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GNOSIS 3/2005
Memorie di donne in terre d'Islam

Anna BARDUCCI

Introduzione

La disinformazione sistematica, secondo la Dott.ssa Iqbal Al-Gharbi, docente di psicologia alla Facoltà di Teologia dell’Università Ezzeytouna di Tunisi, è sempre stata uno strumento privilegiato del potere, che ha caratterizzato negli anni la politica del clero islamico (1) .
La liquidazione della memoria collettiva della donna araba è stata quindi definita un mezzo per prevenire ogni tipo di comparazione col passato e di conseguenza ogni possibile rivendicazione dei diritti femminili. La donna araba, privata della propria memoria, non ha pertanto nessun termine di paragone che le consenta di valutare la propria situazione attuale per poterla modificare e migliorare. La discriminazione, il suo essere preposta ai voleri dell’uomo, le è invece presentata come uno status femminile naturale, mai mutato ed immutabile nel tempo.


foto ansa

Al-Gharbi descrive il mondo arabo come una società chiusa al suo interno, dove il potere centrale e quello religioso si arrogano non solo il diritto di controllare le azioni degli uomini, ma anche di determinare i loro sogni, le loro aspirazioni e di gestire la loro memoria (2) .
Secondo Al-Gharbi, analizzando la storia dell’Islam, l’epoca della codificazione per iscritto, asr-at-tadwin (3) , è stata la data simbolica dell’istituzionalizzazione e della manipolazione della memoria collettiva del mondo arabo, ricostruita e ripartita come unica verità ufficiale (4) .
La trasformazione della storia è stata quindi uno strumento, tuttora funzionale, per legittimare e dare degli alibi alle istituzioni religiose integraliste ed a quelle dei regimi governativi. Il clero ha quindi potuto offrire l’illusione demagogica di essere il riformatore supremo della società musulmana, oscurando volontariamente ogni memoria collettiva e storica avvenuta prima ed immediatamente dopo la nascita dell’Islam.
Si definisce pertanto erroneamente Jahiliya, ignoranza, l’epoca pre-islamica, cancellando ogni legame culturale con il periodo precendente alla Rivelazione coranica e cercando di far nascere ex-novo una società araba che si identifica e che ha come unico riferimento una canonizzata storia Islamica. Al-Gharbi descrive invece la Jahiliya come un periodo nel quale esistevano figure femminili dalla forte personalità, che spiccavano per le loro capacità imprenditoriali al pari degli uomini (5) .
I regimi matrimoniali variavano dalla monogamia, alla poligamia e alla poliandria. Si definisce pertanto la Jahiliya come un periodo transitorio tra il matriarcato ed il patriarcato, caratterizzato da un raffinato ed aulico stile letterario e poetico, ma anche dai rudi valori tribali, legati alla sopravvivenza.
Era una società guerriera, che dava molta importanza all’eroismo in battaglia. Prima di ogni guerra, le donne mostravano ai soldati parti del loro corpo, gambe, seni nudi, per incoraggiare il condottiero e per ricordare che qualora avessero perso la battaglia, il nemico si sarebbe impossessato delle loro bellezze.
Era, inoltre, comune la pratica del istifhal (letteralmente, desiderare di essere come uno stallone ben allevato), ovvero le donne sposate e non, si potevano recare da un rinomato eroe di guerra, dalle spiccate qualità, per essere messe incinte e dare alla luce una prole forte e coraggiosa.
Lo stesso accadeva per gli uomini, che si recavano presso la tribù di Saqif, le cui donne erano conosciute per la loro saggezza (6) .
L’avvento dell’Islam nel VII secolo della nostra Era ha però regolato l’anarchia generale che vigeva in quel periodo, ponendo delle regole che servissero a ristabilire un’ordine tra la popolazione della regione.
Il Profeta Mohammad ha pertanto eliminato la poliandria, affermando però la liceità della poligamia, dando un limite di quattro mogli, e della stessa monogamia (7) . Il diritto all’eredità viene inoltre garantito a tutte le donne di qualsiasi ceto sociale e non più ristretta alla classe nobile.
Le figlie femmine delle famiglie meno abbienti non vengono più sepolte vive. In quell’epoca, le classi più povere, non avendo i mezzi monetari per sostenere la propria prole, preferivano il maschio alla femmina per la forza lavoro che poteva apportare.
La storia delle donne nei primi anni dell’Islam, nonostante le discriminanti coraniche e le tradizioni di origine tribale, si è contraddistinta da forti e progressisti personaggi femminili legati, in alcuni casi, direttamente alla figura dello stesso Profeta.
Si riportano, qui di seguito, i ritratti di due delle mogli di Mohammad, Khadija e Aisha, entrambe caratterizzate da una personalità autonoma ed emancipata.
Due donne, che al contrario degli attuali preconcetti dell’ortodossia, hanno partecipato attivamente alla vita sociale, militare e commerciale dell’epoca, giocando un ruolo chiave nell’affermazione iniziale dell’Islam.


Khadija

Khadija è stata la prima moglie del Profeta Mohammad. Nata alla Mecca intorno al 555 d.C., proveniva da una delle famiglie più nobili e ricche di tutta la penisola arabica, appartenente alla tribù degli Assad dei Quraysh (8) .
Il padre, Khuwayled, era un noto commerciante che era riuscito ad accumulare un ingente patrimonio, esportando e rivendendo le proprie merci nel mercato estero. Ogni anno, venivano spedite dalla Mecca due carovane, una estiva verso la Siria ed una invernale verso le terre dello Yemen.
Si esportavano i prodotti artigianali della Mecca e di altre zone dell’area, cavalli puro sangue, profumi e spezie. I commercianti tornavano poi indietro, dai due grandi mercati dell’Oriente, con grano, olio d’oliva, frutti secchi, stoffe, prodotti di lusso, che venivano rivenduti nei negozi della città della Mecca.
Khuwayled morì intorno al 585 d.C., qualche anno dopo la perdita della madre di Khadija, lasciando in eredità ai propri figli tutto il suo patrimonio (9) .
Khadija, che aveva anche ereditato l’abilità finanziaria del padre, decise di prendere le redini del commercio familiare, espandendolo in più zone dell’area medio orientale.
Suo zio ed altri membri della sua famiglia cercavano di consigliarla ed aiutarla nelle decisioni, ma Khadija era una donna sicura di sé che odiava i paternalismi e non voleva dipendere da nessuno. Si fidava solo del proprio giudizio e preferiva gestire i propri affari autonomamente.
La sua figura di donna indipendente, secondo alcuni storici, rispecchia una struttura matriarcale che ancora sussisteva in Arabia. La sorella di Khadija aveva infatti una figlia che portava il nome della madre, Umaya Bint Rokayya (Umaya figlia di Rokayya), che sta a significare che la discendenza era ancora matrilineare (10) .
Khadija aveva inoltre assunto degli agenti, che potessero condurre le sue carovane in altri paesi. Lo storico Ibn Sa’ad racconta che ovunque fossero le carovane dei mercanti meccani, quelle di Khadija erano più grandi di tutte quelle degli altri commercianti messe assieme (11) .
Era astuta, intraprendente, ricca. Veniva chiamata la Grande, Al-Kubra, la Principessa dei Quraysh, Ameerat Quraysh, e della Mecca. Khadija però era anche definita con l’appellativo di Al-Tahir, la pura, per il suo animo gentile, che la portava ad aiutare i più deboli attraverso elemosine. La sua forza, il suo carisma, uniti alla sua ricchezza attraevano l’interesse di tutta la classe nobile dell’epoca.
Non era quindi raro, che principi della zona chiedessero insistentemente la sua mano. Khadija si era sposata due volte, la prima con Abu Halah Al-Tamimi, dal quale divorziò (12) , e la seconda con Abdallah Ben Utayyik, del quale rimase vedova e da cui ricevette un’ingente eredità.
Con il primo marito aveva messo alla luce Hind, che divenne in seguito uno dei compagni, sahabah, del Profeta, Al-Tahir e Halah, poco conosciuti dagli storici.
Esiste però una controversia sulle figlie (13) avute dal secondo marito (14) , che molti attribuiscono non a quest’ultimo, ma al Profeta stesso. Di certo, si sa che Fatima era la figlia adorata di Mohammad e Khadija, che in seguito sposò Alì (15) , capostipite dello Sciismo.
L’incontro con Mohammad avvenne per caso. L’ereditiera meccana, già quarantenne, aveva bisogno di un agente che potesse portare le sue mercanzie in Siria.
Alcuni dei suoi familiari le consigliarono di prendere come suo impiegato un cugino lontano di nome Mohammad (16) , conosciuto come Al-Sadiq, l’onesto, ed Al-Amin, colui sul quale riporre la propria fiducia.
Mohammad non aveva nessuna esperienza commerciale, aveva soltanto accompagnato qualche volta suo zio Abu Talib (17) nei suoi giri per i vari mercati, ma imparava velocemente il mestiere e possedeva un’innata attitudine al commercio, come tutti gli appartenenti alla tribù dei Quraysh.
Khadija decise quindi di dare un’opportunità a questo giovane ventenne. Il suo primo viaggio in Siria fu un successo e riportò alla Mecca una somma superiore alle aspettative di Khadija.
Decise così di assumerlo, offrendogli per il suo secondo viaggio una commissione tre volte superiore ai compensi in uso in quel periodo. Khadija aveva già intuito che forse aveva trovato un marito che potesse essere alla sua altezza.
Decise quindi di inviare l’emissaria Nufaysa per chiedere direttamente la mano al giovane Mohammad, di appena 25 anni e di 15 anni più giovane di lei.
Lo storico Ibn Saad, riporta le parole di Nufaysa sull’evento: “Khadija mi chiese di proporgli in segreto di diventare suo sposo e lui accettò” (18) . Si sposarono intorno al 595 d.C., ed il contratto matrimoniale sarà poi stabilito da lei stessa e da suo zio Amor Ben Assad (19) .
Dopo il matrimonio, Mohammad si trasferì dalla casa di suo zio a quella della sua consorte, dove Khadija mise alla luce, intorno al 615 d.C., Fatima, considerata una delle quattro figure di donne perfette dell’Islam, dopo la prima sposa del Profeta, Maria madre di Gesù e Aasiyaa moglie del Faraone (20) .
Khadija, prima di Fatima, aveva avuto anche altri due figli da Mohammad, Qasim ed Abdullah, morti durante i loro primi anni vita.
Ormai ricca e senza la necessità di continuare i propri commerci, Khadija decise di smettere di lavorare e di ritirarsi ad una vita tranquilla e confortevole a fianco di suo marito.
Lei fu la donna forte che dette il suo appoggio ed i suoi consigli al Profeta negli anni difficili della Rivelazione del Corano.
Fu lei la prima donna a convertirsi all’Islam ed il punto di riferimento e di forza di Mohammad. Khadija dette non solo al Profeta la sicurezza in se stesso, ma anche il sostegno logistico e finanziario di cui aveva bisogno. Convertita alla nuova religione, quando era ancora segreta, partecipò anche a lotte clandestine in territorio nemico (21) .
Spese energia, tempo e tutto il suo patrimonio per investire nel sogno del marito, divenuto anche il proprio, di espandere l’Islam. Khadija, probabilmente già prima dell’incontro col Profeta, era stata affascinata dal monoteismo dal cugino Waraqah Ibn Nawfal (22) , che aveva abbracciato il Cristianesimo Nestoriano (23) , diventando monaco. Il Profeta rimase al suo fianco, in maniera monogama, fino alla sua morte, per circa 24 anni.
Mohammad parlerà spesso di lei dopo la sua scomparsa, tanto che la seconda moglie, la piccola Aisha, fu estramamente gelosa del ricordo di Khadija.
Un giorno, piena di invidia andò da Mohammad e gli disse: “Lei era solo una vecchia donna dagli occhi rossi, Allah ti ha ricompensato con una moglie migliore e più giovane”. Mohammad, indignato dalle parole di Aisha, disse: “No, non mi ha compensato con una migliore di lei. Khadija credeva in me, quando nessuno aveva fiducia nelle mie parole. Lei mi definiva onesto, quando gli altri mi chiamavano bugiardo; mi ha dato un rifugio, quando gli altri mi hanno abbandonato; mi ha confortato, quando gli altri mi denigravano; e Allah mi ha fatto avere figli da lei e non da altre donne” (24) . Khadija morì nel 619 d.C. (25) , tre anni prima dell’Hijira (26) , a causa di una febbre alta durante il mese di Ramadan, il Profeta vegliò su di lei senza sosta, fino al suo ultimo sospiro. Il periodo della sua morte, che coincise anche con la scomparsa di Abu Talib, zio di Mohammad e suo potente protettore, è definito l’Anno del Dolore, Aa’m Ul-Hozn, a causa del profondo sconforto e della sofferenza provata dal Profeta.


foto ansa

Aisha

Dopo la morte di Khadija, nel 623 d.C. il Profeta Mohammad, a 53 anni, prende in sposa la piccola Aisha (27) , figlia di Abu Bakr, che all’epoca aveva appena 9 anni (28) . Nata intorno al 614 d.C., apparteneva anche lei alla tribù dei Quraysh ed aveva abbracciato la nuova religione, subito dopo la conversione del padre (29) .
La vedovanza di Mohammad, fece sì che Abu Bakr rompesse la promessa di matrimonio fatta tra la figlia e Jubair Ben Mut’am Ibn ‘Adi ed offrisse Aisha al Profeta (30) .
All’epoca, aveva soltanto sei anni, pertanto entrò nella casa del suo futuro sposo quando ne compì nove, subito dopo l’Hijira a Medina (31) . Nonostante il matrimonio con il Profeta sia considerato un sodalizio motivato da ragioni politiche (32) , gli storici riportano che la loro unione fu caratterizzata da un profondo affetto.
Un giorno, Aisha chiese a Mohammad, “Come è il tuo amore per me?”. Il Profeta rispose, “Come il nodo di una corda”, ovvero forte e sicuro.
Di tanto in tanto, quindi, la piccola moglie amava chiedergli, “Come è oggi il nodo?” e lui le rispondeva “‘Ala haaliha” (nella stessa condizione) (33) . Aisha, dalla bellezza prorompente, determinata e dal temperamento vigoroso, fu la sposa favorita dopo Khadija. Era fortemente gelosa delle altre mogli, ma in particolar modo della prima consorte.
Di Aisha si ricorda il suo carattere impetuoso, che si esprimeva attraverso un timbro di voce forte e squillante (34) . Era istruita, conosceva la storia, la medicina, l’astronomia e la poesia, con una dote spiccata per la narrazione e l’oratoria (35) .
Fu Aisha che raccolse, nella storia dell’Islam, il più grande numero di hadith (36) che siano stati tramandati (37) . Fu, inoltre, considerata tra le figure più autorevoli dell’epoca per l’interpretazione del Corano. A meno di venti anni, aveva già fama di essere una fra le donne più colte ed erudite del suo tempo.
I compagni di Mohammad pertanto si consultavano con la giovane moglie del Profeta su materie di giurisprudenza, di storia e di letteratura. Il Profeta diceva di lei: “Che possiate prendere metà della vostra religione dalla piccola Humayra (38) (dal colore rosso)” (39) .
Donne e uomini venivano da lontano per beneficiare del suo sapere. Aisha, oltre a rispondere alle domande dei suoi interlocutori, aveva trasformato la sua casa in una scuola aperta ai bambini, inclusi gli orfani. Intorno al 626 d.C., mentre veniva condotta una spedizione militare contro una tribù pagana, Aisha, durante una marcia notturna, era rimasta indietro alle truppe (40) . La mattina seguente, la piccola moglie del Profeta era poi stata riportata a Medina da Safwan, un giovane cammelliere. Immediatamente, si parlò di tradimento.
Da principio, Mohammad diede ascolto alle voci, influenzato in maniera particolare dai consigli di Alì, che suggeriva di divorziarsi da lei (41) . Le accuse, però, dimostrarono di essere senza fondamento (42) .
Fu però proprio questo l’avvenimento dal quale sembra nascere la nota inimicizia tra Aisha ed Alì, una delle cause che, in seguito, provocherà battaglie di successione sino a giungere allo sciisma all’interno dell’Islam tra sunniti e sciiti (43) .
L’8 giugno del 632 d.C. Mohammad, da poco uscito dalla moschea, rientrò a casa dove morì tra le braccia di Aisha, appoggiandosi al suo grembo (44) . Con l’inizio del Califfato, iniziarono le diatribe politiche.
Aisha non amava molto il terzo Califfo Uthman Ibn Affan ed aveva anche contribuito alla destabilizzazione del suo potere. Si era infatti rifiutata di sostenerlo pubblicamente e di apportagli soccorso al momento dell’assedio da parte dei suoi oppositori. Nel giugno del 656 d.C., Uthman fu assassinato durante l’ora della preghiera e gli succedette Alì.
Aisha stava ritornando a Medina, dopo il pellegrinaggio alla Mecca, quando apprese l’accaduto.
Infuriata, preferendo Zubair (45) o Talha (46) come successore al posto di Alì, tornò alla Mecca incitando il popolo contro il neo Califfo (47) .
Alì venne infatti accusato di non aver vendicato la morte di Uthman, e di non aver punito i colpevoli dell’assassinio.
Aisha era esperta nell’arte della politica e conosceva perfettamente le strategie e le tecniche militari, pertanto decise di unirsi a Talha e Zubair per combattere Alì, del quale non riconosceva l’autorità (48) .
Aisha si installò a Bassora e organizzò un esercito, con il quale iniziò un confronto contro Alì nel 656 d.C..
La battaglia che ne seguì è conosciuta come la Battaglia dei Cammelli, dato che Alì aveva ordinato ai suoi uomini, che ovunque fosse il cammello di Aisha, là lo scontro doveva diventare più sanguinoso.
Lo scontro fu condotto da Aisha, Zubair e Talha, ma Al-Gharbi riporta che secondo lo storico Hichem Djat (49) , sarà proprio lei, la moglie del Profeta, a comandare energicamente l’armata di 125 mila uomini contro il nemico.
Aisha diresse un’incessante campagna di propaganda politica nelle moschee, cercò di concludere dei negoziati segreti contro Alì ed incitò le folle alla sedizione (50) .
La giovane comunità islamica era stata quindi divisia in due: sostenere Aisha o obbedire al nuovo Califfo.
Questa fu la prima battaglia, da dopo la morte del Profeta, nella quale ebbe luogo uno scontro violento tra musulmani. Alcuni storici affermano che lo scontro terminò con la perdita di 16.796 uomini dell’esercito di Aisha e di 1.070 da parte di Alì (51) .
Aisha venne sconfitta e catturata dal nemico, ma Alì, per rispetto alla moglie del Profeta, la rinviò a Medina sotto scorta militare. Aisha non si risposò e morì intorno al 678 d.C. (52) .
È stata tra le figure più rilevanti dell’epoca, un capo militare e politico, la cui personalità spesso non è stata adeguamente esaltata dall’ortodossia islamica.


Conclusione

Al-Gharbi commenta che per sfatare i diktat, imposti dalla rigorosa ortodossia islamica, sia necessario riportare alla luce la memoria collettiva della donna musulmana (53) . La storia dei primi albori dell’Islam si è contraddistinta non solo da personaggi femminili dalla personalità forte ed indipendente, ma anche da una ricerca di linee e volumi, che esaltassero le forme del corpo. I colori degli abiti erano caratterizzati da tinte brillanti come il rosa, l’arancione ed il giallo zafferano. Le donne utilizzavano un trucco che risaltasse gli occhi e che esaltasse la femminilità del viso con delle sfumature variopinte. Le tuniche, profumate al muschio e all’ambra, venivano decorate con poemi e filamenti argentati e dorati. Venivano importati dall’India il futa, simile al sari, e dalla Cina degli indumenti a pieghe dai tessuti lucidi.
Sotto il Califfato di Omar B. Khattab, si era inoltre diffusa la moda del katabi, un lungo vestito, che non lasciava intravedere nessuna parte del corpo, ma che aderiva completamente alla pelle rivelandone tutte le forme (54) .
Secondo Amal Grami, docente di storia femminile nell’Islam, presso l’Università Manuba di Tunisi, per cambiare la visione attuale della donna nell’immaginario del mondo arabo, è indispensabile riscoprire e dare importanza a quei hadith, a quei versetti coranici e alle fonti della giurisprudenza islamica che mostrano, come la donna abbia, per esempio, il diritto a partecipare alla vita sociale e lavorativa. Portare, quindi, alla luce un patrimonio culturale già esistente, ma occultato da un’esegesi che non ha saputo trasmettere ed esaltare le figure femminili di epoca islamica, peraltro legate alla figura del Profeta Mohammad, può essere la chiave di risposta all’integralismo religioso, che priva la donna dei suoi diritti fondamentali (55) .


foto ansa


(1) I. Al-Gharbi, Mémoires Féminines: l’abolition de la polygamie, http://www.mtransparent.com .
(2) Ibid
(3) Epoca che parte intorno al II secolo fino all’VIII secolo dopo dell’Hijira, nel 622 d.C. M. A. Al-Jabri, Introdução à crítica da razão árabe, Rabat, pp. 15, 16.
(4) Ibid.
(5) Ibid.
(6) I.Al-Gharbi, dispense inedite, Tunisi, febbraio 2005.
(7) Corano, Sura delle Donne, 4:3: “Se temete di non esser equi con gli orfani, sposate allora fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola, o le ancelle in vostro possesso; questo sarà più atto a non farvi deviare”. Traduzione A. Bausani, Il Corano, p. 54, Bur, 2003.
(8) I Quraysh erano la tribù più potente e prominente di tutta l’Arabia dell’epoca. Quando il Profeta inizierà a predicare l'Islam, i Quraysh lo perseguiteranno nei primi anni della nascita della nuova religione.
(9) Secondo alcune fonti, Khadija avrebbe ricevuto la propria eredità dal secondo marito. Secondo altre fonti, avrebbe ereditato solamente dal secondo coniuge. Al-Shati, The Wives of the Prophet, Lahore.
(10) I. Al-Gharbi, Mémoire Féminines: Femmes et Politique en Islam, http://www.mtransparent.com .
(11) http://www.al-islam.org/masoom/bios/khadija.htm .
(12) Secondo alcune fonti, Khadija sarebbe rimasta vedova dal primo marito. Al-Shati,The Wives of the Prophet, Lahore.
(13) Zainab, Ruqayya ed Umm Kulthum.
(14) S. S. Husayn, The early History of Islam, Karachi.
(15) Alì Ibn Abu Talib, quarto Califfo, figlio di Abu Talib, cugino del Profeta Mohammed, marito di Fatima e padre di Husayn e Hassan.
(16) “Mohammad sarebbe appartenuto alla grande tribù dei Quraysh, praticamente i signori della Mecca, e la tradizione ne dà elaborate genealogie fino ad Adamo. Secondo qualche orientalista (Catanei) la tradizione fra la sua presunta appartenenza alla potente tribù e le ripetute descrizioni della sua povertà ed indigenza nei primi anni della sua esistenza sarebbero una prova che egli fosse, in realtà, un trovatello.” A. Bausani, Il Corano, Ed. Bur, Milano, 2003, p. XXII.
(17) “(Mohammad) rimasto orfano anche di madre a sei anni, sarebbe stato educato dal nonno materno ‘Abd Al-Muttallib che morì anch’egli dopo due anni, così che Mohammad passò sotto la tutela di suo zio Abu Talib”. A. Bausani, Il Corano, Ed. Bur, Milano, 2003, p. XXIII. Abu Talib, fratello del padre di Mohammad, Abdullah, era stato il capo del Clan Banu Hashim, appartenete alla tribù dei Quraysh. Difenderà Mohammad dai Quraysh, ma non si convertirà all’Islam.
(18) Ibn Saad, Al-Takabat, pp.120-123.
(19) I. Al-Gharbi, Mémoires Féminines: Femmes et Politique en Islam,www.metransparent.com.
(20) Aasiyaa, moglie del Faraone d’Egitto, che aveva adottato Mosè.
(21) Ibid.
(22) Si era convertito al Cristianesimo, in periodo pre-islamico. Conosceva l’alfabeto ebraico. Quando Mohammad ebbe la prima rivelazione, Waraqah Ibn Nawfal lo identificò come il Profeta.
(23) Dottrina teologica, dichiarata eretica nel 431 d.C.,.secondo la quale Maria non avrebbe partorito Iddio, ma un uomo, che è strumento della divinità. La dottrina si era diffusa nelle Chiese di lingua siriaca e fu accettata dalla Chiesa di Persia. Enciplopedia Motta, Ed. Motta, Milano, Seconda Edizione, Sesto Volume, p. 64.
(24) http://www.jannah.org/sisters/khudija.html.
(25) Iqra, http:// www.iqra.net.
(26) Migrazione del Profeta Mohammad dalla Mecca a Medina nel 622 d.C. e costituzione del primo Stato islamico. Il calendario musulmano inizia a contare gli anni dalla data dell’Hijira.
(27) Sembra che il Profeta, prima che Aisha entrasse nella sua casa, avesse preso in moglie Sauda Bint Zama. Alcuni considerano Aisha come la seconda moglie, dato che il contratto matrimoniale o quantomeno il fidanzamento sarebbe stato fatto prima del sodalizio con Sauda. A causa della giovane età di Aisha, le nozze con il Profeta saranno consumate solo tre anni dopo. Sahih Bukhari, Volume 3:269, p. 154. Al-Tabari, Vol. 9, pp. 130, 131.
(28) La sua età viene riportata dalla collezione di hadith di Bukhari e Muslim B. Al-Hajjaj. Le due collezioni sono considerate come le più autentiche nel mondo sunnita. Secondo le recensioni fatte da Ibn Hisham sulla biografia del Profeta Mohammad, scritta da Ibn Ishaq, Risat Rashul Allah, Aisha però avrebbe accettato la nuova religione durante i primi anni dell’Islam, pertanto avrebbe avuto quattordici o quindici anni quando entrò per la prima volta nella casa del Profeta. Ibn Hisham, Sira, Vol. 1, p. 227.
(29) “I primi convertiti furono, secondo la tradizione, su moglie Khadija, suo cugino Alì, figlio di Abu Talib, suo figlio adottivo Zayd, ed i due futuri califfi Otman e Abu Bakr”. A. Bausani, Il Corano, Ed. Bur, Milano, 2003, p. XXVII.
(30) Un’altra tradizione vuole che non sia Abu Bakr ad offrire la propria figlia, ma che sia lo stesso Profeta a chiederla in sposa. Sahih Bukhari, Vol. 7:18.
(31) Sahih Bukhari, Volume 7:88, p.65.A.Bausani, Il Corano, Ed.Bur, Milano, 2003, p.XXXIV.
(32) A.Bausani, Il Corano, Ed.Bur, Milano, 2003, p.XXXIV.
(33) Islam online, http://www.islamonline.net.
(34) Al-Tabari, Vol. 17, pag. 65.
(35) I. Al-Gharbi, Mémoire Féminines: Aicha Mères de Croyants ou le déni du politique, http://www.metransparent.com.
(36) La testimonianza dei precetti, delle azioni e della vita del Profeta Mohammad.
(37) Islam online, http://www.islamonline.net.
(38) Epiteto dato dal Profeta ad Aisha.
(39) Islam online, http://www.islamonline.net.
(40) In quel periodo, le donne seguivano generalmente le spedizioni. A. Bausani, Il Corano, Ed. Bur, Milano, 2003, p. 604.
(41) Ibid., p. XXXIV
(42) Ibid.
(43) Ibid., p.604
(44) Ibid., p.XXXVIII.
(45) Compagno del Profeta. Sposato con Asma, figlia di Abu Bakr e sorella maggiore di Aisha.
(46) Compagno del Profeta. Sposato con Umm Kulthoom, figlia di Abu Bakr.
(47) I Sunniti lodano Aisha, a differenza degli Sciiti che l'accusano di aver appoggiato gli usurpatori del califfato di Alì, conducendo una battaglia contro il suo esercito.
(48) I. Al-Gharbi, Mémoire Féminines: Aicha Mères de Croyants ou le déni du politique, http://www.metransparent.com.
(49) Ibid.
(50) Ibid.
(51) Durante la Battaglia dei Cammelli, i sostenitori di Aisha verranno chiamati asahab al-jamal, i compagni del cammello, mentre quelli di Alì, Shiat’i Alì, i seguitori di Alì, da cui deriverà il termine “sciita”.
(52) Islam online, http://www.islamonline.net/askaboutislam
(53) I. Al-Gharbi, Mémoires Féminines: l’abolition de la polygamie, http: //www.metransparent.com.
(54) I. Al-Gharbi, Hijab, Séduction et coquetterie féminine en terre d’Islam, http: //www.metransparent.com.
(55) A. Grami, dispense inedite, Tunisi, febbraio 2005..

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