iniziato ad assediare il giorno seguente. Ma, appena il faraone si era seduto sul trono d'oro per aspettare il resto delle sue forze, scoppiò un fulmine a ciel sereno. Il servizio d'informazione aveva inviato degli uomini in esplorazione: una delle pattuglie si imbattè in due spie hittite, le catturò, le obbligò a parlare con le percosse e le trascinò in gran fretta davanti allo stupefatto Ramses:

Disse Sua Maestà: "Chi siete?". Essi risposero: "Apparteniamo al re di Hatti! Ci ha inviato per vedere dov'era la Tua Maestà". Disse a loro Sua Maestà: "Dov'è lui, il re di Hatti? Vedete, ho sentito dire che è nella terra di Aleppo a nord di Tunip". Essi risposero: "Ecco, il re di Hatti è (già) arrivato, con tutti i numerosi paesi stranieri che gli sono alleati [...]. Vedi, sono bene armati e pronti a combattere davanti a Qadesh Vecchia!".

Folgorato dalla sconvolgente rivelazione che il suo nemico era a poco più di 2 chilometri di distanza invece che a 200, e furioso per l'incapacità del suo servizio di spionaggio, Ramses convocò gli ufficiali superiori, comunicò a loro per primi le terribili notizie e li rimproverò aspramente: "Guardate in che stato sono i miei governatori provinciali e i miei ufficiali superiori, che andavano dicendo ogni giorno: "Oh, il re hittita è ad Aleppo, lontano, a nord di Tunip!" [...] Ma io ora, in questo momento, ho saputo da queste due spie hittite che il re hittita è (già) arrivato con i suoi alleati, con truppe innumerevoli. E anche adesso, che (i nemici) sono ben nascosti dietro a Qadesh Vecchia, i miei generali e i funzionari che si occupano dei miei territori qui non sono capaci di dirmi che sono arrivati!".
Quindi Ramses predispose energiche contromisure per l'improvviso attacco. La divisione di Ra stava già attraversando la pianura diretta all'accampamento, ma le altre divisioni dovevano ancora passare l'Oronte. Il vizir, seguito da un coppiere e da un esploratore, venne immediatamente spedito a sollecitare almeno la divisione di Ptah, che era ancora nel bosco di Labui, con questo messaggio: "Affrettatevi! Il faraone vostro Signore è solo in battaglia!". La famiglia reale si allontanò rapidamente dal luogo del pericolo, dirigendosi ad ovest, condotta dal principe Prehiruonmef. Poi scoppiò la tempesta.
In effetti le spie catturate avevano purtroppo detto il vero. Dopo aver raccolto le sue imponenti forze, forse due volte più numerose dell'esercito egiziano, Muwatalli aveva tranquillamente marciato verso la Siria meridionale interna; poi aveva fatto nascondere l'esercito in una zona boscosa, sulla riva orientale dell'Oronte di fronte a Qadesh. I suoi esploratori avevano osservato le mosse egiziane da sud, gli Shosu erano stati inviati come esca per trarre in inganno il presuntuoso sovrano egizio e, nel frattempo, i pesanti carri da guerra, imponente forza d'urto condotta da diversi principi hittiti, si tenevano pronti per precipitarsi ad ovest attraversando i guadi dell'Oronte che si trovavano all'immediato sud di Qadesh.

Il disastro
L'attacco giunse mentre Ramses ed i suoi stavano ancora discutendo le tattiche di emergenza. All'improvviso, file e file di carri hittiti apparvero dal lato del fiume e caricarono dirigendosi ad occidente attraverso la piana di Qadesh; fecero irruzione nella colonna della divisione di Ra, completamente impreparata perché colta durante la marcia, la divisero in due e poi, con un rapido dietro front, la spezzarono in vari tronconi. La divisione di Ra, con i ranghi spezzati e tallonata dai carri hittiti, si precipitò a nord verso l'accampamento, ove ancora si trovava la divisione di Amon con il sovrano. Alla vista dei fuggitivi disperati e del nugolo polveroso dei carri nemici che li inseguiva, il panico invase i soldati della divisione di Amon. Le truppe hittite spazzarono il terreno intorno all'accampamento, infuriando dovunque volevano: tutto era fracasso e confusione. Un fiume di combattenti, cavalli e carri si rovesciò improvvisamente attraverso la palizzata di scudi che segnava il limite occidentale dell'accampamento. Tutto sembrava perduto: da un momento all'altro il faraone ed il suo seguito sarebbero stati schiacciati, i sogni di Ramses sarebbero periti con lui per sempre, e il Gran Re hittita Muwatalli avrebbe sgominato definitivamente il suo oppositore.
Ma Ramses non rimase spettatore passivo di un simile precipitare degli eventi. Quando ebbe inizio la mischia, si gettò sul suo equipaggio, chiamò a gran voce i suoi carristi e balzò sul carro. Invano esortò le truppe prese dal panico a restare accanto a lui, per combattere fino alla morte e prepararsi a singolari tenzoni con gli Hittiti.
(...)
II re, che era riuscito a radunare soltanto i suoi più vicini seguaci, attaccò gli assalitori con la forza della disperazione; la sua mente doveva essere attraversata da una marea di pensieri: la viltà delle sue truppe in preda al panico, e invocazioni ad Amon, di cui era sempre stato fervente servitore, perché gli salvasse la vita. Sei volte egli caricò selvaggiamente nella mischia, riuscendo a creare una notevole confusione tra le truppe nemiche che continuamente sopraggiungevano.
In questo momento cruciale, l'aiuto per gli Egiziani venne da una parte che, nel caos generale, era stata del tutto dimenticata. Le truppe di rinforzo arrivarono all'improvviso da Nearin, la costa di Amurru, in formazione impeccabile, e prontamente si gettarono all'attacco. Le formazioni di carri hittiti, strette tra le truppe di rinforzo sul fianco occidentale ed i furiosi contrattacchi di Ramses e dei suoi immediati seguaci su quello orientale, corsero a loro volta il grave rischio di venire circondate e frantumate. Saggiamente i loro abili comandanti si ritirarono a sud del tormentato accampamento egiziano, per raggrupparsi con la speranza di sgominare il contrattacco egiziano appena iniziato, prima che potesse ulteriormente svilupparsi. Ma non sarebbe stato così: il breve attimo di respiro era bastato a Ramses per riunire il suo eterogeneo seguito di truppe di rinforzo e di addetti alla sua persona e per ritornare all'offensiva con la velocità di un falco. Così essi caricarono e caricarono, riuscendo prima a fermare e poi a respingere verso sud e verso est i carri hittiti sconfitti, ricacciandoli sulla riva del flume, da dove erano venuti. Anche un nuovo reparto hittita inviato di rinforzo rimase coinvolto nella confusione generale.
Aldilà del fiume, con la sua potente fanteria in riposo, ma pronta per ogni evenienza, l'astuto Muwatalli ascoltava lo strepito della battaglia con un sorriso di compiacimento, persuaso che i suoi carri stessero facendo il proprio dovere. Improvvisamente, però, passò dalla soddisfazione all'amara meraviglia. I carri hittiti erano finalmente in vista, ma correvano a perdifiato sulla riva del fiume, tallonati dalle forze egiziane condotte dal faraone! Davanti al volto inorridito del re hittita gli Egiziani spinsero gli Hittiti alla rinfusa nell'Oronte; principi e plebei si dibattevano in acqua, nuotando freneticamente per raggiungere la riva orientale e porsi in salvo nelle proprie linee, tirandosi a forza l'un l'altro fuori dalla corrente e abbattendosi esausti nel fango. Il principe di Aleppo aveva inghiottito tanta di quell'acqua, che il suo seguito dovette appenderlo a testa in giù per le caviglie per fargliela rimettere!

Vittoria e rimproveri
Mentre gli ultimi sbandati Hittiti nuotavano verso la salvezza ed i carri egiziani si arrestavano sulla riva occidentale, Ramses restò in possesso del campo. Al termine dell'azione, comparve finalmente la I divisione di Ptah, condotta dal vizir, che si mise subito all'opera catturando prigionieri e bottino e verificando il numero dei morti nemici.
(...)
Al tramonto giunse finalmente anche la divisione di Seth, e gli Egiziani poterono accamparsi per la notte. Aldilà del fiume anche gli Hittiti erano probabilmente abbastanza sconvolti e si stavano domandando qual era stato il loro sbaglio. In effetti, gli Egiziani avevano due divisioni, Amon e Ra, malconce; altre due, però, Ptah e Seth, più le truppe di rinforzo, erano intatte. Gli Hittiti avevano intatte due potenti divisioni di fanteria, ma avevano subito pesanti perdite nei carri. Ancor più sgradevole per Muwatalli ed il suo consiglio di guerra era la perdita di parecchi comandanti, anche se forse il principe di Aleppo era sopravvissuto alla sua indigestione d'acqua dell'Oronte. Le perdite includevano due fratelli dello stesso sovrano, due suoi scudieri, il suo segretario, il capo della sua guardia del corpo, quattro comandanti delle formazioni di carri, sei comandanti di alto rango dell'esercito, oltre ai feriti comuni. Le principali ragioni per cui gli Hittiti non erano riusciti a sgominare Ramses erano state lo straordinario coraggio del giovane faraone, l'arrivo delle truppe di rinforzo, elemento forse da essi trascurato, e la cattura dei loro esploratori.

Fine della battaglia
(...)
A questo punto, seguendo la politica della propria dinastia, Muwatalli cercò di por fine all'impasse con mezzi diplomatici. Circa 15 anni prima egli aveva concluso con Sethos I una pace con la quale le due parti avevano concordato di accettare lo status quo, che comprendeva l'abbandono di Amurru e Qadesh agli Hittiti. Non vedendo alcun interesse nel continuare la lotta, Muwatalli mandò un messaggero all'accampamento egiziano con una lettera che recava proposte di pace: egli si aspettava infatti che Ramses considerasse soddisfatto il proprio onore, fors'anche un tantino ridimensionato, e fosse quindi pronto a por fine alle ostilità. Non si conoscono i particolari della missiva: senza dubbio, però, Muwatalli doveva congratularsi con il faraone per il suo valore e suggerire un accordo per mantenere lo status quo.
Ramses convocò i suoi generali e li informò delle proposte hittite, per saggiare la loro reazione:

Allora dissero tutti d'accordo: "La pace è il miglior bene, sovrano nostro signore! Non vi è colpa, nella riconciliazione, quando tu la effettui; infatti chi può affrontarti nel giorno della tua collera?".

Così era evidente che le sue forze non si sentivano in vena di affrontare immediatamente uno scontro con gli Hittiti o un attacco alla stessa Qadesh. D'altro canto, l'ambizioso faraone non intendeva concludere tanto in fretta una pace basata sugli stessi punti dolorosi, ossia niente Qadesh e niente Amurru per l'Egitto, che lo avevano ferito fin da giovanissimo, quando suo padre li aveva accettati. Quindi, con notevole mancanza di preveggenza, Ramses decise di risolvere temporaneamente il problema rinviandolo al futuro: rifiutò sdegnosamente un trattato che compromettesse le sue rivendicazioni su Qadesh e Amurru, ma concordò nel desistere presentemente da qualsiasi conflitto. Perciò raccolse l'esercito, fece i bagagli e iniziò la lunga via del ritorno, riservandosi di rispolverare i suoi fantomatici diritti sulla Siria quando lo avesse ritenuto più opportuno. Muwatalli in tal modo aveva ottenuto una tregua per sistemare i propri problemi, ma non era riuscito né a scacciare per sempre il suo attivo nemico, né a costringerlo ad un reale trattato di pace.



(*) Tratto da "Il Faraone trionfante. Ramses II e il suo tempo" di Kenneth A. Kitchen, Edizioni Laterza, Bari, 1994.
(1) Come narrerà il faraone nei suoi annali (n.d.r.).

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