La Rivista, in questo secondo numero dell’anno, offre un percorso diacronico di riflessioni sull’intelligence. L’itinerario guida tra le pagine della storia operativa, illustrando come l’attività informativa abbia raggiunto nuovi orizzonti sotto la spinta della tecnologia e del carisma di agenti lungimiranti, capaci di cogliere – a livelli diversi e in tempi distinti – segnali di cambiamento e di intercettarne il potenziale con progettualità propizia, prassi illuminate e una spiccata vocazione al futuro. Dopo il tradizionale incontro con Sergio Romano, che anticipa ai lettori di Gnosis i contenuti del suo prossimo libro sulle tensioni tra Russia e Ucraina, Basilio Di Martino ci accompagna tra Ottocento e Novecento, nel clima entusiastico per l’avvento della fotografia e delle comunicazioni elettriche che rivoluzionarono anche la raccolta intelligence e migliorarono gli strumenti di coordinamento nello sviluppo delle condotte belliche interforze. S’inaugurò una nuova dimensione competitiva tra le potenze degli ordini mondiali che si sarebbero succedute, in una spirale prometeica di conquiste scientifiche dual use il cui impiego in ambito militare avrebbe connotato le guerre del Novecento. Gregory Alegi ne testimonia la portata attraverso le fasi evolutive dell’Aeronautica Militare italiana e delle sue attitudini informative, dalle ricognizioni al Sigint. Sensibilità riscontrabile anche da parte tedesca – come sottolinea Mirko Molteni – in virtù dell’intuizione e delle competenze organizzative di Theodor Rowehl che, nel Secondo conflitto mondiale, fondò sulla ricognizione segreta la riuscita del Blitzkrieg. In un ambito in cui s’intrecciano le capacità di operare in mare, terra e cielo, Ezio Ferrante recupera esempi di successi dell’impegno d’intelligence della Marina italiana, noti nei consessi internazionali, forse meno in quelli nazionali, come il “colpo di Zurigo” del 1917, la “beffa delle navi” del 1941 e l’ausilio alla soluzione della crisi dei missili di Cuba del 1962. Di ciò sono altresì indicativi gli articoli di Umberta Porta, sulla genialità del Comandante Eliso Porta – chiara prova del sottostimato sostegno dei crittografi alla Regia Marina durante la Seconda guerra mondiale – e di Claudio Rizza (II parte), sul brillante coordinamento, nel 1915, di azione marittima – con “nave civetta” – e approntamento di fonti umane per il contrasto degli UBoot austro-tedeschi nel Mediterraneo.
La crescente professionalità degli agenti, unita allo sviluppo dei mezzi tecnologici e a una progressiva razionalizzazione ordinativa e funzionale degli Organismi, consentì in quegli anni di conseguire risultati di rilevanza strategica in momenti decisivi per l’affermazione internazionale del Paese: anticipando l’offensiva austriaca e permettendo la predisposizione di una più idonea linea di difesa sul Piave nel solstizio d’estate del 1918 (Filippo Cappellano); cogliendo, attraverso una diffusa rete intelligence, l’atteggiamento di Vienna tra le due guerre, ben oltre le apparenze diplomatiche (Giovanni Punzo); gestendo le potenzialità Humint dei prigionieri seguendo un modello senza retorica, ma efficacemente e pragmaticamente “umano”, durante il Secondo conflitto mondiale (Enrico Cernuschi); calibrando felicemente raccolta informativa e inganno per disinnescare offensive jugoslave pericolose sul fronte dell’Albania negli anni Quaranta (Emilio Tirone). Robert A. Graham S.J., nel disegnare la febbrile attività delle ambasciate presso il Vaticano sotto Pio XII, sottolinea il successo d’importanti attività di spionaggio, soprattutto ai danni della rappresentanza americana, a opera di un gruppo del Servizio informazioni militare diretto dal capitano Manfredi Talamo, che preparò la decifrazione dei messaggi sui movimenti inglesi in Africa favorendo così l’avanzata di Rommel.
L’alta valenza tattica di un sistema informativo organizzato è quindi parte dell’analisi di Gastone Breccia il quale, approfondendo il tema della guerra non convenzionale e il carattere dell’intelligence quale attività connaturale a ogni confronto bellico, dimostra come la stessa non sia mai stata prerogativa assoluta degli Stati sovrani, esistendo nella storia dei conflitti armati numerosi esempi di applicazione delle sue tecniche più classiche anche da parte di combattenti irregolari, dai guerriglieri ai moderni gruppi terroristici.
A seguire, Adriano Soi ci offre un ritratto inedito di Fulvio Martini, capo del Sismi dal 1984 al 1991. Dell’ammiraglio triestino si occupa anche Andrea Vento, il quale, in particolare, ne ricorda i rapporti con Stane Brovet, suo omologo in Jugoslavia e rispettato antagonista, e il loro contributo alla postura del nostro Paese rispetto alla crisi dei Balcani meridionali dei primi anni Novanta. Nella galleria di “eroi” un posto d’onore è riservato a Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo, valoroso colonnello del Genio, ingegnere, artista e scrittore, di cui vengono riproposti due testi: uno testimonia la singolare creatività dell’autore, l’altro costituisce un atto di fede in difesa dell’Italia e dell’identità della sua gente.
Si prosegue con gli interventi di Gianluca Falanga sulla Siria durante la Guerra fredda in Medio Oriente nel quadro degli interessi sovietici, anche mediati dai rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca, e di Paolo Bertinetti, che dedica alcune pagine a Geoffrey Household, scrittore inglese raggiunto dalla fama con un romanzo che, in modo originale, ripropose lo schema dell’uomo in fuga e della caccia all’uomo. Concludono le rubriche di: Roberto Ganganelli, sulla numismatica e la filatelia durante l’avventura dannunziana di Fiume; Elisa Battistini, che analizza la rappresentazione cinematografica dell’America maccartista e multiforme negli anni che precedono l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy in Va’ e uccidi di John Frankenheimer; Melanton, il quale ironizza sulle opinabili capacità linguistiche del sofisticato Perfetto Agente Segreto che «abbaca, labbreggia, zinzina».