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Per Aspera Ad Veritatem n.1
Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari






Ringrazio per l'invito rivolto alla Banca d'Italia a partecipare ai lavori della Commissione Parlamentare antimafia e mi associo all'augurio formulato dal Governatore per un loro proficuo sviluppo.
È mio intendimento richiamare, in primo luogo, gli aspetti principali della legislazione bancaria, con particolare riferimento agli istituti e agli strumenti che mirano a preservare l'autonomia degli intermediari e la neutralità dei meccanismi di allocazione delle risorse da ogni improprio condizionamento, specie da parte della criminalità organizzata.
Da tempo è maturata la consapevolezza che l'ingresso nei circuiti finanziari di flussi provenienti dalle attività illegali può incidere sul corretto funzionamento dei meccanismi creditizi e finanziari. La lotta alle varie forme di criminalità economica coadiuva l'azione di vigilanza; quest'ultima, a sua volta, partecipa al perseguimento dell'obiettivo più generale di tutela della legalità.
Riferirò sull'azione svolta dalla Banca d'Italia nel contrasto dei fenomeni illegali dell'abusivismo e dell'usura, nonché sul contributo in vari modi prestato per evitare il coinvolgimento, spesso inconsapevole, del sistema finanziario in fatti di riciclaggio.
Le iniziative dirette al sistema finanziario legale, incentrate sulla prevenzione, e quelle indirizzate al settore illegale, finalizzate alla repressione, trovano denominatore comune nell'obiettivo di recidere il nesso che, con grave danno per lo sviluppo economico, tende a stabilirsi tra l'economia criminale e quella legale.
Sottoporrò alla Commissione talune considerazioni sul rilievo internazionale che fenomeni di riciclaggio hanno via via assunto e sulle linee di intervento che vanno concretizzandosi in diverse sedi.
Segnalerò, infine, alcuni ostacoli incontrati nell'applicazione della disciplina antiriciclaggio e le possibili iniziative per rendere più efficace la lotta contro la criminalità nel settore finanziario.


Nell'ottobre dello scorso anno la Banca d'Italia ha presentato alla Commissione Parlamentare antimafia un documento che illustra le finalità e gli strumenti della vigilanza sugli intermediari nel nuovo quadro regolamentare delineato dal testo unico in materia bancaria e creditizia (d. lgs. 385/93).



I poteri attribuiti alle Autorità creditizie devono essere esercitati in armonia con le direttive comunitarie e con il fine di assicurare la sana e prudente gestione, la stabilità complessiva, l'efficienza, la competitività del sistema finanziario, nonché l'osservanza delle disposizioni in materia creditizia.
Con l'esplicitazione degli obiettivi della vigilanza si conferma che l'attività del controllo bancaria non può essere utilizzata per il perseguimento di finalità ad essa estranee.
L'obiettivo della sana e prudente gestione degli intermediari permea l'intera disciplina di vigilanza. La gestione sana richiede che l'attività degli operatori si ispiri a criteri di efficienza funzionale, nonché a trasparenza e correttezza nello svolgimento degli affari.
I concetti di "sana amministrazione" delle banche e di "sane gestioni aziendali" erano già presenti nei lavori della Commissione Economica per la Costituente. La recente scelta legislativa ne conferma la validità.
La nuova disciplina riconosce agli intermediari le facoltà di definire autonomamente, nel rispetto dei principi indicati, le strategie aziendali. Alle Autorità è attribuito il compito di predisporre le regole prudenziali; di valutare la complessiva operatività dei soggetti vigilati; di assumere le iniziative che si rendono necessarie in presenza di comportamenti anomali o situazioni critiche.
La Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, impartisce istruzioni di generale applicazione riguardanti l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni.
La legge 197/91 ha affidato alle Autorità di vigilanza di settore compiti di verifica del rispetto della disciplina antiriciclaggio; essa ha rafforzato l'impegno che la Banca d'Italia ha sviluppato, sin dall'inizio degli anni ottanta, per assicurare l'osservanza degli obblighi di legge da parte del sistema bancario.
Nel quadro della regolamentazione del sistema finanziario, sono individuabili alcuni strumenti che, nell'assicurare l'autonomia e integrità delle gestioni bancarie, contribuiscono alla difesa del sistema da ogni forma di condizionamento di natura illegale.
Le norme a tutela della concorrenza e del mercato, introdotte dalla L. 287/90, affidano alla Banca d'Italia la funzione di garantire la libera competizione nel settore del credito. L'Organo di Vigilanza assume così il compito di sorvegliare il formarsi di posizioni dominanti; di impedirne gli abusi; di reprimere intese restrittive della concorrenza e pratiche collusive; di vietare le concentrazioni che riducano durevolmente la libertà competitiva.
Le disposizioni sugli assetti proprietari, introdotte per assicurare la trasparenza e la conoscibilità dei partecipanti al capitale delle banche, consentono di verificare il rispetto del principio della separatezza tra banca e industria. I requisiti di onorabilità previsti per gli azionisti rilevanti sono stati rafforzati prendendo in considerazione l'affidabilità della loro situazione economico-patrimoniale nonché la correttezza degli stessi manifestata nelle relazioni di affari, per assicurare la sana e prudente gestione della banca.
La valutazione della qualità degli azionisti nei termini indicati assume particolare rilievo in sede di costituzione di nuove banche; scambi informativi con diversi organi inquirenti hanno indotto in 8 casi (a fronte di 40 provvedimenti autorizzativi emanati dal 30.6.1990) a non rilasciare (ovvero a sospendere) le autorizzazioni richieste, a causa di fondati sospetti sulla genuinità e affidabilità dell'iniziativa.
Anche i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso imprese creditizie devono risultare in possesso dei prescritti requisiti di onorabilità e professionalità, pena la decadenza dalla carica. Analoghi requisiti sono previsti per i soci e gli esponenti degli intermediari finanziari.
Con delibera del 30 luglio 1993 il Comitato Interministeriale per il Credito e il risparmio ha reso più stringente la disciplina dell'onorabilità presso le banche; in presenza di vicende penali, anche per fatti esterni rispetto alla gestione aziendale, non pervenute ad una sentenza di primo grado viene richiesto un esame del Consiglio di amministrazione sulla posizione dell'esponente. Ove sia stata disposta una misura cautelare personale si prevede la sospensione dalla carica.
Se i reati ascritti agli esponenti aziendali risultino indicativi di gravi situazioni di asservimento della gestione a logiche estranee all'impresa bancaria, possono essere adottati i provvedimenti di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta.
Il testo unico ha rafforzato il regime penale a tutela dell'attività bancaria, salvaguardando le istruttorie sul merito di credito dai comportamenti fraudolenti degli operatori bancari e dai conflitti d'interesse.
Si è accresciuto il rilievo dell'organizzazione amministrativa e contabile, nonché dei controlli interni per assicurare correttezza, trasparenza e verificabilità dell'attività svolta; alle Autorità di vigilanza è stato attribuito il potere di emanare norme in materia.
Nell'ambito della disciplina sui grandi fidi, recentemente emanata, le banche devono identificare il gruppo di appartenenza del cliente e, in particolare, le connessioni giuridiche ed economiche fra i soggetti prenditori.


Con il recepimento della prima direttiva comunitaria di coordinamento bancario (D.P.R. 350/85), veniva gradualmente attuato il principio della libertà di accesso al mercato, prima attenuando e poi sostanzialmente eliminando le barriere amministrative all'entrata e all'espansione territoriale.
Dal 1990, le banche possono definire autonomamente l'articolazione della propria rete di sportelli. L'Organo di vigilanza non può chiedere modifiche delle loro decisioni sulla base di motivazioni concernenti il "bisogno economico" e le caratteristiche di mercato delle singole piazze. Il potere interdittivo della Banca d'Italia è limitato e si fonda espressamente su valutazioni attinenti agli aspetti finanziari, economici e patrimoniali della banca e alla adeguatezza della sua struttura tecnico-organizzativa.
La diffusione dei servizi bancari sul territorio nazionale si è accresciuta nel periodo dal 30.6.1990 al 30.6.1994; il numero degli sportelli bancari è passato da n. 15.496 a n. 21.848 con un incremento di 6.352 dipendenze, pari al 41 per cento. L'analisi dei tassi di crescita, disaggregati a livello regionale, non mostra significative differenze rispetto alla media nazionale (+ 42,3% al Nord; + 36,7% al Centro; + 41% al Sud).
Il rapporto tra numero di sportelli e popolazione è pari, a livello nazionale, a 3,85 per ogni 10.000 abitanti; nelle regioni del centro-nord si attesta sul 4,58, mentre nel sud assume un valore sensibilmente più basso, 2,55.
Dall'analisi dei dati disaggregati non emergono fenomeni particolari che possano far ipotizzare qualche nesso con flussi finanziari illegali, che, d'altro canto, sembrano caratterizzati da estrema mobilità e non necessariamente emergono nella zona dove il fenomeno criminoso si manifesta. Al contrario, la diffusione degli sportelli bancari nelle zone meno sviluppate del Paese, oltre a favorire la crescita economica, può contribuire a contrastare fenomeni di illegalità finanziaria, quali l'usura e l'abusivismo.
Resta soggetta ad autorizzazione l'apertura di succursali di banche italiane nei paesi extracomunitari. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione vengono valutate la possibilità della casa madre italiana di acquisire senza ostacoli informazioni sull'attività svolta dalla filiale; l'esistenza di un efficace sistema di vigilanza nel Paese di insediamento; la presenza di un adeguata struttura organizzativa per l'esercizio dei controlli della casa madre sulla filiale estera.
Oltre agli istituti dell'amministrazione straordinaria e della liquidazione coatta amministrativa, finalizzati alla gestione delle crisi ed estesi alle strutture di gruppo, l'ordinamento si è arricchito di nuovi strumenti di intervento straordinario in situazioni di patologia.
La Banca d'Italia può ora imporre il divieto di intraprendere nuove operazioni, oltre che ordinare la chiusura di succursali, in presenza di violazioni di disposizioni legislative, amministrative o statutarie che ne regolano l'attività; fra queste rientra sicuramente la consapevole violazione delle norme in materia di antiriciclaggio. L'ordine di chiusura può riguardare le singole filiali di una banca italiana, comprese quelle all'estero, ovvero una o più sedi di attività in Italia di una banca estera.
Per quanto concerne gli intermediari finanziari non bancari agli strumenti penalistici di repressione delle più gravi irregolarità, si è aggiunto un ulteriore meccanismo (art. 111 T.U.) che in caso di gravi violazioni di norme di legge o di disposizioni amministrative prevede la cancellazione dall'elenco generale degli intermediari finanziari tenuto presso l'U.I.C.; ne consegue l'impossibilità di proseguire l'attività finanziaria.


Una strategia di contrasto efficace non può prescindere da una visione globale dei fenomeni di illegalità nel sistema finanziario. Le attività abusive producono effetti distorsivi sulla concorrenza e possono costituire il terreno di coltura di altre attività criminose, quali il riciclaggio e l'usura.


Nel nuovo quadro regolamentare, per svolgere attività finanziaria sul mercato occorre rientrare in una delle figure di intermediario previste dalla legge e sottoporsi alle relative forme di controllo pubblico. Il regime penale dell'abusivismo si accompagna al meccanismo della regolamentazione con l'effetto di far emergere il sistema finanziario sommerso. Questa impostazione, oltre a tendere all'espulsione dei soggetti inquinati dalla criminalità, incentiva gli intermediari sani ad "ufficializzarsi", utilizzando i benefici, in termini di reputazione e di potenzialità operative, offerti dal sistema dei controlli.
Le società finanziarie iscritte all'elenco generale presso l'U.I.C. sono attualmente n. 21.836; si tratta, in massima parte, di società che gestiscono esclusivamente partecipazioni in altre società e non operano con il pubblico. Le società finanziarie che prestano servizi nei confronti del pubblico sono n. 1.791; di queste n. 1.000 operano nel Nord del Paese, n. 433 nell'Italia Centrale e n. 358 nelle regioni meridionali e nelle isole.
Per tutte le società iscritte nell'elenco generale sono previsti requisiti di onorabilità degli esponenti; per gli intermediari che operano nei confronti del pubblico sono stabilite precise condizioni per l'entrata nel mercato (capitale minimo, forma giuridica, professionalità ecc.), obblighi di correttezza e regole di trasparenza; con riguardo alla disciplina antiriciclaggio, i controlli sono affidati al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza.
Risultano iscritte nell'elenco speciale presso la Banca d'Italia n. 272 società, di cui n. 220 aventi sede nelle regioni del nord, n. 39 nell'Italia centrale e n. 13 al sud. Svolgono attività di leasing (n. 113 società), factoring (n. 61), concessione di finanziamenti (n. 58) e credito al consumo (n. 23). Gli intermediari finanziari che sono stati sottoposti alla vigilanza prudenziale e ispettiva della Banca d'Italia sono quelli di dimensioni più rilevanti e che utilizzano maggiormente risorse finanziarie acquisite da terzi.
L'art. 3 del decreto legislativo 481/92 (ora art. 11 del T.U.) ha definitivamente chiarito che solo le banche possono raccogliere tra il pubblico fondi con l'impegno di restituzione, fatte salve specifiche e disciplinate eccezioni, con il medesimo decreto è stata poi introdotta una figura di reato che punisce direttamente la raccolta abusiva di risparmio. La delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 4 marzo 1994 ha completato la disciplina, indicando le ipotesi nelle quali la raccolta è consentita a soggetti non bancari.
L'applicazione di queste disposizioni coinvolge anche il fenomeno delle c.d. Casse di mutualità. Risulta confermato e reso esplicito il divieto per le cooperative finanziarie di raccogliere fondi tra i loro soci. Per corrispondere all'esigenza di assorbire le Casse di mutualità nel circuito legale sono disponibili vari strumenti, quali la trasformazione in banca cooperativa, la cessione di azienda, la fusione.
Per assicurare l'attuazione delle nuove regole occorre che gli intermediari che non abbiano assunto una delle figure legali tipiche vengano esclusi dalla comunità degli affari e che il territorio venga presidiato in modo che i soggetti non autorizzati vengano individuati.
La Banca d'Italia ha impegnato le banche a seguire criteri di prudenza nell'avviare rapporti con le società finanziarie e a non favorire fenomeni di abusivismo. Nel "decalogo" antiriciclaggio viene precisata l'importanza per gli intermediari di una compiuta conoscenza del cliente; essere accettato come cliente di un intermediario deve costituire un valore socialmente apprezzato.
L'obiettivo di una completa "bonifica" del mercato finanziario dagli operatori illegali non può essere perseguito solo mediante i meccanismi di contrasto introdotti nell'ordinamento; occorre che la domanda di servizi finanziari da parte del pubblico non si indirizzi verso operatori non autorizzati.
Tutti i soggetti presenti sul mercato devono essere chiaramente identificabili; da ogni forma pubblicitaria deve potersi agevolmente ricavare la legittimazione ad operare e il tipo di intermediario da cui promana l'offerta. Ma, soprattutto, i cittadini che richiedono un servizio finanziario devono essere resi pienamente consapevoli delle caratteristiche del soggetto al quale affidano il proprio risparmio ovvero richiedono un finanziamento.
È un compito che può essere efficacemente svolto dalle associazioni degli intermediari e dei consumatori; anche le autorità pubbliche possono contribuire all'opera di sensibilizzazione favorendo la più ampia diffusione tra il pubblico degli elenchi degli intermediari abilitati ad effettuare le diverse attività finanziarie. Potranno essere fornite indicazioni esplicative chiaramente percepibili sulle attività esercitate dalle singole categorie degli intermediari.


Il fenomeno dell'usura si configura come il crocevia di un gran numero di attività illecite; secondo informazioni desumibili dai procedimenti giudiziari l'usura, da un lato, si presta come strumento per riciclare e accrescere proventi di altre forme di reato, dall'altro, si accompagna alle estorsioni nel perseguire l'intento criminale di impadronirsi di attività economiche legali.
È stata avviata una serie di iniziative sul terreno della lotta all'usura nella consapevolezza che il problema è complesso e che va affrontato attraverso misure più articolate della sola repressione penale.
Dal lato dell'offerta del credito va considerato che il sistema finanziario si è arricchito di nuovi strumenti e di nuovi operatori; la sua presenza sul territorio è più capillare. Nel complesso il sistema legale è in grado di soddisfare adeguatamente le esigenze delle famiglie e delle imprese.
In via generale l'usura origina da fattori esterni al settore bancario. Nondimeno il contributo che si richiede alle banche e agli altri intermediari finanziari è quello di migliorare e velocizzare ulteriormente le procedure operative nei rapporti con la clientela. Un ruolo importante spetta alle banche locali per riaffermare la loro vocazione di fornire sostegno finanziario alle famiglie e alle piccole imprese.
Nel giugno scorso sono state diramate al sistema bancario specifiche indicazioni operative per sollecitare una attiva collaborazione alla lotta all'usura.
È stato innanzitutto ricordato che, a seguito della modifica del reato di riciclaggio previsto dall'art. 648 bis del codice penale, ricadono nell'obbligo di segnalazione alle Forze di polizia, previsto dall'art. 3 della legge 197/91, anche quelle operazioni della clientela che destino il sospetto di trarre origine da pratiche di usura.
Il dubbio che propri clienti possano utilizzare in attività finanziarie illegali i crediti ricevuti deve spingere le banche ad evitare la concessione di finanziamenti non direttamente giustificati dall'attività economica dagli stessi svolta.
I controlli aziendali interni devono contemplare meccanismi e procedure idonei ad evitare il verificarsi di comportamenti infedeli di dipendenti che diano sostegno a fatti di usura.
Dovrà essere avviata un'opera di sensibilizzazione della clientela per segnalare i rischi insiti nel richiedere prestiti a soggetti non legittimati a svolgere attività di finanziamento.
Per il tramite dell'Associazione Bancaria Italiana è stato rivolto al sistema bancario l'invito a predisporre tecniche di valutazione delle richieste di fido per i casi di particolare urgenza che riducano i tempi di risposta.
La molteplicità delle cause dell'usura e i suoi complessi risvolti hanno indotto la Banca d'Italia ad avviare una ricerca, per individuare gli ostacoli che, sul versante dell'offerta, impediscono ai soggetti che si rivolgono agli usurai di accedere direttamente al credito bancario; verranno altresì approfondite le eventuali insufficienze del quadro normativo nonché le disfunzioni nell'attività della pubblica amministrazione e nelle procedure esecutive per il recupero dei crediti che indirettamente favoriscono il fenomeno dell'usura. La ricerca comprenderà anche un'analisi delle esperienze dei principali paesi esteri.
Sul piano legislativo sono state presentate in Parlamento numerose ipotesi di modifica normativa. Sul tema la Banca d'Italia ha già fornito il proprio contributo tecnico; è stata, tra l'altro, condivisa la scelta di svincolare la figura di reato dell'usura dalla sussistenza dello stato di bisogno della vittima e di renderla sufficientemente ampia da colpire tutte le possibili modalità di aggressione ai beni dei soggetti.


I meccanismi di rilevazione introdotti dalla legge 197/91 per l'individuazione dei flussi finanziari illeciti operano sia a livello aggregato sia per i singoli casi.
Dati aggregati affluiscono all'ufficio italiano dei cambi, al quale la legge affida il compito di effettuare analisi statistiche volte ad individuare flussi finanziari anomali riguardanti specifiche aree territoriali. Queste elaborazioni, tuttora in fase di sperimentazione, potranno confluire in un più ampio progetto per una rilevazione sistematica dei fenomeni connessi alla penetrazione della criminalità organizzata nell'economia e nella finanza.
La rilevazione dei casi sospetti di riciclaggio è compito degli intermediari i quali valutano le operazioni poste in essere nel contesto delle informazioni disponibili sul conto della clientela; queste valutazioni si avvalgono della base informativa contenuta negli archivi unici aziendali prescritti dalla legge 197/91, contenenti informazioni in ordine a tutti i conti, depositi o altri rapporti continuativi intrattenuti presso la banca, nonché a tutte le operazioni che comportano movimentazioni superiori a lire venti milioni.
Le tracce di anomalia emerse presso l'intermediario finanziario vanno poi approfondite sul piano investigativo. Le indagini giudiziarie possono inoltre avvalersi delle informazioni che gli intermediari sono tenuti a conservare. I rapporti tra intermediari e organi inquirenti potranno divenire più agili attraverso l'anagrafe dei conti e dei depositi della clientela, prevista dall'art. 20 della legge 413/91 che consentirà di individuare rapidamente gli intermediari presso i quali indirizzare gli accertamenti di polizia giudiziaria.


La scelta di affidare agli intermediari il compito di segnalare le operazioni sospette muove dalla considerazione che le operazioni finanziarie sono di per sé neutre; solo confrontando l'aspetto oggettivo dell'operazione con le caratteristiche soggettive del cliente può ricavarsi un giudizio di possibile anomalia.
Allo scopo di agevolare il compito degli intermediari e per assicurare linee di comportamento omogenee, la Banca d'Italia ha diffuso nel gennaio 1993 il cd. "decalogo" antiriciclaggio, contenente indicazioni operative per gli intermediari. Il documento, che si basa anche su analoghe esperienze estere, è stato redatto con il significativo contributo dell'ABI e delle Forze di polizia.
La Banca d'Italia sta ora procedendo ad una riedizione del decalogo, per tener conto dei cambiamenti intervenuti nella legislazione e delle esperienze maturate; per integrare la casistica delle fattispecie che denotano sintomi di possibile anomalia; per fornire ulteriori indicazioni sulle procedure interne di valutazione dei casi sospetti. Seguirà una seconda fase di sensibilizzazione dell'intero sistema bancario e finanziario, volta anche ad incentivare l'opera di addestramento e formazione del personale.
Il sistema bancario sta mettendo a punto una procedura informatica per un primo "screening" delle operazioni da sottoporre a particolare esame; ciò potrà costituire un ausilio per gli operatori, senza peraltro esimerli da una valutazione responsabile dei singoli casi sulla base della conoscenza del cliente.
È ormai superata l'incertezza applicativa iniziale relativa al legame con l'art. 648 bis c.p., la cui riformulazione estende l'obbligo di segnalazione alle ipotesi di reati gravi produttori di ricchezza illecita, tra i quali anche i fatti di usura.
Rimane tuttora irrisolto il principale problema avvertito dagli operatori: la mancanza di meccanismi che assicurino la completa riservatezza delle segnalazioni, che è spesso condizione essenziale per la sicurezza del personale bancario. Si tratta di una esigenza già rappresentata in varie sedi.
Concrete indicazioni su possibili interventi nella materia dell'antiriciclaggio furono individuate già nell'ambito di un gruppo di lavoro costituito presso la Banca d'Italia, su invito del Ministro dell'Interno nell'ottobre 1992, al quale partecipavano esponenti dell'A.B.I., dell'U.C.I. e delle Forze di Polizia. Tenuto conto dell'esperienza francese si potrebbe affidare a un organo composto da autorità di polizia e amministrative l'esame delle segnalazioni, oppure individuare modifiche "procedurali" che rendano più agevole e riservato il flusso delle segnalazioni.
Dalle più recenti rilevazioni emerge una inversione di tendenza rispetto alla fase di prima applicazione; le segnalazioni pervenute al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria dal 1° gennaio al 15 settembre 1994 (n. 529) sono più che doppie rispetto a quelle dell'intero 1993 (n. 234). In totale, dal 1991 le segnalazioni ricevute dalla Guardia di Finanza si ragguagliano a n. 888, di cui n. 792 provenienti dalle banche.
Superata la fase di rodaggio, il flusso delle segnalazioni tende ad accrescersi. Può realisticamente prevedersi che, apportati gli interventi correttivi e, in ispecie, quelli in punto di riservatezza, il meccanismo di segnalazione delle operazioni sospette potrà dare i risultati attesi.
Circa l'ipotesi di introdurre, in alternativa al sistema vigente, una banca dati centralizzata nella quale confluisca la generalità dei movimenti bancari, la Banca d'Italia è tuttora dell'avviso che sussistano forti controindicazioni sotto il profilo dell'utilità, della fattibilità tecnica, dei costi e della praticabilità giuridica.
Sotto il primo profilo, è estremamente difficile che da un numero straordinariamente rilevante di dati possano estrapolarsi informazioni realmente significative, ove queste non siano collegate alla conoscenza del soggetto che le ha poste in essere.
È da ritenere che il metodo secondo cui, muovendo dal sospetto di un intermediario su una concreta operazione si utilizzino i dati degli archivi informatici, sia più efficace rispetto a quello che, partendo da una gran mole di dati grezzi, implichi indagini a tappeto su una serie di movimenti finanziari, per lo più legittimi, per giungere a focalizzare l'attenzione su un ipotesi di sospetto.
Non vanno poi sottovalutati i costi di impianto e di gestione di un siffatto sistema informativo che dovrebbe assorbire quotidianamente i dati analitici dell'intero sistema finanziario, e non solo quelli, già di per sé numerosissimi, delle banche.
Sul piano giuridico, va osservato che l'ordinamento consente il superamento del diritto alla riservatezza dei cittadini solo caso per caso, nel contesto delle regole e delle garanzie proprie degli accertamenti penali e tributari; qualora il meccanismo ipotizzato consenta all'autorità pubblica di conoscere costantemente le attività finanziarie dei cittadini o di avviare indagini sulla base di mere estrapolazioni automatiche, esso potrebbe confliggere con basilari esigenze di riservatezza e di libertà.
Va, infine, considerato che uno strumento di questo tipo è estraneo all'esperienza degli altri paesi europei; una sua introduzione penalizzerebbe fortemente il mercato italiano perché la generalità degli operatori tende ad indirizzare le proprie scelte di investimento verso sistemi meno vincolistici e più rispettosi del diritto alla riservatezza.


La Banca d'Italia, nella funzione di Banca centrale, ha recepito pienamente le disposizioni e lo spirito della normativa antiriciclaggio e delle altre regole dettate per accrescere l'efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione. L'archivio unico informatico è stato puntualmente attivato; sono state affinate le procedure di controllo sulle operazioni; è stata svolta una diffusa opera di addestramento e formazione del personale.
Pur essendo meno frequente il ricorso dei presupposti perché scatti l'applicazione dell'art. 3 della legge 197/91, data la molto ridotta operatività "bancaria" dell'Istituto con clientela privata non creditizia o finanziaria, tuttavia, anche con questi limiti, sono state inoltrate alla competente Autorità, complessivamente, 14 segnalazioni di operazioni anomale, 13 delle quali hanno riguardato operazioni in titoli.
Particolare rilievo assume il contributo che la Banca d'Italia fornisce alla lotta alla criminalità nelle sue manifestazioni finanziarie, attraverso l'esercizio dell'azione di vigilanza e la collaborazione con gli altri organi dello Stato.


I controlli sugli adempimenti degli intermediari in materia di antiriciclaggio costituiscono ormai parte dell'ordinaria attività di vigilanza.
È stata svolta un'opera di sensibilizzazione per l'adozione, da parte del sistema bancario e finanziario, di moduli organizzativi funzionali agli adempimenti richiesti dalla legge n. 197/91; è stata condotta un'azione ricognitiva sullo stato di attuazione della normativa presso il sistema.
In sede ispettiva vengono effettuati controlli su campioni di operazioni, anche presso dipendenze periferiche, al fine di accertare l'avvenuta registrazione delle operazioni c.d. "rilevanti", l'osservanza delle disposizioni in tema di limitazione all'uso del contante e di circolazione dei titoli al portatore, l'adeguatezza delle procedure di segnalazione delle operazioni "sospette".
Nell'ambito di accordi con l'U.I.C. è stato realizzato nel periodo 1992-1993 un programma congiunto di ispezioni settoriali presso oltre 400 sportelli bancari situati nelle quattro regioni meridionali caratterizzate da una maggiore penetrazione della criminalità organizzata. Nel biennio 1993/1994 l'U.I.C. ha avviato autonomi accertamenti presso n. 29 banche.
Verifiche sul rispetto della disciplina antiriciclaggio vengono eseguite anche in occasione di accertamenti ispettivi nei confronti degli altri intermediari "vigilati" (sim, società finanziarie capogruppo, finanziarie iscritte all'elenco ex art. 107 T.U., società di gestione di fondi comuni di investimento).
Nel triennio 1991/1993 sono state effettuate n. 543 ispezioni di vigilanza nei confronti del sistema bancario.
In presenza di violazioni delle disposizioni di legge o amministrative, la Banca d'Italia ha avviato nel medesimo triennio n.213 procedure per l'emanazione di decreti sanzionatori da parte del Ministro del Tesoro.
Nel periodo dal 30 giugno 1990 al 30 giugno 1994 sono stati assunti n. 22 provvedimenti di gestione straordinaria e n. 11 di liquidazione coatta, per un totale di n. 33; di essi n. 24 sono relativi a banche dislocate nell'Italia meridionale.
L'inosservanza delle disposizioni in materia di limitazione nell'uso del contante e nella circolazione dei titoli al portatore configura illecito sanzionabile in via amministrativa con decreto del Ministro del Tesoro al quale dal 1° gennaio del 1992 la Banca d'Italia ha segnalato n. 71 casi. Con riferimento alle omissioni di registrazione delle operazioni rilevanti, che configurano ipotesi di reato, sono state inoltrate dal 1992 n. 80 segnalazioni alle competenti Procure della Repubblica.
Inoltre, se dalle verifiche condotte emerge che le irregolarità sono connesse a disfunzioni nell'organizzazione e carenze nei controlli interni, la Banca d'Italia interviene nei confronti degli intermediari affinché adottino le necessarie misure correttive.


In relazione ai compiti rimessi dalla legge n. 197/91 all'Ufficio Italiano dei Cambi, nel febbraio 1992 è stato sottoscritto dalla Banca e dall'Ufficio un protocollo d'intesa per il coordinamento dell'attività di vigilanza in materia di riciclaggio cui si è aggiunto un accordo per lo scambio di informazioni sulle società finanziarie.
Il numero complessivo di richieste di collaborazione della magistratura è in costante aumento (nel 1992 n. 139; nel 1993 n. 273; nei primi nove mesi del 1994 n. 206). In molti casi hanno riguardato l'utilizzo di funzionari della Banca nell'ambito di procedimenti penali per il conferimento di incarichi peritali o di consulenza tecnica che richiedono la ricostruzione di operazioni complesse presso intermediari (n. 118 nel triennio), ovvero la loro audizione in qualità di testi (n. 117 nel medesimo periodo). Va segnalata la piena disponibilità rappresentata alla Direzione Nazionale Antimafia a fornire consulenze tecniche nel corso di indagini in tema di criminalità economica.
In relazione a intese di carattere generale è stato inoltre sviluppato un proficuo scambio di informazioni anche con la Direzione Investigativa Antimafia.
Sono intensi i rapporti con la Guardia di Finanza, in particolare in tema di società finanziarie di dubbia legittimità. Nel marzo del 1993 è stato trasmesso un elenco di n. 187 società aventi sede in Italia meridionale venute all'attenzione della Banca d'Italia per possibili profili di abusivismo. Con la Guardia di Finanza è stato inoltre stipulato un accordo, recentemente divenuto operativo, per l'esercizio dei controlli ispettivi in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi finanziari nei confronti degli intermediari non sottoposti ad altre specifiche forme di vigilanza.
I direttori delle filiali provinciali della Banca d'Italia mantengono uno stretto raccordo con i prefetti attraverso la partecipazione ai Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica.
La Banca d'Italia partecipa con l'Ufficio Italiano dei Cambi e con la Guardia di Finanza al "Comitato per la risoluzione delle problematiche dell'antiriciclaggio ex legge 197 del 1991", istituito presso il Ministero del Tesoro.


Nel più ampio scenario internazionale la globalità e l'intensificazione dei rapporti finanziari accrescono le probabilità di sviluppo anche delle attività economiche illecite.
L'esistenza di centri finanziari che devono il proprio successo alla mancanza dei vincoli e dei controlli sui trasferimenti e i depositi di fondi consente di aggirare le misure predisposte nei paesi di origine.
Nei Paesi dell'est europeo la debolezza delle strutture economiche richiede consistenti afflussi di capitale per finanziare gli investimenti; nel contempo controlli pubblici ancora insufficienti non assicurano le necessarie barriere all'ingresso di capitali di provenienza illecita. Su tali flussi non si dispone di informazioni quantitative, né sono possibili stime affidabili.
La più solida barriera ai movimenti dei proventi dell'attività criminale organizzata è rappresentata dalla cooperazione fra le Autorità preposte ai controlli.
Con la sottoscrizione di "Memoranda of understanding" fra le "Vigilanze" dei Paesi Comunitari si dà concreta attuazione all'integrazione internazionale. Vengono scambiate informazioni su episodi di patologia finanziaria che riguardano singoli intermediari.
Lo scambio di informazioni, se pure su basi non codificate, si va realizzando tra le Autorità dei Paesi ad economia matura; ciò anche sulla scorta di esperienze - quali la vicenda della Bank of Credit and Commerce International - che hanno dimostrato la necessaria complementarità dei controlli, specie in ipotesi di condizionamenti criminali delle scelte di gestione.
Il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale per la lotta al riciclaggio dei proventi illeciti, costituito nel 1989 dai 7 Paesi maggiormente industrializzati, ha rappresentato un significativo "foro" di incontro fra le diverse delegazioni nazionali dell'intera Area OCSE e delle piazze di Honk Kong e Singapore. Le 40 Raccomandazioni elaborate dal GAFI configurano il comune denominatore dell'assetto degli ordinamenti nazionali per la lotta alla finanza illecita e tracciano le linee per l'affinamento delle strategie dell'azione di contrasto.
Si è appena conclusa la fase dei lavori del GAFI orientata, attraverso un sistema di mutue valutazioni, a verificare lo stato di effettivo recepimento delle Raccomandazioni nelle legislazioni, nel sistema dei controlli amministrativi e di polizia e nella cooperazione giudiziaria realizzata dai singoli Paesi aderenti.
Nel quadro di tali lavori, nel 1993 una Commissione internazionale di esperti ha condotto una visita presso autorità, amministrazioni ed organismi del nostro Paese impegnati nell'azione antiriciclaggio, tra i quali la Banca d'Italia e l'U.I.C.. Le conclusioni cui gli esperti sono pervenuti, contenute in un documento approvato dalla Assemblea Plenaria del GAFI, riconoscono la validità dell'impianto normativo antiriciclaggio del nostro Paese, richiamando l'attenzione sull'esigenza, peraltro già ben presente alle Autorità italiane, di rendere più funzionali le procedure per la gestione delle segnalazioni delle operazioni sospette.
Su questo punto le esperienze estere sono eterogenee. Tutte le soluzioni adottate perseguono tuttavia l'obiettivo della "riservatezza" delle segnalazioni e del loro accentramento presso "unità" di analisi. Orientamento comune dei Paesi europei è stato quello di rifiutare, perché ritenuti difficilmente governabili, sistemi basati sull'automatica acquisizione di dati rilevanti in senso quantitativo.
Il GAFI nella sessione dei lavori per il 1994-95 ha programmato una specifica valutazione comparativa delle diverse formule già realizzate, o in via di realizzazione, nei diversi Paesi europei.
Elemento di preoccupazione emerso di recente in sede GAFI è costituito dalle modalità operative di taluni sistemi privati di compensazione delle transazioni internazionali, che non sembrano assicurare piena trasparenza circa le generalità dell'ordinante e del beneficiario delle operazioni.
L'esigenza della cooperazione internazionale ha ricevuto una autorevole conferma dalla recente conferenza di Napoli del G 7. Un ulteriore significativo appuntamento è rappresentato dalla conferenza dell'ONU che si terrà a Napoli nel prossimo novembre.
La Banca d'Italia è impegnata a fornire varie forme di ausilio ai Paesi dell'Est europeo e a quelli in via di sviluppo, al fine di consentire ai medesimi di impiantare efficaci sistemi di controllo sulle attività finanziarie. nell'ambito di accordi bilaterali di assistenza, si svolgono frequentemente presso l'Istituto "stages" per rappresentanti di banche centrali ed elementi della Banca d'Italia si recano presso dette banche per collaborare a specifici programmi. Su richiesta del Fondo monetario internazionale la Banca d'Italia ha istituito corsi periodici di formazione per esponenti di banche centrali di Paesi dell'Europa orientale.


Nell'azione di contrasto al riciclaggio va completandosi la fase di impianto del sistema normativo e dei controlli; è stata svolta un'ampia opera di sensibilizzazione degli intermediari. Su queste basi è da attendersi una fase di piena attuazione delle indicazioni della legge e delle Autorità.
Talune proposte operative da me richiamate potrebbero costituire un ulteriore impulso per l'azione di contrasto ai fenomeni illegali nel sistema finanziario, contribuendo a migliorare i risultati.
Ritengo utile, in conclusione, riassumere alcuni degli orientamenti che sono stati prospettati.
In materia di lotta all'abusivismo si segnalano:
- l'esigenza di rafforzare l'azione di controllo sul territorio, attraverso la Guardia di finanza e le altre forze dell'ordine, al fine di far emergere i soggetti illegali ;
- la sensibilizzazione dei cittadini per evitare che si rivolgano a soggetti non autorizzati a svolgere attività finanziaria.

In tema di contrasto all'usura, ferma restando l'opportunità di interventi legislativi, si ricordano:
- l'impegno del sistema bancario, nel rispetto dei criteri tecnici nella valutazione del merito di credito della clientela, a corrispondere, in forme e con procedure adeguate, alle richieste di credito dei piccoli operatori,
- lo sviluppo di iniziative volte a prevenire il ricorso all'usura, mediante strumenti di garanzia collettiva, promossi o costituiti da associazioni di categoria o da fondazioni che abbiano scopi di utilità sociale.

Con riguardo alla lotta al riciclaggio ci si riferisce:
- all'aggiornamento del "decalogo" emanato dalla Banca d'Italia e all'avvio di una nuova azione di sollecitazione indirizzata, in particolare, nei confronti degli intermediari non bancari;
- alla revisione della procedura di segnalazione delle operazioni sospette, in funzione di una assoluta riservatezza dei soggetti segnalanti, eventualmente affidando il vaglio delle operazioni ad un organismo unico, cui partecipi, accanto alle forze di polizia, una componente di natura tecnica;
- al rafforzamento della cooperazione internazionale in relazione alla continua evoluzione dei fenomeni finanziari illegali, i quali tendono a svilupparsi nei varchi lasciati sguarniti dalla regolamentazione e dai controlli.



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