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Per Aspera Ad Veritatem n.11
Camera dei Deputati - XIII LEGISLATURA

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza (primo semestre 1998) presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi





L'accresciuta interazione delle dinamiche politico-economiche nel nostro Paese e la loro accentuata connessione con quelle del contesto internazionale conferiscono peculiare fluidità ai fattori di minaccia per la sicurezza che, resi diversificati e mutevoli quanto a intensità, obiettivi, grado di visibilità e moduli di traduzione, si presentano sovente di non agevole intellegibilità.
A fronte di siffatta complessità, gli Organismi di intelligence sono chiamati a nuovi livelli di attenzione e di sensibilità, per calibrare con la dovuta efficacia le proprie strategie di intervento.
La riconsiderazione e l'ampliamento del concetto stesso di sicurezza, che ormai abbraccia molteplici e diversificati settori in una visione generale e globale, ha comportato una trasformazione sostanziale del concetto di azione informativa. Ne è conseguita, in via prioritaria, una specifica cura verso quei processi interni che si riflettono sulla tenuta, sull'immagine, ovvero sulla capacità dell'Italia di conformarsi agli impegni internazionali.
Sotto tale profilo, le principali minacce, pur eterogenee nella matrice, appaiono al momento tese a colpire le direttrici politico-economiche, che costituiscono cardini fondamentali dell'azione di governo.
In questo senso, centrale è la tematica occupazionale, individuata come obiettivo primario dai gruppi dell'oltranzismo ideologico, intenzionati a sfruttarne l'impatto sociale per riproporre una stagione di contrapposizione violenta alle Istituzioni.
La circostanza che la creazione di nuovi posti di lavoro passi attraverso un concreto programma di risanamento del Meridione rinvia, inevitabilmente, al pericolo della criminalità organizzata, con la sua capacità di inquinare i piani di investimento e sviluppo, ovviamente interessata ad osteggiare ogni iniziativa in grado di incidere su quelle logiche di controllo e di influenza territoriale che ne costituiscono il punto di forza.
Ulteriori resistenze all'attuazione di una politica di ampio respiro volta a colmare gli squilibri del tessuto socioeconomico nazionale possono scaturire, altresì, dalle aspirazioni secessioniste di alcuni settori radicali delle regioni più produttive, indisponibili a condividere le problematiche delle aree maggiormente depresse.
Marcata insidiosità rivestono i vari fenomeni di aggressione alla sicurezza economica nazionale, in una situazione di progressiva globalizzazione dei mercati, la quale determina riflessi su scala mondiale.
Dei medesimi processi di liberalizzazione e di integrazione su scala mondiale si avvale anche, per moltiplicare la propria capacità espansiva, il crimine organizzato transnazionale, fattore, tra i principali, di destabilizzazione, rispetto al quale, specie sul fronte del riciclaggio, sono già in fase di attuazione sul piano internazionale mirate strategie di armonizzazione normativa.
Del pari, più ampi margini di collaborazione con altri Stati, volti anche a contrastare talune coperture, vanno ricercati in ordine ai flussi migratori clandestini, che, alimentati dal perdurare di situazioni di conflittualità o di grave crisi economica, premono sui nostri confini, divenuti parte delle nuove frontiere meridionali dell'Europa di Schengen.
Sul versante estero, l'attività informativa, oltre ad individuare i riflessi per la sicurezza derivanti da nuovi scenari geostrategici, ha concorso a supportare le iniziative del Governo per risolvere pacificamente le situazioni di crisi.
In particolare, nell'ottica di un progressivo rafforzamento della diplomazia europea nello scacchiere mondiale, ruolo peculiare e crescente è andato assumendo il nostro Paese che, soprattutto rispetto alle questioni ed ai contenziosi che investono il bacino del Mediterraneo, si è attivamente impegnato in favore della stabilità e dello sviluppo nell'area, non mancando di promuovere inedite aperture nei confronti di Stati relegati ad un isolamento già scaturito da pregresse strategie offensive o destabilizzanti.
L'impegno italiano a favore del dialogo riveste particolare valenza, in ragione non solo della posizione geopolitica del nostro Paese, ma anche della circostanza che la tempestività e l'efficacia degli interventi di mediazione degli organismi sovranazionali risultano sovente pregiudicate, mentre come dimostrano gli sviluppi di talune crisi locali o internazionali il confronto militare viene ancora considerato dai contendenti strumento per la soluzione delle controversie. Emblematici, in proposito, la crisi kosovara, ove non è bastato prevedere i drammatici sviluppi per prevenire l'esplosione della violenza, ed il conflitto nel Corno d'Africa, sorto come contenzioso confinario e divenuto potenziale innesco di una generale instabilità regionale.
Quanto sopra vale anche per altre situazioni in cui i tentativi di mediazione europei sono stati sinora sostanzialmente respinti da alcune parti in causa. è il caso della questione mediorientale e della crisi algerina, già fattori di rischio per iniziative di stampo terroristico al di fuori delle aree interessate ed entrambe suscettibili, nell'eventualità di ulteriori degenerazioni, di investire l'intera comunità internazionale.
Anche in questo senso, e per la sua connaturata resistenza ad ogni ipotesi di dialogo, si guarda con particolare apprensione alla diffusione, dal Nordafrica all'Estremo Oriente, del radicalismo islamico che, proponendosi quale forma ideale di riscatto laddove più forte è il disagio sociale e carenti le prospettive di sviluppo, o strumentalizzando aspirazioni etnico-separatiste, ha mostrato di tradursi, nella realtà, in fattore di destabilizzazione politica ed in veicolo per l'imposizione di un sistema di valori in seno al quale, sovente, non trovano spazio diritti universalmente riconosciuti.
Ulteriore profilo di minaccia è dato dal costante riproporsi di attività spionistiche, sempre più rivolte al comparto scientifico e tecnologico nazionale, oltre che al controllo di movimenti di dissidenza.
La molteplicità e la diffusione dei focolai di tensione postulano il superamento di cristallizzati concetti strategici e la ricerca di forme sempre più strette di cooperazione con tutti quei Paesi in grado di fornire un contributo costruttivo e responsabile ai futuri assetti di sicurezza internazionale.
Ai medesimi traguardi dovrà essere funzionale la creazione di grandi assi di comunicazione e di nuove vie di trasporto energetico in grado di suggellare intese di lungo periodo fondate sulla solidarietà e la comunanza di interessi.
Il perseguimento della massima convergenza si impone, intanto, per elaborare al più presto una concertata azione di contrasto alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, in grado di migliorare l'attuale sistema di tutela, le cui carenze hanno trovato allarmante riscontro nella recente crisi indo-pakistana.
Nel quadro sopra delineato si è mossa l'attività della comunità intelligence che, a fronte della mutevolezza degli scenari e delle variabili di riferimento, ha mostrato di potersi avvalere - sia sul piano operativo che in termini di analisi e valutazioni - di una crescente qualificazione professionale e di una più ampia e consolidata collaborazione internazionale.




a. Sinistra extraparlamentare
Nell'attuale, delicato momento di trasformazione economica e sociale, con il Governo proiettato, dopo il conseguimento dei parametri di Maastricht, a realizzare un forte risanamento nelle zone più depresse attraverso il rilancio di piani di sviluppo occupazionale, l'intera area dell'ultrasinistra è volta a promuovere una crescente contestazione nei confronti delle Istituzioni che, da parte dei gruppi più oltranzisti, si traduce in un attivismo suscettibile di innescare spirali di violenta contrapposizione.
In questo senso, gli episodi di estremismo politico hanno palesato l'intento di esasperare il disagio sociale, la disaffezione verso lo Stato e le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, specie di una fascia metropolitana trasversale non più giovanissima.
I segnali di maggior pericolo provengono, tuttora, dal settore anarco-insurrezionalista, in cui si vanno rafforzando propositi di ritorsione in connessione con i più recenti sviluppi giudiziari sulle responsabilità di militanti dell'area, con particolare riguardo a talune azioni di matrice ecoterrorista in Val di Susa.
E' in atto una "campagna" di mobilitazione che potrebbe offrire spunti di attivazione, analogamente a quanto avvenuto a Torino, Roma e Bologna, ove le frange più sensibili alle tematiche insurrezionaliste si sono rese protagoniste di gravi turbative dell'ordine pubblico, con gesti di intemperanza nei confronti dei mass media.
L'aggressività degli ambienti anarchici oltranzisti trova un'ampia cassa di risonanza nella documentazione di settore, che sistematicamente incita alla rivolta nei confronti del sistema economico-istituzionale, i cui simboli più significativi potrebbero essere oggetto di iniziative violente in occasione di prossime scadenze, soprattutto di ordine processuale.
Va considerato sempre concreto il rischio che omologhe formazioni straniere possano effettuare azioni contro interessi italiani all'estero, in una linea di continuità con quanto avvenuto nel recente passato in Grecia.
I gruppi veterobrigatisti, pur se finora sembrano aver adottato una posizione defilata con azioni di basso profilo, potrebbero ricercare proprio in questa fase nuove motivazioni per rivitalizzare focolai eversivi. Segnali, al riguardo, si colgono nella pubblicistica e negli slogan propagandistici che, facendo leva su tematiche sociali e questioni di carattere internazionale, hanno nuovamente manifestato propositi di rilancio dell'esperienza armata. In tale ambito, maggiormente esposti a possibili atti di natura intimidatoria e dimostrativa sono gli obiettivi simbolo di quelle forze parlamentari ritenute, più delle altre, garanti della stabilità, ovvero rappresentativi del sistema economico sindacale, accademico e del comparto militare.
Le acquisizioni evidenziano un impulso da parte di formazioni semiclandestine nell'estremizzare le istanze operaiste più conflittuali, per preparare un "terreno" favorevole allo scontro con le Istituzioni, specie laddove l'emergenza lavoro rischia di tradursi in situazioni di intensa agitazione sociale.
Nei gruppi radicali facenti capo all'Autonomia si va profilando il tentativo di creare un "fronte unico" di contestazione tra operai, disoccupati e studenti, in modo da strumentalizzare ed indirizzare il malessere di quei settori in funzione antistatale ed esautorare le organizzazioni sindacali tradizionali.
Molteplici risultanze vanno confermando l'intendimento di movimenti antagonisti di realizzare, a livello europeo, un progetto di coordinamento di tutte le iniziative di mobilitazione contro le politiche economiche occidentali, specialmente in materia occupazionale. A questo riguardo, lo svolgimento di vertici internazionali potrebbe costituire occasione favorevole per attuare forme di protesta anche plateali.
L'indirizzo "internazionalista", che trae validi spunti propagandistici nel sostegno ai movimenti rivoluzionari esteri, soprattutto sudamericani, ha ridato vigore ad iniziative dagli accesi toni antimilitaristi. In tale quadro potrebbero svilupparsi, nel caso di un eventuale intervento NATO in Kosovo, nuove manifestazioni ostili ad opera di quelle frange oltranziste, già protagoniste di gesti dimostrativi contro strutture dell'organizzazione nordatlantica e statunitensi presenti nel nostro Paese.

b. Destra extraparlamentare
L'ambito della destra extraparlamentare, nonostante la ridotta visibilità, mostra segnali di ripresa attraverso progetti riorganizzativi dei gruppi più radicali e del movimento "skinhead".
Ne costituiscono conferma le indagini che, a maggio, hanno portato all'individuazione di un'organizzazione neonazista - che si richiama ad omonime strutture presenti all'estero - sospettata di aggressioni ed attentati contro militanti e sedi di opposto segno nonché di gesti di violenza xenofoba.
Le iniziative tese alla rivitalizzazione dell'area trovano sempre un punto di riferimento in taluni esponenti della passata stagione terroristica, latitanti all'estero, cui fa capo un circuito commerciale in grado di fornire agli appartenenti al movimento sostegno finanziario, oltre che una sorta di "copertura" per iniziative di stampo ideologico. In tale contesto, sono oggetto di attenta valutazione sospette attività attraverso le quali, sfruttando un ramificato sistema di collegamenti fra omologhi settori europei, potrebbero essere rilanciate forme più incisive di militanza.
Si va registrando - come per l'area dell'ultrasinistra - il proposito di strumentalizzare le problematiche occupazionali, studentesche e del lavoro, per acquisire consensi e creare turbative, come quelle verificatesi nel capoluogo partenopeo.
Sono state poste in essere azioni intimidatorie ad opera di gruppuscoli neonazisti che, soprattutto nel centro nord, contendono spazi di agibilità politica a formazioni di segno avverso, con il rischio di scontri diretti.
Le frange "skinhead" hanno continuato ad evidenziarsi sotto il profilo propagandistico, specie su temi di maggiore impatto emotivo, come la difesa di valori pseudo tradizionali e l'immigrazione, con un'accentuazione dei toni antisemiti e razzisti suscettibili di alimentare gesti di intolleranza.
Restano alla costante attenzione quei circoli che raccolgono estremisti, non solo di destra, i quali associano alla conversione alla fede islamica la ricerca di nuove prospettive ideologiche in funzione antioccidentale. L'attività informativa è concentrata su quei soggetti che sono apparsi intenzionati ad ampliare la sfera dei collegamenti con ambienti fondamentalisti musulmani per varie finalità di natura controindicata.


a. Linee di tendenza
Il complesso delle acquisizioni sul crimine organizzato ne fa ritenere ancora immanente la valenza destabilizzante e primaria la portata in termini di minaccia alla sicurezza, in ragione dell'obiettivo di perseguire il condizionamento delle dinamiche sociali ed economiche e linee operative di sempre più marcata transnazionalità.
Accanto alle tradizionali attività illegali, come le estorsioni ed i traffici di armi e stupefacenti, si vanno affermando altri settori considerati finora marginali, anche per il minore impatto sociale, in grado di offrire comunque notevoli spazi di intervento e profitti molto elevati, quali il mercato delle scommesse clandestine, la contraffazione ed il traffico di opere d'arte.
Per quanto concerne le organizzazioni stabilmente radicate in talune regioni del Meridione, gli eventi più eclatanti hanno evidenziato fasi diverse di assestamento, specie in ordine ai livelli di comando.
La recrudescenza dei fatti di sangue nel Napoletano conferma l'aggressività delle organizzazioni camorriste, pervicacemente determinate a stabilire nuovi assetti di vertice ed a conseguire il controllo sul territorio, in particolare in alcune aree del capoluogo partenopeo destinate alla realizzazione - mediante cospicui investimenti - di importanti opere di risanamento ambientale.
Considerata la fisionomia pulviscolare della camorra, i cui equilibri sono soggetti a continui aggiustamenti ed a contingenti alleanze, non appare ipotizzabile, a breve termine, una diminuzione della conflittualità, tenuto conto, tra l'altro, che la posta in gioco è costituita dalla possibilità di accaparramento di consistenti appalti.
Ulteriore profilo di insidiosità dei clan campani è dato dalla capacità di guadagnare consenso nelle più degradate periferie urbane, attraverso la gestione di fitti circuiti di economia illegale e di lavoro sommerso.
La continua azione di contrasto nei confronti di "cosa nostra", culminata con la cattura del boss Vito Vitale, sta spingendo sempre più la mafia palermitana verso moduli operativi improntati alla massima compartimentazione, al fine di assicurarsi larghi margini di impenetrabilità e ridurre la visibilità esterna. Tale strategia è funzionale alla "regolare" prosecuzione delle attività illecite con modalità di basso profilo ed al mantenimento delle capacità di controllo sul territorio.
Le dinamiche evolutive sono tuttora condizionate dal "ruolo guida" rivestito dai "corleonesi". Nonostante segnali di contrasti, l'ala facente capo al latitante Bernardo Provenzano viene ritenuta ancora il punto di riferimento principale per il coordinamento delle attività criminose.
Nell'ambito della mafia catanese - caratterizzata da un modello organizzativo di tipo imprenditoriale - il più pericoloso sodalizio resta quello riconducibile a Benedetto Santapaola, che si avvale di molteplici aggregazioni criminali e dispone di una vasta rete di collegamenti. Risulta essere particolarmente attivo nel traffico di armi e stupefacenti e nel settore del riciclaggio, con rilevanti proiezioni a livello internazionale.
Le reiterate azioni intimidatorie nell'intera regione contro esponenti politici e strutture sociali sottendono la determinazione degli schieramenti mafiosi a contrastare, con ogni mezzo, la riaffermazione della legalità ad opera di pubblici amministratori. Le "pressioni" verso rappresentanti dell'imprenditoria e degli Enti locali appaiono, altresì, riconducibili al proposito di infiltrarsi nel sistema dei più remunerativi appalti pubblici, anche attraverso una rinnovata attenzione al mondo della politica.
Complessivamente, l'organizzazione mafiosa rimane ancora forte, capace di rigenerarsi e, soprattutto, in grado di rilanciare, in qualsiasi momento, una strategia di attacco allo Stato, con azioni eclatanti o dimostrative di sicuro impatto. Il malumore seguito all'entrata in vigore della normativa sulle videoconferenze nei processi, che ha ridotto ulteriormente la libertà di movimento degli imputati di maggiore levatura criminale, potrebbe ispirare attacchi nei confronti delle espressioni statuali più emblematiche.
Nel quadro della delinquenza organizzata nazionale, la ‘ndrangheta' va consolidando un ruolo predominante, anche in relazione alla minore mobilità delle cosche siciliane. Le risultanze informative hanno confermato come l'elemento più solido dell'impianto organizzativo delle ‘ndrine sia rappresentato dalla inalterata forza coercitiva delle "famiglie" e dal clima di radicata omertà che ne deriva, con un conseguente esiguo numero di "pentiti".
La valenza eversiva della criminalità organizzata calabrese, che ha acquisito una vera e propria leadership nel traffico internazionale degli stupefacenti, si manifesta anche nella sempre più evidente contrapposizione allo Stato, specie con iniziative intimidatorie contro appartenenti alle Forze dell'ordine e rappresentanti delle amministrazioni comunali.
Molteplici segnali evidenziano la propensione della diffusa criminalità presente in Puglia ad innalzare il livello di aggressività. La crisi occupazionale contribuisce ad alimentare condotte illegali, specie tra i giovani, che costituiscono il principale serbatoio di manovalanza per la delinquenza comune ed organizzata.
Proseguono intensi i contatti con esponenti criminali dell'Albania e del Montenegro, soprattutto per la gestione dell'immigrazione clandestina e del traffico di armi e droga.
Il particolare contesto della Sardegna, seppure non interessato da forme di criminalità organizzata di spessore analogo a quello delle regioni a rischio, è stato caratterizzato da un sensibile incremento di azioni intimidatorie contro rappresentanti delle Istituzioni, soprattutto nel Nuorese, che hanno suscitato allarme fra la popolazione.

b. Strategia di contrasto - azione dei Servizi
Il radicamento dei sodalizi criminali nel Mezzogiorno è fra gli elementi che maggiormente incidono sulla qualità di vita della popolazione, in un contesto di grave degrado ambientale connotato da alti livelli di disoccupazione e di sottoccupazione. In questo senso, la "visibile riappropriazione" del territorio da parte dello Stato ha assunto un valore fondamentale nella strategia globale anticrimine, sotto il profilo della prevenzione e della repressione dei reati nonché del regolare sviluppo dell'economia. Nell'ambito del processo di affrancamento dal sistema criminalità-degrado socioeconomico, il Governo ha propiziato misure volte ad un rilancio imprenditoriale ed occupazionale, mediante interventi diretti a favorire l'insediamento di poli produttivi in un'adeguata cornice di sicurezza e di coordinata azione amministrativa.
Sul piano internazionale, il ruolo di rilievo svolto dal nostro Paese nella lotta alla grande criminalità ha trovato momento qualificante nella promozione di accordi e di iniziative volti all'armonizzazione normativa ed alla sempre maggiore interazione tra gli organismi informativi ed investigativi dei vari Stati.
L'attività del SISDe è stata rivolta alle dinamiche evolutive dei più importanti sodalizi ed ai loro principali settori di interesse.
I risultati dell'azione informativa si sono concretizzati nella trasmissione agli Enti istituzionali di circa 200 segnalazioni che, confermate dai successivi riscontri di polizia giudiziaria, hanno permesso di eseguire oltre 180 provvedimenti restrittivi, dei quali 83 per associazione a delinquere di stampo mafioso e 63 per delitti in materia di stupefacenti. Sono stati, poi, sottoposti a sequestro droga, armi e munizioni nonché valori nazionali ed esteri anche falsificati.
L'impegno del Servizio ha consentito altresì la cattura di 16 latitanti, di cui 6 per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Va citato, inoltre, l'istituzionale supporto fornito nell'ambito della collaborazione con gli Organi di polizia giudiziaria, che ha riguardato 82 inchieste nei confronti della criminalità.
I profili esteri del fenomeno criminale sono stati oggetto di particolare attenzione da parte del SISMI, che ha acquisito dati informativi attinenti a soggetti latitanti ed ai rapporti tra i diversi gruppi italiani e stranieri, finalizzati ad attività illecite di varia natura, segnatamente il riciclaggio, i traffici di armi e droga e l'immigrazione clandestina.



L'incursione armata dello scorso anno a Venezia ed il riconoscimento giudiziario delle finalità eversive hanno costituito l'indicatore più evidente di come il fenomeno secessionista, nell'interpretazione militante datane dalle componenti più radicali, potesse tradursi in minaccia destabilizzante dell'ordine democratico. In questo senso, si è resa necessaria la particolare attivazione dell'intelligence finalizzata a cogliere, al di là di toni e moduli espressivi diversificati, eventuali dinamiche degenerative.
In effetti, l'insieme delle evidenze sulle frange separatiste estremiste denota il persistere di sacche che non escludono una evoluzione operativa in chiave eversiva. Tali settori, pur se in maniera più defilata rispetto al passato - verosimilmente per effetto di una decisa azione di contrasto - si sono resi protagonisti di gesti intimidatori che hanno rivelato una perdurante ostilità nei confronti della Magistratura, delle Forze dell'ordine nonché delle altre espressioni ritenute rappresentative dello Stato.
Si tratta di episodi che, sebbene di modesto profilo, evidenziano l'intento di mantenere viva la tensione, anche mediante la contestazione delle scelte del Governo e, soprattutto, della politica di ripresa economica nel Mezzogiorno che, negli ambienti secessionisti radicali del nord est, viene strumentalmente impiegata per alimentare sentimenti di malcontento e di rifiuto nei confronti dello Stato e favorire atteggiamenti antisolidali e di egoistico localismo.
In siffatto contesto, è sempre possibile che nuclei più determinati cerchino di assumere un "ruolo di avanguardia" rispetto alle altre frange, con il compimento di azioni eclatanti contro obiettivi simbolo.
In questo senso, particolarmente insidiosa potrebbe rivelarsi la strategia tesa a provocare un effetto "trascinamento", attraverso la proliferazione di nuove sigle, onde creare la suggestione dell'esistenza di un più ampio fronte ed indurre all'azione le componenti ancora incerte.
Per altro verso, l'insistenza con cui certa propaganda secessionista cerca di accreditare un'immagine repressiva dello Stato potrebbe determinare, in taluni, l'erronea percezione della delegittimazione e dell'isolamento dei magistrati impegnati in inchieste giudiziarie sul fenomeno e la conseguente convinzione di un contesto "favorevole" al compimento di gesti violenti.
Ad articolare ulteriormente la situazione concorre, inoltre, la contrapposizione fra elementi secessionisti e frange più estreme dell'antagonismo ideologico, cui potrebbero essere ricondotti taluni episodi ancora di dubbia matrice.
Permane, infine, il rischio di analoghe degenerazioni in senso separatista di istanze proprie di altri ambiti regionali, laddove il disagio sociale potrebbe prestarsi ad essere manipolato in funzione antistatale. Sono all'attenzione eventuali collegamenti con più agguerriti gruppi indipendentisti di altri Paesi nonché possibili strumentalizzazioni da parte di ambienti stranieri interessati.


a. Immigrazione clandestina
Nell'ambito geopolitico mediterraneo, segnato da marcati squilibri sia in termini di stabilità che di risorse economiche, i movimenti migratori sono destinati a rappresentare una costante immanente. A connotarne la portata in senso emergenziale intervengono talune situazioni di conflittualità regionale che comportano forti spinte centrifughe delle popolazioni interessate. Quadro, questo, ulteriormente aggravato dalle connivenze di settori istituzionali di alcuni Paesi di origine, propensi a favorire l'esodo di masse di disoccupati o di oppositori politici, nonché dall'interesse della criminalità a gestire il lucroso traffico dei clandestini.
Su tali diversificati fronti ha trovato spazi significativi la ricerca intelligence volta a cogliere, in seno al fenomeno dell'immigrazione illegale, quegli aspetti che specificamente incidono sulla sicurezza nazionale.
L'arrivo di clandestini via mare - a tutt'oggi di maggior impatto e visibilità rispetto ad altre modalità d'ingresso - ha fatto registrare un sensibile incremento, sia per i flussi provenienti dal Nordafrica e diretti principalmente verso le isole meridionali della Sicilia, sia per quelli che dall'Est europeo e dall'Asia vengono ad interessare le coste del basso Adriatico, attraverso consolidate rotte aventi snodi principali in Turchia ed in Albania.
L'attuale stato delle crisi locali non lascia ipotizzare, nei tempi brevi, un'inversione di tendenza. Questo vale segnatamente per il conflitto in Kurdistan, ove gli scontri tra l'esercito di Ankara ed i guerriglieri separatisti continuano a muovere ondate di profughi verso l'Europa.


PRINCIPALI DIRETTRICI DEI FLUSSI MIGRATORI CURDI



Si presenta tuttora grave la situazione in Albania, caratterizzata da estrema precarietà sia dal punto di vista economico che della sicurezza.
Massima allerta è imposta dalla crisi in Kosovo e dal pericolo che essa inneschi nell'intera regione una reazione a catena suscettibile di tradursi in un esodo di massa verso il nostro Paese.
I rischi più immediati sembrano legati proprio all'esistenza di migliaia di profughi che, riparati, all'emergenza, negli Stati confinanti, nel caso in cui fossero costretti a trasferirsi dalle aree di prima accoglienza, potrebbero cercare rifugio in ambito UE ed in Italia in particolare. Tale eventualità è resa più concreta dall'interesse della malavita albanese, già emerso sul piano informativo, a profittare anche di questa circostanza per incrementare i propri traffici.
Al di là delle accelerazioni impresse al fenomeno dalle descritte situazioni risulta forte, e destinata a conservare un trend di crescita, la pressione migratoria dal Nordafrica, espressione del divario demografico ed economico che connota il rapporto tra Sud e Nord.
L'attenzione informativa riservata ai sodalizi delinquenziali dediti al traffico di clandestini ha confermato la loro notevole potenzialità corruttiva nei Paesi di provenienza ed il frequente impiego dei medesimi canali per il "mercato delle persone" ed il commercio illecito di armi, esplosivi e stupefacenti. Questa circostanza permette alle consorterie criminali di realizzare vantaggiose economie di scala che ne moltiplicano, con i guadagni, la dimensione operativa e l'aggressività.
Tra i dati emergenti, si rileva il crescente inserimento nell'immigrazione clandestina delle formazioni terroristiche, sia islamiche che separatiste, finalizzato all'autofinanziamento ed all'individuazione delle rotte attraverso le quali introdurre in Occidente propri militanti.
Il quadro delineato evidenzia così il sovrapporsi di interessi delinquenziali ed "ideologici", l'esistenza di una strutturata rete organizzativa estesa dall'Estremo Oriente ai Balcani, dal Nordafrica alla penisola anatolica ed al Medio Oriente, nonché la totale fungibilità delle direttrici lungo le quali il fenomeno si dispiega, convogliando sugli stessi percorsi profughi, estremisti e criminali.
L'azione dei Servizi si è sviluppata in piena sintonia con la strategia intrapresa dal Governo che, dopo l'approvazione della nuova legge in materia di immigrazione, si è impegnato nella rigorosa applicazione degli strumenti di contrasto, attraverso il rafforzamento dei controlli alle frontiere ed una puntuale attuazione delle misure in tema di respingimento e di espulsione, non tralasciando di promuovere parallele iniziative sul piano internazionale, per la definizione degli accordi di riammissione e di cooperazione con i Paesi di origine.

b. Presenza di cittadini stranieri di interesse sotto il profilo della sicurezza
- sodalizi criminali. Le manifestazioni di intolleranza e di protesta poste in essere in alcune città italiane nei confronti degli immigrati extracomunitari - seppure contenute rispetto alle situazioni riscontrate in altri contesti europei - sono sintomatiche dell'accresciuto allarme sociale legato all'afflusso nel nostro Paese di clandestini che finiscono, sovente, per alimentare i circuiti di illegalità.
I vari sodalizi delinquenziali stranieri hanno gradualmente assunto dimensioni e capacità organizzative tali da potersi affrancare da pregresse sudditanze rispetto alle consorterie endogene, sino a conquistare posizioni egemoniche in talune realtà territoriali ed in alcuni settori criminali, quali lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico di droghe leggere e sintetiche.
I clan albanesi, di cui sono stati più volte evidenziati la pericolosità ed il sistematico coinvolgimento in ogni sorta di attività illegali, vanno acquisendo piena autonomia anche in regioni, come la Campania, tradizionalmente connotate dalla presenza di una forte criminalità organizzata autoctona.
La malavita cinese, sinora prevalentemente dedita all'immigrazione clandestina di connazionali ed allo sfruttamento della manodopera, va ampliando le proprie aree di interesse. Secondo recenti evidenze, elementi legati alle "triadi" starebbero investendo nel Meridione ingenti capitali, anche a fini di riciclaggio, avviando fabbriche, laboratori ed imprese commerciali.
I gruppi delinquenziali nigeriani, forti dei vincoli di natura etnico-tribale che conferiscono loro un'accentuata coesione interna ed un'ampia possibilità di reclutamento, si confermano particolarmente attivi nel narcotraffico e nel lenocinio.
Su un piano contiguo, ma qualitativamente di accentuato spessore, con una rimarchevole caratura transnazionale che ne tratteggia, ad un tempo, le potenzialità di espansione, la capacità di inquinamento di circuiti legali e la rete di connivenze con alcuni apparati, si muovono i sodalizi ricompresi sotto la generica dizione di "mafia russa", vero e proprio sistema economico-criminale caratterizzato dall'osmosi tra componente delinquenziale e segmenti affaristico-finanziari.
Essa, infatti, nell'area di origine è direttamente inserita, oltre che nei tradizionali ambiti delittuosi, nei traffici di materie prime, nella produzione alimentare, nelle imprese di trasporto, nell'importazione di beni di consumo e di apparecchiature elettroniche, nelle attività bancarie, assicurative e finanziarie.
Per quanto riguarda il nostro Paese, l'azione informativa ha posto in luce come il territorio nazionale costituisca per questi gruppi essenzialmente ambito operativo di "secondo livello" e ne subisca il radicamento in settori di minor visibilità sul piano dell'ordine pubblico, ma di notevole incidenza sulla sicurezza economica nazionale. Segnalazioni hanno riguardato, in particolare, la penetrazione nel campo immobiliare e delle infrastrutture turistiche, nonché l'attivismo sui mercati finanziari, finalizzato al rinvenimento di sempre nuovi e più sofisticati strumenti per il riciclaggio dei capitali di illecita provenienza.
Sotto quest'ultimo profilo, è fortemente sentita in ambito comunitario - ed ha già indotto all'adozione di una coordinata risposta in termini legislativi ed info-operativi - la minaccia derivante dalla possibilità che le strategie aggressive della mafia russa e delle altre espressioni del crimine organizzato transnazionale trovino altri remunerativi spazi di inserimento nel mercato integrato di Maastricht.
Sono all'attenzione, infine, quelle componenti straniere che presentano specifici aspetti di interesse, connessi all'utilizzazione dei proventi di attività delittuose per il finanziamento di gruppi armati di ispirazione ideologico-religiosa, quali le formazioni integraliste islamiche, ovvero di matrice etnico-separatista, come quelle turco-curde e cingalesi-tamil.
- gruppi oltranzisti. Una serie di coordinate operazioni di polizia condotte nel semestre ha ulteriormente confermato il quadro informativo più volte delineato circa la presenza, sul continente europeo, di ramificate articolazioni dell'integralismo algerino, impegnate soprattutto in attività di sostegno logistico ai gruppi della madrepatria, ma, secondo talune segnalazioni, utilizzabili all'occorrenza anche per progettualità terroristiche.
Il nostro Paese risulta aver da tempo assunto un ruolo per quanto attiene al reperimento di documenti falsi, ai collegamenti con militanti e strutture dell'area balcanica ed alle interazioni tra componenti di diversa nazionalità.
Tra le più significative indagini, avviate anche su input dei Servizi, vi è quella che ha portato, in febbraio, all'individuazione di una cellula di un movimento estremista marocchino operante nel reclutamento di volontari da avviare in campi di addestramento all'estero. Altri arresti, in giugno, hanno confermato le precedenti indicazioni in ordine all'attivismo di una formazione emergente del radicalismo tunisino in favore di militanti algerini.
Massima vigilanza è stata inoltre riservata ad uomini ed organizzazioni a vario titolo riconducibili all'integralismo egiziano, presenti soprattutto in Nord Italia, la cui pericolosità risiede specialmente nella spiccata propensione a colpire obiettivi occidentali - o comunque percepiti come ostili alla causa islamista - sia in patria che all'estero.
Profili di minaccia appaiono legati anche ai gruppi mediorientali, le cui proiezioni operative sono suscettibili di riflettere le dinamiche in atto nella regione, sempre in grado di tradursi in violenza terroristica.
In tal senso, in ragione di acquisizioni concernenti strategie offensive contro obiettivi israeliani e statunitensi in Europa, una mirata ricerca informativa è stata rivolta a taluni ambienti dell'estremismo palestinese e libanese, per il ruolo che potrebbero svolgere nel caso in cui dovesse prevalere l'opzione terroristica al di fuori dell'area di origine.
E' stata svolta una capillare azione di monitoraggio al fine di cogliere tempestivamente eventuali tentativi di infiltrazione ed iniziative controindicate ad opera di elementi radicali nell'ambito dei numerosi centri di aggregazione islamica presenti sul territorio nazionale, più che raddoppiati nell'ultimo quinquennio. Ciò anche per garantire la fondamentale libertà di esercizio del culto.
Specifica attenzione è stata riservata ai contenuti della propaganda estremista, utile indicatore dell'evoluzione ideologica e delle proiezioni europee di nuclei e movimenti di ispirazione islamista.
Elementi di interesse vanno colti nei possibili sviluppi del dibattito, interno agli ambienti più radicali, sulla definizione del ruolo e del carattere della presenza musulmana in Occidente. In esso sembrano potersi enucleare essenzialmente due posizioni: l'una, propensa ad enfatizzare il patrimonio culturale e tradizionale arabo, l'altra fautrice dell'esigenza di promuovere gli aspetti maggiormente estremizzanti dell'Islam.
Nell'immediato, i problemi più evidenti sembrano derivare dalle difficoltà di integrazione di quanti difendono la rigida conservazione degli usi e costumi propri dei Paesi di provenienza. In prospettiva, peraltro, è la linea che propugna la cd. islamizzazione quella che appare suscettibile di ispirare scelte di marcata impronta radicale, sulle quali è possibile ipotizzare la convergenza delle istanze oltranziste e la loro traduzione militante e militare.


L'evoluzione del concetto di sicurezza nazionale in senso globale ha sollecitato sensibilità ed attenzione nuove verso forme di aggressione condotte sul terreno economico.
In questa direzione si va realizzando, in maniera sempre più fattiva, la concertata collaborazione tra comunità di intelligence e Dicasteri ed Organismi di vigilanza, allo scopo di definire i campi di possibile attivazione nei settori economico-finanziario e tecnologico, cogliere fenomeni emergenti anche nello scenario internazionale, stabilire priorità di indirizzo e predisporre, in via puntuale ed efficace, modalità di interscambio informativo.
Dal punto di vista dello sviluppo dell'economia reale, l'ingerenza criminale nel mercato continua a rappresentare il fattore critico, atteso l'elevato potenziale eversivo della malavita organizzata, capace di sconvolgere il complesso di regole e procedure che consentono la produzione e lo scambio efficiente delle risorse.
Si assiste alla tendenza dell'imprenditoria mafiosa ad infiltrarsi, prevalentemente, in settori protetti - quale, ad esempio, quello degli appalti - che possono favorire il conseguimento di elevati profitti al riparo della concorrenza.
Di contro, non si registrano significativi episodi di aggressione a comparti produttivi tecnologicamente avanzati, verosimilmente perché non è stato ancora raggiunto un adeguato livello di "know-how".
Specifico impegno è stato profuso allo scopo di individuare forme di pressione e di ingerenza criminali in insediamenti industriali e poli multifunzionali di servizi operanti nel Mezzogiorno, interessati da progetti di sviluppo infrastrutturale e da interventi di programmazione negoziata.
Hanno formato oggetto di analisi le situazioni di tensione riscontrate in alcuni settori economici del Paese, a margine di processi di liberalizzazione e di ristrutturazione, intrapresi nella prospettiva dell'unificazione europea.
E' proseguita l'azione di contrasto alle minacce portate all'integrità del sistema finanziario, correlate a truffe di ampie dimensioni ed al riciclaggio di proventi illeciti, che va connotandosi per l'internazionalità delle articolazioni ed il tecnicismo delle operazioni, perfezionate anche in ambiente telematico.
Con riguardo alla tutela del patrimonio scientifico e tecnologico nazionale, il contributo informativo fornito ai comitati interministeriali si è accompagnato al monitoraggio delle principali commesse, che vedono interessate a livello internazionale anche primarie aziende italiane.
Nell'ambito dell'attenzione riservata allo scenario estero, la realtà albanese continua a rappresentare obiettivo prioritario, anche per l'emergere, quale dato più recente, del fenomeno dell'immissione, nel nostro territorio, di cospicue somme in contante, ad opera di soggetti con precedenti specifici per sfruttamento dell'immigrazione clandestina e traffici illeciti di armi e stupefacenti. L'azione informativa ha altresì riguardato la situazione di una finanziaria, sospettata di attendere ad attività di riciclaggio su piazza estera.
Sono stati, inoltre, valutati i possibili rischi di contaminazione, con riferimento ad aree caratterizzate da legislazioni di privilegio fiscale e di anonimato finanziario, ovvero da inadeguati livelli di controllo, che possono offrire condizioni favorevoli per vantaggiosi inserimenti da parte dei sodalizi delinquenziali.
La grande criminalità transnazionale mostra notevoli potenzialità inquinanti dei circuiti finanziari, come ipotizzato in merito ad un tentativo di accaparramento di consistenti quote di capitale di società privatizzata.
E' proseguita l'attività informativa volta ad individuare, nel nostro territorio, insediamenti economici emanazione di interessi riconducibili a Paesi a "rischio".


a. Ecosistema
La tutela ambientale va assumendo crescente rilievo, posto che la minaccia all'ecosistema configura un'aggressione ad un bene pubblico essenziale non solo per l'incolumità e la salute, ma anche per l'economia del Paese, per le gravi ricadute sul patrimonio paesaggistico in termini di immagine e di competitività.
Lo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici e radioattivi - primario fattore eziologico del danno all'ecologia - costituisce settore di attività privilegiato per il crimine organizzato, che si avvale della propria capacità di inserimento sul territorio. Diverse indicazioni inducono a ritenere in atto traffici clandestini internazionali, specie per quel che attiene alla movimentazione di materiali ferrosi radioattivi, impiegati, previo riprocessamento, nella fabbricazione di beni di largo consumo.

b. Reti telematiche
La diffusione dello strumento informatico in tutti i settori vitali della società moderna sollecita approfondimenti su nuove forme di aggressione alla sicurezza che, attraverso il ricorso a tali tecnologie, si sostanziano in rimodulazioni delle pratiche di contrapposizione antistatuale, ovvero in fenomeni di minaccia assolutamente peculiari e propri del mezzo impiegato.
Nel primo ambito va ricompresa l'attività dell'antagonismo ideologico che utilizza l'ambiente virtuale come strumento di comunicazione in grado sia di incrementare la dimensione transnazionale delle proprie progettualità, sia di offrire spunti per gesti di sabotaggio di siti telematici e di banche-dati protette.
L'uso dell'informatica per esigenze di stampo propagandistico - che recenti indicazioni attribuiscono anche a componenti dell'estremismo islamico - potrebbe, in futuro, risultare prodromico a più pericolose attivazioni operative, da parte delle frange più radicali, intese a disarticolare sistemi che presiedono a funzioni vitali per la collettività.
Anche la criminalità organizzata mostra di strumentalizzare l'applicazione telematica per una diversificazione delle attività delittuose, specialmente per finalità di riciclaggio.
Tra le espressioni di nuova minaccia informatica, degna di rilievo è la pratica della produzione e propalazione di virus. Essa potrebbe ricevere una notevole accelerazione, che ne moltiplicherebbe l'incidenza sulla sicurezza, in connessione con gli inconvenienti tecnici che l'intero settore è chiamato a risolvere per la datazione elettronica del nuovo millennio.

c. Sette e centri occulti di potere
Hanno costituito oggetto di attenzione quelle sette pseudo religiose ed esoteriche, sospettate di attività volte all'illecito arricchimento e di esercitare condizionamenti di tipo psichico sugli aderenti.
Profili di insidiosità sono ravvisabili, in prospettiva, in quei sodalizi caratterizzati da fanatismo, anche autodistruttivo, per i quali l'anno 2000 e le celebrazioni del Giubileo rivestono particolare valore simbolico e potrebbero, quindi, essere considerate momento favorevole per l'attuazione di gesti clamorosi.
E' proseguita la ricerca intelligence tesa ad individuare minacce riconducibili all'azione di centri occulti di potere in campo affaristico - finanziario e disinformativo.







a. area balcanica
La situazione della Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ) ha registrato un progressivo incremento della precarietà degli equilibri interni sia a livello delle repubbliche, che sul piano federale.
In Serbia ha contribuito allo stato di incertezza il ritardo nella formazione del Governo di coalizione, che ha ottenuto il voto di fiducia del Parlamento repubblicano solo alla fine di marzo.
In Montenegro il principale fattore di tensione è stato rappresentato dalla contrapposizione tra l'attuale presidente della Repubblica, Djukanovic, di orientamento riformista, e l'ex Capo dello Stato, nonché attuale Primo Ministro federale, Bulatovic, uomo di fiducia del Presidente federale Milosevic. Tale contrapposizione è culminata nelle elezioni parlamentari anticipate del 31 maggio che hanno segnato il successo dello schieramento di Djukanovic, con ripercussioni sia sul quadro montenegrino sia sui rapporti interfederali.
In Kosovo la situazione è degenerata in ragione del crescente attivismo dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), cui ha fatto riscontro un coinvolgimento sempre più ampio dell'apparato di difesa e sicurezza di Belgrado.
L'intensificazione della conflittualità nella provincia serba, favorita dall'afflusso di armi e volontari, ha generato consistenti esodi di profughi in direzione dei Paesi limitrofi che hanno ulteriormente inciso sulle problematiche socioeconomiche locali.
Sul piano negoziale si è verificato un sostanziale stallo nonostante le reiterate pressioni internazionali che hanno portato, in aprile, all'incontro tra il Presidente federale Milosevic ed il leader Rugova, venutosi a trovare in una situazione di crescente isolamento rispetto alle posizioni sempre più radicali assunte dalla dirigenza albano-kosovara.
La mancanza di sviluppi positivi rischia di determinare una escalation delle operazioni militari dall'esito incerto, con ipotizzabili situazioni di maggior esposizione per l'Europa e per l'Italia in particolare.
In Albania la situazione è stata caratterizzata da un'accentuata conflittualità politico-istituzionale, alimentata dai tentativi del Partito Democratico Albanese (PDA), principale forza di opposizione, di far leva sulle difficoltà incontrate dalla dirigenza del Paese nella soluzione delle gravi emergenze interne, allo scopo di riacquisire consensi tra la popolazione, e dai contrasti in seno allo stesso Partito Socialista Albanese (PSA), componente di maggioranza della coalizione di governo.
Lo scontro politico è alimentato dagli irrisolti problemi di ordine pubblico - dovuti alla diffusa criminalità, alle difficoltà ad esercitare il controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine ed ai collegamenti tra taluni esponenti politici e la delinquenza organizzata - nonché dal perdurare della grave crisi socioeconomica.
In tale contesto gli obiettivi del Governo Nano appaiono di non facile realizzazione, mentre l'accertamento dello stato di insolvibilità di alcune società finanziarie cd. "di credito informale", potrebbe suscitare, specie nelle regioni meridionali, nuove manifestazioni di protesta da parte dei risparmiatori, con il rischio di degenerazioni.
Ad aggravare il quadro di generalizzata precarietà del Paese sono intervenuti i riflessi della crisi in atto nel Kosovo, tradottisi in ulteriori contrasti politici e nell'incremento della tensione sociale conseguente al consistente flusso di profughi albano-kosovari, specie nelle regioni nordorientali del Paese.
In Bosnia Erzegovina il consolidamento politico-istituzionale nella Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina (RSBE), con la costituzione del nuovo Governo da parte del Primo Ministro Dodik, potrebbe favorire la piena attuazione degli accordi di Dayton ed incidere positivamente sulla difficile situazione che caratterizza la Federazione Croato-Musulmana (FCM), ove permangono problemi di funzionamento di talune amministrazioni locali e la questione del ritorno dei profughi nei luoghi di origine.
Il processo di stabilizzazione dell'area, in un contesto di convivenza multietnica, potrebbe, peraltro, essere compromesso dalla crescente penetrazione di attivisti islamici, con particolare riferimento al settore dell'informazione, a quello imprenditoriale ed alle organizzazioni internazionali di assistenza socio-umanitaria.
Tali attività, oltre a rappresentare un ostacolo al processo di consolidamento dello Stato bosniaco, costituiscono una crescente minaccia anche per gli altri Paesi dell'area balcanica, in relazione al rischio dell'espansione del fondamentalismo islamico in seno a quelle comunità musulmane.
Segnali in tal senso vengono rilevati in Albania e fra le comunità albano-kosovara ed albano-macedone.

b. Comunità degli Stati Indipendenti
Nella Federazione Russa il quadro politico-istituzionale permane caratterizzato da elevati livelli di tensione. Il rimpasto governativo, voluto dal Presidente Eltsin, ha acuito i contrasti tra il nuovo Governo riformista e la Duma, controllata dai partiti comunisti e nazionalisti, con il rischio di ritardare l'approvazione dei provvedimenti legislativi indispensabili per portare a termine il processo di riforme e favorire lo sviluppo.
Il deterioramento della situazione economica e finanziaria del Paese, conseguenza anche del crollo delle borse asiatiche e della caduta del prezzo del petrolio sui mercati internazionali, è destinato a ritardare ulteriormente la normalizzazione della situazione retributiva e potrebbe provocare un inasprimento delle tensioni sociali. Permane altresì il malessere delle Forze Armate, che hanno mostrato aperto dissenso nei confronti della dirigenza.
In tale contesto, assume sempre maggiore rilievo il ruolo del Presidente Eltsin quale garante - anche nei confronti del FMI e della Banca Mondiale - della prosecuzione del piano di risanamento economico e di modernizzazione del Paese, ostacolato dalle estese infiltrazioni della criminalità organizzata in settori importanti dell'economia e della finanza, mentre si riacutizzano le lotte tra i gruppi affaristico-finanziari che, oltre a controllare organi di informazione ed istituti di credito, sono interessati ad influenzare le scelte politiche.
Nelle Repubbliche caucasiche della Federazione russa si sono aggravati gli elementi di instabilità riconducibili alla mancata soluzione della crisi cecena, al peggioramento delle condizioni economiche, alla recrudescenza dell'attività criminale e terroristica ed al crescente attivismo dei movimenti estremisti islamici.
La Russia teme che il deterioramento della situazione nell'area del Caucaso possa costituire un pericolo per l'integrità della Federazione e compromettere gli sforzi diretti ad influenzare gli sviluppi dei programmi energetici nella regione del Caspio e dell'Asia centrale.
Sul piano internazionale Mosca appare impegnata ad acquisire una maggiore visibilità che le consenta di riaffermare l'importanza del suo ruolo sulla scena mondiale. In tale quadro, si rileva, inoltre, la volontà russa di accrescere la credibilità della CSI quale organismo comunitario in grado di coordinare la politica degli Stati membri, anche al fine di combattere la minaccia rappresentata dalla diffusione dell'integralismo islamico, soprattutto nell'area asiatica.
In Ucraina i contrasti tra il Presidente Kuchma ed il Parlamento contribuiscono ad elevare l'instabilità del quadro politico-istituzionale ed a ritardare l'attuazione del programma di riforme, con il rischio di un ulteriore peggioramento della crisi economica e sociale. La situazione è destinata a protrarsi almeno sino alle prossime elezioni presidenziali (1999).
In Belarus si sta accentuando l'involuzione in senso autoritario del regime del Presidente Lukashenko, che ha imposto nuove restrizioni alla libertà di stampa ed all'attività delle forze politiche, aggravando l'isolamento internazionale del Paese. Un deterioramento della situazione economica potrebbe acuire il malessere sociale ed alienare al Presidente il consenso di larghi strati della popolazione.
Nell'area caucasica della CSI permane, nonostante gli sforzi della diplomazia internazionale, la fase di stallo nelle trattative per la soluzione delle crisi tra la Georgia e l'autoproclamata Repubblica secessionista dell'Abkhazia, nonché tra Armenia ed Azerbaigian per il controllo sull'enclave del Nagorno Karabakh. Un innalzamento della tensione potrebbe pregiudicare la possibilità di un accordo e compromettere lo sviluppo dei progetti energetici della regione.
In Tagikistan si è registrata una recrudescenza delle attività militari e terroristiche, nonostante i progressi nell'attuazione dell'accordo di pace tra il Governo e l'opposizione islamica, con crescente pericolosità anche per il personale dell'ONU e delle organizzazioni umanitarie. La situazione potrebbe favorire l'espansione del fondamentalismo islamico in tutta l'Asia centrale e nelle regioni musulmane della Russia.

c. area mediorientale e del Golfo Persico
I tentativi internazionali volti a rilanciare il negoziato israelo-palestinese non hanno indotto le parti a rimuovere le divergenze di fondo.
In particolare, Israele ha continuato a circoscrivere la portata delle trattative alla definizione delle cd. "questioni tecniche" (aeroporto, porto e striscia di Gaza, collegamento con Cisgiordania), relative alla fase transitoria dell'autonomia palestinese, condizionando ogni eventuale progresso alla repressione delle attività dei gruppi estremisti islamici da parte dell'Autorità Palestinese (AP).
L'AP, di contro, ha continuato a considerare i negoziati come veicolo per la costituzione di un'entità geopolitica le cui prerogative siano assimilabili a quelle di uno Stato, subordinando inoltre il prosieguo delle trattative all'interruzione degli insediamenti ebraici, specie di quelli nel settore orientale di Gerusalemme, ed al rischieramento delle forze israeliane in Cisgiordania.
Il protrarsi della crisi del negoziato israelo-palestinese, oltre ad alimentare le frustrazioni della popolazione palestinese, accresce la minaccia terroristica per Israele ed i rischi d'instabilità per l'AP. Quanto precede si riflette negativamente sugli equilibri dell'intera regione mediorientale, a causa della crescente diffidenza nei confronti di Tel Aviv da parte dei Paesi arabi che fanno dipendere la normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico da una positiva evoluzione delle trattative.
In tale contesto non è da escludere che il Governo israeliano intraprenda, a breve, iniziative volte a sbloccare la situazione. Nel contempo anche gli altri fronti del negoziato arabo-israeliano, relativi ai contenziosi con Libano e Siria, registrano la totale assenza di sviluppi.
Per quanto riguarda il Golfo Persico, in Iran si è registrato un inasprimento dei contrasti tra la corrente conservatrice, guidata da Ali Khamenei, e quella pragmatica del Presidente della Repubblica Khatami. Le crescenti difficoltà di Khamenei di conciliare il sistema teocratico con le spinte ad una modernizzazione e laicizzazione politico-ideologica hanno accresciuto il senso di disaffezione verso il Regime da parte sia della classe religiosa sia della popolazione.
Nel Paese hanno avuto luogo contrapposte manifestazioni di piazza, espressione della conflittualità dei rapporti esistenti e si sono verificati alcuni attentati ad opera di formazioni dissidenti.
Il delicato momento di transizione potrebbe assumere rilievo, in quanto l'affermazione di una o dell'altra linea politica è suscettibile di comportare una significativa ridefinizione degli equilibri interni, con evidenti ripercussioni in ambito internazionale.
Per quanto concerne l'Iraq, il successo della mediazione del Segretario Generale dell'ONU per la ricomposizione pacifica della crisi con le Autorità irachene ed il più recente accordo raggiunto tra Iraq ed UNSCOM in merito ad un piano di disarmo hanno allontanato la prospettiva di un nuovo intervento militare contro il regime iracheno, anche se permangono concreti rischi di nuove tensioni con la comunità internazionale.
Sul piano interno, non emergono al momento segnali di un cambiamento degli attuali equilibri di potere, in ragione del prestigio del Presidente iracheno e della sua capacità di coagulare attorno alla propria persona le varie componenti tribali che rappresentano l'elemento costitutivo di quella società.
L'area d'instabilità che interessa sia la regione mediorientale sia quella del Golfo Persico si è ulteriormente ampliata a seguito della ripresa della conflittualità nello Yemen.

d. area nordafricana e Corno d'Africa
In Algeria l'attività terroristica ha continuato a manifestarsi su livelli elevati in varie zone del Paese, colpendo obiettivi civili e militari, nonché infrastrutture e mezzi del settore dei trasporti e del comparto energetico.
A fronte di tale quadro, si conferma la tenuta dell'Esecutivo che, sebbene diviso fra fautori della mediazione e propugnatori della soluzione militare, trova nel contrasto alla minaccia di matrice islamica motivo di coesione. Nel contempo, la classe dirigente deve misurarsi con un crescente malcontento popolare, collegato all'urgenza di riforme socioeconomiche, e con tensioni a base etnica connesse al completamento del processo di arabizzazione intrapreso dal Governo.
In Libia l'attività antiregime risulta sostanzialmente attenuata. Nonostante il perdurare di alcuni episodi eversivi, il fronte dell'opposizione continua ad evidenziare una sostanziale frammentazione, in ragione sia dell'efficace azione di contrasto esercitata dalle forze di sicurezza, sia della più stretta collaborazione in materia di terrorismo, avviata dalla dirigenza di Tripoli con alcuni Paesi arabi ed in particolare con quelli maghrebini. Sul piano interno, si registra il permanere di difficili condizioni economiche che risentono in modo significativo del regime sanzionistico imposto dall'ONU per la vicenda Lockerbie. A tale riguardo, l'accettazione da parte della Corte Internazionale dell'Aja (27.2.98) del ricorso presentato da Tripoli, contro la richiesta degli Stati Uniti e della Gran Bretagna di ottenere l'estradizione dei due cittadini libici sospettati di essere responsabili dell'attentato, potrebbe rappresentare un primo passo verso il rientro della Libia nel più ampio consesso internazionale.
L'Egitto, da tempo impegnato nella realizzazione di un programma di risanamento economico, ha dovuto rallentare il processo di privatizzazione per gli elevati costi sociali, soprattutto in termini di occupazione. Nel Paese, i gruppi estremisti islamici hanno dimostrato, in varie occasioni, di possedere immutate capacità operative nonostante l'incremento delle misure di sicurezza. Inoltre, permane il rischio di possibili infiltrazioni dell'estremismo islamico in fenomeni di disaffezione sociale, quali le proteste degli agricoltori contro la legge di riforma agraria. Sul piano regionale, si è registrato un significativo miglioramento delle relazioni con il Sudan, nonostante permanga una sostanziale diffidenza tra le leadership dei due Paesi, riconducibile alle reciproche accuse di sostegno ai gruppi di opposizione ed al perdurante contenzioso territoriale.
In Sudan la situazione è caratterizzata da un'estesa conflittualità negli Stati meridionali e centrorientali del Paese tra le Forze Armate e le componenti della guerriglia che fanno capo all'Alleanza Democratica Nazionale, organizzazione ombrello dell'opposizione sudanese con basi oltreconfine.
Nel Corno d'Africa il quadro di sicurezza dell'area ha subito i riflessi negativi dello scoppio del conflitto eritreo-etiopico, che trae origine da controversie legate a fattori economici, a contenziosi territoriali ed all'acceso nazionalismo delle parti.
Nello sforzo di pacificazione intrapreso dalle diplomazie internazionali, la mediazione italiana ha potuto conseguire taluni risultati positivi, segnatamente per quanto concerne la sospensione degli attacchi aerei.
Il conflitto fra l'Etiopia e l'Eritrea rischia di offrire agli estremisti islamici somali l'opportunità di riprendere le incursioni nelle regioni meridionali etiopiche. Tale eventualità, correlata con la crisi in atto in Somalia, potrebbe ritardare ulteriormente il buon esito degli sforzi diplomatici volti ad evitare la destabilizzazione dell'intero Corno d'Africa.

e. Africa centrale
Permangono situazioni di tensione in numerosi Paesi (Ruanda, Burundi, Repubblica Democratica e Repubblica Popolare del Congo, Sierra Leone, Zimbabwe e Guinea Bissau). Non accennano a sopirsi, infatti, le rivalità e gli scontri interetnici, che impediscono l'avvio o il consolidamento del processo di democratizzazione istituzionale di numerosi Stati della fascia equatoriale. L'ampliamento dell'area d'instabilità sta producendo rischi per la sicurezza dei connazionali presenti in loco e riflessi molto gravi sul piano umanitario.


La minaccia spionistica proveniente dalle regioni mediorientali e nordafricane si mantiene su livelli significativi, anche per effetto del potenziamento di alcune strutture presenti sul territorio nazionale.
Organismi di taluni Paesi mediorientali hanno accentuato la loro azione volta ad esercitare il controllo della dissidenza anche mediante incessanti attività di propaganda e di proselitismo ideologico e religioso, inteso a favorire la progressiva penetrazione nelle comunità islamiche. A tal fine vengono utilizzati sia studenti universitari, sia associazioni culturali ed umanitarie.
Servizi di alcuni Stati nordafricani hanno proseguito nel controllo dei gruppi di opposizione ai rispettivi Governi e nell'individuazione di elementi collegati ai movimenti fondamentalisti e di lotta armata.
Non sono emersi elementi di novità in merito alle attività informative svolte da Servizi dell'Est, anche se costituiscono motivo di preoccupazione determinati collegamenti con organizzazioni criminali.
Quei Servizi si confermano, comunque, interessati in via prioritaria ai settori tecnologico-industriale, politico, economico-finanziario e militare.
L'attività di contrasto ha consentito l'individuazione di 18 agenti spionistici, di cui 3 in Italia.


Il quadro internazionale rivela come il persistere, in una molteplicità di aree, di profondi e complessi problemi politici e di sviluppo abbia determinato una permeabilità di ampie fasce di quelle popolazioni al richiamo unificante e di rivalsa dei radicalismi di varia ispirazione, che assumono sovente i linguaggi ed i toni del fondamentalismo religioso.
Emerge, in tal senso, la centralità della minaccia terroristica di matrice islamica, non solo per quanto attiene al suo ricollegarsi allo sviluppo delle varie crisi locali, ma anche con riferimento al tentativo di coagulare le diversificate componenti della galassia integralista in un fronte transnazionale, che ne moltiplicherebbe la carica offensiva, sganciandone le scelte strategiche dalla specificità delle situazioni regionali. Si va così profilando una faglia di conflitti e focolai di tensione che si estende dall'Africa nordoccidentale all'Estremo Oriente.
La propensione delle formazioni islamiste a porre le proprie istanze in un'ottica universalistica si connota ora di nuova attualità, in ragione del segnalato attivismo di personalità attorno alle quali starebbero convergendo, in funzione antioccidentale, frange di organizzazioni di differente provenienza.
Su un piano di immediata pericolosità, si collocano le linee evolutive dell'opposizione armata algerina, volte ad una internazionalizzazione della crisi, con possibile esportazione degli attentati al di fuori del Paese. Di rilievo, a questo proposito, è l'esistenza, in ambito continentale, di una rete facente capo ad elementi di spicco dell'integralismo operanti a Londra, impegnati nel ricompattare le file estere del movimento su un progetto politico che propugna la prosecuzione ad oltranza dell'offensiva terroristica. Proprio a questa rete apparterrebbero i maghrebini recentemente arrestati in diversi Stati europei, in quanto sospettati di fiancheggiamento e di progettualità violente.
In Algeria, la frammentazione in seno ai gruppi integralisti, accentuata anche dalle trattative intraprese dal regime con una parte di essi, ha evidenziato, accanto al persistere di una deriva stragista, il graduale enuclearsi di uno schieramento determinato a canalizzare gli attacchi verso obiettivi mirati, specie del comparto energetico.
Permangono elevati i rischi tanto per i cittadini occidentali in loco, quanto per gli interessi governativi algerini al di fuori di quei confini.
L'operatività dei terroristi islamici in altri contesti nordafricani, che ha fatto registrare, in Marocco, la comparsa sulla scena di una nuova formazione e, in Egitto, il perdurare degli scontri tra estremisti e forze di sicurezza, conferisce ulteriore spessore alla minaccia, anche in ragione delle interconnessioni tra gruppi di varia nazionalità, che hanno mostrato di trovare spazi particolarmente significativi proprio nelle articolazioni estere.
Accentuata attualità rivestono i rischi di azioni terroristiche frutto della degenerazione del processo di pace israelo-palestinese. Unitamente alla possibilità che l'assenza di sbocchi negoziali rivitalizzi l'opzione violenta da parte delle più agguerrite organizzazioni di ispirazione islamica, viene segnalato l'intendimento di settori dell'estremismo palestinese laico di reinserirsi nelle dinamiche in atto con azioni eclatanti, anche all'estero.
Quanto sopra, in uno scenario che si va connotando per la crescente opposizione ad Arafat da parte di una formazione di spicco fautrice della contrapposizione armata con Israele ed attualmente impegnata a catalizzare consensi sia all'interno che all'esterno dei Territori dell'Autonomia.
Per quanto riguarda le organizzazioni separatiste, segnali di nuova vitalità sono stati raccolti con riferimento alla proiezione internazionale dell'indipendentismo di etnia tamil, cui diverse acquisizioni attribuiscono progettualità violente contro obiettivi cingalesi ed indiani.
Il separatismo curdo-turco, tuttora impegnato nei luoghi di origine in un confronto di tipo militare con le forze di Ankara, all'estero ha mostrato di privilegiare iniziative di natura politica, tese a guadagnare consenso e visibilità alla propria causa.
Tale strategia, peraltro, potrebbe subire una repentina rimodulazione, laddove la sconfitta sul campo e l'isolamento da parte delle altre componenti curde inducessero a ritenere la scelta terroristica l'unica praticabile.
In ambito europeo, sugli sviluppi della questione nordirlandese grava l'ipoteca delle determinazioni che verranno assunte dalle frange più oltranziste, tanto cattoliche quanto protestanti, che non hanno sin qui rinunciato a ricorrere alla violenza.
In Spagna, allo scompaginamento prodotto nelle file dell'estremismo basco dall'azione di contrasto, ha fatto riscontro una cruenta offensiva contro esponenti del partito di governo, in un contesto che presenta ridotti margini di mediazione.
Nuovi, significativi fermenti sono stati registrati in Corsica, ove una delle formazioni storiche ha recentemente preannunciato la ripresa delle ostilità, in un ambito in cui è frequente l'intrecciarsi delle istanze autonomiste con gli interessi del crimine organizzato.


Il monitoraggio della situazione in atto nei Paesi coinvolti in stati di tensione o in conflitti bellici ha evidenziato un crescente aumento del traffico illecito di armamento convenzionale. In particolare nella regione balcanica, è stato riscontrato un incremento del contrabbando di armi e munizionamento, anche in direzione del nostro Paese, risultato essere non solo meta, ma anche via di transito per flussi di materiale destinato ad altri Stati europei e del Nordafrica. Sono stati, in particolare, rilevati consistenti flussi di armi verso il Kosovo e un prevalente coinvolgimento di malavitosi albanesi in traffici di armi verso l'Italia, destinate soprattutto alla criminalità organizzata pugliese e campana. Nelle loro attività illecite tali personaggi si avvalgono anche della connivenza di esponenti di settori istituzionali di quell'area e del supporto di connazionali operanti sul nostro territorio.
In relazione al fenomeno dei traffici internazionali di materiali strategici che concorrono alla realizzazione di ordigni nucleari si è rilevata la diminuzione del numero di episodi registrati nel 1997 (22) rispetto agli anni precedenti (36 nel 1996 e 62 nel 1995). Nella maggior parte di essi il materiale è risultato scarsamente significativo ai fini della proliferazione. Meritano di essere evidenziati solo tre casi riguardanti il cesio, sostanza che, per l'elevata pericolosità, potrebbe essere impiegata in azioni terroristiche, sebbene non siano stati finora individuati utilizzatori finali, ma solo intermediari mossi da aspettative di profitto.
Continua, comunque, l'attività di ricerca in quanto gli episodi conosciuti potrebbero essere solo una piccola parte di quelli realizzati e, pertanto, le tendenze sopra evidenziate potrebbero essere in futuro smentite, anche nella considerazione che gli stock mondiali di materiali strategici, derivanti dallo smantellamento delle testate nucleari, sono destinati ad aumentare in conseguenza dell'applicazione degli accordi per il disarmo. A tale riguardo, in ambito G8, sono già stati assunti specifici impegni nel campo della sicurezza per la gestione ed il controllo dei materiali in parola.
Per quanto concerne la proliferazione delle armi di distruzione di massa, forti preoccupazioni hanno provocato i recenti esperimenti nucleari condotti dall'India e dal Pakistan, accresciute dalla mancata assicurazione da parte di quei Governi di escludere ulteriori analoghe iniziative, in considerazione del prevedibile impegno dei due Paesi a sviluppare la capacità di produrre testate per missili balistici caricate con ordigni atomici. In proposito, le cinque potenze nucleari e gli Stati del G8 sono impegnati ad individuare le soluzioni più idonee a garantire il disarmo e a prevenire il pericolo di una ripresa della proliferazione nucleare e missilistica nella regione mediorientale e nel subcontinente indiano, che potrebbe essere finalizzata non soltanto a scopi di deterrenza.
Le misure finora adottate per combattere la diffusione delle armi di distruzione di massa hanno solo rallentato i programmi di alcuni Paesi "a rischio" che, segnatamente nei settori chimico e missilistico, proseguono nell'acquisizione sul mercato occidentale di materiali ed apparecchiature "dual-use".
Particolare attenzione informativa viene tuttora rivolta alle capacità raggiunte, nei campi nucleare e missilistico, da un altro Paese asiatico proiettato ad esportare soprattutto tecnologia missilistica, nonché alla situazione complessiva dei programmi di proliferazione di uno Stato mediorientale, tenuto conto delle potenzialità acquisite nel settore, grazie all'attività di "procurement" e ad un apparato tecnico-scientifico avanzato e certamente superiore a quello degli altri Paesi della regione considerati "a rischio".
E' attentamente seguita anche un'altra Nazione mediorientale per il livello di sviluppo conseguito nel campo degli aggressivi chimici, per l'impegno posto nella realizzazione dei relativi mezzi di disseminazione e nel potenziamento dei propri sistemi di lancio, così come uno Stato africano che risulta proseguire i suoi programmi nei settori chimico e missilistico. In tale ambito, la ricerca informativa ha consentito di bloccare forniture di materiali impiegabili nel campo dei vettori.
Al fine di rendere sempre più efficace l'azione di contrasto, intesa a prevenire l'esportazione di tecnologie e di materiali sensibili verso Paesi controindicati, gli Organismi internazionali di non proliferazione stanno adottando ulteriori misure, dirette, in particolare, ad intensificare lo scambio informativo sullo stato dei programmi di proliferazione. Nel contempo, vengono sviluppate le strategie più idonee per incoraggiare gli Stati fornitori ad aderire ai regimi in parola e, comunque, a non supportare i relativi programmi nelle regioni a rischio. Si sta procedendo, inoltre, ad incentivare l'assistenza e la formazione degli addetti al controllo in quei Paesi utilizzati per l'acquisizione o il transito di materiali sensibili.


(*) Trasmessa alla Presidenza il 1° agosto 1998, ai sensi dell'articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

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