Invitandomi a trattare davanti a Voi tutti i compiti e la deontologia dei Servizi speciali, l'Accademia delle Scienze morali e politiche mi ha fatto un grande onore. Ve ne sono profondamente grato.
E' un onore ancor più grande in quanto non sono un vero specialista dell'intelligence. Per quarantadue anni di vita militare attiva, ho indossato la divisa d'ufficiale di Marina e soltanto nel 1982, quando ero già arrivato ai vertici della gerarchia della Marina Nazionale, ho avuto la sorpresa di essere chiamato a dirigere la DGSE.
Non avendo sollecitato quest'incarico, la proposta ha provocato in me un caso di coscienza poiché, nel mio Paese, la reputazione dei Servizi segreti non è assolutamente lusinghiera: azioni illegali, clandestinità, intrighi, complotti... il compito si prospettava tutt'altro che facile. Ma non ho voluto sottrarmi ai doveri dello Stato, tanto più che, essendo alla fine della mia carriera, ho ritenuto che nessuno potesse attribuire la mia accettazione ad un'ambizione personale.
Davanti alle difficoltà di un compito al quale non ero assolutamente preparato, ho cercato in ogni modo di tenere bene a mente alcuni principi base dell'ordine deontologico: priorità degli interessi nazionali, rifiuto di ogni forma di politicizzazione o di ideologia, accettazione delle regole del segreto e delle loro conseguenze, rigore e professionalità. Tutte queste esigenze mi sembravano alquanto evidenti poiché si trattava di vere e proprie attività clandestine in cui lo Stato è coinvolto.
Al contatto con la realtà e le difficoltà quotidiane, il fatto di non aver mai fatto parte dei Servizi Speciali spesso è stato per me un vero e proprio handicap. Comunque, se sono riuscito a superare molti ostacoli, è dovuto al fatto che ho sempre fatto riferimento alle regole dell'etica militare inculcatemi dalla Marina e dalle Forze Armate. Per questo motivo sono profondamente convinto della supremazia delle considerazioni di ordine morale per guidare coloro che hanno delle responsabilità nella gestione degli affari della nazione.
La denominazione di Servizio Speciale viene attribuita ai Servizi d'intelligence, definita "esterna", come la DGSE francese, la CIA americana, l'MI6 britannico - chiamato anche Intelligence Service -. Essa viene data anche ai Servizi di controspionaggio, come la DST, l'FBI o l'MI5, ad altri organismi di Polizia ed a diverse istituzioni clandestine. Vorrei attirare la Vostra attenzione su una distinzione che, secondo considerazioni etiche, è, a mio parere, basilare perché scaturisce dalla differente natura tra Stati di diritto e regimi di Polizia.
In tutte le grandi democrazie i Servizi di sorveglianza e di controspionaggio operano sul territorio nazionale nell'ambito della leggi e sotto il controllo della Giustizia. Le dittature invece sono caratterizzate dal potere assoluto delle polizie politiche, che utilizzano impunemente i metodi più abominevoli. Dal NKVD alla Gestapo, gli esempi sono così numerosi che è inutile soffermarmi. D'altronde, una delle prime misure adottate dai responsabili della nuova Russia nel 1991 per democratizzare le istituzioni, è stata quella di smantellare il KGB e di rendere autonomo il vecchio Primo Direttorato che era incaricato dell'informazione all'estero. Una legge vieta formalmente al nuovo Servizio, l'SVR, di interferire con gli affari interni; questo ha permesso al suo capo Evguenni Primakov di rifiutare di impegnare i suoi subordinati al fianco del Presidente Eltsin nella vicenda della rivolta della Duma.
L'esistenza dei Servizi segreti è effettivamente giustificata? Quali sono le condizioni in cui sia legittimo perseguire il fine ed impiegare i mezzi per raggiungerlo?
Quali sono le regole specifiche di deontologia che derivano dagli obblighi professionali, dai rischi, dalle vulnerabilità proprie di questo mestiere?
Quali sono, per i Servizi Speciali, le conseguenze degli sconvolgimenti di un mondo in transizione dopo la Guerra Fredda?
Credo che questi interrogativi costituiscano il fulcro del nostro tema.
La giustificazione della funzione di spionaggio è attestata dalla storia poiché lo spionaggio è vecchio quanto la guerra. è un fattore chiave dell'arte militare, citato nei più antichi attacchi di strategia. In tutte le culture guerriere, gli stratagemmi, le astuzie utilizzate dagli agenti segreti fanno parte dell'eredità e delle tradizioni. La discrezione, perfino il segreto più rigoroso, s'impone nei negoziati tra le potenze; la diplomazia non si fa sulla pubblica piazza.
I molteplici aspetti militari, politici, culturali o psicologici relativi all'idea della clandestinità testimoniano la complessità dei problemi legati al Segreto di Stato nelle società contemporanee. Lo storico francese Alain Dewerpe, nel suo lavoro pubblicato nel 1944 ed intitolato "ESPION, une anthropologie historique du secret contemporain" (SPIA, un'antropologia storica del segreto contemporaneo), li ha analizzati con estrema attenzione. Egli dimostra che lo spionaggio, per gli Stati Uniti, è "un male necessario"; che le guerre occulte si giustificano con l'esistenza di segreti strategici, di segreti iniziatici o di segreti inconfessabili. Descrive l'istituzionalità delle discipline clandestine, la creazione all'epoca odierna di organizzazioni e di uffici speciali. S'interessa alle istruzioni ed alle questioni sociologiche sollevate dallo spionaggio. Studia, inoltre, le reazioni degli uomini ed i problemi psicologici, che chiama "piaceri e drammi del ruolo".
Per la prima volta disponiamo, in Francia, di un lavoro di ricerca su un tema che gli universitari non avevano, fino ad ora, mai voluto studiare. Auspico che questo storico avrà degli emuli sia per la sua disciplina che per altre. Vi parlerò, in conclusione della conferenza, del mio impegno mirante a suscitare l'interesse dei ricercatori francesi in modo da recuperare il ritardo che abbiamo accumulato in questo settore rispetto ad altri Paesi stranieri.
L' "intelligence" non riguarda solo la ricerca e la gestione delle fonti segrete, ma s'inserisce nei processi più generali della raccolta e della circolazione della notizia, nel senso moderno della parola. Essa è la capacità, cioè "l'intelligenza", di estrapolare le informazioni necessarie all'elaborazione ed all'attuazione delle decisioni. Ciò significa che le notizie segrete devono integrarsi nella massa delle informazioni "aperte", la cui raccolta non richiede metodi clandestini, e che, nella maggior parte dei casi, forniscono più del 90% delle notizie veramente utili alle persone che devono decidere. Dal 1994, in seguito al rapporto di una commissione diretta dal Presidente Henri Martre, il concetto di "intelligence economica" è divenuto familiare ad un numero sempre maggiore di cittadini francesi.
I Servizi Speciali hanno sempre il loro posto nelle società moderne, poiché, nonostante i progressi spettacolari dell'era dell'informazione e contrariamente all'ideale di "trasparenza", ci sono ancora numerose zone d'ombra, molti spazi segreti e tante attività clandestine, anche nelle democrazie più autentiche. Lo Stato deve esercitare la sua vigilanza tramite questi organismi per adempiere al ruolo di protettore degli interessi superiori della comunità nazionale.
Gli interrogativi relativi alla legittimità sono il fulcro delle preoccupazioni di etica e di deontologia, ma le risposte non sono sempre chiare. La legittimità del fine e quella dei mezzi, utilizzati dai Servizi, dipende in primo luogo dalle circostanze politiche e dalle condizioni strategiche del momento.
Nel significato tradizionale di "tempo di guerra", quando le ostilità sono dichiarate e quando la posta in gioco è la vita o la morte, lo spionaggio è una necessità incontestabile. è un fattore strategico, operativo e tattico, sovente decisivo. Le Forze Speciali, i commando, fanno parte dell'arsenale dei mezzi legittimi, esattamente, come, in caso di guerra totale, il travestimento, l'astuzia, l'inganno, ossia la menzogna, sono "ottimi requisiti" per vincere la guerra.
La legittimità non è chiara quando le ambiguità aumentano in relazione alle diverse forme di conflitti ed all'evoluzione dei concetti di guerra e pace. Questo crea grossi problemi ai responsabili dei Servizi speciali quando, privati di riferimenti incontestabili - come era un tempo il patriottismo - non sono sostenuti dall'opinione pubblica e non sanno, come accade sovente, chi siano i veri nemici né come definire i loro complici.
In Francia, da più di mezzo secolo, abbiamo conosciuto una tale quantità di situazioni analoghe che, a volte, i casi di coscienza sono stati drammatici. In tutti i conflitti nei quali siamo stati coinvolti, solo la guerra del 1939 è stata dichiarata in modo tradizionale. Ma dal 1940, la disfatta e l'armistizio - secondo l'idea diabolica di Hitler che ha tagliato la Francia in due zone - avevano diffuso il seme di una profonda divisione tra i francesi. Gli "exploit" della resistenza rientrano nelle tradizioni dei nostri Servizi Speciali, ma anche i drammi dell'epoca fanno parte dell'eredità. Gli anglosassoni ci hanno nascosto le informazioni segrete relative allo sviluppo della guerra, al punto tale che i nostri dirigenti, compreso il Generale De Gaulle, sono rimasti all'oscuro fino agli anni ‘60 del ruolo decisivo dell'intelligence in alcune delle più importanti decisioni strategiche.
Dopo la liberazione, le guerre di decolonizzazione dell'Indocina e dell'Algeria sono state dure prove per le nostre Forze Armate e per i nostri Servizi, impegnati all'estero in combattimenti senza via d'uscita, mentre i compagni di avventura dei nostri avversari ed i loro "portaborse" agivano impunemente nella metropoli.
Anche la Guerra Fredda, conflitto politico, ideologico ed al contempo militare, ha sollevato molti e difficili quesiti dal punto di vista dello spionaggio. La singolarità della posizione francese rispetto alla NATO ci ha mantenuti lontani dalle evoluzioni tecnologiche e ha contribuito a tenere i nostri governanti all'oscuro delle poste in gioco e delle capacità dell'intelligence moderna.
Per molti cittadini delle democrazie occidentali, il concetto di tradimento aveva perso il suo significato originale. è stato possibile contrastarlo attraverso diverse vicende dove gli agenti d'influenza, le "talpe" e gli intellettuali, ingannati da propagande sottili, hanno esercitato una grande influenza politica. Mentre, gli eccessi di alcuni specialisti, annebbiati dal pericolo sovietico, contribuivano ad offuscare l'immagine dei Servizi di sicurezza agli occhi del potere.
Anche se i Servizi speciali trovano la loro legittimità nella partecipazione alla conduzione della guerra, la loro funzione preventiva è - a mio parere - ancor più fondamentale. Questa è, forse, una delle loro missioni più nobili in quanto, rispetto a tutti i doveri verso lo Stato, richiede la massima discrezione e la più totale abnegazione. Quando i metodi segreti della prevenzione si dimostrano efficaci, quando evitano che conflitti degenerino in violenza armata, nessuno riconosce il merito ai responsabili dei Servizi ed i mass-media tacciono. I fallimenti, invece, finiscono in pasto al pubblico, mentre la maggior parte dei successi non hanno alcuna pubblicità.
Le regole di deontologia dei Servizi Speciali si basano su degli obblighi professionali specifici.
- La discrezione nonché il "culto del segreto" sono una necessità. Così come nell'attuazione delle tecniche informative, la verifica e la protezione delle fonti e dei metodi è fondamentale.
Winston Churchill, che era un esperto in materia, diceva che in tempo di guerra la verità è così preziosa che bisogna proteggerla con una "guardia del corpo fatta di bugie". è stata proprio l'efficace protezione della fonte Enigma da ogni indiscrezione a non aver fatto capire a Hitler che le sue decisioni strategiche erano note agli alleati.
La sicurezza di un servizio contro gli attacchi e le penetrazioni ostili richiede al contempo vigilanza, disciplina, protezione, nonché il senso della misura per evitare le trappole della paranoia e le deviazioni del sospetto sistematico. Bisogna diffidare degli ambienti d'intrigo e dei complotti che distorcono il giudizio.
I sovietici, avvalendosi del fatto che le condizioni di sicurezza sono molto meno rigide nelle democrazie che nel loro impero poliziesco, hanno utilizzato delle spie e degli "illegali" molto ben addestrati, che sono riusciti a sviare la vigilanza dei servizi più efficienti.
(1) Dagli anni ‘60 al ‘75, Jesus Angleton, Direttore della CIA, era talmente ossessionato dai russi che sospettava tutti; per uno strano coinvolgimento degli eventi, nel 1986, i suoi successori, troppo poco diffidenti, non sono riusciti a scoprire che il capo della loro sezione sovietica, Adrich Ames, era un agente al soldo dell'avversario.
- La manipolazione delle "fonti umane" non esclude lo sfruttamento cinico delle loro debolezze o dei loro vizi; - l'uso dei fondi segreti sfugge alle normali regole della contabilità pubblica; - il ricorso alle intercettazioni può provocare incresciose deviazioni...
La stampa spesso riporta gli errori, reali o presunti, commessi dagli agenti segreti. I film ed i romanzi di spionaggio contribuiscono ad alimentare molti miti ed illusioni in merito.
- Le operazioni esterne e le azioni clandestine vengono attuate con procedimenti o mezzi illegali. Agenti del tutto rispettabili frequentano avventurieri e teste calde che si vendono come mercenari.
- Alcuni autentici eroi della guerra o della resistenza, che non hanno vissuto bene il ritorno della pace, si sono guadagnati giustamente l'epiteto di "spione". Gli stessi fenomeni possono sempre riproporsi in alcune situazione ambigue.
Per tutte queste ragioni, ritengo che soltanto gli uomini dalla scrupolosa onestà possano esercitare questo mestiere. Animati da un ideale civico e da un senso elevato del dovere verso lo Stato, essi devono sapere difendere l'interesse generale prima di qualsiasi interesse personale o di categoria. Credo che i responsabili dei Servizi Speciali devono, più che in qualsiasi altra istituzione, essere estremamente vigili per rifiutare l'intervento di elementi ambigui e per eliminare quelli eventualmente presenti nelle loro fila. Il comportamento personale dei dirigenti deve servire da esempio sia nei confronti dei subordinati che dell'opinione pubblica, soprattutto in materia di discrezione.
La "guerra dei Servizi" è anche un problema che rientra nel campo della deontologia professionale dei Servizi speciali.
Nella maggior parte dei Paesi, si osserva l'aumento di numerosi organismi specializzati, in risposta alle sempre più varie necessità di sicurezza. è una fonte di competizioni e di rivalità, nocive all'efficienza globale. Ma è anche una garanzia nella misura in cui questo permette di ampliare e di confrontare i vari punti di vista ed evitare gli errori di valutazione troppo spesso osservati nei regimi totalitari dal pensiero unico.
Quando succede, come talvolta accade, che questa "guerra" viene alimentata da reconditi pensieri machiavellici del potere, le conseguenze sono disastrose. Le Autorità governative, invece, devono adoperarsi per ridurre le tensioni, a rischio di sanzionare le polemiche fra persone quando queste si rivelano effettivamente troppo nocive per l'interesse comune. Esse hanno anche il compito di esercitare un coordinamento efficace tra i diversi Servizi affinché cooperino tra loro ogni qualvolta le circostanze lo richiedano. La deontologia dello Stato risponde quindi a quella dei Servizi. Se per la qualità delle loro prestazioni e la credibilità del loro comportamento, questi organismi si sono guadagnati la fiducia delle Autorità governative, allora lo Stato deve ricambiare assumendo pienamente le sue responsabilità e non lesinando loro il suo sostegno.
(2)
All'inizio degli anni ‘90, rivolgimenti di ogni ordine hanno rimesso in discussione le fondamenta della società e le condizioni della sicurezza mondiale. Dopo la rottura dell'equilibrio bipolare, che aveva caratterizzato il periodo della Guerra Fredda, gli Stati Uniti hanno ridefinito i loro obiettivi politici per privilegiare, sistematicamente ed in tutti i settori, la difesa dei loro interessi nazionali di superpotenza unica. I compiti dei loro Servizi informativi sono ormai orientati verso obiettivi economici, in gran parte corrispondenti ad interessi privati o di categorie, per i quali gli alleati di ieri sono ormai i concorrenti di oggi. Alcuni organismi paralleli proliferano al fianco dei Servizi ufficiali.
Per la scelta delle loro priorità strategiche, gli americani sono convinti che lo spazio cibernetico, il "cyber space", è ormai il teatro privilegiato della competizione mondiale e sono decisi a vincere la "guerra dell'informazione" su questo nuovo campo di battaglia.
Lo spionaggio economico, lo sviluppo dei servizi informativi privati, le reti e la gestione delle comunicazioni sono nuove sfide sia per i responsabili politici che per i Servizi d'intelligence. Ma altre minacce, molto più inquietanti, attirano la loro attenzione.
Terrorismo, violenze civili, guerre etniche, guerre tribali, forme multiple di criminalità transnazionale, droga, mafie, denaro sporco, corruzione, sono i nuovi pericoli che hanno eclissato il rischio militare di una guerra nucleare generalizzata. La mondializzazione, l'apertura delle frontiere, la deregulation e la globalizzazione delle informazioni e degli scambi facilitano molto più gli interessi dei terroristi, dei truffatori e dei criminali che il compito delle Forze dell'Ordine. Le ricchezze accumulate dai più abili malviventi, riciclate nei circuiti finanziari internazionali, sono superiori a quelle di molti Stati sovrani.
La maggior parte dei responsabili della sicurezza non nascondono le loro preoccupazioni davanti alla gravità di questi pericoli. Sanno quanto è difficile lottare contro i sistemi a carattere mafioso, dal momento che anche gli Stati di diritto meglio organizzati dispongono raramente di legislazioni adeguate. La sfida è ancor più temibile su scala internazionale dove non esistono né strutture giuridiche né dispositivi di Polizia, indispensabili per fare rispettare le norme di diritto.
I Servizi speciali hanno quindi un nuovo ruolo da svolgere al fianco degli organismi tradizionali di Giustizia e di Polizia per aiutarli ad analizzare e ad affrontare le minacce che sfuggono alle capacità delle Forze dell'Ordine. La cooperazione su scala nazionale ed internazionale è indispensabile in quanto le delimitazioni tra i settori tradizionali di attività della sicurezza interna ed esterna si sovrappongono sempre più.
Per capire il ruolo dei Servizi speciali nelle società moderne e per definire il loro posto nelle istituzioni è indispensabile tenere conto dell'esperienza e delle tradizioni proprie a ogni cultura nazionale. Da questo punto di vista, la Francia è in ritardo rispetto a molti altri grandi Paesi. Ed è per questo che ho creato, nell'ottobre 1995, un seminario di ricerca pluridisciplinare sulla "cultura francese dell'intelligence". A mio parere, bisogna che l'Università francese, alla maniera di molte Università straniere, accetti finalmente di interessarsi di quest'argomento sotto i suoi molteplici aspetti, storici, giuridici, sociologici, economici o militari.
Ho cercato di dare alcune risposte alle preoccupazioni etiche e deontologiche, ma non ho avuto il tempo di trattare alcuni problemi fondamentali come quello degli equilibri tra i diritti della persona e della collettività. è problematico definire i limiti dei compiti dei Servizi segreti quando la loro attività interessa contemporaneamente la delicata sfera privata e quella delle responsabilità pubbliche.
Auspico che nel nostro Paese vengano aperti dibattiti approfonditi per demistificare l'azione di Servizi e per permettere loro di agire a beneficio della sicurezza di tutti i cittadini. ficare l'azione di Servizi e per permettere loro di agire a beneficio della sicurezza di tutti i cittadini.