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GNOSIS 2/2005
Sardegna
laboratorio politico


articolo redazionale

Consideriamo la Sardegna come una sorta di moderno laboratorio politico, perché essa ci appare come una terra in cui si dibatte e si discute, un luogo in cui l’alto tasso di cultura politica fa sì che fenome,ni, spesso considerati dai ‘continentali’ come semplici espressioni del malcontento popolare o fattispecie di reati perseguibili dalla legge, vengano valutati e analizzati in una prospettiva più ampia, che tiene conto anche delle radici storiche e culturali dell’ isola. E’ una terra in cui l’estremismo tenta l’esperimento, sinora fallito ‘in continente’, di convogliare in un unico alveo le più diverse istanze ‘anti-sistema’, in nome di un obiettivo comune che, in questo caso, si identifica con ‘la liberazione dallo Stato colonizzatore italiano’.


“I criminali, i banditi, i sequestratori erano i nostri fratelli, padri, cugini, conoscenti, vicini di casa, cioè nostra carne e nostra mentalità: erano la nostra gente. Non potevamo valutarli al pari del potere costituito, né si poteva lasciarli in balìa di quanti - come gli antropologi, sociologi, giuristi, per non parlare di sindacalisti, politici, burocrati - li avrebbero snaturati ed inquadrati entro aspettative, ruoli ed organizzazioni deculturanti propri dei progetti del capitale-Stato” (1) .
Le parole di Costantino Cavalleri, esponente ‘storico’ del movimento anarchico in Sardegna, ci aiutano a capire il particolare contesto sociale sardo che, fortemente condizionato dal ‘vincolo dell’insularità’, ha dato origine a dinamiche politiche, a volte anche eversive, spesso difficilmente comprese dagli analisti del settore, a causa della peculiare commistione tra istanze antagoniste e separatiste, non esenti da contaminazioni con elementi politicizzati della criminalità locale.


Profilo storico

La comparsa della prima forma embrionale eversiva in Sardegna può farsi risalire alla seconda metà degli anni ‘60, all’epoca del progetto di Gian Giacomo Feltrinelli mirante a trasformare l’isola in una Cuba del Mediterraneo (2) , insediando nella regione un gruppo guerrigliero legato ai “Gruppi di Azione Partigiana”, sorta di embrionale avanguardia militare di stampo marxista-leninista, che avrebbe dovuto indirizzare le istanze autonomiste locali verso una strategia di ribellione rivoluzionaria, con la collaborazione anche di criminali comuni come Graziano Mesina (3) .
A questo tentativo, sostanzialmente fallito per lo scarso interesse mostrato dagli interlocutori isolani, seguono, intorno alla fine del 1977, le prime concrete attività terroristiche nell’isola, in concomitanza con la diffusione di ‘Autonomia Operaia’ nella provincia di Nuoro e la trasformazione del carcere locale nel supercarcere di Bad’e Carros.
L’arrivo nel capoluogo barbaricino di detenuti delle “Brigate Rosse” e dei loro familiari e la conseguente iniziazione politica di delinquenti comuni che vi sono reclusi, favorisce la nascita di numerosi gruppuscoli spontanei che, richiamandosi all’ideologia e alla prassi delle maggiori organizzazioni terroristiche di sinistra, dà vita ad una fase di ‘microterrorismo diffuso’, con una serie di attentati di basso profilo contro uffici pubblici e caserme dei Carabinieri nell’area.


“Barbagia Rossa”

Tra questi si afferma il gruppo “Barbagia Rossa” (4) , che riesce a coniugare le tradizionali regole della sottocultura criminale barbaricina con la teoria e la prassi rivoluzionaria di matrice marxista-leninista. I documenti diffusi da “Barbagia Rossa” imitano, sotto il profilo grafico, i volantini delle “Brigate Rosse”, propagandando, tuttavia, un modello ideologico che risente della specificità della situazione isolana.
Tra i punti cardine del progetto figurano:
• il tentativo di unificare e polarizzare il movimento eversivo sardo, spontaneista e frammentario, assumendone la guida;
• la contestazione dello Stato coloniale, ritenuto colpevole della distruzione dell’economia ‘agropastorale’ attraverso i progetti di insediamenti industriali nel settore della chimica;
• l’esaltazione del sequestro di persona come forma primaria di ribellione al potere, appartenente al patrimonio di lotte del proletariato della Barbagia, che tassa in questo modo i responsabili dello sfruttamento imperialista;
• l’ostilità e le minacce ai giornalisti, accusati di ogni tentativo idiota di speculare sulla sostanza politica e sulla realtà dell’antagonismo sociale;
• l’attacco contro tutte le forme tangibili della militarizzazione del territorio sardo (basi NATO, carceri speciali, Forze dell’Ordine in generale e l’Arma dei Carabinieri in particolare).
“Barbagia Rossa” rappresenta il nucleo centrale su cui le “Brigate Rosse” tentano, dal 1979, di costruire una ‘colonna sarda’, fornendo non solo appoggi logistici e operativi, ma anche indicazioni strategiche tendenti ad affrancare il gruppo dalla dimensione localistica e provinciale che lo caratterizza. Ma la mancata comprensione della specificità del quadro politico-sociale isolano da parte della ‘Direzione Strategica’ determina il fallimento del tentativo di insediamento brigatista (5) .
Nel tentativo di coinvolgere i militanti sardi, le “Brigate Rosse” hanno puntato, infatti, sulla ‘centralità operativa’, riferimento ideologico valido nel tessuto urbano del centro-nord continentale, ma poco sentito in un contesto sociale che trova le sue radici nel modello agropastorale, composto in prevalenza da lavoratori autonomi (pastori, contadini e artigiani).


Il “Movimento Armato Sardo”

Nel corso del 1983, l’osmosi tra istanze rivoluzionarie e interessi della criminalità locale si ripropone con l’esperienza del ‘Movimento Armato Sardo’ (M.A.S.), responsabile di azioni, come omicidi e sequestri di persona (6) ,ascrivibili ad una logica puramente criminale e rivendicate dal gruppo con documenti che, mutuando grossolanamente il linguaggio brigatista, propongono una elementare ed approssimativa rilettura della tradizione barbaricina in chiave eversiva.
I volantini, spesso manoscritti e con errori ortografici, inneggiano alla lotta per la libertà ed il riscatto del popolo sardo contro il colonialismo italo-americano, l’oppressione, la tirannide e l’ingiustizia sociale, minacciando i magistrati isolani maggiormente impegnati contro i fenomeni di banditismo ed eversione.


Il “Comitato di Solidarietà con il
Proletariato Prigioniero Sardo
Deportato”


Anche gli anarchici si impongono con forza sulla scena antagonista sarda, ‘rileggendo’ in chiave indipendentista i propri fondamenti ideologici e convogliando la tradizionale avversione verso lo Stato e le sue istituzioni nella campagna contro il ‘potere centrale’ italiano, recepito quale Stato Colonizzatore responsabile della oppressione culturale ed economica della Sardegna.


da www.indipendentia.net

In questo quadro, l’attività di ‘repressione’ costituisce un terreno di lotta privilegiato per l’area anarchica locale che, nella seconda metà degli anni ‘80, dà vita al “Comitato di Solidarietà con il Proletariato Prigioniero Sardo Deportato”, associazione che rappresenta le istanze dei reclusi sardi e si batte principalmente perché questi possano scontare la loro pena nei penitenziari isolani, senza essere ‘deportati in continente’, costringendo intere famiglie alla diaspora periodica che le porta oltre Tirreno, a girovagare per giorni e giorni nelle galere italiane… per abbracciare i propri cari detenuti.
Attraverso il “Comitato” gli anarchici stringono i contatti con esponenti della criminalità radicata nel territorio che, nella loro ottica, rappresentano comunque una forza in grado di opporsi al rapporto di ‘sudditanza coloniale’ tra Sardegna e Penisola e di mettere in discussione tutto quell’insieme di valori e credenze che, nel corso dei secoli, sono stati imposti dai vari ‘colonizzatori’. Alcuni reati, come l’abigeato, vengono considerati da Costantino Cavalleri come espressione di una specifica realtà culturale: "Ciò che per lo Stato è delitto, crimine, può non essere tale per la cultura sarda. Il furto di bestiame, prassi tipica di tutte le società pastorali, per la legge è delitto grave, per i sardi, al contrario, tale prassi non rappresenta affatto un delitto di proporzioni così grandi, tanto che la mentalità comune lo situa nell’ ordine delle cose."


L’Unione degli anarchici sardi

Intorno alla metà degli anni ‘90, viene avanzata la proposta di costituire l’‘Unione degli anarchici sardi’ (U.A.S.), un’organizzazione insurrezionale avente il fine di operare affinché il processo di deculturazione e conseguente acculturazione forzata (cristianizzazione, ieri romanizzazione ed oggi italianizzazione, e così via), sia impedito, bloccato, distrutto.
Sotto il profilo della prassi, ciò si traduce nella partecipazione attiva degli anarchici alle lotte della popolazione per la casa, per il lavoro, contro lo sfruttamento delle risorse naturali nell’Isola da parte delle grandi multinazionali straniere, contro la guerra e la costruzione di basi e installazioni militari nell’Isola.
Secondo l’ideologia anarchica, infatti, - diversamente dalle strategie di lotta di stampo brigatista, in cui le ‘avanguardie armate’ guidano le masse verso la rivoluzione – l’annientamento del ‘sistema’ passa attraverso le varie battaglie condivise con le masse e radicate all’interno di contesti di emarginazione e conflittualità sociale: è un po’ come accendere tanti piccoli fuochi che poi confluiscono in un unico grande incendio finale.


L ‘indipendentismo

La ‘questione autonomista’ caratterizza sin dal dopoguerra la vita socio-politica della Sardegna, alimentandosi anche con rivendicazioni di natura etnico-linguistica, economica e culturale.
Con il progressivo declino dei progetti legati alla creazione di una “nazione sarda”, le formazioni storiche dell’indipendentismo, come il ‘Partito Sardo d’Azione’ e ‘Sardigna Natzione’, abbandonano gradualmente gli orientamenti più oltranzisti, per adottare una linea di tipo federalista, proponendosi anche di affrontare la questione in una prospettiva europea.
Tra le figure più caratteristiche dell’indipendentismo spicca Gavino Sale, esponente ‘storico’ di ‘Sardigna Natzione’ e ideologicamente vicino agli ambienti anarchici, che si fa portavoce delle istanze del popolo sardo legate alle tradizioni e all’economia locali, anche rivendicando la paternità di attentati incendiari contro centrali termoelettriche, villaggi turistici, uffici comunali ed altri obiettivi istituzionali e dando vita ad alcune iniziative propagandistiche di particolare clamore, quali: un sit-in, nel luglio ‘97, presso la sede del Consiglio Regionale della Sardegna, nel corso del quale i componenti della Giunta vengono additati come ricercati per alto tradimento del Popolo Sardo; l’occupazione, nell’ottobre ‘97, della Centrale Enel di Fiumesanto (SS), contro il rincaro dei costi energetici nell’Isola; la protesta, nel maggio 2001 in Piazza Montecitorio a Roma, per denunciare la presenza in Sardegna di discariche abusive a cielo aperto, anche con rifiuti tossici e pericolosi.


da www.tiscali.it/sardignanatzione

Intorno al 2000 Gavino Sale lascia ‘Sardigna Natzione’ per contrasti sulla linea politica ritenuta troppo morbida e fonda ‘Indipendentzia Repubrica de Sardigna’ (i.R.S.) con l’obiettivo di far conoscere a tutti quella storia che noi oggi stiamo iniziando a raccontarci e che ci ha aiutato ad aprire gli occhi su noi stessi come sardi, che ci sta consentendo di ritrovare il senso complessivo della storia della nostra Nazione e che ci sta aiutando a tracciare con serenità e entusiasmo il percorso intellettuale e pratico che porta all’indipendenza nazionale. Questa si raggiunge con l’unità dei sardi che ritrovano la loro coscienza nazionale perché è lì, in quel processo, di trasformazione e di contemporanea unione, che emerge la nuova classe dirigente sarda, che si forma l’assetto della futura repubblica indipendente, che emergono i vari attori e soggetti politici della futura società sarda nelle sue sfumature, nelle sue diversità, nelle normali conflittualità interne future.
Sul piano interno, in veste di referente del ‘Comitato Kuiles’, Sale si batte in difesa dei pastori sardi e a tutela del settore zootecnico, con l’occupazione di sedi comunali e di ASL, in segno di protesta per i ritardi nelle vaccinazioni, e con blocchi di automezzi che trasportano carni di importazione.
Insieme all’iRS, invece, lotta contro le servitù militari come, nel luglio 2003, quando tre militanti dell’organizzazione occupano simbolicamente una rampa di lancio missilistica nel poligono interforze sperimentale di Perdasdefogu (NU) e, alla loro incriminazione per ‘introduzione clandestina in territorio militare’, altri 400 compagni si autodenunciano per lo stesso reato in segno di protesta contro quella che viene definita una ‘discriminazione’ da parte del potere giudiziario italiano.
A livello internazionale, il leader sardo instaura contatti con esponenti dell’indipendentismo regionale europeo, tra cui corsi, catalani e baschi, partecipando attivamente a dibattiti e riunioni sulle ‘lotte di liberazione nazionale’, tra cui la tradizionale manifestazione in Corsica delle “Giornate Internazionali di Corte” che, nell’edizione del 2004, dedica spazio anche alla questione dei ‘detenuti politici’.
Proprio l’attenzione ai ‘detenuti politici’ e, più in generale, alle problematiche del settore carcerario correlate alle istanze della ‘lotta di classe’, determinano un progressivo allontanamento dei movimenti separatisti da una forma di indipendentismo fine a se stesso, non collegato cioè ad alcuna prospettiva rivoluzionaria, conferendogli un respiro più ampio, che lo conduce al di là degli angusti confini dell’Isola.


A Manca pro s’Indipendentzia”

L’impegno a superare una visione della lotta strettamente territoriale e priva di progettualità politica viene fatto proprio dal gruppo sassarese “A Manca pro s’Indipendentzia” (7) , fautore di una concezione marxista richiamante anche l’indipendentismo, teorizzante la lotta di classe, che si evidenzia nel 2003 per il suo spiccato attivismo propagandistico.
In un articolo apparso nel mensile politico culturale ‘Soberania fozzu de A Manca pro s’Indipendentzia’ (8) , dal titolo ‘La lotta di liberazione nazionale, la repressione e i teoremi della controrivoluzione preventiva’, i patrioti comunisti spiegano che le proprie rivendicazioni a carattere locale sono fortemente agganciate alla lotta di classe: in quanto espressione organizzata degli interessi della borghesia, tutti gli apparati dello stato saranno impiegati per soffocare, con ogni mezzo necessario, la legittima rivendicazione di indipendenza e sovranità del popolo sardo. Questa consapevolezza deve alimentare in ciascun patriota, in ciascun militante comunista-indipendentista il desiderio di lottare, con scientificità e determinazione, con tutti i mezzi richiesti dalla lotta, per l’indipendenza e il socialismo.
Sin dagli inizi della sua attività, “A Manca” mira a porsi come ‘polo di riferimento’ per le diverse compagini del dissenso locale, diffondendo, all’interno dell’Università di Cagliari, un volantino dal titolo La rappresaglia dello Stato italiano non ci fermerà, in cui gli estensori protestano contro l’attività di ‘repressione’ asseritamente finalizzata a combattere la crescente coscienza nazionale e gli episodi di resistenza popolare, o affiggendo, nel centro cittadino di Pozzomaggiore (SS), un manifesto dal titolo Ecco i regali del colonialismo italiano, in cui si ripercorrono le vicende relative alla scoperta, il 18 agosto 2003, di una discarica clandestina a Porto Torres (SS) e si individua nel ‘turismo di lusso’ una delle cause dello sfruttamento del territorio e della popolazione sarda, o, ancora, prestando grande attenzione alle proteste contro la base americana nell’arcipelago de La Maddalena (SS), contro l’attività del poligono interforze di San Lorenzo, considerato causa dei numerosi casi di leucemia e alterazioni genetiche tra militari ed abitanti di Quirra, Villaputzu e Perdasdefogu, e contro il poligono interforze di Teulada (CA), da tempo al centro di una polemica tra la comunità di pescatori ed i responsabili del poligono per il libero utilizzo a scopo di pesca delle acque in prossimità della zona militare.
Inoltre, in occasione della “Festa dei popoli in lotta” a Tula (SS), nel luglio 2004, appuntamento annuale dei movimenti della sinistra antagonista, dell’area anarchica e indipendentista, la formazione presenta un documento in cui stigmatizza la situazione di sofferenza e di profonda inquietudine vissuta dal popolo sardo a causa dei persistenti residui del sistema coloniale e lancia una proposta di lotta comune che aggreghi vari gruppi e movimenti, nel rispetto delle singole soggettività.
Con la divulgazione del mensile “Soberanìa”, che viene inteso come strumento di collegamento fra le varie lotte, per superare la dimensione dei collettivi e dei comitati costruiti su base localistica e cittadina e costruire una Organizzazione nazionale fondata sui concetti cardine di sotzialismu e di indipendentzia, “A Manca” si presenta anche come ‘interlocutore’ delle realtà antagoniste in ‘continente’, facendo sì che le proprie rivendicazioni ‘isolane’ giungano nella penisola, dove confluiscono nei ‘grandi temi’ del carcerario, della campagna contro la NATO e della protesta contro l’industria bellica, favorendo l’instaurarsi di rapporti con le componenti dell’antagonismo di sinistra a livello nazionale, impegnate nei medesimi ambiti di lotta.


L’‘Organizzatzione Indipendentista
Rivolutzionaria’ e i ‘Nuclei Proletari
per il Comunismo’


Nel settembre 2002, con due falliti attentati compiuti a Nuoro contro l’Associazione Industriali e la Prefettura, rivendicati ‘in contemporanea’ rispettivamente dai ‘Nuclei Proletari per il Comunismo’ (N.P.C.) e dalla ‘Organizzatzione Indipendentista Rivolutzionaria’ (O.I.R.), ha inizio una lunga serie di azioni dimostrative di vario tenore contro obiettivi del ‘potere politico-economico locale’ (9) .
Entrambe le formazioni, la prima di matrice marxista-leninista e la seconda di impostazione prevalentemente autonomista, sembrano recepire i richiami alla lotta di classe e all’indipendentismo sostenendo, nei propri volantini di rivendicazione, la necessità di non disperdere in sterili e scoordinate strategie di lotta le diverse forze sovversive presenti nel contesto sardo, ma di ricompattarsi intorno al nodo nevralgico della lotta armata finalizzata alla liberazione del popolo sardo per 1’indipendentzia e sotzialismu.
L’O.I.R., in particolare, si propone di intervenire con azioni di avanguardia militare per appoggiare e incitare le rivendicazioni degli allevatori e raggiungere 1’unità combattente del popolo lavoratore sardo, cogliendo ogni opportunità offerta di volta in volta dal dibattito locale in tema di lavoro, di occupazione e di ambiente.
Così, nel novembre 2003, in alcuni supermercati di Sassari, vengono rinvenute confezioni di prodotti Parmalat alterate con una sostanza di colore blu non tossica e l’azione viene rivendicata dall’O.I.R. con un breve volantino, in cui dichiara di aver agito in solidarietà con gli allevatori sardi in merito alla devastante questione delle quote latte e della crisi pilotata dell’intero comparto agro pastorale, colonna portante dell’economia della Sardigna.
Quindi, nello stesso mese di novembre, a Nuoro, l’organizzazione fa ritrovare un volantino durante un convegno organizzato dal Presidente della provincia sui problemi del settore, nel quale denuncia il progetto di disintegrazione del tessuto economico della Sardegna con il progressivo smantellamento prima del comparto industriale petrolchimico e poi del mondo agropastorale, colonna portante dell’economia sarda, finalizzato a ridurre l’isola ad una enorme base militare ... ed oasi turistica.
Le stesse tematiche, seppure in un’ottica più centrata sulle istanze ‘di classe’, vengono affrontate dai ‘Nuclei’, che prendono le distanze da logiche di lotta puramente nazionalitarie o indipendentiste, con l’inserimento della ‘specificità sarda’ all’interno di una visione ‘proletaria e internazionalista’.
Anche i ‘Nuclei’ intervengono nella protesta contro il turismo d’élite, diffondendo, il 20 agosto 2003 a Porto Cervo (SS), un documento nel quale definiscono la Costa Smeralda il simbolo dello sfruttamento dei proletari sardi e minacciano l’attuazione di azioni mirate a colpire il vostro benessere, la vostra polizia, le vostre servitù militari.
Quindi, in un volantino rinvenuto il l° ottobre dello stesso anno presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari, i ‘Nuclei’ condannano la guerra in Iraq, ritenuta funzionale alle leggi che muovono il capitale e sottolineano la necessità di identificare e colpire i padroni dello sfruttamento nostrano.
E nel novembre 2003, nel documento di rivendicazione (10) relativo all’attentato, compiuto a Nuoro contro il Presidente della Confindustria regionale Riccardo Devoto, l’organizzazione prende spunto dalla protesta degli allevatori sardi che lamentano la situazione di crisi del comparto, attribuita al basso costo del latte, alla diffusione del morbo della lingua blu ed ai carenti ‘aiuti’ alla produzione casearia, per lanciare aperte minacce contro le forze politiche ed imprenditoriali dell’isola, accusate di scarsa attenzione nei confronti dei proletari sardi (...pastori e operai).
L’ ‘indipendentismo armato’, dunque, si inserisce in una strategia più ampia incentrata, da un lato, sulla necessità di stabilire un rapporto dialettico con le masse, entrando in sintonia con i loro bisogni e sostenendone le rivendicazioni e, dall’altro, di promuovere un ‘fronte di lotta’ comune a tutte le soggettività e componenti che adottano il metodo rivoluzionario.


L’isola come modello programmatico
e operativo del ‘continente’


La Sardegna si configura come una realtà articolata e complessa in cui ambienti ed istanze eterogenei, tesi a valorizzare comuni obiettivi di lotta contro i simboli del sistema e del potere centrale, confluiscono in un unico alveo, nell’intento di realizzare una convergenza ideologico-operativa e di rafforzare le potenzialità destabilizzanti della contestazione isolana.
Potremmo definirla ‘laboratorio’, dove l’appartenenza ad uno specifico ceppo etnico-culturale ha reso possibile l’esperimento, sinora fallito in continente, di far prevalere le istanze di aggregazione rispetto alle specifiche ideologiche, all’interno di un processo di coesione nel fronte antagonista sardo che potrebbe avere sull’isola prospettive di ulteriore sviluppo allo scopo di annientare quel fenomenale processo etnocida che ha determinato nei ‘dannati della terra’ sardi il sentimento di vergogna delle proprie origini e della propria cultura.


da www.indipendentia.it


(1) “Rivista antiautoritaria NIHIL”(nr. 2-gennaio 2004), supplemento “Quadrimestrale di dibattito, analisi, approfondimenti storici, teorici, metodologici” al bollettino”Anarkiviu”, autorizzato con reg. n. 18/89 del Tribunale di Cagliari.
(2) Alla base di questa aspirazione vi era il suo profondo interesse politico per i movimenti rivoluzionari dell’America Latina e, in particolare, per Fidel Castro.
(3) Figura di spicco nella storia del banditismo sardo, si crea una fama di criminale imprendibile per le ripetute evasioni e la latitanza nel ‘Supramonte’ (la montagna che sovrasta Orgosolo), che si protrae dal 1965 al 1968. Mesina, tra l’altro, avrebbe svolto un ruolo essenziale nelle trattative per la liberazione di Farouk Kassam, rapito il 15 gennaio e liberato il 10 luglio 1992.
(4) Si manifesta apertamente nel luglio e nel settembre del 1979, rivendicando una serie di attentati dinamitardi ai danni di caserme dei Carabinieri a Siniscola, Orani, Orgosolo e Oliena (NU). L’azione più eclatante attribuita al gruppo terroristico è l’omicidio dell’Appuntato dei CC Santo Lanzafame, avvenuto sulla strada Nuoro-Ortobene il 31 luglio 1981.
(5) In particolare, il pentimento di Antonio Savasta, arrestato il 28 gennaio 1982, permette l’identificazione e la cattura di tutti gli appartenenti alla ‘colonna sarda’, segnando anche la fine dell’esperienza di “Barbagia Rossa”.
(6) Il primo ai danni dei coniugi Buffoni (Bitti-NU, 2/22 agosto 1983) ed il secondo nei confronti di Anna Bulgari e del figlio Giorgio Calissoni (Aprilia-LT, 19 novembre - 24 dicembre 1983).
(7) Letteralmente: A Sinistra per l’Indipendenza.
(8) Il termine ‘Soberanìa’ in lingua sarda indica il gruppo promotore delle feste patronali.
(9) Tra cui, per quanto riguarda i ‘Nuclei’, lettere minatorie a esponenti delle istituzioni regionali, segretari sindacali ed un magistrato nonché attentati dimostrativi - alcuni falliti - contro la Toro Assicurazioni, la Cisl, l’Istituto S. Paolo-IMI, la Banca Intesa, un fast food Mc Donald’s, il Presidente della Confindustria regionale, la Federazione dell’Industria Sarda, un locale notturno in Costa Smeralda. L’O.I.R., invece, rivendica le azioni compiute contro l’Azienda autonoma di soggiorno di Alghero, il Comune di Arzachena e le sedi comunali di Narbolia (OR) e Olbia (SS).
(10) Lo scritto è pervenuto alle redazioni nuoresi dei quotidiani ‘La Nuova Sardegna’ e ‘L’Unione Sarda’.

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