La lievitazione di sigle eversive ed il compimento di attentati calibrati su una mirata attenzione ai mass media costituiscono, sul piano della minaccia interna, i dati emergenti più significativi.
La rilevanza del primo fenomeno risiede nel riaffiorante richiamo dell'opzione violenta: da essa sarebbero attratte marginali frange oltranziste, mosse da spirito di emulazione ovvero dalla volontà di proporsi come bacino di reclutamento delle brigate rosse.
Accanto a ciò, seppure di segno ideologico diverso, si registrano azioni il cui intento destabilizzante fa perno, nella progettazione degli autori, sull'impatto mediatico e sulla correlazione con eventi in grado di assicurare la più ampia visibilità.
Aspetto quest'ultimo che, evidenziando pure nei settori radicali più compartimentati un interesse a creare consenso, fa paventare la possibilità di inserimenti in tematiche strumentalmente condivise da gran parte dell'antagonismo, quali la lotta alla globalizzazione e la difesa dell'ambiente e della salute, al fine di pilotarne le spinte conflittuali verso modalità violente.
Alcune questioni possono favorire l'aggregazione di più ampi fronti e convergenze tattiche, ad esempio con taluni movimenti separatisti, sulla base di denominatori comuni generici, come l'"antioccidentalismo" - parola d'ordine su cui potrebbero concretamente collegarsi realtà terroristiche di diversa matrice - che, oltre a stare alla base di recenti attentati compiuti all'estero, caratterizza segmenti oltranzisti dell'indipendentismo ed accompagna le elaborazioni del radicalismo islamista.
Non va, inoltre, sottaciuta la tendenza di svariati gruppi a perdere l'originaria connotazione ed a stringere alleanze di tipo prettamente delinquenziale. Processi questi che ne aumentano i profili di pericolosità e, parallelamente, rinvigoriscono l'impatto della criminalità organizzata straniera che, ben radicata nelle zone di origine, accresce le sue espressioni transnazionali e la valenza destabilizzante anche mediante accordi con quella autoctona.
Sul piano della minaccia estera continuano ad avere primaria rilevanza la regione balcanica e tutte quelle aree di crisi da cui possano promanare rischi per la sicurezza nazionale, sia in ragione di valutazioni geostrategiche, sia per la presenza sul nostro territorio di nuclei collegati a sodalizi impegnati in patria in conflitti terroristici od in veri e propri confronti militari.
Per altro verso, rimane costante il pericolo di attività spionistiche volte ad insidiare il patrimonio scientifico ed industriale nazionale ovvero a neutralizzare centri di dissidenza in Italia.
Lotta alla proliferazione di armi di distruzione di massa, minacce emergenti e sfide provenienti dallo sviluppo delle nuove tecnologie completano, infine, l'arco della sempre più variegata attivazione dell'intelligence.
a. brigatismo e sinistra extraparlamentare
Ad oltre un anno di distanza dall'omicidio D'Antona, l'organizzazione brigatista prosegue nel "silenzio" operativo che non può tuttavia, in alcun modo, far ritenere diminuito il livello della minaccia, lasciando piuttosto intuire una precisa scelta tattica. Come già avvenuto in passato, la posizione di attesa delle "BR-PCC" potrebbe essere funzionale alla valutazione degli effetti provocati, all'elaborazione di progettualità coerenti con lo sviluppo degli avvenimenti nazionali ed internazionali ed all'individuazione del momento più opportuno per tornare ad agire.
In questo senso, il nucleo che ha operato a Roma potrebbe essere stato indotto ad una maggiore cautela ed al rispetto ancora più rigoroso della compartimentazione e della clandestinità, attraverso l'adozione di moduli logistici improntati alla massima mobilità e flessibilità, la rinuncia a basi stabili ed il verosimile trasferimento, anche all'estero, dei militanti più compromessi.
Al momentaneo vuoto terroristico cruento è corrisposta una ripresa di gesti di intimidazione, di diverso spessore, contro obiettivi connessi con il mondo del lavoro - per lo più rivendicati con sigle riproponenti la matrice brigatista - che hanno contribuito ad alimentare il focolaio eversivo.
Tali manifestazioni, cui si sono aggiunte anche iniziative emulative minori, delineano un progetto di continuità con la strategia rivoluzionaria e con le modalità propagandistiche delle "BR-PCC".
Gli episodi violenti avvenuti soprattutto nella Capitale, contro gli uffici della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici, ed a Milano, contro la sede provinciale della CISL, apparsi da subito in perfetta sintonia con la liturgia brigatista, hanno in effetti costituito un ulteriore, forte segnale minatorio nei confronti degli indirizzi governativi in materia occupazionale; ciò, segnatamente, con riguardo agli obiettivi ancora una volta individuati in quelle forze impegnate nel confronto costruttivo tra le parti sociali.
Il quadro d'insieme, del resto, pone in luce come continui a crescere l'attenzione per le problematiche del lavoro e della riforma del Welfare: la crisi occupazionale, il lavoro interinale, la flessibilità, la mobilità, la revisione della normativa sullo sciopero e, soprattutto, i programmi di ristrutturazione di comparti di valore strategico, come quello dei trasporti, rappresentano, al momento, i temi fondamentali della strategia dei gruppi eversivi ed il conseguente "bersaglio" operativo.
La diffusa propaganda, che ha fatto da principale corollario, è stata coerentemente finalizzata a mantenere vivo "l'effetto terrore" scaturito dall'agguato di via Salaria e ad ottenere immediata visibilità attraverso un'accorta strategia comunicativa, tesa alla massima risonanza mediatica.
Le affinità concettuali ed espressive riscontrabili tra il documento D'Antona e le rivendicazioni degli attentati di Roma e Milano lasciano ipotizzare l'esistenza di margini di contiguità riconducibili ad un comune disegno.
Più in generale, un forte attivismo continua a caratterizzare taluni sodalizi estremisti, impegnati a diffondere metodologie organizzative ed operative di profilo dichiaratamente eversivo e tese a strumentalizzare il disagio sociale: in sostanza, la formazione di una struttura con caratteristiche pseudoclandestine appare essere divenuta, anche se con sfumature diverse, una sorta di "parola d'ordine" per molte realtà oltranziste.
Si delineano quindi prospettive di una progressiva articolazione della minaccia terroristica, con il rischio di diversificate progettualità eversive da parte di nuclei estremisti - verosimilmente circoscritti ed emanazione degli ambienti antagonisti più radicali - intenzionati a proporsi come bacino di reclutamento per le "BR-PCC", in risposta all'appello contenuto nello stesso volantino D'Antona.
Altra contingenza che viene evidentemente ritenuta, da quegli ambienti eversivi, terreno di coltura favorevole per alimentare suggestioni rivoluzionarie, è data dall'attuale fase in cui talune forti tendenze, come la globalizzazione economica, stanno producendo nell'area in parola un'intensa mobilitazione contro tutto ciò che viene visto come simbolo della mondializzazione e del "dominio" dei mercati.
Per quanto concerne la più volte dichiarata aspirazione a costituire un‘articolazione eversiva transnazionale denominata "Fronte Combattente Antimperialista", nonostante la ripresa vitalità di gruppi iberici ed ellenici, non sussistono al momento indicazioni circa l'elaborazione di progettualità comuni, in ragione anche di orientamenti ideologici in parte differenti e di peculiarità proprie dei rispettivi contesti.
L'individuazione da parte delle varie formazioni - specie dopo l'intervento militare in Kosovo - dell'Occidente e della NATO come obiettivi condivisi, potrebbe tuttavia costituire una base di confronto per eventuali, future sintonie.
Per intanto, nel nostro Paese, le frange di prevalente orientamento internazionalista, tornate in evidenza a livello propagandistico nel Nord Est, potrebbero sviluppare proiezioni offensive in direzione di espressioni rappresentative dell'Alleanza Atlantica e dell'Unione Europea.
Resta considerevole il grado di minaccia proveniente dagli anarcoinsurrezionalisti, la cui mobilitazione sulla tematica della cd. "repressione" pone al centro delle iniziative il sistema carcerario e, più in generale, quello giudiziario, visti entrambi come bersagli privilegiati dell'"azione diretta". In tale contesto, il fallito attentato alla Chiesa di S. Ambrogio a Milano appare del tutto coerente con l'impianto strategico dell'area in quanto conseguenza del proposito di inserirsi, da un lato, nelle lotte di analoghe frange straniere contro i regimi di detenzione speciale, dall'altro nel delicato clima creatosi negli istituti di pena italiani. Proprio la tematica di un'asserita "repressione" rappresenta un fattore aggregativo e coagulante per le varie forze antagoniste, capace di alimentare forme di collaborazione con omologhi gruppi esteri, suscettibili di tradursi in nuovi gesti dimostrativi in occasione di processi sia in Italia che all'estero contro propri militanti.
La scelta di un luogo di culto per l'azione di Milano costituisce, altresì, una conferma del forte valore aggiunto riconosciuto da quegli ambienti all'evento giubilare in termini amplificativi della loro attività e fornisce un criterio previsionale circa tentativi di ulteriori iniziative provocatorie in danno della Chiesa.
Per quanto concerne, infine, l'intera area antagonista, a partire dalla contestazione di Seattle, crescente rilievo è andata assumendo la protesta contro il cd. "neoliberismo" ed il processo di globalizzazione economica, vera e propria spinta propulsiva entro la quale ha poi trovato spunti la mobilitazione anche su altre problematiche, sia strettamente collegate che di altra natura, come l'antimilitarismo, l'ambiente e lo sviluppo delle biotecnologie.
Sulla scia di quanto verificatosi in occasione di manifestazioni di rilievo internazionale, sia in Italia che all'estero, sussistono per l'avvenire concreti rischi di sempre più eclatanti inserimenti strumentali di settori oltranzisti, con l'obiettivo di convogliare anche legittime dimostrazioni di dissenso in una dimensione conflittuale, volta ad imprimere una decisa sterzata verso una stagione di diffusa ed aperta contrapposizione con le Istituzioni.
b. destra extraparlamentare
Sul fronte della destra extraparlamentare, gli ambienti più radicali hanno evidenziato una crescente capacità di mobilitazione ed un rilevante sforzo organizzativo anche in ragione di notevoli mezzi finanziari, con l'obiettivo di superare la tradizionale frammentazione dell'area e pervenire ad un'unità di intenti sul piano strategico ed operativo, nonché di acquisire più ampi consensi e visibilità facendo leva specie su tesi di marcata impronta razzista.
D'altronde, alla serie di intimidazioni avvenute lo scorso anno nella Capitale, di chiaro stampo antisemita e xenofobo, hanno fatto seguito nel Centro Nord ulteriori azioni, seppur di basso profilo, ma dai contenuti fortemente provocatori.
Nel processo di riaggregazione svolge un ruolo chiave l'azione propagandistica, permeata, in un'ottica antisistema, da orientamenti radicali tradizionalisti su tematiche antioccidentali e questioni sociali di forte attualità.
Gli ambienti "skinhead", dal canto loro, hanno fatto registrare un rinnovato dinamismo, confermandosi come realtà in grado di esprimere un'elevata carica di violenza, seppure limitata ad episodi occasionali ed "individualistici". Un serbatoio, quest'ultimo, suscettibile di accrescere i rischi di atti di teppismo e di intolleranza, in contesti di emarginazione giovanile e di tifoserie ultrà, ritenuti maggiormente sensibili e ricettivi al messaggio estremista.
L'area continua a manifestare propensione al rafforzamento di relazioni con omologhe formazioni europee, presso le quali tenta di accreditarsi come forza ispiratrice di progettualità politiche unitarie. Si conferma, inoltre, il fenomeno di estremisti convertiti alla religione islamica in contatto, pure all'estero, con circoli fondamentalisti, nel nome della comune contrapposizione agli USA e ad Israele.
L'apparente, non elevato profilo del complesso delle iniziative non deve indurre a sottovalutare le caratteristiche del settore che, sovente in osmosi con ambienti della criminalità comune, resta connotato da notevole insidiosità. In questo senso, la circolazione di opuscoli contenenti indicazioni circa l'adozione di tecniche eversive potrebbe sottendere il proposito, da parte dei segmenti più fanatici, di gesti dimostrativi anche cruenti.
c. altre aree di attenzione
In un quadro che continua a far registrare in talune aree del Paese, seppure con intensità e modalità diverse, fermenti propagandistici finalizzati all'affermazione di istanze separatiste, resta alla particolare attenzione il rischio di un possibile passaggio verso dinamiche di valenza eversiva dei settori radicali.
a. gruppi endogeni
I sodalizi delinquenziali nazionali, nel costante sforzo di perpetuarsi, segnato da periodiche esplosioni di violenza, mantengono viva la particolare attenzione dell'intelligence, specie per la valenza destabilizzante espressa dalla strategia di infiltrazione nell'economia legale. In tale settore, modalità e direttrici operative sono costantemente aggiornate da quei gruppi allo scopo di circoscrivere gli effetti dell'azione di contrasto degli apparati di sicurezza.
In Campania, la recrudescenza di episodi cruenti, specie nel capoluogo, è strettamente correlata alla persistente ricerca di nuovi assetti per la gestione del potere criminale nei campi dell'usura, delle estorsioni e del traffico di stupefacenti, ritenuti idonei a compensare le perdite subite a seguito dell'intensificazione dell'attività repressiva del contrabbando di tabacchi lavorati esteri.
I contrasti fra le consorterie partenopee appaiono verosimilmente destinati a produrre mutamenti nei rapporti di forza. Anche nella provincia napoletana gli equilibri potrebbero registrare significative alterazioni, accompagnate da una accentuata conflittualità, in relazione alla lotta per l'illegale inserimento nella realizzazione di importanti opere infrastrutturali.
Mentre nel Casertano non appaiono ancora definite le dinamiche interne, nel Salernitano i gruppi criminali risultano particolarmente attivi nel settore delle estorsioni - attraverso il ricorso ad attentati nei confronti di imprese - e nei tentativi di interferenza negli appalti pubblici, specie quelli legati alla ricostruzione postalluvionale.
Nell'Avellinese - territorio di importanza strategica per i traffici di droga, armi e t.l.e. in transito da Bari a Napoli - le famiglie locali potrebbero entrare in dissidio con quelle operanti nelle province limitrofe, interrompendo precedenti, collaudati rapporti di collaborazione finalizzati al reciproco supporto logistico.
Permane elevato il potenziale criminale dei sodalizi pugliesi, impegnati nel contrabbando di sigarette, pronti a ricorrere a metodologie sempre più sofisticate e violente in cooperazione con i clan camorristi, secondo criteri di diversificazione delle rotte e dei punti d'approdo.
Fra gli altri ambiti di interesse dei gruppi delinquenziali risulta crescente la gestione dei videopoker funzionale al riciclaggio di capitali, mentre l'incremento di rapine ai danni di istituti di credito ed uffici postali potrebbe essere indicativo dell'esigenza di differenziare le fonti di approvvigionamento finanziario.
Per quanto riguarda le dinamiche interne, nelle varie province vanno delineandosi, in prospettiva, consistenti modifiche nel panorama criminale, con una progressiva internazionalizzazione dei traffici illeciti.
In Calabria, le cosche sono sempre più inclini a perseguire strategie di infiltrazione nel tessuto economico locale, intervenendo massicciamente nel settore degli appalti ed intercettando in modo fraudolento i flussi finanziari destinati alla realizzazione dei grandi lavori pubblici. In tale contesto, sussiste il pericolo che le ‘ndrine, nelle aree di rispettiva influenza, tentino di inserirsi nei progetti di ammodernamento della rete viaria, affidando l'esecuzione delle opere sui vari tratti a società di fiducia.
Detti propositi sarebbero coerenti con la "veste imprenditoriale" di alcuni sodalizi che agiscono mediante pressioni ed iniziative intimidatorie nei confronti delle Istituzioni pubbliche e delle categorie produttive locali, con l'obiettivo di acquisire nuove fonti di lucro, oltre a quelle derivanti dai tradizionali canali di arricchimento rappresentati dalla droga e dalle armi.
È palese un innalzamento del livello di aggressività delle cosche nella Locride, suscettibile di sfociare in ulteriori azioni delittuose.
Nel Reggino, la ‘ndrangheta - che attualmente risulta particolarmente rafforzata - starebbe perseguendo una strategia di riassetto ricalcante moduli organizzativi di tipo verticistico simili a quelli di "cosa nostra".
Mentre si confermano i livelli di criminalità delle altre province, a Lamezia Terme le prospettive di sviluppo industriale e turistico rappresentano un forte polo d'attrazione per molte cosche ed a Vibo Valentia si rilevano tentativi di inquinamento dell'economia legale.
In Sicilia, le famiglie mafiose - indebolite dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia - sembrano impegnate a consolidare i rapporti di forza interni, allo scopo di definire organigrammi e gerarchie.
"Cosa nostra", con un livello di visibilità inferiore rispetto al passato, prosegue tuttavia con determinazione nel sistematico tentativo d'inserimento nel tessuto economico-produttivo locale, in particolare attraverso l'usura, le estorsioni e la penetrazione negli appalti pubblici.
Fra i tradizionali ambiti di intervento, il traffico di stupefacenti appare destinato a svilupparsi secondo nuove dinamiche: sia per il ruolo emergente che vanno assumendo i sodalizi albanesi ed europei dell'Est con i quali le famiglie, in particolare quelle palermitane, vanno intensificando i contatti, sia per l'aumentato ricorso a spacciatori extracomunitari, specie nordafricani.
Nel comprensorio di Enna le aspettative di crescita dell'economia risultano seriamente minacciate dalle ingerenze mafiose, come testimoniano gli esiti di indagini che, nel mese di marzo, hanno consentito di interrompere l'attività di due consorterie, impegnate nel tentativo di accaparrarsi le forniture ed i subappalti per la realizzazione di un polo industriale locale.
b. gruppi stranieri
Il monitoraggio dei clan stranieri in Italia ne evidenzia l'attitudine ad importare i moduli organizzativi adottati nei paesi di origine e la crescente caratterizzazione sovranazionale, riflesso della natura transfrontaliera dei traffici gestiti.
In questo senso, la mafia russa si evidenzia eminentemente per lo svolgimento di attività finalizzate al riciclaggio, mediante circuiti societari e bancari che trovano sponda anche nel nostro Paese, mentre può enuclearsi quale denominatore comune per le altre aggregazioni estere il coinvolgimento nell'immigrazione clandestina, nei delitti che la agevolano e negli illeciti connessi.
La gestione dei passaggi illegali in direzione delle coste italiane - pugliesi, del medio ed alto Adriatico e calabresi - ha costituito la base espansiva dei clan albanesi, divenuti una temibile realtà del panorama delinquenziale. I cd. fares hanno ormai stabilmente impiantato proprie articolazioni in territorio nazionale dove mantengono posizioni di largo predominio nello sfruttamento della prostituzione, con metodi che sovente fanno trascolorare tale fattispecie penale in quella di riduzione in schiavitù. Accanto ad indicazioni che evidenziano la presenza in talune regioni di bande dedite ai cd. "sequestri lampo", nonché i primi passi nel settore del riciclaggio con l'ausilio di cittadini italiani, di rilievo sono altresì i dati relativi al crescente inserimento nel narcotraffico: gli schipetari, dall'iniziale ruolo di corrieri, sono divenuti produttori e raffinatori di canapa indiana, intermediari di punta nel commercio di eroina di provenienza asiatica ed interlocutori dei cartelli colombiani per la cocaina da istradare verso il mercato europeo e russo.
Traffico di clandestini e droga rappresentano i settori preferenziali per la tessitura di rapporti con organizzazioni italiane ed estere. Tra queste, spicca la mafia anatolica il cui attivismo in campo migratorio è confermato dagli sbarchi succedutisi sulle coste calabresi anche grazie al supporto di elementi di spicco turchi localizzati nel nostro Paese.
La vitalità della criminalità albanese ed esteuropea rimanda ad un reticolo di connivenze e complicità nel quadrante balcanico, luogo di impianto di "sistemi economici illegali" la cui dorsale è costituita dal contrabbando. Questo risulta dipanarsi lungo direttrici che anticipano nei fatti quei "corridoi paneuropei" alla cui realizzazione tende la Cooperazione Internazionale. Le dinamiche locali fanno emergere una incrementata operatività dei sodalizi albano-macedoni ed albano-kosovari, che nella fragilità del Kosovo hanno trovato le condizioni idonee per creare un ulteriore epicentro dell'illecito. Significativo è anche quanto registrato con riferimento ai gruppi della Bosnia Erzegovina, ai contatti mantenuti in quell'area dalla delinquenza pugliese, dalla camorra e dalla mafia siciliana, nonché, specie in prospettiva, alla crescente mercenarizzazione delle formazioni paramilitari di quei conflitti.
I Balcani appaiono centrali pure in relazione ai traffici gestiti dalla criminalità cinese di cui viene segnalato l'insediamento in luoghi chiave delle rotte illecite verso l'Europa. L'ingresso clandestino di connazionali resta una delle principali attività della malavita asiatica entro i confini italiani, che vi ricorre essenzialmente per procurarsi manodopera da impiegare in piccole imprese attraverso cui gang non di rado associate alle Triadi vanno gradualmente infiltrando il tessuto economico-commerciale. L'operato criminale di quei gruppi resta fortemente connotato in senso intraetnico, con un accentuato coinvolgimento nel riciclaggio e nel racket, mentre meritano di essere evidenziati i segnali relativi ai contatti avviati con elementi italiani per la strutturazione di una rete di smercio di droghe sintetiche di produzione olandese.
Il favoreggiamento dell'immigrazione è una costante anche per i gruppi nigeriani, detentori di una significativa fetta del mercato del meretricio, i cui ambiti di elezione sono principalmente Campania e Piemonte.
L'azione dei Servizi non ha mancato di rivolgersi al contrabbando di t.l.e., attuato con triangolazioni che evidenziano il ruolo svolto da paesi esteri quali scali intermedi.
Non possono infine tacersi i segnali raccolti sull'utilizzo dei canali internazionali dell'illecito anche per delitti particolarmente odiosi, come l'ingresso di minori da destinare all'accattonaggio ed il commercio di organi umani, ovvero ad elevato allarme sociale, come il traffico di materiali ferrosi radioattivi e di scorie chimiche. L'apporto informativo attinente all'intero settore del crimine organizzato ha permesso, tra l'altro, l'arresto di 166 persone, delle quali 94 per associazione a delinquere di stampo mafioso e 44 per droga, la cattura di 5 latitanti, nonché sequestri di stupefacenti, armi, valuta nazionale ed estera, valori bollati contraffatti e reperti archeologici.
L'azione a tutela della sicurezza economica nazionale si è sviluppata in direzione delle ingerenze delinquenziali nel tessuto economico, delle aggressioni all'integrità del sistema finanziario, segnatamente nel campo del riciclaggio e delle altre frodi consumate attraverso la strumentalizzazione delle tecnologie digitali, dei tentativi di penetrazione estera in sensibili centri della ricerca tecnica e scientifica.
Quanto al primo profilo, si rileva la tendenza della criminalità organizzata ad insidiare settori protetti, come nel caso degli appalti di grandi opere infrastrutturali, in grado di assicurare, attraverso un più consolidato radicamento sul territorio, notevoli profitti e diversificate fonti di lucro.
Sono emersi tentativi di infiltrazione nei programmi di recupero industriale in alcune aree del Mezzogiorno, che potrebbero condizionare le locali prospettive di crescita, con il rischio di una neutralizzazione degli obiettivi di rilancio occupazionale.
Il tema del lavoro, che pure registra segnali di dinamismo nel settore del terziario avanzato, continua ad essere seguito dal punto di vista della sicurezza, per la possibile strumentalizzazione del disagio sociale, suscettibile di provocare tensioni in talune aree del Paese, specie nel meridione, ad opera tanto di settori oltranzisti, quanto della criminalità organizzata.
Permangono fermenti di insofferenza in comparti dell'agricoltura e dell'allevamento, strumentalizzati da frange radicali, per le lamentate penalizzazioni competitive indotte da provvedimenti assunti in sede comunitaria, ovvero su un piano più generale, a causa dei meccanismi di un mercato globalizzato.
Sul versante delle minacce al sistema finanziario, rilevano, quali aspetti emergenti, la crescente operatività dei paradisi finanziari e la strumentalizzazione per fini illeciti delle tecnologie telematiche. Detti fenomeni, si connotano - oltre che in termini di autonomi fattori di rischio - per le potenzialità derivanti dalla loro reciproca correlazione, sovente sfruttate dalla grande criminalità, in una cornice di spazi transnazionali, a supporto delle operazioni di riciclaggio e di insidiose fattispecie di truffa.
La preordinata frammentazione dei flussi finanziari presso centri con estesi regimi di anonimato potrà avvantaggiarsi delle più avanzate tecniche di cifratura digitale, come pure della particolare condizione virtuale di taluni operatori creditizi. Per altro verso, la rilevata, tendenziale scomparsa degli intermediari che, al momento, caratterizza lo sviluppo delle transazioni elettroniche, sottrarrà al dispositivo antiriciclaggio preziosi riferimenti, specie in sistemi che affidano agli investitori istituzionali un insostituibile ruolo nella scoperta delle operazioni sospette.
L'elemento fiduciario che accompagna la negoziazione virtuale e l'offerta dei correlati servizi potrebbe essere strumentalizzato per la diffusione di notizie disinformative, la predisposizione di campagne di pressione e persuasione, l'allestimento di commenti e rapporti idonei a condizionare scelte di portafoglio.
Ulteriore profilo di rischio viene ricondotto all'espansione del gioco clandestino in stretta correlazione con lo sviluppo delle tecnologie informatiche, tanto per le evidenti opportunità di remunerazione criminale, cui corrispondono decrementi di gettito dei circuiti legali, quanto per le accresciute opzioni di riciclaggio.
Altri canali d'inserimento delinquenziale potrebbero derivare dalla proliferazione dei siti dedicati alle "scommesse on-line" e dal numero crescente dei cosiddetti "casinò virtuali", dove il vantaggio di ottenere ingenti profitti a costo zero si associa ad una ridotta esposizione, per la natura "extraterritoriale" di Internet.
Detto fenomeno suscita attenzione anche per l'eventualità che quei paradisi finanziari, ospitanti le società di gestione dei giochi, possano divenire punti di concentrazione digitale per lo sviluppo di altri, remunerativi settori d'illecito, nei campi della vendita di sostanze stupefacenti e delle truffe, attuate attraverso l'indebito impiego di carte di credito e di altri strumenti di regolazione monetaria.
Quanto ai possibili rischi d'inquinamento criminale di matrice estera, è stata segnalata l'attività di gruppi societari esteuropei - operanti anche sul territorio nazionale - in rapporti d'affari con quella malavita che stanno attuando una strategia di espansione sul piano internazionale, verosimilmente a copertura di traffici illeciti e del riciclaggio dei proventi delinquenziali.
Prosegue l'attività informativa nel campo della ricerca scientifica e tecnologica, segnatamente in direzione di Centri ed Istituti con significative presenze straniere, fatte oggetto, fra l'altro, di sospette attenzioni. Del pari, si è protratto il monitoraggio d'attività imprenditoriali e circuiti creditizi sospettati di attendere a funzioni di sostegno del terrorismo internazionale.
a. sicurezza ambientale
La tutela dell'ambiente rappresenta ambito d'attivazione intelligence in ordine ad affioranti, diversificate aggressioni alla salute pubblica, all'economia, all'integrità paesaggistica, all'immagine internazionale del Paese.
La grande criminalità continua ad inserirsi nella gestione del ciclo dei rifiuti, attraverso fittizie transazioni tra società di smaltimento, miscelazioni di categorie diverse di sostanze pericolose con materiali inerti, emissione ed utilizzazione di falsi documenti di certificazione e trasporto.
Relativamente alle modalità di rilascio clandestino, se appare in progressiva desuetudine il ricorso alle grandi discariche abusive, si va consolidando la tendenza all'utilizzo di strutture industriali in disuso ed all'abbandono incontrollato in luoghi aperti.
In prospettiva, l'ecomafia mira ad infiltrare il segmento dei residui speciali e tossici che, a fronte di una concentrazione dei volumi, assicurano, con una minore esposizione nelle fasi di stoccaggio e trasferimento clandestini, sensibili, correlate redditività.
Approfondimenti informativi sul tema dell'accesso alle risorse idriche - al centro di una rinnovata attenzione della comunità internazionale per l'interazione con conflitti regionali e crisi alimentari - hanno evidenziato, relativamente al contesto interno, il rischio d'inquinamenti delinquenziali nella realizzazione di programmate opere infrastrutturali nel Mezzogiorno.
b. pirateria informatica
Le tecnologie digitali, al di là delle innovazioni economico-finanziarie, introducono cambiamenti sul piano delle relazioni, posto che alla libertà e facilità d'accesso e comunicazione si vanno accompagnando tecniche per graduare l'esposizione e la riconoscibilità degli interlocutori, con evidenti benefici quanto a tutela dell'anonimato.
In tale ambito si è evidenziata la potenziale vulnerabilità dei sistemi telematici, esposti ad inserimenti e manipolazioni abusivi, ascrivibili ad una moderna "devianza", virtuale ed incruenta, che sfrutta le debolezze della rete, profittando della difficile rintracciabilità dei soggetti aggressori.
Ciò contribuisce a destare allarme sociale, ove si considerino gli effetti di tali sabotaggi, se ispirati da fini eversivi ed orientati a manomettere sistemi operativi strategici o siti istituzionali.
Circa le modalità di conduzione degli attacchi elettronici, è stato rilevato che le intrusioni avvengono con relativa facilità utilizzando software reperibile direttamente in rete. Per altro verso, accessi impropri si registrano pure per finalità di spionaggio e sabotaggio industriale o anche boicottaggio telematico di aziende-simbolo, sovente scarsamente denunciati per temute conseguenze sulla reputazione delle imprese, specie se attive in particolari settori di servizio.
c. fenomeno delle sette
La ricorrenza giubilare ed il concomitante avvio del nuovo millennio costituiscono un fattore di accelerazione per l'attività di sette e gruppi, soprattutto di matrice apocalittica e millenarista, maggiormente propensi ad azioni clamorose, anche di carattere autodistruttivo, connotate da estemporaneità ed imprevedibilità.
Si continuano a rilevare significativi fermenti nel campo del satanismo, sovente da parte di organizzazioni dedite ad attività illecite.
La crescente attività di propaganda e di proselitismo di tali aggregazioni, anche a livello internazionale, appare destinata, in prospettiva, a far registrare un incremento grazie alla sempre più diffusa utilizzazione della rete internet.
L'attività informativa sulla scena estera riflette la varietà dei fattori di minaccia che derivano dalle aree geopolitiche maggiormente "a rischio".
Essa investe i teatri di crisi in cui l'appartenenza etnica e religiosa si atteggia in modo da precludere l'affermazione dei principi di convivenza democratica; si indirizza verso i contenziosi locali e regionali ove la vitalità di istanze oltranziste si traduce in proiezioni di tipo terroristico; si rivolge a quei contesti che costituiscono centri irradiatori di traffici illegali e flussi migratori clandestini; segue con particolare attenzione le iniziative dei paesi coinvolti in programmi di proliferazione di armi di distruzione di massa, ovvero di quelli non estranei ad aggressioni di tipo spionistico; si pone, in generale, a supporto e tutela degli interessi nazionali e dell'impegno italiano negli organismi di cooperazione e nelle missioni di pace.
a. area balcanica
Nei Balcani convergono tuttora gli sforzi della comunità internazionale volti a prevenire nuovi conflitti e canalizzare i processi di transizione verso gli standard europei di sviluppo socio-economico.
La connotazione transnazionale dei sodalizi criminali, favorita dalla coesistenza, nella regione, di tutte le condizioni per il fiorire di economie illegali, costituisce costante, diretta minaccia per il nostro Paese che, anche per tali ragioni, è più di ogni altro interessato alla normalizzazione oltreadriatico.
La pervasività ed il radicamento delle economie illegali, la collusione di vasti settori istituzionali, la ricerca diffusa di arricchimenti personali ad ogni livello rendono il monitoraggio della situazione un importante ausilio per gli interventi della cooperazione.
L'impegno conoscitivo è volto a cogliere origini ed attività delle locali organizzazioni criminali ed a fornire indicazioni a sostegno di un'efficace azione politico-diplomatica tesa a superare quello che a tutt'oggi rimane uno degli ostacoli principali alla democratizzazione, insieme con la precarietà degli equilibri politici e la perdurante violenza interetnica.
Nella Repubblica Federale di Jugoslavia hanno assunto particolare incidenza le dinamiche in Serbia, ove la persistente frammentazione dell'opposizione "storica" ha favorito l'emergere di un movimento che, sorto come contestazione studentesca, è divenuto, negli ultimi mesi, catalizzatore della disaffezione popolare nei confronti del regime.
A ciò si è contrapposta la sostanziale tenuta della leadership, dovuta non solo all'adozione di misure repressive verso il dissenso, ma anche ad un reiterato ricorso allo strumento normativo - per garantirsi continuità di potere - ed alla propaganda. Quest'ultima ha enfatizzato i successi nella ricostruzione post-bellica e la capacità di superare la grave congiuntura economica.
Funzionale al contenimento degli effetti dell'isolamento internazionale, va considerato il rafforzamento dei rapporti politico-economici con paesi ritenuti sostenitori del regime. Al riguardo, specifica valenza assume il legame con uno stato asiatico, il cui appoggio finanziario ha trovato un corrispettivo nella concessione, da parte di Belgrado, di agevolazioni in materia di flussi migratori. La stessa capitale, oltre ad essere divenuta centro per il coordinamento di attività illegali svolte da comunità straniere nell'area, ricopre un ruolo di rilievo nella gestione del traffico di clandestini provenienti dal medio e lontano oriente.
Nella medesima strategia rientrano le crescenti pressioni, anche di tipo intimidatorio, esercitate dalla dirigenza federale sui principali esponenti dei circoli affaristico-clientelari, per incrementarne l'attivismo sui mercati internazionali, specie nei circuiti del riciclaggio.
Tale attivismo, unitamente alle prospettive di conseguire ingenti profitti, specie sul piano personale, derivanti dal regime di embargo, sta peraltro producendo uno scenario di teso confronto in seno ai predetti circoli, sinora tradizionalmente sostenitori dell'apparato di Belgrado. In questo contesto potrebbero trovare collocazione alcuni dei recenti omicidi che hanno coinvolto sia esponenti della locale criminalità, sia personalità istituzionali o collegate al regime.
Nella Serbia meridionale, a predominanza etnica albanese, all'aumento della tensione dovuto all'operato di formazioni armate determinate ad emulare, nella valle del Presevo, le vicende kosovare, ha corrisposto il potenziamento del dispositivo di difesa serbo-federale, con accentuati rischi di iniziative provocatorie in grado di innescare una nuova escalation di violenza.
Procede a rilento la normalizzazione del Kosovo per il persistere della conflittualità interetnica - specie nelle zone dove la componente serba è più consistente - che ha contribuito ad alimentare risentimenti nei confronti della KFOR e della Missione ONU (UNMIK). Tale situazione è stata strumentalizzata da Belgrado, nel tentativo di riaffermare la propria autorità sulla provincia.
Nuovi attriti tra le due comunità possono, nell'immediato, discendere dal reinsediamento dei profughi che, inoltre, offre spazi di intervento ai sodalizi criminali, la cui presenza è risultata in costante crescita.
Vanno emergendo casi di coinvolgimento nelle attività illegali di locali esponenti politici e di formazioni radicali, tuttora a connotazione militare e di impronta indipendentista, operanti soprattutto nelle aree di confine a dominanza etnica albanese.
Profili di rischio derivano, altresì, dalla crescente penetrazione islamica, nel cui ambito un ruolo di tutto rilievo è svolto da talune organizzazioni non governative.
Nello scenario delineato, l'azione informativa ha più volte segnalato la possibilità di ritorsioni da parte di frange radicali di entrambe le etnie nei confronti del personale internazionale a vario titolo presente nella regione.
In assenza di significativi sviluppi nella ridefinizione dei rapporti interfederali ed a seguito dell'inasprimento serbo del blocco commerciale contro Podgorica, le autorità del Montenegro hanno intensificato le iniziative diplomatiche verso altri paesi del quadrante e nei confronti dell'Occidente, per guadagnare un'autonoma visibilità internazionale ed ottenere sostegno politico-finanziario.
Apici di tensione si sono registrati in occasione della riapertura della frontiera con l'Albania, ritenuta da Belgrado lesiva della propria sovranità al punto da predisporre il dispiegamento di unità delle forze armate federali.
Le consultazioni amministrative di giugno hanno allontanato, per il momento, le due ipotesi estreme di un referendum sulla secessione e di elezioni generali anticipate, in grado di ostacolare il cammino riformista dell'attuale dirigenza. L'esito conferma la sostanziale divisione politica della repubblica in una parte settentrionale, a prevalente presenza filo-serba, ed una sud-orientale, a maggioranza montenegrina, con tendenze autonomiste.
Fattori di instabilità presenta la Bosnia-Erzegovina in ragione dei limitati risultati raggiunti nell'applicazione degli accordi di Dayton/Parigi - specie per quanto attiene al processo di reinsediamento dei profughi ed al funzionamento delle istituzioni congiunte - ed a motivo dell'inasprimento nei rapporti tra la comunità internazionale e le tre etnie costitutive del paese. In tale ambito, hanno assunto rilievo gli esiti delle elezioni amministrative di aprile.
Nella Federazione Croato-Musulmana (FCM), elemento di novità, di cui è ancora da cogliere l'impatto sui futuri equilibri, è dato dal sensibile ridimensionamento del principale partito musulmano, a vantaggio di uno schieramento moderato e multietnico. D'altra parte, la supremazia mantenuta dalla formazione di rappresentanza etnica croata nei relativi collegi dovrà misurarsi con l'allentamento dei legami deciso dalla nuova dirigenza di Zagabria, che potrebbe provocare iniziative di ritorsione ad opera delle frange nazionaliste. Acquisizioni informative evidenziano l'incremento della presenza di gruppi fondamentalisti islamici, specie nelle aree centrali, dove sarebbero stati riattivati campi di addestramento per volontari da inviare in zone di crisi.
Il quadro interno alla Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina (RSBE), già condizionato dalla perdurante vacanza della carica presidenziale e dalla mancata formazione dell'esecutivo, ha risentito della netta affermazione dei partiti ultranazionalisti che ha ulteriormente indebolito la coalizione provvisoria di governo, peraltro in un clima segnato da forte opposizione nei confronti delle missioni internazionali.
Il ricambio politico-istituzionale determinatosi in Croazia ha impresso un'accelerazione al processo di democratizzazione del paese, favorendone l'avvicinamento ai principali consessi euroatlantici. Valenza destabilizzante riveste l'attivismo dei settori nazionalisti di estrema destra - sospettati, tra l'altro, di collusioni con la criminalità organizzata - i quali, per contrastare l'atteggiamento collaborativo di Zagabria verso il Tribunale Penale Internazionale dell'Aja, hanno ventilato il ricorso ad azioni armate.
Nella Repubblica ex-jugoslava di Macedonia (FYROM) la tenuta del governo risulta affievolita dal deterioramento delle relazioni fra i partiti della maggioranza, specie in ragione delle rivendicazioni delle formazioni rappresentative della comunità albanese. Ciò, in un quadro in cui le difficoltà economiche, dovute ad un elevato tasso di disoccupazione e ad un considerevole debito estero, si aggiungono alla precarietà della cornice di sicurezza, gravata dall'acuirsi delle tensioni interetniche. La situazione si presenta particolarmente critica nella Fyrom nordoccidentale, dove l'attività di organizzazioni paramilitari albano-kosovare, intenzionate a pianificare azioni destabilizzanti con il concorso di gruppi autoctoni, si associa ad una consistente presenza di sodalizi criminali, in rapporti sempre più stretti con la malavita albanese e con estremisti islamici.
Accentuati fermenti connotano la dialettica politica in Albania, in relazione all'approssimarsi delle consultazioni municipali ed agli avvicendamenti disposti all'interno dell'esecutivo al fine di conferire maggiore trasparenza all'azione del governo.
L'inasprimento del confronto si riflette sul processo di rinnovamento strutturale dell'apparato amministrativo, rallentando l'opera di risanamento e condizionando le prospettive di sviluppo, rispetto alle quali permane essenziale il ruolo degli aiuti e della cooperazione internazionale. Aspetto, quest'ultimo, di particolare rilevanza in un tessuto socio-economico esposto all'incidenza inquinante di bande ed organizzazioni criminali che, nonostante gli sforzi delle autorità di Tirana, mantengono critica la situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico e continuano a muoversi in una rete di complicità e connivenze cui non sono estranei, talora, settori istituzionali.
Ulteriore profilo di vulnerabilità è dato, infine, dalle accresciute ingerenze di quei paesi interessati a coniugare strategie di investimento con attività di proselitismo religioso.
b. Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)
Un più stretto controllo sui soggetti federali - perseguito mediante la riduzione dei poteri delle amministrazioni locali - ed il ridimensionamento delle oligarchie finanziarie appaiono, al momento, le direttrici seguite dalla nuova dirigenza di Mosca.
Questione prioritaria, anche per l'impatto sulla scena regionale e sull'opinione pubblica internazionale, resta la crisi in Cecenia, dove la guerriglia dispone ancora di notevoli capacità offensive che la rendono in grado di condurre incursioni anche nelle zone sotto il controllo di Mosca. Le prospettive negoziali con elementi moderati ceceni passano attraverso la rinuncia alle aspirazioni indipendentiste da parte dei settori più radicali della guerriglia, fermo restando che la normalizzazione della situazione non potrà prescindere dalla concreta attuazione di programmi di sviluppo.
In politica estera e di difesa è continuato l'impegno del Cremlino per aumentare il proprio prestigio sulla scena mondiale, evitando tuttavia iniziative che possano comportare l'isolamento del paese e ricreare un clima di confronto con l'Occidente, il cui aiuto è ritenuto necessario per il successo del programma di riforme.
Altro profilo considerato di rilevanza strategica è quello della lotta al terrorismo di matrice islamica; ed è in quest'ottica che occorrerà seguire gli eventuali sviluppi in Asia centrale, ove è in crescita l'attività di guerriglia dei gruppi fondamentalisti.
Per quanto riguarda gli altri stati europei della CSI, in Ucraina emergono indicazioni su una possibile radicalizzazione dei rapporti tra l'esecutivo ed il parlamento e su nuovi ritardi nell'introduzione dei provvedimenti di riforma, con il rischio di scoraggiare gli investimenti esteri e compromettere il programma di risanamento.
Analoga conflittualità tra poteri dello stato si riscontra in Moldova, ove ad inasprire il clima ha contribuito anche la perdurante crisi economica, le cui ripercussioni negative sulle condizioni di vita della popolazione hanno determinato numerose dimostrazioni antigovernative.
In Belarus, l'accentuarsi della connotazione autoritaria del regime va esasperando i toni del confronto con l'opposizione.
Nelle repubbliche caucasiche della CSI, la situazione permane tesa a causa dello stallo nella soluzione dei contenziosi che interessano l'area e del deterioramento dei rapporti istituzionali all'interno dei vari paesi. In particolare, in Armenia si è inasprito lo scontro tra autorità governativa ed alcuni ambienti del dissenso che contestano, tra l'altro, un cedimento nelle trattative con l'Azerbaigian per la composizione della crisi del Nagorno Karabakh.
In Georgia continuano a verificarsi scontri tra elementi nazionalisti e milizie della repubblica secessionista dell'Abkhazia e si è acuito il rischio di una ripresa dell'attività terroristica. Permangono, inoltre, le tensioni con Mosca che ritiene non sia adeguatamente contrastato l'afflusso di volontari islamici in Cecenia attraverso quei confini.
In Azerbaigian sono aumentate le manifestazioni di protesta dell'opposizione, che chiede garanzie per il regolare svolgimento delle prossime elezioni politiche. Nelle repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale, le autorità hanno disposto il rafforzamento delle misure di sicurezza per prevenire una ripresa della guerriglia da parte dei gruppi fondamentalisti musulmani. In tale contesto, si è intensificata la cooperazione militare sul piano regionale e con Mosca.
c. area mediorientale
Lo stentato andamento del processo di pace è stato segnato da taluni significativi passaggi che hanno ribadito l'estrema mutabilità degli scenari e, con essa, il rischio latente di repentine degenerazioni.
In questo senso, le trattative israelo-palestinesi, che pure in marzo hanno fatto registrare una decisa ripresa, si sono dovute misurare con i gravi incidenti di maggio che hanno visto la popolazione e la polizia palestinesi contrapporsi alle forze di sicurezza di Tel Aviv. L'ondata di protesta ha testimoniato il clima di generale esasperazione in Cisgiordania e Gaza ed il potenziale deflagrante di una base sfiduciata, rispetto alla quale, tuttavia, continua a riscuotere maggiore consenso la linea negoziale perseguita dall'Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Hanno trovato ulteriori riscontri pregresse indicazioni relative allo sfaldamento dell'opposizione laica ad Arafat ed alle crescenti difficoltà del principale movimento radicale di ispirazione religiosa, che - pur mantenendo vitalità propagandistica - risente delle accentuate frizioni con i nuclei, di più marcata impronta oltranzista, collocati al di fuori dei Territori.
Al riguardo, accanto al pericolo di azioni provocatorie in grado di innescare ulteriori spirali di violenza, sussiste l'eventualità - suffragata dal rinvenimento di ingenti quantitativi di materiale esplosivo riconducibile ad una cellula integralista - di iniziative di stampo terroristico ad opera delle frange estremiste intenzionate a riaffermare l'inconciliabilità della jihad con ogni prospettiva negoziale.
In Israele le istanze di pacificazione non attenuano le pressioni dei settori politici e religiosi intransigenti, in un più ampio scenario regionale significativamente mutato a seguito degli eventi nel Libano meridionale. Su questo fronte, infatti, all'anticipato ritiro dell'esercito di Tel Aviv ha corrisposto una vasta offensiva della milizia islamista, che ha offerto spazio a strumentali enfatizzazioni, volte ad accreditare la resistenza armata quale unica opzione praticabile nel confronto con lo stato ebraico. È quindi destinata ad assumere peculiare visibilità la missione internazionale operante nell'area, mentre l'evolversi dei rapporti di forza in seno alla comunità sciita e tra questa ed il governo di Beirut risulta correlato all'influenza di soggetti politici d'oltreconfine.
In effetti, i disegni strategici di Damasco presentano tuttora complessi profili proprio con riferimento al teatro libanese ed alle frange estremiste palestinesi colà stanziate. D'altra parte, specie dopo la scomparsa del presidente Hafez Assad, è obiettivo ineludibile della nuova dirigenza il perseguimento di più strette relazioni con l'Occidente, funzionale, tra l'altro, ad una logica di consolidamento tesa ad estendere la propria base di consenso anche attraverso la promozione degli investimenti esteri e di forme di rinnovamento sociale.
Nell'immediato, l'assestamento degli equilibri interni, verosimilmente propedeutico alla ripresa del dialogo sul Golan, dipenderà dalle capacità di controllo su quegli ambienti, già inseriti nell'apparato di potere, ora emarginati dagli avvicendamenti avviati dal defunto leader.
In altri stati dell'area e della penisola arabica, rappresenta comune denominatore il contrasto alla militanza islamica radicale. In Giordania tale orientamento ha innescato la protesta dei circoli universitari, ove maggiormente diffusa è l'adesione alle istanze dell'integralismo religioso; nello Yemen, l'adozione di misure più incisive risponde, nel contempo, alla necessità di respingere le accuse di sostegno logistico al terrorismo internazionale e di assicurare un'adeguata cornice di sicurezza alle imprese estere, in un sistema economico che sollecita un maggiore interscambio con i paesi occidentali e con le monarchie del Golfo.
In Arabia Saudita fermenti hanno caratterizzato la contrapposizione tra le autorità centrali, di fede wahabita, e la minoranza sciita, presente in prossimità della frontiera yemenita.
La tradizionale tendenza di Riad a contenere l'influenza ideologica di Teheran e la graduale competitività che va profilandosi sul piano energetico non sembrano inficiare il processo di normalizzazione con l'Iran, testimoniato da una serie di incontri ad alto livello finalizzati, tra l'altro, alla definizione di memorandum d'intesa in tema di lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata.
Il pronunciato attivismo diplomatico del paese dei mullah - rivolto, con varie modulazioni, ad una vasta area di interesse, che comprende il continente europeo come il Nordafrica, lo scacchiere mediorientale come il quadrante caucasico e centroasiatico - riflette solo in parte la composita realtà interna, tuttora attraversata da tensioni e conflitti, con gravi ricadute sulla sicurezza. La netta affermazione elettorale della componente riformista, nel ribadire le generali aspettative di rinnovamento, ha acuito, di fatto, il confronto con l'ala ultraconservatrice, in un clima di pesante intimidazione che ha evidenziato l'operatività di frange radicali intenzionate a contrastare anche con la violenza il cammino progressista. Per altro verso, le reiterate offensive armate condotte da settori della dissidenza con base in territorio iracheno, cui hanno corrisposto incursioni iraniane oltreconfine, hanno determinato il deterioramento delle relazioni con Baghdad, a sua volta impegnata in una serie di operazioni militari contro tribù sciite residenti nelle regioni meridionali del paese, per contrastarne le crescenti attività antigovernative.
In Iraq, nonostante le autorità abbiano accettato le ispezioni all'arsenale bellico da parte dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica - AIEA, permane una situazione difficile a causa dei continui incidenti nelle zone interdette al volo tra le unità della difesa aerea irachena e velivoli anglo-statunitensi in missione di pattugliamento.
La prevista ripresa delle ispezioni, nella seconda metà di agosto, da parte del nuovo organismo di controllo per il monitoraggio dell'arsenale non convenzionale iracheno (UNMOVIC - United Nations Monitoring Verification Inspection Commission), potrebbe provocare una nuova crisi, in quanto le stesse ispezioni non sembrano al momento preludere all'eliminazione dell'embargo internazionale sui prodotti energetici, reclamata da Baghdad.
d. area nordafricana
La politica estera dei paesi del Nordafrica si caratterizza per la comune vocazione all'integrazione mediterranea, sia sul piano degli scambi economici che su quello della collaborazione in tema di sicurezza, e, parallelamente, per la decisa proiezione verso l'Unione Europea.
L'area, luogo di irradiazione e tappa intermedia di flussi migratori provenienti anche dal resto del continente, è eminentemente connotata dalla presenza di forze islamiste armate con articolazioni anche in Italia.
Ciò vale in particolare per l'Algeria, dove perdura l'attivismo delle formazioni che rifiutano la resa prospettata dalla legge sulla concordia civile a suo tempo promossa dal governo. L'aumento degli episodi terroristici, verificabile dalla comparazione con l'anno precedente, conferma la vitalità delle organizzazioni eversive che, in patria, sembrano scivolare verso una deriva meramente criminale, mentre all'estero tendono ad assumere una valenza strategica, in ragione dei contatti con altre realtà integraliste di stampo universalista. Le fazioni irriducibili hanno diversificato i propri moduli operativi, sicché mentre una parte continua a perseguire una forma di terrorismo indiscriminato e stragista, un'altra seleziona gli obiettivi da colpire privilegiando bersagli istituzionali e strutture economiche, nel tentativo di raccordarsi al più ampio movimento mondiale.
In proposito risulta di peculiare importanza l'avvio di un processo distensivo con il vicino Marocco che ha consentito una più avanzata collaborazione antiterrorismo nelle aree transfrontaliere.
Rabat, impegnata in una vasta opera di innovazione, mostra di perseguire una più efficace strategia regionale e di ambire ad assumere un adeguato ruolo di interlocutore con l'Occidente. Funzionali a tale disegno risultano anche talune aperture moderate, evidenziate da ultimo con la liberazione di un leader integralista, poiché esse consentono di attenuare le istanze più radicali che, come dimostrato da recenti disordini, si nutrono soprattutto del disagio sociale ed economico.
Efficace argine alla diffusione dell'estremismo islamico è costituito anche dalla Libia, dove l'establishment appare saldo nonostante isolati episodi eversivi in Cirenaica, contenuti grazie ad un affidabile apparato di sicurezza. Il varo, in marzo, di nuovi assetti istituzionali si raccorda al rinnovato impulso in campo economico-finanziario ed alla riaffermazione di una articolata iniziativa in ambito internazionale, nei rapporti con l'Occidente, con i paesi arabi e con quelli africani, favorito dalla sospensione delle sanzioni ONU.
Non sembra parimenti a rischio di cadute in conflitti cruenti la Tunisia, che si deve confrontare con un movimento islamico attento a non ripercorrere le strade dell'oltranzismo di tipo algerino.
In Egitto, infine, accanto ad una decisa politica di contenimento del movimento fondamentalista, si va profilando anche un indirizzo di tipo premiale, teso a favorire il reinserimento dei terroristi pentiti. Peraltro, sebbene i due principali gruppi radicali appaiano attraversare una crisi, dovuta a difficoltà finanziarie ed a divergenze strategiche ed operative, la perdurante adozione di provvedimenti di sicurezza e l'attuale stato della situazione economica non fanno escludere il rischio della riproposizione di episodi violenti, frutto anche dell'affermarsi della tendenza universalista da tempo sostenuta dalla militanza all'estero.
e. Corno d'Africa ed Africa subsahariana
Nel Corno d'Africa, lo scenario permane caratterizzato da elevata instabilità, soprattutto a seguito del conflitto confinario tra Etiopia ed Eritrea, a due anni dall'inizio della crisi. L'opzione militare è stata preceduta da un intenso attivismo delle parti teso all'acquisizione di armamenti, in specie sui mercati dell'Est europeo e dell'Asia centrale. Nonostante le dichiarazioni di entrambi i paesi e l'avvio dei colloqui di pace, gli scontri sono continuati, sino alla firma di un accordo sulla sospensione delle ostilità, in una prospettiva che fa ritenere ancora lontana una soluzione definitiva.
Il conflitto ha causato un ulteriore consistente flusso di profughi e sfollati dalle aree degli scontri, con pesanti ripercussioni sul piano umanitario in una regione già afflitta da estremo degrado socio-economico, accentuato dalla siccità e dalla conseguente grave crisi alimentare.
Sul versante della Somalia, il contesto è catalizzato dalla conferenza di riconciliazione, indetta su iniziativa del presidente gibutino, che non ha finora registrato progressi significativi a causa dei perduranti contrasti tra i clan e tra le varie entità territoriali costituitesi.
In Sudan, nonostante la perdurante crisi istituzionale, sfociata nello scioglimento del Parlamento, nella proclamazione dello stato di emergenza e in ulteriori avvicendamenti, non si registrano indicazioni circa un imminente innalzamento della tensione tra le milizie fedeli alle opposte fazioni. Si ripetono, inoltre, le offensive delle forze governative nelle aree sotto il controllo della dissidenza armata, caratterizzata negli ultimi tempi da divergenze interne. Contestualmente, Khartoum ha promosso una serie di iniziative per l'acquisizione di aiuti militari nell'eventualità di una recrudescenza dei combattimenti, soprattutto nella zona circostante i campi petroliferi.
L'area centroafricana è tuttora segnata da uno stato di forte precarietà sempre suscettibile di destabilizzazione in connessione alla crisi della Repubblica Democratica del Congo, ove la situazione della sicurezza si mantiene critica per il verificarsi di continue violazioni del cessate-il-fuoco ad opera delle forze contrapposte, con elevati fattori di rischio per gli osservatori militari presenti su quel territorio e il conseguente rallentamento dello spiegamento della missione dell'ONU.
In Angola, prosegue l'attività eversiva dei miliziani dell'UNITA, seppure con minore intensità in ragione delle numerose sconfitte subite ad opera delle truppe governative, le quali hanno conquistato le principali roccaforti dei ribelli e sequestrato una consistente aliquota del loro armamento convenzionale.
Appaiono incerte le prospettive di una positiva conclusione del processo di pacificazione in Sierra Leone. L'accordo di pace, che ha consentito l'avvio della smobilitazione delle formazioni ribelli, è stato rimesso in discussione dagli ostacoli frapposti dai leader militari locali intenzionati a consolidare il controllo sui propri territori e, in specie, sui giacimenti minerari.
Nello Zimbabwe, con l'approssimarsi delle elezioni legislative, segnato da scontri fra opposte fazioni, le condizioni di sicurezza hanno subito un sensibile deterioramento a seguito dell'occupazione da parte dei veterani della guerra d'indipendenza di latifondi di proprietà dei coloni di razza bianca, perlopiù di origine britannica. Il fenomeno ha temporaneamente interessato anche alcune aziende agricole di personale di origine italiana che, contrariamente a quanto verificatosi a danno di altri cittadini occidentali, non ha subito episodi di violenza.
f. altri contesti di interesse
In Indonesia, a fronte di una diminuzione del livello di tensione a Timor Est, si registra un deterioramento delle condizioni di sicurezza nelle province indipendentiste e nelle Molucche, ove proseguono violenti scontri fra cristiani e musulmani.
L'impegno informativo in direzione del terrorismo internazionale e delle sue prospettive di sviluppo consente di enucleare tra i tratti che qualificano il fenomeno l'antioccidentalismo, leva tematica che accomuna vari vettori di minaccia e può dar vita a saldature di particolare insidiosità.
L'avversione alle nuove forme dell"'imperialismo" - individuate nel processo di globalizzazione e nel trasferimento del potere decisionale ad organismi sovranazionali - domina il testo del documento con il quale è stato rivendicato il recente omicidio perpetrato ad Atene da una storica organizzazione marxista-leninista.
Spunti analoghi, in chiave anti-NATO ed anti-USA, percorrono del resto l'intera galassia dell'estrema sinistra, che trova nell'impegno militante a favore dei "prigionieri politici" ulteriori motivi di raccordo in ambito europeo con alcune formazioni separatiste.
La convergenza su taluni obiettivi di lotta, determinata dalla trasversalità di temi come l'anticapitalismo e l'ambientalismo, risulta capace di favorire una contaminazione dei moduli operativi e delle linee strategiche, da un lato orientando le azioni dei gruppi terroristici consolidati verso bersagli ritenuti in grado di ampliare l'area di consenso, dall'altro spingendo i sodalizi contigui verso iniziative di impronta violenta.
In tale contesto assumono peculiare rilievo, pure a motivo dei contatti con settori oltranzisti nazionali, la recrudescenza del terrorismo basco, le iniziative eclatanti, per quanto meramente simboliche, di segmenti collaterali, nonché le interazioni tra separatismo iberico e bretone.
I positivi sviluppi registrati sulla scena nordirlandese non riducono il rischio legato allo scissionismo repubblicano e lealista, considerati taluni segnali sulla perdurante attività di addestramento militare del primo e sui contatti con formazioni dell'estrema destra britannica del secondo.
La pendenza di un processo politico, cui è legata l'eventualità del ricorso al terrorismo come strumento di pressione, qualifica la stagione attuale dell'indipendentismo corso, oggetto di attenzione in relazione alla possibilità di un consolidamento dei rapporti con frange dell"'irredentismo" insulare italiano.
La vitalità delle istanze separatiste nello scenario europeo e nel più vasto quadro mondiale induce altresì a seguire l'operato in Italia di elementi riconducibili alla causa tamil che, impegnati nel procacciamento di fondi, rimandano comunque ad una situazione in cui non mancano, accanto agli scontri propriamente militari, episodi terroristici.
La connessione esistente tra le determinazioni dei gruppi di opposizione armata e gli sviluppi che riguardano gli assetti politico-istituzionali dei paesi di origine mantiene elevata l'attenzione verso alcune organizzazioni della dissidenza, in relazione all'eventualità di una degenerazione delle iniziative propagandistiche e, per altro verso, di azioni orchestrate in patria da settori conservatori per compromettere le aperture avviate in ambito interno ed estero.
Involuzioni cruente possono registrarsi inoltre nel movimento curdo, dove si vanno enucleando frange sostenitrici della validità della lotta armata in dissenso radicale con la linea promossa dall'organizzazione turco-curda più rappresentativa. Anche qui sono ipotizzabili incontri tattici tra le componenti più oltranziste dello schieramento curdo e dell'estrema sinistra anatolica ed europea. E' di rilievo al riguardo come alcune fazioni abbiano recentemente collegato il ritorno al confronto armato con il mancato miglioramento delle condizioni detentive del capo del movimento, palesando significative analogie con l'estremismo ideologico turco, di cui vengono registrate possibili pianificazioni violente anche contro i paesi dell'alleanza NATO. Peraltro, la mancanza di una concreta prospettiva negoziale può produrre una radicalizzazione degli stessi settori moderati, la cui leadership deve comunque misurarsi con la base militante.
La lotta all'Occidente ed all'occidentalizzazione resta il fine dichiarato dell'islamismo internazionalista. Su tale progettualità offensiva esso intende far convergere anche le espressioni armate di specifici conflitti d'area i cui sviluppi segnano ora slittamenti meramente criminali, come nel caso algerino, ora protratte stasi operative non prive di sintomi di frattura, come in Egitto, ora la perdurante marginalizzazione delle fazioni oltranziste, come in Medio Oriente.
Nel descritto contesto, importanza nodale vanno acquisendo le articolazioni dell'integralismo operanti al di fuori della madrepatria che appaiono quelle maggiormente in grado di mantenere la propria azione entro un orizzonte ideologico, anche in ragione della contiguità con realtà che propugnano il disegno strategico di Osama Bin Laden. Questo prevede l'integrazione orizzontale delle reti di sostegno e la riconduzione dei vari gruppi ad un più ampio ambito di riferimento. Di rilievo, in proposito, sono i segnali sulla progressiva attrazione del radicalismo algerino nell'orbita dello sceicco di origine saudita, sull'insediamento di cellule di impronta transnazionale nei centri nevralgici del "nemico", sulle mobilitazioni solidaristiche in favore della causa cecena e sull'attivismo di componenti poco note, quali le yemenite e le pakistane.
Tali aspetti sono stati rilevati anche con riferimento al nostro Paese, dove il monitoraggio delle presenze fondamentaliste ha evidenziato la perdurante vitalità della fazione algerina, l'operare di estremisti nordafricani a sostegno di gruppi a composizione mista ed il ruolo di spicco di taluni centri di aggregazione. Questi, in particolare, sono emersi all'attenzione per i contatti internazionali, per l'impegno teso a raccordare le espressioni di impostazione "salafita" - di orientamento rigidamente integralista - e per l'invio di volontari islamici nei campi di addestramento afghani.
La flessibilità tattica ed organizzativa del fronte di Bin Laden costituisce un ulteriore profilo di rischio, anche nella prospettiva che disegni violenti vengano rilanciati dai suoi "luogotenenti".
La tendenza a coagulare l'oltranzismo confessionale segna in modo consimile lo scacchiere mediorientale, ove le frange palestinesi irriducibili, ben prima del ritiro israeliano dalla "fascia di sicurezza", avevano mostrato di ricollocare il proprio teatro d'azione in territorio libanese e dove indicazioni di intelligence evidenziano lo strutturarsi di nuove formazioni terroristiche che raccordano milizie sciite ed estremismo sunnita. Le incursioni armate e l'attentato antirusso dell'inizio dell'anno attestano poi la centralità del Libano quale zona elettiva per disegni di impronta universalista. Il descritto spostamento dell'epicentro operativo assegna prioritaria rilevanza alla crisi cecena ed al quadrante centro-asiatico ove l'islamismo, strumentalmente impiegato per riaffermare posizioni e cementare alleanze, si associa a spinte separatiste e ad interessi criminali e possiede una peculiare connotazione transfrontaliera in grado di causare una escalation orizzontale del conflitto con estensione ai territori contermini. La valenza geo-strategica della zona, la sua prossimità al territorio afghano ed al Kashmir, nonché la centralità rivestita nelle rotte del narcotraffico costituiscono fattori indicativi di un sovrapporsi di interessi che potrebbe determinare l'impiego dell'islamismo in una logica di "guerra delegata".
Non può infine non rilevarsi con allarme, sebbene riguardi al momento zone remote, quanto va emergendo circa una polarizzazione di taluni scontri in chiave anticristiana. Ciò in ragione della propensione del radicalismo confessionale a ricondurre le singole crisi in un quadro ideologico unitario, facendo in tal modo confluire di volta in volta i militanti verso i "fronti caldi" della jihad. Il fenomeno mutua spunti e motivazioni anche dalle sue propaggini più periferiche, in grado di conferire nuovo impulso alla strategia complessiva perseguita, al fine di accentuarne l'impatto minatorio e destabilizzante.
L'immigrazione illegale costituisce necessaria priorità per l'intelligence in ragione dell'accrescimento delle potenzialità economiche e delinquenziali dei clan che la gestiscono, dell'accelerazione criminogena delle situazioni di degrado legate alla condizione di clandestinità, dell'innesco di atteggiamenti di insofferenza xenofoba, nonché dell'eventuale infiltrazione di militanti di movimenti armati.
Perdurante debolezza istituzionale, permeabilità ad inserimenti corruttivi ed aggressività malavitosa continuano a rendere i porti albanesi luoghi di smistamento verso l'Europa non solo delle popolazioni autoctone, ma anche di quelle esteuropee ed asiatiche. In tale contesto la genetica connessione del fenomeno con instabilità e tensioni d'area induce a considerare come altrettanti possibili fattori di nuove ondate migratorie l'inasprimento della violenza interetnica nel Kosovo, l'emergere di un focolaio di crisi nella Serbia meridionale e l'eventuale degenerazione del confronto tra Podgorica e Belgrado.
Ciò mentre l'integrazione raggiunta dai canali dell'illecito su scala mondiale delinea profili di rischio anche con riferimento a conflitti più remoti, come quello dello Sri Lanka, considerata la pronunciata tendenza delle rotte a convergere verso l'Occidente.
La regione balcanica si conferma centrale anche con riguardo alle vie terrestri insistenti sui nostri confini orientali, in un intrecciarsi di direttrici che muovono alla volta del continente europeo guadagnandovi l'accesso - oltre che dai consueti luoghi di sbarco del Salento - dalle coste marchigiane, dalle lagune friulane e dai litorali calabresi, destinazione dei cospicui flussi provenienti dalla penisola anatolica.
Peraltro l'acquisita dimensione transnazionale dei sodalizi malavitosi coinvolti - specie schipetari e turchi - connota il settore dell'immigrazione come uno solo dei campi di attività di organizzazioni ormai specializzate che diversificano le rotte illegali anche per preservare i remunerativi traffici connessi.
Le dinamiche portanti del fenomeno evidenziano una stretta correlazione tra domanda di emigrazione, offerta di servizi criminali atti a soddisfarla e richiesta del "bene-immigrato" sui mercati finali, dove parte dei clandestini alimenta i circuiti del lavoro nero e della prostituzione, venendo talvolta impiegata per l'introduzione e lo spaccio di stupefacenti.
Al riguardo, il Governo ha indirizzato l'azione di contrasto su un duplice fronte: ha avviato mirati interventi internazionali nei confronti di taluni paesi di provenienza e, nel contempo, ha ulteriormente calibrato la repressione di tutte le fattispecie delittuose funzionalmente coordinate al fenomeno migratorio clandestino, ferma restando, in prospettiva, l'adozione di aggiuntive misure idonee ad incidere sulla richiesta di consumi illeciti.
Va evidenziato, in ultimo, l'attivismo organizzativo delle stesse comunità straniere palesato dalle manifestazioni inscenate in diverse città italiane, verosimilmente indicativo di una nuova stagione della presenza immigrata in territorio nazionale. Ciò, in relazione alla possibilità che talune aggregazioni, già rodate in contestazioni politicamente connotate, coniughino le rivendicazioni concernenti la problematica con istanze di natura ideologica mutuate dai contesti di provenienza, ovvero che i flussi migratori operino quali vettori di importazione di moduli associativi confliggenti con il nostro ordinamento e suscettibili di accentuare l'impatto illecito del fenomeno.
Nell'ambito dell'attività volta a tutelare gli interessi nazionali in Italia ed all'estero, la ricerca è stata, tra l'altro, finalizzata al controllo e al contrasto di iniziative poste in essere da personale straniero, accreditato in vari paesi, nei confronti di nostre strutture diplomatiche.
In parallelo, sono state svolte azioni informative sull'operato di stranieri, a vario titolo presenti sul territorio, e di cittadini italiani sospettati di contatti con agenti esteri. In tale contesto, è stato riscontrato un accentuato attivismo verso i seguenti obiettivi:
- la NATO e la politica di allargamento perseguita dall'Alleanza, con particolare riferimento ai settori di interesse strategico, politico e militare. Al riguardo, è emersa la tendenza ad utilizzare sempre più, a fini spionistici, contatti ufficiali instaurati in ragione di accordi;
- gli ambienti oltranzisti nazionali in disaccordo con la politica italiana e NATO nei Balcani a fini di penetrazione ed influenza;
- notizie di carattere istituzionale ed economico, in funzione di specifici interessi di politica estera. Tale obiettivo appare attualmente prioritario rispetto alla tradizionale attività di alcuni paesi, specie mediorientali e nordafricani, nel controllo delle rispettive dissidenze.
Nel settore tecnologico-industriale e della ricerca scientifica, l'azione di contrasto è stata rivolta a prevenire azioni spionistiche, specie ad opera di paesi esteuropei, finalizzate ad acquisire notizie nel campo energetico e delle apparecchiature elettroniche.
È proseguito il monitoraggio di elementi appartenenti ad un servizio mediorientale, interessatosi di recente ad obiettivi insistenti sul territorio italiano, e ad altro della medesima area impegnato nel favorire la revoca di provvedimenti internazionali limitativi di scambi commerciali. L'attività svolta ha consentito di identificare 231 elementi di interesse istituzionale, di cui 31 agenti appartenenti a servizi informativi stranieri.
Massima attenzione continua ad essere riservata alla produzione ed ai trasferimenti illegali di armi convenzionali. La ricerca è mirata ad individuare i programmi condotti da paesi "a rischio", le organizzazioni preposte alla loro realizzazione, nonché i collegamenti esistenti con enti, società e stati esteri coinvolti in tali attività. L'opera di prevenzione dell'intelligence si è estrinsecata, inoltre, in specifici contributi informativi forniti alle amministrazioni dello Stato preposte al rilascio delle autorizzazioni previste in materia di controlli sulle esportazioni del settore.
Il fenomeno dei traffici permane significativo nel continente africano, in particolare nelle regioni coinvolte in conflitti bellici o in situazioni di tensione, ove continuano a giungere ingenti quantitativi di materiale d'armamento, segnatamente da paesi dell'Europa orientale che intendono, in tal modo, supportare le loro economie in crisi.
In alcune aree della penisola balcanica è stata riscontrata una crescente attività di sodalizi criminali locali, sovente in stretto collegamento con organizzazioni malavitose di altri stati, volta a definire una ripartizione territoriale e ad aumentare il controllo degli innumerevoli commerci illegali, tra cui il contrabbando dei materiali in parola. In Medio Oriente due stati avrebbero proceduto all'ammodernamento e a nuove acquisizioni di armamenti convenzionali di prevalente origine esteuropea.
Con riferimento ai programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa nelle regioni "a rischio" che più direttamente incidono nell'area mediterranea, l'azione di contrasto ha consentito di rilevare, in particolare nel settore missilistico, l'incremento delle attività di un paese africano. Per lo sviluppo dello stesso comparto uno stato mediorientale sarebbe impegnato nella ricerca di materiali e "know-how" ad elevato contenuto tecnologico. Il paese sarebbe, altresì, sospettato di condurre un programma nucleare parallelo a quello a fini pacifici.
Nella stessa regione una nazione avrebbe avviato test missilistici in laboratorio ed effettuato sperimentazioni con armamento chimico finalizzate allo studio della dispersione degli aggressivi. Un altro paese risulta proseguire lo sviluppo di programmi missilistici e, sulla base delle conoscenze possedute, potrebbe potenzialmente estendere la gittata dei propri vettori.
Nel continente asiatico è ancora reale il pericolo di proliferazione di armamenti strategici. Il perdurante clima di tensione tra India e Pakistan, alimentato dai frequenti incidenti lungo la linea di controllo nella zona contesa del Kashmir, rischia di pregiudicare l'attuazione di misure tese al graduale disimpegno nel settore degli armamenti nucleari. Il recente vertice intercoreano, l'impegno assunto da Pyongyang ad interrompere gli esperimenti in campo missilistico, così come una possibile inversione di tendenza nella politica condotta dal nord in materia di esportazione di armi di distruzione di massa pongono le premesse per l'avvio di un processo che, sia pure lungo e difficile, mira a perseguire la stabilità e la sicurezza nella penisola coreana e nel nord-est asiatico.
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