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punto di vista 4/2021

punto di vista Germania ed Europa da Adenauer a Merkel
Sergio Romano biografia

Mi è stato chiesto perché nella Repubblica Federale Tedesca e in Austria il capo dell’Esecutivo, abitualmente chiamato quasi ovunque presidente del Consiglio dei ministri, Primo ministro o Capo del governo, sia il Cancelliere. La parola risale all’Alto Medioevo e distingue la persona che deve custodire il Cancellus, vale a dire la barriera che separa il pubblico da un personaggio autorevole o dal simbolo del suo potere. Nel Sacro Romano Impero alcuni si chiamavano addirittura “arcicancellieri” ed erano tre: uno per i territori germanici (istituito nel 962), uno per il Regnum Italicum (1032) e il terzo per il Regno dei Burgundi (una tribù germanica proveniente dalla Scandinavia).
Con il passare del tempo la parola fu usata per definire la persona che custodiva il sigillo dell’autorità politica o amministrativa, e oggi, nella maggior parte dei casi, in una azienda o in un ente amministrativo è semplicemente un funzionario di piccolo o medio rango. Ma quando il Sacro Romano Impero fu depositato da Napoleone negli archivi della storia (1806) e la Germania cominciò e raggruppare in un grande Stato nazionale le singole entità sorte nei secoli precedenti, i tedeschi vollero essere governati da un Cancelliere.
Vi era forse in quella scelta l’implicita convinzione che la nuova Germania fosse l’erede del Sacro Romano Impero e potesse aspirare e riconquistarne le antiche dimensioni? È possibile che tale ambizione fosse nella mente di qualche intellettuale; ma nelle guerre che la Germania unificata ha combattuto contro la Danimarca, l’Austria, la Francia e la Russia, sino a quella mondiale del 1914, vi furono soprattutto i propositi e lo stile del Regno di Prussia.
Quegli aneliti non furono soddisfatti durante la Prima guerra mondiale e furono caparbiamente perseguiti, con lo stesso risultato, anche nel corso della Seconda. Ma i due conflitti ebbero almeno il merito di dimostrare che non vi era uno Stato in Europa capace di imporsi definitivamente sugli altri. Il problema, pertanto, non era quello di conquistare, ma di unificare i Paesi che nei secoli precedenti si erano frequentemente combattuti. La creazione di un’Europa unita era ormai da molti anni un tema ricorrente oggetto di pubbliche discussioni, ma diventa particolarmente attuale dopo le grandi stragi della guerra scoppiata nell’agosto del 1914. Alcune fra le proposte più convincenti giunsero dai due Paesi, Francia e Germania, che più duramente si erano scontrati sul campo di battaglia.
Il francese Robert Schuman (1886-1963) era nato a Clausen, quartiere del centro di Lussemburgo, da un padre che era stato francese sino a quando la sua Lorena, dopo l’annessione del 1871, era divenuta tedesca. L’Europa gli deve una straordinaria dichiarazione pronunciata nel maggio del 1950, quando ricopriva la carica di ministro degli Esteri francese. Egli disse: «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi […] Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche […] A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l’azione su un punto limitato ma decisivo. Il governo francese propone di mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta Autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possano aderire gli altri paesi europei…».
Il tedesco che dette un contributo rilevante alla formazione dell’Europa è Konrad Adenauer (1876-1967). Fu Cancelliere della Germania dal 1949 al 1963; presidente della Christlich Demokratische Union Deutschlands (Cdu, la Democrazia Cristiana Tedesca) dal 1950 al 1966; ricostituì la Bundeswehr (le Forze armate della Repubblica Federale) e fu un accanito nemico della Repubblica Democratica Tedesca (Rdt). Non tutti i connazionali approvavano questa linea politica. Tuttavia un atteggiamento più conciliante verso lo Stato comunista costruito nelle regioni orientali del Paese lo avrebbe reso sospetto agli Stati Uniti, ma forse anche al Belgio, all’Italia, al Lussemburgo e ai Paesi Bassi con cui Francia e Germania crearono a Parigi nel 1951 la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca). E non gli avrebbe permesso, contemporaneamente, di proclamare un’Unione franco-tedesca, che dopo molti secoli avrebbe realizzato il sogno di Carlo Magno.
Tutto questo accadeva in Occidente, durante la Guerra fredda, mentre la Rdt era in un campo potenzialmente avverso. Più tardi, quando il collasso dell’Unione Sovietica rese possibile la riunificazione delle due Germanie, il caso della Rdt divenne contestualmente risolvibile e problematico. Lo Stato comunista non era soltanto un satellite dell’Urss. Era anche la realizzazione di un ardito esperimento socialista nato dalla mente di due grandi tedeschi (Karl Marx e Friedrich Engels) e brevemente realizzato, dopo la fine della Grande Guerra, nelle insurrezioni rivoluzionarie di Amburgo e dei porti del Nord.
Quando si cominciò a parlare di riunificazione, qualcuno sostenne che la creazione di una Confederazione avrebbe permesso di rispettare l’esistenza di due Paesi culturalmente diversi. Se questa proposta avesse prevalso, vi sarebbe stata anche una Germania depositaria delle sue memorie marxiste in cui avrebbe probabilmente lavorato con funzioni non prive d’importanza, una donna, Angela Merkel, che sarà invece dal 2005 al 2021 Cancelliera della nuova Repubblica Federale. Nata ad Amburgo nel 1954, era arrivata nella Germania Orientale, ancora ragazza, quando il padre, un pastore protestante, aveva deciso di portare la parola di Cristo in una società comunista. Lì aveva studiato fisica e chimica; era stata membro del movimento socialista; all’Accademia delle scienze era diventata segretaria dell’Agit-Prop (nome con il quale veniva chiamato il dipartimento per l’Agitazione e la propaganda); si era applicata all’apprendimento del russo e lo parlava correntemente. Non si iscrisse al Partito comunista, ma avrebbe studiato il russo se non fosse stata allora convinta che avrebbe vissuto in un contesto in cui la conoscenza di quella lingua sarebbe stata più utile dell’inglese alla sua vita e alla sua carriera?
In un’Europa dove ancora si combattevano, senza spargimento di sangue, le quotidiane battaglie della Guerra fredda, Angela Merkel crebbe dunque in quello che molti consideravano territorio nemico. Nel 1989, dopo la caduta del Muro, fu coinvolta nel nascente movimento democratico della Rdt («Il popolo siamo noi»), per diventare portavoce dell’ultimo governo di Berlino Est, guidato da Lothar de Maizière.
Furono queste, probabilmente, le ragioni per cui la scelta di Helmut Kohl (1930-2017) cadde su di lei. Egli voleva evitare che l’annessione dei Länder orientali sembrasse a quei cittadini una conquista. Al contrario, bisognava dimostrare che tutti, nella nuova Germania, sarebbero appartenuti a una patria comune; e una delle sue scelte si appuntò su una donna che aveva già compiuto nella Rdt i primi passi della sua carriera politica. Fu allora, nella prospettiva di Kohl, una scelta felice. Ma pochi anni dopo, la determinata Angela divenne capo del suo partito (la Cdu), scavalcò i principali concorrenti e si sbarazzò del mentore denunciando i finanziamenti illeciti da lui accettati quando era Cancelliere. Molti si chiesero allora quale sarebbe stata la sua politica europea. Quella della progressiva integrazione, diligentemente praticata dai predecessori, non apparteneva alla sua cultura e al suo carattere.
Ma quando vennero in discussione problemi particolarmente controversi in Germania, come il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), la mutualizzazione del debito pubblico e l’autorizzazione alla Commissione europea di sottoscrivere debito comunitario per creare un nuovo volano al continente, Angela Merkel non si oppose. Con la sua condotta improntata a una visione realistica e pratica, non osteggiò un fenomeno che aveva fatto ormai troppi progressi per essere messo in dubbio.

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