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GNOSIS 3/2007
RECENSIONI

Spionaggio: un'arte senza tempo né confini


Alain CHARBONNIER

Quando è nato il mestiere di spia? Probabilmente quando il primo uomo di nascosto è andato a vedere che cosa facesse il suo vicino. Di spionaggio e controspionaggio, di "intelligence", difensiva e offensiva, si può parlare soltanto quando nascono le prime organizzazioni strutturate. Secondo l'ambasciatore Domenico Vecchioni bisogna addirittura risalire a Ramsete II. Nel suo libro, dagli egiziani all'Inghilterra di Elisabetta la Grande, è un continuo allargarsi di orizzonti per i Servizi segreti, fino a porre le premesse per la nascita e la crescita di quelli moderni.

Ci sono arti e mestieri che sono antichi quanto l'uomo. O meglio sono antichi quanto le prime strutture organizzative a livello tribale. E' nella tribù che nasce la prima forma di organizzazione intesa come ripartizione dei compiti.
E' la tribù come insieme che inizia quella pratica organizzata che prende il nome di guerra, vale a dire non un uomo contro l'altro, ma decine di uomini contro altre decine di uomini, villaggio contro villaggio. Praticare la guerra si rivela efficace nella misura in cui la forza s'incrementa in virtù della ripartizione dei compiti.
Certo i primi scontri somigliavano più a cruente risse che a combattimenti e veri e propri. Bastò poco tempo per arrivare alle strategie e alle tattiche, con il passaggio dalla pietra al metallo e la conseguente produzione di armi diverse: lance, spade, archi e frecce.
Vince chi ha più uomini e armi migliori.
Il bronzo batte la pietra, il ferro batte il bronzo.
A dispetto delle armi e di forze avversarie preponderanti, è ancora possibile prevalere, se si conosce prima il terreno dove avverrà lo scontro, come i nemici intendono affrontare il combattimento, dove e come si schiereranno.
Insomma, non appena l'umanità comincia ad essere considerata "civile", diventa necessario "conoscere", vale a dire disporre di informazioni, di notizie, valutarle in funzione delle future decisioni, sia sotto il profilo offensivo che sotto quello difensivo.
Una storia dello spionaggio dai primordi all'età moderna, intendendo con questo termine il periodo dei Tudor in Gran Bretagna, è raccontata da uno che se ne intende, l'ambasciatore Domenico Vecchioni in "Spie - Storia degli 007 dall'antichità all'era moderna", pagine 117, Editoriale Olimpia".
I sei capitoli, corredati da bibliografia e glossario, si aprono sullo scenario della Mesopotamia del regno di Ur, la Babilonia di Hammurabi, l'antico Egitto. Con la XIX Dinastia e con Ramsete II, secondo Vecchioni, si comprende in pieno "l'importanza dello spionaggio militare per influenzare la guerra e quindi dell'utilità di un'organizzazione a sostegno."


"Gli Occhi e le Orecchie del Re" è l'appellativo del primo "direttore" del servizio di spionaggio e controspionaggio. Nasce così anche il concetto di "informazione protetta", "riservata", "segreta", in una parola "classificata" ai vari livelli.
Risalgono all'epoca i primi elementari tentativi di messaggi codificati, cioè la crittografia.
Sono gli assiro-babilonesi, scrive ancora Vecchioni, "a costituire con successo la prima impalcatura dello Stato dedicata allo spionaggio e al controspionaggio in tutte le loro forme: raccolta di notizie politiche e militari all'estero, sorveglianza interna, controspionaggio offensivo, attenzione alle attività di disinformazione, protezione dei segreti dell'impero, perfezionamento dei mezzi di trasmissione delle notizie".
Risale addirittura a Mosè la tradizione di efficacia dell'intelligence ebraica, con la missione nella terra di Canaan al fine di valutare l'effettiva ricchezza del territorio, la possibilità di stanziamento e la capacità di resistenza.
Intelligence, diplomazia segreta, arte di sviare il nemico, con attività di vera e propria disinformazione, diventano strumenti eccellenti nelle mani di Persiani che tuttavia non percepiscono l'inganno di Temistocle. Facendo balenare contrasti e possibili divisioni all'interno dell'alleanza ellenica, il condottiero greco attira i Persiani nelle acque di Salamina, li spinge in angusti canali che rendono complicato manovrare, annulla così la superiorità numerica e cola a picco l'intera flotta.
A differenza dei cartaginesi, i romani, almeno fino a Giulio Cesare, quasi disprezzano lo spionaggio. Sarà poi Diocleziano a creare una struttura articolata, un Dipartimento dell'Amministrazione imperiale, costituita da persone qualificate. Il tutto venne meno con la caduta dell'impero.
Ci vorranno secoli, salvo sporadici esempi, dai Normanni ai Templari, prima di tornare allo spionaggio e controspionaggio in grande stile, nell'ambito del lungo confronto fra Inghilterra e Francia che prese il nome di Guerra dei Cent'Anni.
Bizantini ed arabo-turchi si confrontarono nell'arco di cinque secoli sul piano militare, fecero largo ricorso all'intelligence ed è proprio a loro che si deve l'impiego sistematico dello spionaggio industriale e commerciale.
"Dove poi lo spionaggio economico - scrive ancora Vecchioni, introducendo un intrigante capitoletto - diventa una componente essenziale e costante della politica estera nonché nella strategia economico-commerciale, strutturandosi presto in servizio pubblico, sarà Venezia".
Spionaggio, ma anche controspionaggio economico, per proteggere segreti commerciali, industriali e scientifici. Emblematica la"guerra degli specchi": i veneziani sottraggono segreti di produzione ai lorenesi, elevano la fabbricazione di vetri e specchi a vera e propria arte e la proteggono con spregiudicata ferocia.
A Venezia spetta anche un altro primato: il coinvolgimento di ogni veneziano, di qualsiasi classe, nella protezione dei segreti della Serenissima, ma anche nel carpire quelli degli altri. Ogni cittadino che si trovi all'estero è invitato a informare il Governo di quanto ha visto ed eventualmente scoperto. Nasce una fittissima rete di informatori che fanno della delazione uno strumento di mantenimento della stabilità politica. Come dice Vecchioni, una sorta di anticipazione della fascistissima OVRA.
E' però nell'Inghilterra dei Tudor, sotto il regno di Elisabetta la Grande, che nasce l'intelligence in senso moderno, il "secret service". E nasce la considerazione per l'agente segreto.
Scrive Vecchioni, non senza una punta d'invidia: "L'immagine dell'agente segreto (giovani provenienti da prestigiose università, dai migliori ambienti sociali) in Inghilterra continua oggi a essere percepita in maniera molto più positiva che negli altri paesi europei, dove l'agente è visto più come una "spia", moralmente condannabile, che come un ufficiale al servizio della Patria. Il personaggio di James Bond difficilmente avrebbe potuto vedere la luce in Italia o in Francia. Si tratta in effetti di un prodotto tipicamente british, la cui origine va ricercata proprio nel regno di Elisabetta la Grande".



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