La secessione "leggera" è quell'evento plausibile che - al pari di altri - si afferma, nel dominio del circuito mass-mediatico, in quello spazio di "erosione tra finzione e realtà, rappresentazione e atto politico" che lo connota come "leggero" in quanto virtuale.
Esso è da un lato creato come evento e dall'altro percepibile, per le medesime ragioni, come non pericoloso. Dall'approccio critico a tale constatazione muove l'interessante volume di Paolo Rumiz, giornalista, che con linea narrativa assai originale conduce il lettore in una navigazione attraverso la geografia della "questione settentrionale".
Un viaggio vero, paese per paese, valle per valle, che se da un lato ha il pregio di scendere nelle radici profonde di un malessere reale, dall'altro rende disponibile con acutezza e persuasività la chiave di lettura per abbattere molti dei luoghi comuni che su questo tema sono circolati negli ultimi anni, senza doversi necessariamente schierare e senza dover affrontare le insidie della grande politica, ma con lo stile sobrio e chiaro della testimonianza raccolta dal cronista. Nel racconto di storie di luoghi e di persone, temi come l'autonomia delle comunità locali, come il modello economico del nordest, come il rapporto con l'apparato amministrativo "centralista" assumono una luce diversa e la stessa analisi della distribuzione dei consensi "secessionisti" rivela dati sorprendenti. L'uscita dai luoghi comuni, dalla realtà spettacolarizzata da certa informazione, pare il pregio più sostanziale del libro, che avvicina a una comprensione concreta attraverso un metodo agevole, piacevole e convincente.
Così, se il Nordest, "Giappone d'Italia", sembra piuttosto una gigantesca Los Angeles che nasce dove "non c'è assolutamente niente che dice: questo è Veneto", d'altro canto "elementi costitutivi importantissimi dell'identità locale" sono, nel percorso narrativo del testo "fattori minimali e ancestrali dell'antropologia del territorio, come l'essere a monte o a valle, pianura o montagna" e persino episodi importanti della Resistenza sono nel contempo lotta di liberazione e ricerca di autonomia. In tale contesto, l'Autore non trascura la preoccupazione, il timore che l'evento reso "leggero" dalla spettacolarizzazione mass-mediatica possa diventare, in mancanza di una risposta alla domanda politica che il malessere del Nord esprime, straordinariamente grave, l'idea che concetti aggressivi possano anche scappare di mano, come l'esperienza dell'occupazione del campanile di S. Marco, ancorché sui generis nella stessa descrizione del libro, sembra comprovare. Del resto, per quanto bizzarro possa apparire, è un dato di fatto che l'esperienza europea quantomeno dell'ultimo decennio si è polarizzata da un lato verso ampi processi di aggregazione e contestualmente in direzione di un'esplosione di microcosmi frammentati che hanno determinato non poche e spesso tragiche conflittualità.
Per queste ragioni, tutti i tentativi di comprensione delle diverse problematiche, condotti con serena obiettività, non possono che costituire un contributo prezioso in relazione a una questione politica apertamente posta, anche se singolarmente, mentre è incontestabile l'evoluzione dei macrosistemi istituzionali e culturali nell'Europa unita e di quelli economici nel processo ormai acquisito di globalizzazione dell'economia mondiale.
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