Dopo la fine della "guerra fredda", l'intelligence ha visto passare in secondo piano quella connotazione di ordine "militare" che aveva come obiettivi principali quelli di conoscere le forze dell'avversario e di frustrare i tentativi dell'avversario di conoscere le proprie. Siffatta connotazione ne aveva caratterizzato il profilo per tutto il secondo dopoguerra, per assumere nuove caratteristiche di attività, offensiva e difensiva, di tutela del corpo sociale e del suo assetto istituzionale rispetto ad impulsi destabilizzanti mirati ad indebolirne la saldezza, anche nel quadro di quella che è stata definita da Bernard Esambert, Presidente della Banca di Francia, la "guerra economica mondiale ".
In definitiva, l'opera di intelligence deve tener conto del fatto che in società moderne, multimediali, la possibilità di condizionare e influenzare comportamenti di massa può divenire strumento anche di volontà destabilizzanti.
Oggi, infatti, si può colpire un colosso finanziario sia parcheggiando un'auto esplosiva di fronte al suo quartier generale, sia convincendo in modo manipolatorio, strumentale o disinformativo il pubblico della "antisocialità" dei suoi prodotti o della pericolosità dei suoi indirizzi operativi.
L'intelligence, per essere efficace, deve quindi continuamente plasmarsi in questa congiuntura storica del "dopo guerra fredda" sui contorni culturali della società che è chiamata a tutelare e, oggi, i contorni della cultura contemporanea sono fortemente condizionati dai messaggi inviati attraverso i media.
Sul finire degli anni '80, l'attenzione dell'opinione pubblica dei Paesi più industrializzati del mondo è stata polarizzata, per un certo lasso di tempo, sui pregi e i vantaggi della "dieta mediterranea": giornali, radio, TV, riviste popolari insistevano ossessivamente sui benefici della pasta, del basilico, dell'olio d'oliva e di tutti gli ingredienti dei piatti "mediterranei", descrivendo, nel contempo, i pericoli per la salute della dieta tipica anglosassone a base di grassi animali e di carne suina e bovina, una dieta imputata di essere fonte di molte delle malattie del mondo contemporaneo.
La campagna di stampa sulla dieta mediterranea non aveva la nobile motivazione di educare il pubblico a costumi alimentari più sani. Essa, secondo fonti molto qualificate ed attendibili, venne organizzata infatti da potenti circoli finanziari e industriali giapponesi i quali, in tal modo, intendevano ostacolare il progetto della Mc Donald (gruppo alimentare USA) di esportare i propri punti di ristorazione in Europa e Giappone nel contesto di un più ampio programma di rilancio dell'industria alimentare americana.
L'operazione "dieta mediterranea" è stata montata e portata avanti con successo da un mondo imprenditoriale, quello giapponese, che usa l'intelligence "offensiva" nella sua accezione più moderna e aggressiva, un'accezione che individua nella manipolazione o nella utilizzazione fortemente strumentale delle informazioni pubbliche, o meglio delle informazioni dirette al pubblico, uno degli strumenti più incisivi ed efficaci.
Nello stesso filone può inserirsi l'allarme con il quale, in Occidente, è stato vissuto il fenomeno dell'integralismo islamico in Egitto, quando il Paese, nel '92-'93 è stato interessato da una campagna di attentati di matrice islamica contro turisti stranieri.
Tale campagna ha ricevuto una enorme risonanza sui media europei ed americani.
A parere del Capo del Servizio di intelligence della Repubblica egiziana, tale risonanza sarebbe stata artatamente "stimolata" da ambienti economico-finanziari spagnoli e israeliani per dirottare le correnti turistiche dall'Egitto ai propri Paesi.
Sono esempi che testimoniano come nel mondo d'oggi il flusso delle informazioni che attraverso molteplici canali raggiunge quotidianamente il grande pubblico possa, se dirottato con semplici tecniche di manipolazione quantitativa o qualitativa, incidere sui comportamenti di massa in misura tale da conseguire quei risultati che, in altri tempi o in altro contesto, avrebbero comportato il ricorso a tecniche apertamente terroristiche o eversive. In altri termini, la manipolazione o la strumentalizzazione dei flussi informativi può, in alcune circostanze (specie quando l'interlocutore è culturalmente evoluto) assumere una valenza eversiva che differisce da quella terroristica solo perché quest'ultima usa mezzi più rozzi e sanguinari.
Un Servizio di sicurezza che ha, come mandato, quello di tutelare la stabilità del proprio Paese e di fornire ai propri referenti istituzionali spunti informativi e analitici idonei ad influire positivamente sul processo decisionale, non può quindi trascurare il settore delle "fonti aperte". Ciò in primo luogo perché, come abbiamo visto con l'esempio solo apparentemente banale della "dieta mediterranea", i canali di comunicazione di massa possono essere scientificamente utilizzati - in modo non apertamente illegale - per esercitare forme di condizionamento o di suggestione mirata su Comunità e Governi, aventi motivazioni riconducibili a lotte economico-finanziarie o a finalità politiche e sociali.
In secondo luogo, perché questo ambito della sfera generale della sicurezza non è "coperto" dalle forze di polizia: esso, per la sua natura sfuggente e non chiaramente inquadrabile in un contesto normativo penale ben definito, difficilmente può entrare nell'orbita degli interessi di polizia giudiziaria.
L'azione manipolatoria svolta attraverso i mass-media, specie quando non è rozza e grossolana (come nel caso della calunnia) si colloca in quella zona "grigia" ai confini tra lecito e illecito nella quale si può esprimere appieno l'azione dei Servizi, strutture non vincolate all'obbligo dell'azione penale o alle risultanze giudiziarie della propria operatività, ma che comunque sono chiamate a vigilare sulla sicurezza collettiva e sulla stabilità delle Istituzioni, individuando per tempo le forme e i modi attraverso i quali forze di varia estrazione, matrice e natura, possono tentare di stabilire rapporti di forza a loro favorevoli anche senza ricorrere a forme aperte di eversione e di terrorismo.
Sino ad ora, per motivi del resto comprensibili dovuti a scarsezza di mezzi di fronte a priorità importanti, quali la lotta al terrorismo e alla grande criminalità eversiva, alcuni Servizi di intelligence europei hanno mostrato una certa "rigidità" operativa di fronte alla mutevole dinamica della società che erano chiamati a difendere.
Il problema delle "fonti aperte", invece di essere inquadrato nel contesto sopra delineato di momento essenziale di una moderna azione di intelligence preventiva, è stato ricondotto nei confini, operativamente molto angusti, di una ricognizione passiva delle maggiori correnti d'opinione quali emergevano sulla stampa (senza alcun intervento significativo sulla totalità dei mass-media, TV e radio compresi) a fini di informazione statica (rassegna stampa, "quaderni stampa" monografici, rassegna stampa estera, recensioni di libri d'interesse, ecc.), senza mai tentare di affrontare sul piano organizzativo, operativo e analitico, il problema delle "fonti aperte" in quella chiave di intelligence moderna che alcuni Servizi pure europei hanno dimostrato di saper utilizzare con grande efficacia.
Ecco il motivo per il quale oggi ogni Servizio di intelligence deve avviare processi di "autoriforma" in una chiave di forte e coraggiosa modernizzazione anche culturale. Nella ridefinizione del ruolo e dei compiti dell'analisi, che ha visto il passaggio dal modello deduttivo (e statico) di valutazione delle informazioni, al modello induttivo (e dinamico) di costruzione mirata di modelli di ricerca informativa, lo studio, in chiave intelligence, delle "fonti aperte" è entrato a buon diritto nella scala delle priorità analitico-operative.
Un monitoraggio costante, penetrante e intelligente delle "fonti aperte" consente infatti di impostare una ricerca di intelligence di tipo induttivo, una ricerca, cioè, nella quale l'analisi non rappresenta il punto di arrivo dell'attività informativa ma ne costituisce la base di partenza per ricerche mirate, in grado di comprendere le grandi linee di iniziative strategiche che utilizzano la rete dei media per raggiungere individui e collettività, segnalando, a chi deve decidere, le possibili motivazioni che tali iniziative sottendono e offrendo input al settore operativo per avviare azioni di intelligence selettive e di alto livello nei confronti dei settori eventualmente individuati come motori delle iniziative stesse.
L'individuazione dei modelli più costanti di comunicazione e l'analisi (in rapporto ad esempio agli assetti proprietari delle testate) dei trend e delle grandi strategie nei confronti del pubblico permette, infatti, di riconoscere le varianti comunicative e di interpretare la natura dei messaggi e il loro impatto, attuale e potenziale, sui comportamenti sociali, riconducendo i fenomeni portati all'attenzione del pubblico nei loro confini più reali e realistici.
Lo scopo ultimo dell'analisi delle "fonti aperte" non è certamente quello, miope e improduttivo (nonché illegittimo), di "controllare" o di "spiare" la stampa.
Il programma mira esclusivamente - nei confini dell'azione di intelligence - a fornire all'Esecutivo, quando possibile, dei quadri di situazione che contribuiscano al processo decisionale, fornendo credibili chiavi di lettura di fenomeni che si amplificano e si autoevolvono, anche con stimoli emozionali di ordine strumentale, sulla grande rete dei media.
È questa una sfida di grande respiro strategico, alla quale bisogna corrispondere con spirito e cultura aperti alla realtà multidimensionale nella quale oggi si vive.
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