GNOSIS 3/2007
Le Conferenze della Scuola di Addestramento del SISDe Il riciclaggio dei capitali illeciti: profili di analisi economica |
di Donato MASCIANDARO |
Introduzione Negli anni recenti si è sviluppata una particolare attenzione ai temi fi-nanziari legati all'analisi economica della criminalità. Una serie di studi hanno investigato i rapporti tra economia illegale e movimenti di capitali illeciti da riciclare. Il presente intervento sintetizza metodologie e risultati di studi precedenti dello scrivente (elencati nei riferimenti bibliografici) cui si rimanda per una trattazione più estesa. Dall’enfasi data al fenomeno del riciclaggio dei capitali illeciti dipende la sua centralità, teorica e pratica, per lo sviluppo di qualunque reato che produca proventi. Difatti lo svolgimento di una qualsiasi attività illegale può dover far fronte ad una peculiare categoria di costi di transazione, legati al fatto che l'utilizzo dei relativi proventi aumenti le probabilità di scoperta del reato e quindi di incriminazione. Tali costi di transazione possono essere minimizzati da una efficace azione di riciclaggio, attività la cui funzione economica peculiare è proprio quella di trasformare potere d'acquisto potenziale in effettivo; in questo senso il riciclaggio svolge una funzione monetaria illegale. L'analisi economica del riciclaggio non può non partire da una sua precisa definizione economica, che ne metta in luce le seguenti caratteristiche: - l'illegalità: l'attività di riciclaggio riguarda qualunque provento originato da azioni criminali o illegali; - l'occultamento: lo scopo primario di tale attività è occultare l'origine illecita di tali proventi; - la specificità: l'attività di riciclaggio viene posta in atto utilizzando uno o più intermediari, finanziari e non, il cui atteggiamento può essere passivo o inconsapevole, ovvero attivo o consapevole (quest'ultima nozione viene chiaramente specificata solo per il caso del riciclaggio finanziario). Il riciclaggio si configura come autonoma attività economica crimi-nale, con una funzione economica essenziale consistente nella trasformazione di liquidità di provenienza illecita, o potere d'acquisto potenziale, in potere d'acquisto effettivo, utilizzabile per scelte di consumo, di risparmio, di investimento e reinvestimento. Il fenomeno del riciclaggio può allora essere studiato attraverso un'analisi microeconomica del comportamento dei soggetti criminali. In tale approccio viene proposto un modello per lo studio delle scel-te di un soggetto economico, il quale debba decidere se e in che misura riciclare i proventi di un reato. Si ipotizza che un soggetto economico (il "criminale") tragga da una attività illecita un flusso di reddito. Questo reddito illecito rappresenta potere d'acquisto potenziale: il suo utilizzo diretto aumenterebbe la probabilità di scoperta dei reati commessi dal soggetto. Più in generale, per il criminale, un euro "pulito" ha maggior valore di un euro "sporco", in quanto il primo può essere investito con maggior profitto e/o minori rischi di incriminazione. Il criminale deve dunque decidere, per ogni euro di reddito illecito, se ripulirlo o meno. L'utilità del criminale è decrescente nella probabilità di scoperta del reato e nella severità della sanzione, mentre è crescente nel rendimento medio atteso della liquidità ripulita. Il criminale deve quindi individuare il livello ottimale della liquidità da ripulire, tenendo conto delle risorse massime a sua disposizione. Il valore ottimale rappresenta il limite oltre il quale non è più conveniente richiedere servizi di riciclaggio: il danno derivante dalla scoperta del reato e dalla relativa sanzione diviene tanto elevato da rendere negativa l'utilità attesa. In questo caso risulta conveniente utilizzare il denaro sporco in impieghi con utilità attesa nulla. Il valore critico può essere interpretato come la propensione a riciclare, che dipende dai parametri del modello: politiche antiriciclaggio più efficaci e/o più severe riducono la propensione a riciclare; un aumento della redditività della liquidità ripulita e una riduzione dei costi delle operazioni di riciclaggio aumentano la propensione a riciclare. L'aver definito un modello microeconomico delle scelte di riciclag-gio ha consentito di formulare un modello macroeconomico del rap-porto tra sviluppo dei mercati illegali e attività di ripulitura. L'importanza dell'analisi economica del riciclaggio può essere ap-prezzata anche per il possibile utilizzo nel valutare l'impatto di una seria azione antiriciclaggio: in particolare essa può permetterci di effettuare una comparazione tra i costi e i benefici derivanti dalla lotta al reato in esame. Da un lato, un più stretto monitoraggio dell'origine e delle modalità di trasferimento dei capitali comporterebbe un incremento del costo del servizio di ripulitura, con conseguente diminuzione delle quantità scambiate ed indubbi vantaggi per la società (si pensi, ad esempio, alla riduzione dell'evasione fiscale e alla diminuzione del potere delle organizzazioni criminali). Dall'altro, dovremmo considerare la diminuzione della speditezza degli scambi e i costi di registrazione e di segnalazione sostenuti dagli intermediari finanziari (agenti delle autorità pubbliche) e, in parte, dai clienti. Dal punto di vista economico la soluzione di questo problema consiste nella minimizzazione di una funzione di perdita sociale, che ha per argomenti la dannosità del riciclaggio e i costi sostenuti per contrastarlo. Certamente il livello ottimale di attività antiriciclaggio finirà per dipendere dalle caratteristiche del policy-maker e della collettività e, in particolare, dalla sensibilità relativa nei confronti del livello di riciclaggio e dei costi imposti al sistema finanziario in particolare ed economico in generale. Infine, l'analisi economica può essere usata per analizzare la pro-spettiva internazionale dei problemi di riciclaggio. L'approccio economico consente di esaminare quali siano i dilemmi per il policy-maker che, con la globalizzazione della finanza e del credito, si trova ad operare in presenza di mercati bancari e finanziari sempre più integrati, con organizzazioni criminali vieppiù transnazionali, in un contesto però ancora di politiche di regolamentazione e vigilanza nazionali e segmentate, ancorché contraddistinte da livelli minimi di armonizzazione e di omogeneità. Il riciclaggio: le cause microeconomiche Del riciclaggio va innanzitutto data una definizione - sul piano dell'analisi economica - che ne evidenzi la specificità rispetto ad altre attività economiche illegali o criminali, tipicamente di accumulazione e/o di reimpiego, che è la seguente: si ha una operazione di riciclaggio ogniqualvolta un dato flusso di potere d'acquisto, che è potenziale (in quanto non direttamente utilizzabile in scelte di consumo o di investimento) poiché frutto di una qualunque attività illegale di accumulazione viene trasformato in potere d'acquisto effettivo. Concentrare l'attenzione sul concetto di trasformazione di potere d'acquisto potenziale in potere d'acquisto effettivo ci consente di cogliere non solo la peculiarità di tale attività economica illecita, ma anche la sua generalità. La definizione adottata mantiene una sostanziale unità tra tre aspetti che, secondo altri punti di vista, rappresentano tre diversi oggetti dell'azione di contrasto: i flussi finanziari; le ricchezze ed i beni intesi come momenti terminali di tali flussi; i soggetti titolari, o che comunque abbiano la disponibilità di tali ricchezze e beni. Nel nostro schema di analisi avremo perciò sempre un soggetto che, commesso un reato che ha prodotto accumulazione di proventi illeciti, movimenta flussi da riciclare, al fine di accrescere, successivamente, le sue disponibilità finanziare, attraverso un'attività di investimento nel settore legale o di riaccumulazione nel settore illegale. Il primo attore cruciale da mettere sotto osservazione è dunque l'organizzazione criminale. Per organizzazione criminale intendiamo un insieme di individui e di beni strumentali, associati tra loro con lo scopo di scambiare o produrre in modo esclusivo servizi e beni di natura illecita, ovvero servizi e beni di natura lecita con mezzi illeciti o di origine illecita. L'organizzazione criminale, attraverso l'attività svolta nei mercati illegali accumula risorse. Il momento di accumulazione di risorse ille-gali pone però immediatamente un problema di riciclaggio. L'attività di riciclaggio ha la finalità di trasformare la liquidità "sporca" prove-niente da una qualunque attività criminale o illegale in fondi che - in quanto "puliti", cioè privi di quelle tracce che possano collegarli ai reati di base - possono essere utilizzati per scelte di consumo, di risparmio, di investimento nei settori legali, di reinvestimento nei mercati illegali. Il momento dell'investimento legale e quella della riaccumulazione illegale completano il modello. In linea generale, le scelte di un soggetto economico di impiegare le sue risorse in attività illecite, divenendo quindi soggetto criminale, dipenderanno, dati i possibili ritorni, da due grandezze: la probabilità di essere incriminato e la pena che subirà nel caso sia riconosciuto colpevole. foto Ansa L'analisi delle scelte della criminalità organizzata può indubbiamente seguire il medesimo approccio. L'analisi del comportamento di una organizzazione criminale in termini di razionalità non può certo considerarsi esaustiva. Non si può escludere, infatti, che il soggetto criminale sia vincolato ed influenzato da logiche diverse da quella della razionalità. Va peraltro rilevato come la componente economica è divenuta l'elemento caratterizzante, se non addirittura predominante, della più recente tipologia delle organizzazioni criminali. Per avviare l'attività di riciclaggio, l'organizzazione detentrice della liquidità proveniente da attività illecita deciderà se porre in atto, in un dato sistema economico, un illecito specifico, il riciclaggio, valutando appunto la probabilità di essere scoperta e la relativa pena e confrontandola con i guadagni attesi, al netto dei costi economici di tale attività di riciclaggio. La scelta dell'organizzazione implica una sostanziale autonomia del delitto in esame e, della relativa organizzazione produttiva, rispetto ad altre fattispecie delittuose, che hanno originato i proventi nella fase di accumulazione. Inoltre, il ruolo cruciale che l'attività di riciclaggio svolge nella crescita e nella profittabilità di tutta l'industria del crimine fa avanzare l'ipotesi di una sua centralità, qualitativa e quantitativa, in tutte le organizzazioni criminali. L'indicazione di una utilità del reato di riciclaggio compendia, in realtà, dandone una espressione unitaria, il valore di una serie di servizi più generali che stimolano la crescita di una domanda di servizi di riciclaggio da parte delle organizzazioni criminali, che accumulano risorse illecite. Il riciclaggio produce difatti per chi ne usufruisce: - il valore economico in senso stretto di trasformare pienamente in potere d'acquisto la liquidità proveniente dalle più diverse attività criminali (trasformazione); la trasformazione a sua volta produce altre due utilità per il soggetto criminale: - la possibilità di aumentare il tasso di penetrazione nei settori legali dell'economia, attraverso il successivo momento dell'investimento (inquinamento); - la possibilità di aumentare il tasso di mimetismo dei soggetti e delle organizzazioni criminali nel sistema nel suo complesso (mimetismo). Definito il problema in termini generali, è possibile investigare in maniera approfondita le scelte di una generica ‘Organizzazione Criminale’, la quale, avendo accumulato risorse nei mercati illegali, deve decidere se e in che misura, riciclare i proventi di un determinato reato. In altri termini è possibile analizzare le determinanti della domanda di riciclaggio a livello microeconomico di una singola organizzazione criminale. Il riciclaggio: gli effetti macroeconomici Definite le fondamenta microeconomiche del modello accumulazione - riciclaggio - investimento, è possibile offrirne anche una specificazione aggregata. In tale approccio, concentrandosi sui comportamenti di un generale ‘settore illegale’, che trae dei redditi da un dato settore criminale o illegale e che, per investirli, ha bisogno di riciclarli, emerge con evidenza il ruolo del riciclaggio come moltiplicatore delle attività afferenti al settore illegale. Assumiamo che in un dato sistema economico si possa distinguere un settore legale ed un settore illegale, entrambi produttori di reddito. Il settore illegale (Figura 1) produce un volume iniziale di redditi frutto di reati pari ad I, e che - almeno per una parte y di questi fondi - ci sia bisogno di effettuare operazioni di riciclaggio, mentre una parte d può essere utilizzata senza alcun rischio di incriminazione per spese di consumo e di investimento nel settore legale. In altri termini, senza cancellare l'origine illecita di una parte y dei redditi del settore illegale, tali fondi hanno un valore economico minore (per semplicità zero). Infine, il settore illegale può utilizzare i propri ricavi sui mercati illegali. Il settore illegale reinveste nei mercati illegali una quota q dei ricavi iniziali (ovviamente y+d+q=1). Torneremo tra poco su questo punto. Dunque l’iniziale domanda di riciclaggio è uguale a yI. Assumiamo ora che ogni operazione di riciclaggio abbia un costo c per il settore illegale, proporzionale all'ammontare di reddito che si desidera riciclare ( 0<c<1). Il parametro c rappresenta il prezzo del riciclaggio. In altre parole, per i rei utilizzare una quota y dei fondi illegali senza rischi di incriminazione non è un pasto gratis. Il settore illegale non può influenzare quel prezzo (è price taker) è in aggregato la domanda è perfettamente inelastica (indifferente) al prezzo. Questo ovviamente non significa che il livello del costo del riciclaggio non incida sul valore economico dell'operazione: al crescere dell'onere, si riduce il volume - pari a (1-c)yI - dei fondi ripuliti a disposizione del settore illegale per il consumo e l'investimento legale. Il settore illegale continuerà, nello stesso tempo, ad investire sui mercati illegali. Con un tasso di rendimento su tali mercati è pari a r, se gli investimenti vanno a buon fine, avremo una nuova domanda di riciclaggio per fondi pari a yq(1+r). Se l'operazione di riciclaggio è efficace, nel periodo successivo la domanda di riciclaggio sarà uguale a yq2(1+r)2, e così via. A quanto ammonta il totale della domanda di riciclaggio, generato da un flusso iniziale di ricavi illegali pari a I? Se il valore dei parametri è tale che q(1+r)1 (condizione di convergenza), avremo che la domanda di riciclaggio espressa dal settore illegale ammonta a: MLd = yI : 1- q(1+r) Il parametro ß rappresenta il moltiplicatore (semplice) da riciclaggio: dato un volume iniziale di fondi illegali, più efficace sarà l'azione di riciclaggio del denaro illecito, più grande sarà il flusso finale di denaro disponibile per il settore criminale. Chiariamo fin d'ora che la condizione di convergenza mette in luce come si sia scelto un modello che produce stime prudenti. Infatti la condizione di convergenza implica, sul piano economico, che i flussi aggiuntivi di domanda riciclaggio sono progressivamente minori; in altri termini i volumi non esplodono. Il rispetto o meno della condizione di convergenza nella realtà può essere ovviamente verificato solo sul piano empirico, sostituendo ai parametri i valori stimati dall'esperienza. Tornando al moltiplicatore, la sua dimensione dipende quindi da tre variabili fondamentali: 1) la proporzione y di ricavi illegali che necessita di essere riciclata; 2) la proporzione q di ricavi illegali reinvestiti nel settore economia illegale; 3) il rendimento r delle attività illegali. Inoltre le sue caratteristiche possono essere modificate, variando le ipotesi di comportamento del settore illegale. Conclusioni Verso una stima del riciclaggio? Infine, si può provare ad utilizzare il modello descritto nel paragrafo precedente per proporre una stima del valore economico del riciclaggio, utilizzando inizialmente la sua versione base, cioè quella in cui il reinvestimento illegale non necessita di fondi ripuliti. Il valore economico della domanda di riciclaggio per il settore il-legale è pari a: MLd = yI: 1 - q(1+r) = ßI (i) Indicando i ricavi illegali iniziali con I, la quota di essi che occorre ripulire con y , la quota di reinvestimento illegale con q , il tasso di rendimento nel settore illegale con r, ed infine il moltiplicatore (semplice) da riciclaggio con ß. Se poi indichiamo con c la percentuale dei flussi da riciclare che va a remunerare l'operazione di riciclaggio (il costo del riciclaggio), il valore netto del riciclaggio per il settore illegale è pari a: ML= (I-c)yI: 1 - q(1 + r) = ß+I (ii) Per effettuare l'esercizio di stima, dobbiamo formulare alcune assunzioni. 1) In primo luogo come già sottolineato - identifichiamo il valore economico del riciclaggio per il settore illegale come un disvalore economico per il settore legale. Tale assunzione è conservativa (prudente) in quanto non calcoliamo tutti gli effetti - diretti ed indiretti, di breve e lungo periodo - che il potere d'acquisto a disposizione del settore illegale grazie all'attività di riciclaggio provoca. 2) In secondo luogo, la metodologia è prudente anche per un'altra ragione: non calcoliamo il valore economico dell'investimento nel settore legale che il settore illegale riesce a compiere grazie all'attività di riciclaggio. 3) Infine, per poter considerare esplicitamente il ruolo della regolamentazione, assumiamo che, a parità di altre condizioni, il costo del riciclaggio dipende dall'efficacia appunto della regolamentazione. Al crescere dell'efficacia della regolamentazione, aumentano le probabilità di essere scoperti per gli operatori attivi nel riciclaggio, ne deriva un aumento della remunerazione del rischio; il costo aggregato del riciclaggio sale, il moltiplicatore scende. Quest’ultima ipotesi ci consente di rendere esplicito l'obiettivo cui dovrebbe puntare la regolamentazione, sempre sulla base del modello adottato. Una regolamentazione è efficace se l'attività di riciclaggio non crea valore economico per il settore illegale (in termini analitici, questo significa che il valore ottimale del parametro è ß pari ad 1). L'assenza di creazione di valore economico è il massimo a cui può puntare il disegno della regolamentazione. Infatti, una situazione in cui l'attività di riciclaggio dovesse addirittura distruggere valore dal punto di vista delle organizzazioni criminali - cioè avere un moltiplicatore inferiore a 1, e quindi un valore netto delle attività illegali inferiore a quello iniziale - appare non razionale, cioè non verosimile, soprattutto per periodi di tempo prolungati. Infatti, se un'attività distrugge valore economico, il soggetto economico che subisce la perdita modifica i suoi comportamenti. Nel nostro caso, di fronte ad un moltiplicatore minore di 1, è presumibile che il settore illegale modifichi i suoi comportamenti, con i relativi riflessi in termini di valori dei parametri del modello (quota di ricavi da riciclare, quota di reinvestimento). Inoltre la definizione come obiettivo della regolamentazione, quello della stabilizzazione ad 1 del valore del moltiplicatore da riciclaggio, è tanto più valida quanto più robusta è l'ipotesi - che abbiamo definita dall'inizio - che il volume iniziale dei redditi illegali, come pure la redditività delle attività illegali, siano indipendenti dall'attività di riciclaggio. Detto in altri termini ancora, l'azione di regolamentazione può avere effetti stabili solo sul valore del moltiplicatore, non sulla sua esistenza di fatto. foto Ansa 3.1 Il valore economico del riciclaggio: una stima del mercato mondiale Date le ipotesi 1), 2) e 3) proviamo a stimare il valore economico del riciclaggio a livello mondiale. Innanzitutto abbiamo bisogno di una stima dei ricavi illegali da riciclare. Da un punto di vista teorico, dovremmo utilizzare una stima di tutta l'economia illegale (o economia sommersa). Come abbiamo evidenziato in precedenza, la domanda di servizi di riciclaggio è potenzialmente generata da tutti i redditi derivanti da attività connesse ad un reato e, quindi caratterizzate da una probabilità di scoperta e di persecuzione. Se per economia sommersa intendiamo il complesso di tutte quelle attività produttive in cui è violata almeno una legge (o regolamento) dello Stato di riferimento, allora tutti i redditi da economia sommersa sono possibile fonte di domanda di riciclaggio. Ad esempio il valore aggregato mondiale dell'economia illegale per il 2003 e' stato stimato pari a 15.070 milioni di dollari. Tuttavia, essendo il nostro obiettivo l'elaborazione di stime prudenti, formuliamo una quarta assunzione: 4) considereremo solo il sottoinsieme dell'economia illegale caratterizzato dalla cosiddetta economia criminale, vale a dire il complesso del valore delle attività afferenti alle organizzazioni criminali; 5) inoltre Schneider and Windischbauer nel 2006 hanno calcolato che il 40% delle attività del crimine organizzato è rappresentato dal reddito da produzione e traffico di stupefacenti; 6) secondo il World Drug Report delle Nazioni Unite del 2005 il valore del traffico mondiale di droga ammonta a 320 miliardi di dollari. Dunque, sulla base della 5) e della 6), assumiamo che i ricavi totali da riciclare ammontano a 800 miliardi di dollari. Si tratta ora di inserire il valore dei parametri del moltiplicatore del riciclaggio. Utilizziamo valori intermedi degli intervalli di stima presentati in Unger 2007 per ciascuno dei parametri di interesse. Per cui assumiamo che: 7) la proporzione y di ricavi che deve essere riciclata è 0.75 (in un intervallo tra il 70% e l'80%), 8) la proporzione c per i costi del riciclaggio c è 0.10 (in un intervallo tra il 5% e il 15%), 9) la proporzione q di reinvesti-mento nelle attività illegali q e' equivalente al 25% (in un intervallo tra il 20% e il 50%, ma occorre tener conto che y è uguale a 0.75, per cui sce-gliamo un valore maggiore del limite inferiore dell'intervallo, ma coerente con il vincolo per cui y+q+d=1. Ne deriva che d=0, per cui ipotizziamo che qualunque impiego legale richieda denaro ripulito), 10)il tasso di rendimento delle attività illecite r è il 100% (scelta prudenziale, in un intervallo tra 50% ed il 600%, limite superiore per droga come l'eroina). Date le ipotesi dalla 7) alla 10), il moltiplicatore semplice e' di 1.5, per cui il valore economico del riciclaggio ammonta a 1200 miliardi di dollari (2.7 % del GDP mondiale del 2004, equivalente a US 41.430 miliardi di dollari), mentre il moltiplicatore netto e' di 1.35, e il valore netto del riciclaggio è di 1080 miliardi di dollari. Il valore economico del riciclaggio può essere comparato con le precedenti stime: Tanzi and Quirk (1996, 1997) hanno stimato un valore tra il 2% e il 5% del GDP mondiale, mentre Walker (1999) ha stimato un valore pari al 4% del GNP mondiale. Come si vede, in termini di cifre, i valori ottenuti sono nello stesso ordine di grandezza dei lavori precedenti. La differenza cruciale riguarda la metodologia usata. A differenza dei lavori precedenti, le stime sono ottenute utilizzando un modello esplicito e fornendo in modo trasparente e completo i dati utilizzati come input. Questo significa che le stime possono essere replicate, migliorate utilizzando dati più affidabili, discusse proponendo modelli economici diversi. BIBLIOGRAFIA - Chong A. and Lopez - de- Silanes F. (2006), Money Laundering and its Regulation, Working Paper n. 590, Research Department, Inter-American Development Bank, Washington D.C.. - Filotto U. and Masciandaro D. (2001), Money Laundering Regulation and Bank Compliance Costs. Economics and Italian Experience, Journal of Money Laundering Control,, 2001, n.2, 133. - Levi, M. (2002). Money Laundering and Its Regulation. Annals of the American Academy of Political and Social Science, 582, July 2002. - Masciandaro D. (2007), Worldwide Money Laundering: a Ballpark Estimation, mimeo. - Masciandaro D. (2007), Money Laundering, in B. Lomborg, Solving the World's Problems: the Benefits and Costs, Cambrdige University Press, Cambridge (forthcoming). - Masciandaro D., Takats E. and Unger B. (2007), Black Finance. 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