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Per Aspera Ad Veritatem n.10
Camera dei Deputati - XIII LEGISLATURA

Intervento dell'On.le FRATTINI in sede di discussione congiunta delle relazioni del Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato sulla raccolta e la conservazione delle informazioni riservate e sul sistema di reclutamento del personale del SISDe





Franco FRATTINI, Presidente del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato.
Signor Presidente, colleghi, è la prima volta che nella storia ormai ventennale del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato che le relazioni del Comitato stesso vengono sottoposte direttamente all'esame dell'Assemblea. Di questo risultato ritengo che occorra senz'altro ringraziare la sensibilità manifestata dal Presidente della Camera il quale, d'intesa con il Presidente del Senato, ha sottoposto le richieste in tale senso formulate dal Comitato alla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Debbo inoltre rilevare come lo stesso Comitato parlamentare abbia inteso evitare sin dall'inizio di attribuire alle proprie relazioni un valore di mera testimonianza fine a se stessa, destinata a rimanere confinata nei limiti angusti di documenti agli atti. Più che come semplice adempimento di un dovere stabilito dalla legge, legato alla routine ed espressione di una sorta di rituale, il Comitato ha guardato alla propria attività di referto al Parlamento in termini di positivo contributo all'individuazione ed alla soluzione di problemi istituzionali concreti, tali da rilevare spesso sul piano dei diritti delle persone e delle garanzie fondamentali per il corretto funzionamento del sistema democratico.
La discussione in aula delle relazioni in argomento, pur nella sua assoluta novità, costituisce per il Comitato, dunque, l'esito di quello che si auspica possa diventare, compatibilmente con il mutevole quadro degli interessi definito dalla dinamica del dibattito politico, il processo ordinario di apertura e di discussione su temi che, con le dovute forme e modalità, debbono in ogni caso essere messi a parte del Parlamento nella sua interezza.
Il primo degli elementi particolarmente qualificanti che vorrei in questa sede evidenziare è legato alla circostanza che alla presidenza del Comitato sia stato eletto un parlamentare appartenente a un gruppo di opposizione. Tale circostanza viene ad assumere un significato particolarmente pregnante ove la si ponga in relazione con il consolidamento dell'assetto bipolare del sistema politico italiano, in un contesto caratterizzato da una sempre più chiara e marcata distinzione tra forze di Governo e quelle di opposizione, sia sotto il profilo dei rapporti di forza in termini numerici, sia a livello di indirizzi programmatici generali. Ebbene, la scelta di affidare la presidenza del Comitato ad un parlamentare appartenente ad una forza di opposizione non è valsa solo a riaffermare con chiarezza la forte valenza di garanzia che ha sempre connotato la carica istituzionale in sé considerata, ma ha altresì reso ancor più evidente che le questioni connesse alla sicurezza nazionale non si prestano ad essere affrontate sulla base dell'usuale contrapposizione che si instaura tra chi si trova al Governo e chi vi si oppone. L'attività dei servizi di informazione e sicurezza, se rimane fedele alle finalità istitutive, è essenziale per la salvaguardia di interessi che si legano alle radici dell'esistenza stessa dello Stato e della sua continuità nel tempo. È quindi evidente come le scelte che si compiono su materie di tale rilevanza e di così alto contenuto di politicità, nel senso più elevato dell'espressione, debbono procedere sulla base di parametri essenziali condivisi, che consentano di affrontare le questioni che di volta in volta si presentano sulla base di una percezione comune dei presupposti e delle finalità fondamentali dell'attività di controllo.
Posso senz'altro affermare che questa condivisione del senso istituzionale che dovrebbe sempre ispirare l'attività del Comitato ha consentito al Comitato medesimo di operare efficacemente - questo è il secondo elemento che vorrei fosse adeguatamente evidenziato - anche a prescindere dalla presenza dentro il Comitato di una vera e propria maggioranza.
La composizione politica dell'organo di controllo vede, infatti, i suoi otto membri equamente ripartiti: quattro appartengono a gruppi parlamentari che sostengono l'esecutivo in carica e quattro sono iscritti a gruppi parlamentari che ad esso si oppongono.
Proprio la forte impronta istituzionale che ai lavori del Comitato si è inteso attribuire sin dalla sua costituzione ha consentito la realizzazione in concreto di quello che in astratto apparirebbe una sorta di paradosso: un organo parlamentare chiamato ad effettuare valutazioni ad elevatissimo tasso di politicità contigue al cuore degli interessi essenziali della Repubblica e dei suoi cittadini è riuscito a perseguire risultati concreti e ad assumere decisioni spesso delicate in assenza di una vera e propria maggioranza politica e parlamentare al suo interno.
Di ciò ritengo sia indispensabile dare pieno riconoscimento all'atteggiamento positivo e costruttivo di tutti i componenti del Comitato, il cui contributo è stato ispirato alla ricerca dell'equilibrio e alla consapevolezza del ruolo che il Comitato ha, evitando irrigidimenti ideologici e contrapposizioni frontali. Ciò ha consentito l'instaurarsi di un vero e proprio costume nella metodologia di lavoro del Comitato e nell'approccio alle questioni via via affrontate. Si è, infatti, sempre perseguita, alla luce dei presupposti che ho avuto modo di ricordare, la definizione di una posizione concordata che consentisse di approvare all'unanimità le determinazioni sottoposte all'esame del Comitato, qualsiasi natura esse rivestissero. Ne sono testimonianza evidente e prioritaria le due relazioni che vengono oggi all'esame dell'Assemblea.
A nessuno sfugge l'estrema delicatezza delle tematiche ivi affrontate: si va dai limiti posti all'acquisizione e alla gestione delle informazioni riservate e alla modalità con cui occorre procedere alla rispettiva conservazione sino alle questioni legate alle procedure di reclutamento del personale, tematiche oggetto di ripetuta evidenza sulla stampa, in tempi anche recenti ed in termini niente affatto tranquillizzanti.
Ebbene, anche queste relazioni sono state approvate dal Comitato all'unanimità. Certo, le discussioni si sono spesso rivelate complesse ed intricate. Le posizioni originarie hanno subito reciproci adattamenti. Resta il dato che ho più volte sottolineato: l'atteggiamento positivamente indirizzato alla definizione di una scelta che fosse sempre espressione del Comitato nel suo complesso e che non dovesse dare formalmente conto di divisioni tra orientamenti irrimediabilmente contrapposti. Valga un esempio, che riveste forse il valore maggiormente significativo: nell'unica circostanza in cui il Comitato si è trovato, nella presente legislatura, a dover esaminare, per la conferma prevista dall'articolo 16 della legge n. 801 del 1977, una fattispecie di segreto di Stato opposto dal Presidente del Consiglio ad un magistrato inquirente, la delibera di conferma è stata assunta, anche in quel caso, all'unanimità.
Vorrei adesso passare rapidamente in rassegna gli aspetti principali, che hanno caratterizzato l'attività del comitato sul campo, sia per ciò che riguarda i filoni di attenzione che il Comitato medesimo ha individuato ed approfondito, sia per quanto riguarda i caratteri essenziali del taglio con cui si è usualmente cercato di affrontare le diverse questioni.
Per ciò che attiene alle tematiche principali che hanno impegnato il Comitato dal suo primo periodo di operatività - dal settembre 1996 ad oggi - si può senz'altro affermare che esse si siano mosse lungo una linea di continuità con quelle affrontate dal Comitato medesimo nella precedente legislatura. È facile riscontrare, ad esempio, come sia le delicate questioni legate al cosiddetto dossier Achille, affrontate nella prima relazione del Comitato oggi in discussione, sia le problematiche connesse al reclutamento e alla gestione del personale degli organismi informativi, cui è invece dedicata la seconda relazione, abbiano già costituito oggetto, sia pure per aspetti in parte diversi, di precedenti relazioni, che il Comitato aveva in passato sottoposto all'esame delle Camere, ma che non erano state da queste prese in considerazione nell'ambito di un apposito dibattito.
Lo stesso discorso può valere per numerose altre problematiche che il Comitato attuale ha raccolto in eredità da quello precedente, che ha sviluppato ed ampliato mediante processi in taluni casi tuttora in corso, in modo da giungere ad una loro compiuta definizione nei limiti in cui ciò può accadere alla luce dei non indifferenti vincoli che la legge istitutiva fissa ai poteri e all'attività del Comitato.
Per quanto concerne le modalità dell'approccio alle finalità ultime che in maniera sistematica il Comitato ha cercato di perseguire nell'esame di ciascuna delle problematiche sottoposte alla sua valutazione, posso affermare che il risultato che si è tentato e si tenta di realizzare è quello dell'individuazione, anche nel quadro di situazioni specifiche e particolarmente legate a fatti e circostanze contingenti, di aspetti di carattere generale e sistematico, rilevanti cioè sul piano del funzionamento complessivo del sistema di intelligence nel nostro paese o di singoli suoi aspetti. È questo il senso in cui è stata interpretata la missione istituzionale del Comitato, quel suo potere, previsto dall'articolo 10 della legge istitutiva, di controllare se l'operato dei servizi di informazione e sicurezza si conformi o meno alle finalità ad esso imposte dalla Costituzione e dalla legge e di chiedere al riguardo informazioni sugli aspetti generali dell'attività dei servizi medesimi.
Le relazioni oggi all'esame dell'Assemblea costituiscono la riprova evidente di quanto ho ora affermato. È nota a tutti l'attenzione, non di rado degenerata su un piano meramente scandalistico, che è stata riservata dalla stampa e dall'opinione pubblica alla vicenda del cosiddetto dossier «Achille». Facile sarebbe stato in proposito limitarsi ad un atteggiamento di tipo puramente censorio, teso cioè a dare conto dell'evidente deviazione verificatasi, nel caso di specie in seno agli organismi informativi, attraverso la ricostruzione delle vicende sottostanti a tali deviazioni considerate in sé e per sé. Come è facile riscontrare dalla lettura della relazione, ciò non è accaduto.
Il Comitato ha svolto un'attenta attività istruttoria sulla questione, tenendo sempre presente l'esigenza di acquisire tutti gli elementi necessari per decidere sulla base di un quadro di riferimento completo e attendibile. L'esito di tale attività non si è però concretato esclusivamente nella ricostruzione e nella denuncia, pure dovuta, dei fatti di deviazione rilevati. Il Comitato ha invece innanzitutto tratto dall'esperienza del caso concreto un complesso di criteri di valenza generale, sia pure partendo da considerazioni formulate in termini assolutamente negativi.
Sono state tracciate specifiche linee di indirizzo per il legittimo ed efficace svolgimento dell'attività istituzionale dei servizi attraverso l'approfondimento di un caso esemplare di come questi ultimi non dovrebbero operare. Ciò è valso inoltre a richiamare l'attenzione dell'esecutivo su alcuni profili di rilievo ordinamentale, che nel caso in questione sembravano essere stati completamente pretermessi.
Ricordo sommariamente alcune linee di attenzione istituzionale evidenziate dal Comitato, che ha ad esempio invitato il Governo e gli organismi informativi ad applicare criteri di estrema prudenza e rigore nella selezione e nella gestione degli informatori, a precisare con maggior rigore i parametri per l'attribuzione dei diversi gradi di attendibilità e di rilevanza al materiale informativo raccolto, a garantire costantemente rispetto alla raccolta, distribuzione e conservazione delle informazioni i diritti e le libertà delle persone previsti dalla Costituzione e dalla legge, a predisporre in tempi rapidi un testo unificato dalla congerie di direttive emanate dai responsabili dei servizi susseguitisi nel tempo in materia di ricerca informativa e di gestione delle fonti, in modo da poter disporre in tempi brevi di un punto di riferimento normativo unitario, certo e aggiornato.
Le stesse considerazioni valgono per la relazione in cui il Comitato ha affrontato il problema del reclutamento e della gestione del personale. Lungi dall'assecondare le tentazioni di facile scandalismo - peraltro sempre in agguato in una materia caratterizzata da prassi nepotistiche, cattivo uso del pubblico denaro e mancanza di senso delle istituzioni - anche in tale occasione il Comitato ha preferito tenere costantemente di mira il dato sistemico e ordinamentale, tentando di mantenere la dovuta distanza rispetto a singoli eventi e singoli casi esaminati, che pure costituiscono il necessario punto di partenza per ogni approfondimento e analisi.
Occorre a questo punto dare atto al Governo di avere mantenuto, rispetto alle segnalazioni e alle indicazioni provenienti dal Comitato, un atteggiamento di apertura e collaborazione. In particolare ritengo significativo e senz'altro meritevole di segnalazione in questa sede il fatto che alcune delicate richieste formulate dal Comitato, sia nell'ambito delle relazioni, sia mediante apposite istanze formulate successivamente, siano state accolte dal Governo, malgrado l'evasione di tali istanze comportasse valutazioni e scelte di estrema delicatezza, che non mi sembra azzardato definire, almeno in alcuni casi, storiche. Valga per tutti proprio l'esempio del dossier «Achille».
È giusto sottolineare come il Governo in carica abbia per la prima volta consentito al Comitato parlamentare di controllo di prendere visione del relativo complesso documentale integralmente, sia pure nel contesto di un preciso sistema di cautele e di garanzie procedurali e formali. Ciò assume un rilievo ancor più significativo ove si consideri che la medesima facoltà non era stata consentita, malgrado numerose e reiterate istanze, ai Comitati parlamentari di controllo operanti nelle precedenti legislature. È ancora necessario rilevare come il Governo, a seguito delle specifiche segnalazioni contenute nella prima relazione, si è attivato per la stesura di quel testo unico delle direttive in materia di ricerca informativa che si era evidenziato come termine di assoluta priorità ed è giunto a licenziarlo nel settembre 1997. È giusto infine fare presente il fatto che, corrispondendo anche in tal caso ad una apposita richiesta del Comitato, l'esecutivo ha trasmesso un'ampia relazione di sintesi sulla modalità di gestione e di reclutamento del personale del SISMI, così colmando, nello spirito di collaborazione istituzionale massima, una lacuna che si era di fatto venuta a creare dopo l'approvazione e la trasmissione alle Camere della relazione concernente il solo personale del SISDe. Vorrei concludere il mio intervento passando brevemente in rassegna le linee lungo le quali il Comitato sta proseguendo la propria attività.
In coerenza con quella che ritengo possa definirsi una vera e propria svolta culturale, il Comitato proseguirà la propria attività di apertura verso la realtà delle istituzioni internazionali. Nel mese di gennaio 1998, per la prima volta dall'istituzione del Comitato, una delegazione di quest'ultimo si è recata nel Regno Unito per una serie di colloqui con i più qualificati esponenti della comunità intelligence inglese. A tali incontri, che si inseriscono nel contesto delle iniziative assunte dal Comitato per fornire un contributo meditato e approfondito allo studio e analisi attualmente in corso in vista della riforma, altri ne seguiranno a breve nello stesso mese di marzo, anzitutto in Germania. Sarà così possibile proseguire nel metodo di acquisire attraverso lo scambio diretto di opinioni e di informazioni le conoscenze indispensabili per entrare con la necessaria profondità nei meccanismi istituzionali di funzionamento dei sistemi di intelligence degli altri paesi.
È con il tema della riforma, sopra accennato, che vorrei concludere. È noto a tutti che di riforma dei servizi di informazione e di sicurezza si è parlato sostanzialmente a partire dal giorno successivo alla loro istituzione. Numerose e di diverso segno sono state le iniziative in tal senso. Il dato che accomuna tali iniziative è purtroppo quello del loro generalizzato insuccesso. Io ritengo che oggi vadano cercate le condizioni per avviare un processo di riforma che tenga conto in particolare delle indicazioni, segnalazioni e proposte che il Comitato ha presentato al Parlamento nel corso delle diverse legislature.
In ciò, può essere di valido ausilio quel lavoro svolto dalla commissione di studio istituita dal Presidente del Consiglio, che ha proposto un testo che, sia pure espressamente ritenuto dal Governo politicamente non impegnativo nei propri riguardi, quanto meno sul piano tecnico può essere assunto come un contributo che certamente prende in considerazione l'insieme delle tematiche relative alla sicurezza nazionale.
Ritengo, infine, che la maggiore sensibilità manifestata dalle istituzioni per le questioni più direttamente connesse alla tutela dei diritti e delle libertà delle persone (sensibilità testimoniata, tra l'altro, da alcuni provvedimenti legislativi di portata assai innovativa proprio su questo versante) possa e debba costituire l'indirizzo da porre a base del processo di riforma.


(*) Seduta del 9 marzo 1998.

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