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GNOSIS 4/2005
Mafia albanese in crescita
dal rischio di area alle grandi alleanze


articolo redazionale

I gruppi criminali albanesi nel loro complesso esprimono una delle più elevate capacità criminogene a livello internazionale, mediando i caratteri "tradizionali" - evidenti nella rigidità disciplinare interna, nella clanicità, nella "chiusura endogamica" che aumentano l'impermeabilità, l'affidabilità e la tenuta endogena - con elementi innovativi e moderni, quali la transnazionalità, l'imprinting commerciale e la cultura criminogena di servizio (1) . La massiccia emigrazione diffusa pressocchè ovunque ed il carattere sincretico del crimine albanese ne hanno favorito il radicamento in aree esterne alla madrepatria e l'integrazione con la delinquenza locale, sfruttando le opportunità dell'intero network di connazionali. Lo stretto rapporto tra Albania e Italia, sia per la vicinanza geografica, sia per la condivisione politico-economica nel progetto di risanamento e riqualificazione dello scacchiere adriatico che ha impegnato le autorità italiane nei settori militare, di polizia, economico, finanziario e sociale rende ineludibile la necessità di monitorare la situazione albanese, di verificarne la "tenuta" generale, di individuare le locali vulnerabilità criminogene ed infine di qualificare "in progress" la minaccia albanese per l'Italia. In quest'ultimo caso si ritiene utile considerare il rischio albanese sia nell'area di origine (scacchiere adriatico e balcanico) sia nei circuiti e nelle rotte criminali colonizzate da strutture transnazionali di matrice albanese (2) .


da www.reportage.org


Il contesto albanese

Negli anni '90, dopo la caduta del regime di Enver Hoxha, in piena trasformazione dello scacchiere balcanico, migliaia di clandestini albanesi si sono diretti verso le coste italiane susseguendosi come ondate di una marea apparentemente inarrestabile. I gruppi criminali dell'area d'origine hanno gestito sapientemente il macro flusso, avvalendosi di una vera e propria flotta di pescherecci, gommoni e motoscafi, che sembrava dilagare nel mar Adriatico. L''emergenza Albania' investiva l'Italia, testa di ponte della penetrazione della diaspora albanese in tutto l'Occidente europeo.
Nelle grandi città i primi immigrati albanesi s'individuavano facilmente per le loro facce da paesani, le pettinature anni '70 (corte davanti e lunghe dietro), la statura ridotta e, soprattutto, gli sguardi cupi e fieri. Tempestosi.
A distanza di quindici anni, la presenza di quegli immigrati non è più immediatamente visibile: merito degli accordi bilaterali, dell'incessante opera di contrasto congiunto italo-albanese effettuata sulle coste montenegrine ed albanesi e nei tratti marittimi prospicenti. Ed anche segno di un'avvenuto radicamento della comunità albanese nel tessuto socio-economico italiano. Legale e, soprattutto, illegale.
La situazione albanese, ancor oggi caratterizzata da una profonda instabilità politica e socio-economica, nonostante i tentativi istituzionali di affermare un'immagine innovata ed aderente agli standard di democrazia moderna, ha purtroppo favorito l'evoluzione del crimine organizzato e la migrazione pervasiva di strutture ed interessi di tipo mafioso in tutto l'Occidente.
La posizione strategica dell'Albania all'interno dei flussi illegali balcanici, nell'ambito dello scenario sud-balcanico, fortemente destabilizzato dalla cruenta dissoluzione della Jugoslavia e dalle rivendicazioni delle frammentate matrici etniche non completamente risolte e foriere di tensioni tuttora innescate, ha reso il Paese crocevia dei traffici transnazionali conferendo ai più strutturati gruppi albanesi inedite funzioni "nodali".


Contesto storico

L'Albania ha storicamente rappresentato il diaframma tra mondi e sistemi arabi (Impero Ottomano) e quelli "occidentali", diventando spesso area di sincretismo pragmatico ed opportunistico, sebbene in modo sempre poco strutturato. Da tale condizione deriva la fragilità del sistema albanese che, nonostante abbia consolidato la sua identità nazionale, tuttavia non sembra aver risolto la precarietà degli equilibri clanici e localistici che aumenta sensibilmente il livello di conflittualità interna e genera sovente incontrollabili spinte centrifughe (3) .
Ne consegue un quadro contraddittorio che da una parte evidenzia la rivendicazione di un panalbanismo più concettuale che pratico e che si estende a parte dei territori montenegrini, serbi, bosniaci e greci (4) , dall'altra fa emergere un resistente modello tribale (fis) peraltro differenziato tra i ceppi gheghi del nord montuoso di radici cristiane e toschi del sud pianeggiante e prevalentemente musulmano, spesso antagonisti o eccessivamente competitivi.
Oggi molti caratteri si sono confusi, sebbene rimanga una sostanziale differenza/distanza tra il Nord rude ed il Sud latifondista e terriero. La zona costiera, invece, sembra maggiormente aperta all'integrazione socio-culturale ed all'imprenditorialità transnazionale, tanto da essere investita in prima battuta dai progetti (anche criminali) economici e finanziari "di scenario" (5) .
Negli ultimi tempi, inoltre, ha attraversato profondi conflitti interni, che spesso sono emersi in modo cruento, altre volte invece hanno permeato ed alterato le dinamiche sociali, politiche e giudiziarie.
Quarant'anni di potere comunista di Enver Hoxha hanno inciso fortemente sulla matrice identitaria albanese in chiave:
-isolazionista: i 700mila bunker fatti costruire dal dittatore ben rappresentano l'isolamento iperdifensivo della matrice albanese che ha inciso fortemente sulla struttura costituzionale essenzialmente autarchica (erano vietati protocolli commerciali, joint-ventures ed impegni più consolidati del mero scambio bilaterale);
-indipendentista: la sindrome dell’”accerchiamento” da parte delle più forti realtà statuali limitrofe ha elaborato nel tempo vincoli psico-sociali che salvaguardassero la matrice albanese anche nelle “enclaves” di confine e nelle aree di migrazione, postulando un incipiente pan-nazionalismo strumentalizzato variamente dai poteri che si sono succeduti sinora;
- tradizionalista: nonostante la forte connotazione commerciale delle popolazioni costiere ed in parte di quelle meridionali, tuttavia frequentemente (ed opportunisticamente) emerge il codice identitario trasmesso oralmente e raramente trascritto del Kanun, spesso regolativo dei conflitti tribali ed endofamiliari in assenza (periodica) di aderente controllo statuale (e giudiziario) del territorio. Tale modello "normativo" clanico residua in taluni ambienti criminali e nei modelli ipertrofici adottati spesso nei delitti predatori, nella tratta e nello sfruttamento di connazionali (mercificazione e disumanizzazione dell'oggetto del reato) (6) ;
- opportunista: da una parte gli albanesi dimostrano rare capacità commerciali e "di servizio", dall'altra non riescono spesso a spogliarsi dall'indolente violenza e dall'ipertrofia dell'aggressività sia criminale sia in generale relazionale.
Dal 1985 al 1997 il tentativo di innovare i sistemi amministrativi e socio-economici si è scontrato con spinte autoritarie di qualche leader, con l'uso deviato di strumenti giudiziari (arresto di antagonisti politici ed oppositori) e degli apparati di polizia (animati da correnti a supporto delle diverse lobby del potere e disposti ad organizzarsi in chiave pretoriana), nonché di manifestazioni di piazza (dalle sommosse del '97 contro Berisha, ritenuto responsabile della truffa delle "piramidi finanziarie", alle dimostrazioni "Nano IK- Nano vattene" dell'inverno 2004 contro il Premier Fatos Nano, capo del Partito Socialista Albanese, ritenuto corrotto ed incapace di portare l'Albania in Europa e di assicurare una apprezzabile condizione economica).
Infatti, costituisce un ulteriore impedimento al processo di rinnovamento politico-economico del Paese proprio il contrasto all'interno del Partito Socialista (PSSH), al governo dal 1997, tra il Premier Fatos Nano e Ilir Meta, ex Ministro degli Esteri ed ex Vice Primo Ministro (7) , ed all'esterno, tra Nano e l'ex Presidente Sali Berisha, leader del Partito Democratico (PDSH) (8) .
La situazione appare estremamente fluida in attesa dell'esito delle elezioni parlamentari del prossimo luglio.
A tutt'oggi, l'eccessiva conflittualità politica ha impedito il varo del pacchetto di riforme richiesto nell'Accordo di Stabilizzazione e Associazione (S.A.A.) (9) , quale indispensabile requisito per l'entrata del Paese nell'Unione Europea.


Contesto socio-economico e politico

Oggi l'assetto politico appare contraddistinto da:
- aggressività politica che altera le logiche elettorali e partitiche spesso ridotte ad esasperati confronti personali;
- elevato tasso di corruzione che risulta diffusa in ogni strato della società e crea condizioni di fluidità amministrativa per la rimozione frequente di dirigenti ed impiegati dello Stato;
- scarsa "effettività" istituzionale, in quanto i progressi costituzionali e normativi sembrano ancora non perfettamente interiorizzati dalla collettività, pur indicando una tendenza innovativa comunque apprezzabile (10) .


foto ansa

Il carattere ondivago e labile delle riforme indebolisce e rischia di rendere provvisorio il processo albanese.
Sotto l'aspetto economico l'Albania ha sempre fatto riferimento alla vocazione agricola dell'entroterra, alla capacità “di servizio” della zona costiera ed alla strategica posizione nelle rotte criminali che hanno da sempre assicurato alle casse statali ingenti profitti (sino al 20%).
Proprio nelle attività criminali gli albanesi hanno dimostrato una elevata capacità imprenditoriale ed internazionale, assicurando rimesse cospicue dall'estero e partecipazione ai traffici transnazionali più remunerativi, quali il contrabbando di sigarette (11) , il traffico di droga, la ricettazione di autoveicoli, la tratta e lo sfruttamento di connazionali (nel lavoro nero e nella prostituzione).
Per lungo tempo, quindi, l'economia criminale ha rappresentato una "voce" fondamentale del "sistema Paese", alimentando e finanziando le lobby di potere.
Tale situazione ha ridotto la "percezione" dell'illegalità negli ambienti burocratici, politici e privati e reso difficile una totale conversione dei costumi.
Inoltre la condizione altamente criminogena:
- è stata strumentalizzata per le reciproche accuse tra gli opposti schieramenti politici;
- determina una eccezionale pervasività criminale sino alle strutture politico-istituzionali" (12) ;
- favorisce orientamenti autoritari dei premier che si succedono e che tendono a manipolare il consenso attraverso un capillare clientelismo.
A ciò si aggiunge l'attesa radicata di interventi economici "esterni" che induce ad un marcato assistenzialismo psicosociale, lesivo del processo di liberalizzazione reale e dell'iniziativa imprenditoriale autoctona di larga scala.
L'appoggio delle lobby finanziarie internazionali di origine albanese incide poi sulle macro-strategie dell'area e veicola interessi esogeni spiccatamente lobbisti.
In prospettiva, la situazione è suscettibile di un rapido miglioramento allorché, nell'ambito della rete di trasporto transeuropea (Trans-European Networks, T.E.N), finalizzata a facilitare gli scambi "multimodali" tra l'Europa e gli Stati balcanici, verrà realizzato il Corridoio 8, una complessa rete infrastrutturale destinata a collegare le regioni adriatico-ioniche con l'area balcanica ed i Paesi del Mar Nero, sviluppandosi lungo la direttrice Bari-Brindisi, Durazzo, Tirana (13) , Skopje, Sofia, Burgas e Varna.
Sono previste, inoltre, bretelle di collegamento con la Grecia e, mediante l'interconnessione con il Corridoio 4, con la Turchia (14) .
Inoltre lo scorso aprile, a Sofia, i Paesi del Corridoio 8 hanno costituito il Mercato Comune Energetico volto a realizzare le interconnessioni dei Paesi membri con la rete europea (15) , nonché ad attuare la progressiva liberalizzazione del settore.
In sintesi, l'Albania dipende economicamente dai flussi internazionali e dalla credibilità di nodo commerciale, imprenditoriale e finanziario.
Per tale motivo di recente il Premier Fatos Nano ha invitato gli imprenditori stranieri a scegliere il mercato albanese, assicurando la piena affidabilità politico-economica e strutturale.


FATTORI SENSIBILI DELLO
SCENARIO ALBANESE


Alcuni fattori strategici rendono lo scenario albanese ancor più rilevante per l'Italia e l'intero continente europeo.
Essi riflettono condizioni "areali" che incidono sugli assetti nazionali e sulle potenzialità politiche di Tirana.
Tali elementi evolutivi e tipicizzanti presentano anche peculiari criticità criminogene che possono favorire composite forme di "minaccia integrata".
Si tratta del progetto panalbanese e del recupero della cultura islamica in un periodo di pervasiva diffusività di frange musulmane estreme ed integraliste, anche in considerazione dell'esperienza maturata in Bosnia e nelle altre aree della ex Jugoslavia, che incidono sugli assetti e sulle dinamiche locali, costituendo un focus analitico necessario a qualificare i fenomeni ed i rischi criminali albanesi nel loro complesso.

La Grande Albania

La matrice etnica albanese è presente in molte aree balcaniche ove, mentre in Albania Hoxha reprimeva i caratteri originari, imponendo un modello personalistico dello Stato, venivano invece custodite ed evolute le caratteristiche identitarie, attraverso un confronto propositivo con le realtà "ospiti".
Quindi, tale situazione ha comportato una comune "aspettativa" panalbanese su basi però diverse e locali che hanno reso il principio "generale" ed "astratto" meno sostenibile nella prassi (anche per le finalità concrete diverse sui territori interessati).
Il pan-albanismo consiste nel progetto di costituzione di un'unica realtà territoriale che comprenda tutte le comunità albanesi dei Balcani (16) .
Siffatta proposizione alimenta organizzazioni transnazionali che tendono ad affermarsi in nome di una "Grande Albania" e che hanno sviluppato un profilo paramilitare rappresentato dall'Armata Nazionale Albanese (AKSH), che coordina tutti i movimenti irredentisti operanti nei Balcani e il cui leader, Ridvan Rasiti, è inserito nella lista redatta dagli Usa e dall'Unione Europea dei soggetti pericolosi per la stabilità dell'area.
Rischi di escalation della conflittualità rimangono soprattutto in Kosovo, dove non è ancora stata risolta la questione dello "status finale", come peraltro evidenziato dalla ciclica recrudescenza degli scontri etnici (17) .
Infine l'Aksh rappresenta lo snodo di minacce differenziate per i collaudati rapporti con organizzazioni di narcotrafficanti (con cui condivide l'attività) e con gruppi di integralisti islamici che nell'area riescono a gestire i propri interessi illegali (18) .

Penetrazione del radicalismo islamico

La matrice islamica albanese deriva dall'incorporazione dei territori illirici nell'Impero Ottomano del XV secolo, sebbene la tradizione àncori l'identità musulmana alle predicazioni di Sari Saltuk Baba, santo turco selgiuchide del XIII secolo.
Questi, infatti, sarebbe venerato dalle confraternite sincretiche dei Bektashi, che hanno caratterizzato la galassia religiosa albanese sino all'avvento della dittatura e che anche oggi, sebbene residuali, sono rappresentate e seguite.
Infatti, i gruppi bektashi (19) , come le altre confraternite sufi (20) , riflettono un Islam moderato ed "aperto" che ha avuto un peso politico importante nelle fasi indipendentiste albanesi, tanto che lo stesso Enver Hoxha ne ha fatto parte in età giovanile.
Il dittatore, tuttavia, soprattutto dal 1967 (21) , aveva soppresso qualsiasi libertà religiosa, chiudendo i luoghi di culto, tra cui moschee e tekke bektashi (22) , in modo tale da:
- recidere i legami delle sette con l'estero (secondo la tesi dell'isolamento assoluto (23) );
- reprimere ogni emergente lobby di potere che potesse erodere o manipolare il consenso interno.
Con il crollo di Hoxha sono terminate le persecuzioni religiose e dal 1990 la situazione si è normalizzata, offrendo opportunità di inserimento a tutte le confessioni, soprattutto islamiche, cattoliche e greco-ortodosse.
Oggi la confessione islamica è quella più diffusa, ed al suo interno prevale nettamente la matrice sunnita, cui appartiene, ad eccezione dell'attuale Premier e del Presidente Moisiu che sono greco-ortodossi, la maggioranza dei leader politici, tra cui il capo del polo democratico Berisha.
Il quadro è reso ancora più complesso dalla crescente penetrazione del radicalismo islamico nel Paese dove, nell'ultimo decennio, si sono progressivamente insediate numerose organizzazioni non governative finanziate dai Paesi arabi, con lo scopo di assistere le locali popolazioni di fede musulmana.
Come noto, alcune di queste fondazioni, ufficialmente impegnate in attività umanitarie (assistenza sanitaria, istruzione, etc) sono sospettate di utilizzare le proprie strutture per fornire supporto logistico a formazioni integraliste islamiche.
La pervasiva opera delle ONG (24) , che vuole incidere in modo strategico nelle aree sociali dell'educazione e della cultura, sembra orientata a creare rapidamente le condizioni migliori per una maggiore adesione all'Islam più osservante, peraltro ponendo quali catalizzatori religiosi quelli più integralisti.
Ciò si evince anche dal superamento della leadership moderata nei centri nodali albanesi a favore di gruppi allineati alle posizioni arabe aggressive.
Ed anche dal tentativo di strutturare partiti confessionali che però trova un rigido ostacolo nell'attuale divieto istituzionale.
Accanto al suddetto profilo strategico emerge anche un impegno più pragmatico ed operativo, se è vero che nel nord del Paese ed in Kosovo sarebbero stati rilevati campi di addestramento, ove verrebbero indottrinati integralisti islamici albanesi, libici, turchi, ed algerini (25) .
Lo stesso Ministro dell'Ordine Pubblico albanese, inoltre, ha disposto una serie di controlli su alcune "anomale concentrazioni" in zone del Paese di associazioni islamiche e sui loro frequentatori.
Di rilievo, nel quadro delineato, la recente costituzione di un nuovo gruppo integralista islamico denominato Al Jihad Al Djadid, verosimilmente collegato ad Al Qaida, composto prevalentemente da cittadini di etnia yemenita, afgana, marocchina, giordana, azera e malese.
Il sodalizio, che avrebbe ramificazioni anche in Grecia, avrebbe instaurato rapporti di collaborazione con organizzazioni criminali, anche al fine di utilizzare le "rotte" già sperimentate nel traffico di clandestini per il trasferimento dei militanti.
Infine, nel circuito dei centri di culto islamici in rapida crescita sul nostro territorio (26) si rileva, come elemento di novità, il progressivo inserimento di cittadini kosovari, macedoni ed albanesi, in alcuni casi in posizione qualificata.
Il dato, quindi, conferma l'abbandono da parte degli albanesi delle posizioni di opportunistica superficialità e di autoreferenzialità religiosa che li connotava sino a qualche tempo fa.
Dal complesso delle situazioni rappresentate si può facilmente dedurre la necessità di monitorare sia una eventuale spiralizzazione delle presenze direttamente o mediatamente riconducibili all'integralismo islamico sia possibili interazioni tra la criminalità ed il terrorismo, che offrirebbero una inedita e pericolosa sponda ai "vettori" terroristici proprio a ridosso del cuore dell'Europa.


FENOMENO CRIMINALE

Lo scenario criminale albanese è caratterizzato da differenziati piani criminali che nel loro complesso esprimono una delle più elevate capacità criminogene a livello internazionale.


Infatti coesistono, in rapporto di stretto mutualismo:
- organizzazioni mafiose, caratterizzate da un radicato controllo del territorio, da sistematiche pratiche collusive e da qualificate proiezioni "esogene" attraverso cui assicurano lo sviluppo di attività illecite transnazionali. L'insieme di tali profili, le opportunità offerte dal locale contesto "anomico" e le condizioni congiunturali di "scenario" che hanno favorito la posizione strategica albanese all'interno dei flussi illegali balcanici, hanno reso l'Albania crocevia dei traffici transnazionali e conferito ai più strutturati gruppi albanesi inedite funzioni "nodali". Le organizzazioni mafiose sono di tipo clanico, familiare ed essenzialmente autoctono, sebbene la loro spiccata vocazione opportunistica le renda "aperte" a interazioni, alla formazione di cartelli funzionali ed a logiche di "rete", sviluppando così un atteggiamento marcatamente di servizio;
- bande criminali, estremamente fluide e mobili sul territorio, dotate di elevata versatilità e spesso dedite ad attività serventi rispetto agli interessi dei sodalizi mafiosi. Esse sono versatili, essenzialmente predatorie, disponibili a muoversi sul territorio nazionale ed all'estero (tra cui l'Italia) con puntuali raccordi operativi e collusivi. Spesso adottano moduli criminali "ipertrofici", eccessivamente violenti rispetto agli obiettivi da conseguire;
- aggregazioni criminali, strutturalmente labili e legate da momentanei ed occasionali opportunismi illeciti. Esse prestano la loro opera sul territorio, sia specializzandosi in funzioni criminali di base (passatori (27) , falsificatori, scafisti ed altro) sia convertendosi rapidamente ad inedite attività.
In sintesi la criminalità albanese media i caratteri tradizionali - evidenti nella rigidità disciplinare interna, nella clanicità, nella "chiusura endogamica" che aumentano l'impermeabilità, l'affidabilità e la tenuta endogena - con elementi innovativi e moderni, quali la transnazionalità, l'imprinting commerciale e la cultura criminogena di servizio.
Quindi, nonostante l'immagine agiografica di una criminalità "rurale", violenta e primitiva offerta da alcuni osservatori, la devianza albanese appare invece evoluta, efficiente ed efficace tanto da acquisire ruoli primari nelle strategie globali del crimine.
L'anamnesi di molti criminali - oltre a quelli appartenenti alle famiglie mafiose "antiche" - presenta trascorsi in organismi pubblici, tra cui quelli di polizia, e strette parentele con funzionari, anche apicali.
Ciò ha favorito, talvolta, un coinvolgimento tra componenti delle pubblica amministrazione e gruppi criminali, come dimostrano i continui avvicendamenti di titolari di importanti strutture doganali, di polizia, di sicurezza e politiche.
La massiccia emigrazione diffusa pressocchè ovunque ed il carattere sincretico del crimine albanese hanno favorito il radicamento in aeree esterne e l'integrazione con la delinquenza locale, sfruttando le opportunità dell'intero network di connazionali.
Dall'analisi strutturale del contesto albanese emergono alcuni gruppi criminali che attualmente rappresentano il gotha della mafia albanese:
- Hasani e Shabani che, controllando l'aerea costiera (Fier, Valona, Durazzo) e la capitale Tirana, sono nel tempo diventati punto di riferimento per le altre consorterie connazionali. Dispongono di radicate e qualificate cellule logistiche in Sud-America ed Europa (soprattutto Belgio, Olanda, Italia, Germania e la galassia balcanica). Ciò ha favorito la loro rapida competitività nel traffico di droga, nel contrabbando e nella tratta degli esseri umani (compreso lo sfruttamento della prostituzione e della manodopera in nero). Tali gruppi sono in stretto rapporto con i narcotrafficanti colombiani da cui ricevono cocaina, così legittimandosi tra i partner primari del narcotraffico internazionale. Proprio l'affidabilità del ruolo e del network dipendente ha consolidato la primazia di tali gruppi nei diversi affari illeciti e ben oltre i confini nazionali. Gli Hasani e gli Shabani sono riusciti ad affermarsi anche in Italia, ove risulta siano coinvolti in gran parte dei narcotraffici italo-albanesi;
- i gruppi di Durazzo, galassia criminale in "equilibrio dinamico" (tra competitività reciproca ed alleanze opportunistiche);
- i gruppi di Fier, capaci di fornire ogni sorta di "servizio illegale" anche per la loro pervasività collusiva;
- i gruppi di Tirana, spesso in contrapposizione con gli Hasani e Shabani, con cui comunque ricercano un coordinato accordo per proiettarsi sullo scenario transnazionale;
- i gruppi di Scutari, che controllano rotte criminali transnazionali collaudate;
- i gruppi di Valona, che si evidenziano per capacità militare.
Tale assetto "orizzontale" resiste alle inevitabili tensioni centrifughe perchè orientato più alla gestione utile delle attività criminali che al controllo del territorio.
L'interesse economico, infatti, è un collante molto efficace in Albania.
Inoltre, pur se flessibili operativamente, tuttavia i gruppi si affidano ad una rigida disciplina interna che ricorre frequentemente a dure e sanguinarie sanzioni pur di ridurre le possibilità di conflitto o di tensioni centrifughe.
L'impronta "carismatica" del modello dirigenziale adottato ed il carattere parentale dei clan aggrega molto consenso ed affiliati, così da conferire maggiore stabilità all'intero sistema.
Sotto l'aspetto funzionale, oggi gli albanesi controllano gran parte delle attività e dei flussi criminali transnazionali.

Traffico di droga

Costituisce il primo ambito criminale transnazionale in quanto presuppone la sinergica azione di diverse matrici criminali ed il coordinamento puntuale delle numerose fasi.
Gli albanesi hanno dimostrato nello specifico settore una particolare versatilità, riuscendo in un decennio ad acquisire una elevata competitività sia nel traffico sia nella gestione dei relativi mercati.
Nello specifico:
- controllano i flussi di eroina della Turchia ed alimentano i fiorenti mercati dell'Europa centrale e meridionale;
- gestiscono in molti Paesi europei (tra cui soprattutto l'Italia, l'Olanda, la Germania, l'Austria la Francia e la Spagna) il traffico e lo spaccio locale di eroina, spesso occupandosi anche di cocaina sia autonomamente sia per conto delle organizzazioni autoctone. Ciò è stato possibile per la diffusività delle presenze di migranti albanesi negli Stati ospiti che consente un aderente ed esteso controllo delle domande locali di droga;
- ambiscono ad un ruolo più incisivo (ed in parte lo acquisiscono) anche nel traffico di cocaina e di canapa sativa.
In tale senso vanno interpretati i contatti sempre più qualificati e "strutturati" con i cartelli colombiani ed il tentativo di produrre canapa sativa e coca in modo industriale.
Per la coca, peraltro, il collegamento con i colombiani e la posizione "strategica" nell'area balcanica, soprattutto per la congiunturale difficoltà di sfruttare come un tempo la Spagna - ove il contrasto è certo più pressante - ha fatto sì che l'Albania divenisse l'alternativa alla soluzione iberica e quindi il nuovo perno su cui sviluppare la triangolazione del traffico dal Sud-America all'Europa.
La coltivazione "idropinica" di canapa ha consentito inoltre di migliorare la qualità e la quantità di principio attivo, così da aumentare la competitività in tale settore (28) .
Infine anche nel campo delle droghe sintetiche il Paese delle Aquile è diventato centro di stoccaggio e di grande traffico (terminale per l'Europa) dei flussi provenienti dalla Polonia e soprattutto dalla Bulgaria.

Traffico degli esseri umani

I gruppi hanno inizialmente gestito i macro-flussi di clandestini dall'area di origine, investendo massicciamente le coste italiane attraverso un sistematico e capillare network di raccolta, trasporto ed approdo (una vera e propria flotta di pescherecci, gommoni e motoscafi hanno conquistato il mar Adriatico sino a quando non sono state "militarizzate" sia le coste montenegrine ed albanesi sia i tratti marittimi prospicenti).
La gestione tanto efficace della tratta presuppone un elevato controllo territoriale per la collazione della domanda e per l'esercizio intimidatorio relativo al riscatto del viaggio (sia diretto agli immigrati sia ai loro parenti rimasti in Patria) ed il contestuale ricorso a necessarie inferenze delittuose quali: falsificazione documentale, sequestro di persona, corruzione, sfruttamento della prostituzione e della manodopera in nero.


Infatti, i gruppi albanesi:
- nonostante l'attuale flessione migratoria di connazionali e delle rotte marittime adriatiche, tuttavia conservano un ruolo decisivo nel traffico di migranti, soprattutto provenienti dall'Est europeo e dall'Asia. Essi, infatti, cedono expertices ed assicurano il supporto territoriale ai clan stranieri (bengalesi, afghani, cinesi, pakistani), all'occorrenza prestando l'opera di passatori o marittimi presenti nelle diverse aree balcaniche;
- possono convertire e manovrare le energie criminali dal narcotraffico al contrabbando ed alla tratta, sfruttando know how relazionali, rotte collaudate e controllo criminale di intere aree;
- hanno basi in Montenegro, in Croazia, in Slovenia, in Serbia e soprattutto in Kosovo, epicentro delle reti criminali transnazionali e rifugio sicuro dei leader indagati o ricercati;
- curano attraverso una filiera di agenzie l'organizzazione delle richieste, del viaggio, dei documenti falsificati necessari all'ingresso nell'area Shengen, spesso in stretto collegamento con analoghi sodalizi nelle zone di transito e di arrivo che all'occorrenza gestiscono i clandestini ed il loro impiego nella prostituzione e nella manodopera illegale;
- trattano anche i flussi di minori che sono costretti poi a mendicare sotto il controllo di gruppi specializzati in tale attività e che possono essere appetiti anche in più inquietanti ambienti criminali (pedofilia e traffico di organi).
Sono tuttora attivi i flussi migratori illegali terrestri che prevedono le seguenti rotte:
- Albania - Kosovo - Serbia - Croazia Slovenia - Austria o Italia;
- Albania- Kosovo -Montenegro - Bosnia Erzegovina - Croazia -Italia;
- Albania- Kosovo -Serbia - Bosnia- Croazia-Slovenia-Austria o Italia.
Le organizzazioni si avvalgono di "coperture" commerciali, imprenditoriali turistiche negli snodi della tratta:
- Prizen e Pristina (Kosovo);
- Bar, Niksic ed Herceg Novi (Montenegro);
- Belgrado, Novi Sad, Nis e Cacak (Serbia);
- Sarajevo, Mostar, Stolac, Siroki Brijeg, Bihac e Velika Kladusa (Bosnia Erzegovina);
- Zagabria, Slavonski Brod e Karlovac (Croazia);
- Ljubljana e Maribor (Slovenia).

Traffico di armi

I gruppi albanesi hanno un'ampia disponibilità di armi che trafficano verso l'Europa occidentale ed anche in Italia.
Ciò deriva dal prelievo di materiale bellico dai depositi militari effettuato negli anni '90, dal collegamento con analoghe strutture balcaniche e dalla vulnerabilità degli attuali sistemi di controllo albanesi.
Tale situazione, peraltro, al di là della palese pericolosità della disponibilità nel mercato mafioso internazionale, incide pure sui caratteri dell'esercizio criminale albanese, aumentandone la già "fisiologica" ipertrofia.
Talchè anche le bande di minore livello possono esprimere una straordinaria potenzialità di fuoco.

Traffico di autovetture
di grossa cilindrata


Il fenomeno ha una dimensione preoccupante per il volume dell'affare e per la capillare rete della ricettazione soprattutto delle autovetture di marca e di cilindrata elitarie.
Tali automezzi sono stati utilizzati anche da funzionari statali e, attraverso circuiti di falsificazione documentale ed alterazione dei codici identificativi, continuano ad alimentare ampie aree balcaniche.
Il traffico, che peraltro è stato percepito a livello europeo in modo particolarmente grave tanto da costituire obiettivo anticrimine di Europol, in effetti costituisce un indice criminogenetico "sensibile" per la sistematicità e l'aggressività dei gruppi di ricettatori albanesi.

Reati predatori

Al di là dei singoli reati perpetrati da cittadini albanesi, per lo più clandestini, rilevano trame sistematiche di bande albanesi che si dedicano con elevata professionalità, con incisiva mobilità e con inusitata violenza a furti e rapine.
Proprio l'aggressività di tali strutture, eccessiva rispetto all'utile da conseguire, eleva il livello della minaccia ed esaspera il conseguente allarme sociale.


LA CRIMINALITA' ALBANESE IN ITALIA

La vicinanza geografica, la possibilità - attraverso l'Italia - di accedere nell'U.E. ed i rapporti con la criminalità calabrese e pugliese (in entrambe le aree nazionali) hanno favorito un qualificato inserimento della matrice albanese nello scenario nazionale.
Ulteriori fattori congiunturali hanno reso i gruppi albanesi ancor più competitivi. Infatti alcune organizzazioni giunte dall'Albania nei primi anni '90 si sono inserite nella rete del narcotraffico lombardo gestito dalla 'ndrangheta (29) .
La decapitazione di alcune importanti cosche milanesi ha determinato la crescita dei dipendenti gruppi albanesi che hanno “capitalizzato” le esperienze calabresi ed hanno acquisito autonomi profili di affidabilità e di competenza.
Ciò è avvenuto proprio quando in Europa e nei Paesi della rotta balcanica alle organizzazioni albanesi erano unanimamente affidate le fasi di stoccaggio e di trasporto, sino alla gestione completa dei rapporti con i "gruppi" turchi.
Oggi sembra che i gruppi apicali abbiano raggiunto un tale profilo transnazionale ed un generale radicamento nell'Occidente da ridurre la concentrazione e la visibilità nel nostro Paese che avevano reso l'Italia epicentro della fase espansionistica albanese.
Alcuni leaders ed i gruppi più strutturati hanno raggiunto stabili accordi con le organizzazioni criminali italiane, anche mafiose, così da legittimarsi in molti circuiti illegali, diversificando le competenze ed evitando motivi di scontri con analoghe strutture ospiti. Così sono emersi narcotrafficanti albanesi oltre che in Puglia anche in Sicilia, Calabria, Campania.
Le acquisizioni informative e le evidenze investigative hanno posto in luce come la criminalità albanese operante sul territorio nazionale, anche grazie ad una spiccata propensione al ricorso alla violenza, abbia raggiunto posizioni di assoluto rilievo in alcuni settori, talvolta subentrando ai locali sodalizi criminali.
Le principali attività delittuose gestite dalla criminalità albanese riguardano, oltre ai settori sopra delineati, anche:
- immigrazione clandestina e tratta di essere umani, che per quanto riguarda il territorio nazionale, costituiscono un fenomeno tuttora rilevante, sebbene negli ultimi anni abbia fatto registrare una drastica diminuzione, anche grazie ad accordi bilaterali tra i due Paesi, che prevedono programmi di assistenza tecnica e di formazione del personale, nonché dispositivi congiunti di vigilanza in mare, con l'impiego di unità navali italiane anche nelle acque territoriali albanesi. Le Autorità albanesi, in virtù di detti accordi di collaborazione, riammettono in patria propri connazionali anche se sprovvisti di documenti;
- traffico d'armi, trafugate perlopiù dai depositi militari, che alimentano gruppi criminali del nord Italia ed alcune cosche calabresi e campane;
- traffico di autovetture di grossa cilindrata, rubate in Italia e trasportate in Albania (30) .
In merito al riciclaggio da parte delle organizzazioni criminali albanesi degli enormi profitti derivanti principalmente dal traffico di droga, dallo sfruttamento della prostituzione e dalla tratta di esseri umani, secondo convergenti acquisizioni informative risulta riguardare sempre più speculazioni edilizie e turistico-alberghiere in Albania.

Dislocazione geografica

In un primo momento l'area maggiormente permeata dalla presenza della delinquenza albanese, per evidenti ragioni geografiche, è risultata la Puglia e, in particolare, il Salento, dove negli ultimi anni, a seguito dell'instaurarsi di nuovi mercati criminali, primo tra tutti quello legato al traffico di esseri umani, si sono registrati profondi mutamenti nell'ambito della stessa criminalità locale, che non poteva rimanere estranea alle enormi opportunità di guadagno connesse alla nuova realtà. In particolare, da un lato si sono realizzati proficui rapporti di collaborazione tra le
organizzazioni delinquenziali pugliesi e la criminalità d'oltre Adriatico (31) , dall'altro si è verificata l'occupazione di spazi del territorio salentino da parte di gruppi di etnia albanese, con conseguente radicamento nella zona.
Successivamente, i gruppi albanesi si sono saldamente insediati anche nel resto della riviera adriatica, nonché in tutta l'Italia centro-settentrionale, in particolare in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna, oltre che in Campania e Calabria, grazie ad accordi intervenuti con le organizzazioni autoctone come la Camorra e la 'Ndrangheta e, in misura minore (ma è già ciò una novità), Cosa nostra.
Nello specifico:
- in Liguria e Piemonte la criminalità albanese ha conseguito una posizione di rilievo, grazie anche alla capacità di raccordarsi con le organizzazioni italiane e straniere, in particolare nord africane, (non sempre pacificamente) operanti nell'area e dedite, prevalentemente, allo sfruttamento della prostituzione ed al traffico di stupefacenti, soprattutto cocaina, hashish e marijuana. In prospettiva, attesa l'abilità dimostrata nell'inserirsi nel contesto criminale locale, la malavita albanese potrebbe acquisire una posizione egemonica nella gestione di tali commerci;
- in Lombardia le organizzazioni criminali albanesi detengono il controllo del mercato dell'eroina proveniente dalla Turchia e dall'est asiatico, in stretto collegamento con la criminalità turca, che provvede alla produzione ed esportazione della sostanza stupefacente. Oggi competono anche per il traffico di cocaina, grazie all'appoggio dei clan calabresi che hanno nel settore ristabilito l'antico primato;
- nel Triveneto i gruppi malavitosi albanesi, come del resto in tutte le regioni che registrano la loro presenza, sono dediti, prevalentemente, allo sfruttamento della prostituzione ed al traffico di droga, in special modo di quelle c.d. leggere, settore in cui occupano posizioni di assoluto rilievo anche rispetto a consorterie criminali locali. Inoltre, data la vicinanza con il confine di Stato, la criminalità albanese risulta fortemente coinvolta nella gestione dei flussi migratori illegali, che si concretizzano nell'introduzione costante, tramite i "passeurs", di piccoli gruppi;
- in Emilia i sodalizi delinquenziali albanesi sono entrati in collegamento, soprattutto nella zona della riviera, con elementi di origine siciliana e calabrese costituendo joint-ventures dedite al traffico di stupefacenti. Bande di slavo-albanesi, inoltre, si occupano dello sfruttamento della prostituzione e della perpetrazione sistematica di reati di tipo predatorio;
- in Campania la camorra, che in un primo momento aveva contrastato la presenza della malavita albanese, è successivamente pervenuta ad un accordo, delegandole le attività criminali di minor profilo, quali lo spaccio di stupefacenti e lo sfruttamento della prostituzione;
- in Sicilia emergono sempre più gruppi albanesi disponibili ad alimentare i mercati illegali locali, non solo quelli ragusani e catanesi ma anche quelli palermitani, in stretto collegamento con le famiglie dominanti sul territorio.
In conclusione, le dinamiche criminali albanesi sono emerse epidemicamente in tutte le regioni italiane.


PROFILI PROSPETTICI DELLA MINACCIA

La criminalità albanese costituisce una minaccia prioritaria per l'Italia, nonostante tale asserto meriti una valutazione approfondita.
Molti osservatori sul campo rilevano una presenza meno strategica e più pervasivamente "tattica" degli attori albanesi in Italia, talchè si assiste da una parte ad una più subdola espressione della mafia albanese - spesso eccentrica rispetto all'Italia ma di elevato livello transnazionale e dall'altra ad una assuefazione della collettività alla frequenza di dinamiche criminali di spaccio e predatorie, sempre più integrate con elementi italiani (32) .
La complessità della matrice albanese ha imposto ed impone in fase di ricerca informativa di individuare i differenti piani criminali albanesi, disaggregare le diverse componenti del fenomeno e tracciare autonomi quadri previsionali di rischi, focalizzando i punti di contatto interni ed esogeni così evitando dannose generalizzazioni.
In tal modo possono essere analiticamente circoscritte:
- le famiglie mafiose, che hanno la ricchezza necessaria ed il sostegno politico-economico nell'area di origine per qualificarsi nello scacchiere internazionale criminale sotto l'aspetto sia operativo (flessibilità dei servizi illegali, legittimità nelle partnership transnazionali) sia finanziario (riciclaggio anche nell'aerea di origine). Esse, infatti, pur nel latente ma comunque logorante conflitto competitivo interno, hanno una apprezzabile "vitalità" così da proiettare nel tempo il loro "peso strategico" ed aumentare esponenzialmente ed in forma integrata le loro potenzialità transnazionali. Inoltre proprio i gruppi mafiosi e le alchimie "differenziate" del contesto albanese inducono a rendere sensibile quell'area quale snodo di polimorfiche vettorialità criminogene. Un modello così costituito (circolare, multidimensionale e pervasivo) corrisponde in modo competitivo alle esigenze del metodo criminale globalizzato perché si fonda su un sistema reticolare, su logiche "aperte" di servizio e su selettive forme di controllo "funzionale" del territorio (snodi criminogeni), avviandosi a "ripercorrere" nello scenario criminale le esperienze delle mafie italiane, soprattutto la 'ndrangheta, con cui peraltro ha rapporti privilegiati;
- le bande albanesi, che sono competitive più per la diffusività e per l'ipertrofia organizzativa ed operativa che per livello qualitativo del rischio. Tuttavia, ad esse è ricollegabile la "percezione della minaccia" ed il conseguente "allarme sociale" (33) , perché tale rete criminale sembra aver raggiunto l'estensione totale nazionale ed accordi qualificati con il crimine autoctono. Si ritiene che in questa dimensione, intrinsecamente aggressiva ed eccessivamente "aperta" (risponde alle più diverse "appetibilità" del mercato, concentrando spesso interessi diffusi e vari) si possano "contestualizzare" le diverse matrici tematiche della minaccia. Quali il supporto ad istanze integraliste (34) , la tratta di clandestini, la prostituzione, il narcotraffico, i reati predatori, il traffico d'armi. La loro natura "puntiforme" e "mutualistica" estende la trama della loro operatività e la rende "tattica" e facilmente "strumentalizzabile" (utile alle finalità di attori più strategici). Un tracciamento dei loro interessi e dei loro flussi può avere l'ultroneo merito di "prevedere" disegni non originali e quindi attinenti ad un livello superiore;
- la criminalità diffusa, che pervade ampie sacche criminogene per difetto di integrazione e per emarginazione. Concepito scolasticamente quale fenomeno unitario, in concreto rappresenta un effetto polverizzato di fattori criminogeni che tuttavia può fortemente debilitare un contesto sociale e renderlo permeabile a ulteriori variabili illecite.
Il collegamento tra i suddetti diversi piani criminali veicola esperienze e relazioni che aumentano le possibilità evolutive dei gruppi e la pericolosità dell'intero sistema deviante albanese. Peraltro, l'evoluzione del crimine albanese potrà influenzare i futuri possibili assetti dei Balcani, da cui a sua volta è influenzato per le conseguenti opportunità criminogene offerte da quell'intero mercato transnazionale.
Ciò è acuito dalla "vitalità" criminale albanese, che ha un peso socio-economico rilevante ed è attualmente in condizione di gestire flussi criminali (dalla tratta al riciclaggio) "importanti", tanto da sollecitare, sostenere o sfruttare sensibili situazioni anomiche.
L'assetto albanese, quindi, rappresenta un obiettivo informativo primario quale "frontiera avanzata" e limen osmotico di qualificati traffici internazionali. Inoltre, l'allargamento dell'Unione aggrega nuove risorse territoriali - di cui alcune balcaniche - ed offre ulteriori opzioni al crimine di penetrare i confini europei.
L'Albania ed il Kosovo assumono quindi uno stigma di enclave "criminogeno" extracomunitario che potrebbe concentrare sempre più i vettori illeciti diretti differentemente sui confini nazionali europei.
Ciò comporterebbe l'elevazione del livello macro-criminale albanese attraverso qualificate saldature con le lobbies mafiose internazionali, tra cui quelle italiane.
Tale situazione:
- gioverà anche alle bande di medio livello, che saranno alimentate correntemente ed avranno appoggi sul territorio;
- potrebbe essere tollerata o sollecitata dalla criminalità italiana, che potrebbe trarne beneficio;
- aumenterà le "criticità" rispetto alle altre matrici etniche con cui è in competizione (35) .
La microcriminalità sarà sempre meno autoreferenziata e costituirà la premessa di una integrazione criminale diffusa (il carcerario, peraltro, potrà fungere da area di scambio e relazione reciproca).


PROFILI PROSPETTICI DEL RISCHIO

La definizione del "contesto" e delle dinamiche operative consente di focalizzare i due principali fattori di rischio:
- il network albanese può supplire a momentanee defaillances delle mafie nazionali, assicurando la continuità transnazionale degli affari illeciti (di cui l'Italia non è più epicentro, sebbene costituisca una parte rilevante);
- l'islamizzazione "indotta" in Albania, che si attesta sui profili più aggressivi ed integralisti (finanziamento delle ONG saudite, schiacciante competitività sulle altre religioni nei settori dell'istruzione e dell'economia, leadership dei salafiti ai danni dei sufi), potrebbe trasferire nel prossimo futuro in Italia interessi più marcatamente "fondamentalisti" (36) .
In sintesi ad una minaccia nota ma fluida, come è quella albanese, corrisponde un rischio variabile a seconda delle condizioni di "contesto" che possono veicolare istanze differenziate ed insidiose, a maggior ragione se integrate.


(1) Da una attenta analisi comparata si rilevano caratteri simili alla 'ndrangheta, sotto il profilo strutturale, ed alla criminalità pugliese, sotto quello funzionale.
(2) L'Italia, infatti, sia direttamente sia nell'ambito di piani U.E. ed O.N.U., ha destinato ingenti risorse nel territorio albanese al duplice scopo di ridurre il fenomeno migratorio clandestino verso le nostre coste attraverso la rimozione delle causali economiche e di "avanzare" la protezione e la sicurezza nazionale rispetto alle crescenti minacce balcaniche. I protocolli stabiliti con l'Albania hanno anche un valore ultroneo di "presenza e difesa reattiva" rispetto alle istanze criminogene dell'intero scacchiere sud balcanico.
(3) Sebbene l'Albania cerchi di accreditare una maturazione statuale moderna, tuttavia è ancora attraversata dalla tipica "inquietudine balcanica" che ne limita l'affidabilità internazionale.
(4) Nord epiroti.
(5) Le diversificate rotte commerciali e criminali che intersecano l'Albania veicolano servizi e interessi che consentono una evoluzione generalizzata dei locali tessuti economici legali ed illeciti.
(6) Emerge nettamente nella reificazione dei beni indisponibili (commercializzazione di mogli e figli, logiche risarcitorie differenziate, concetti di vendetta espressi in modo violento, privilegi infraclanici).
(7) Dimessosi dagli incarichi istituzionali il 18 luglio 2003, a seguito di critiche alla sua azione di governo espresse dal Premier Nano, nel settembre 2004, Meta ha formato con altri parlamentari fuoriusciti dal PSSH un nuovo partito, il "Movimento socialista per l'integrazione", quale alternativa riformista alla formazione madre, facendo perdere in tal modo al Governo la maggioranza parlamentare.
(8) Secondo quanto dichiarato pubblicamente dal Berisha il Partito Democratico era risultato il primo partito in Albania nelle regionali del 2003. Per tale motivo aveva sollecitato un’ampia manifestazione di massa (NANO IK), poi fallita, per provocare le dimissioni del premier Nano. Successivamente Berisha si è concentrato sul rinnovo del partito e sulle richieste di revisione della legge elettorale.
(9) Prevede un graduale adeguamento alla legislazione europea, individuando, in particolare, quattro requisiti prioritari: consolidamento della democrazia (con speciale riferimento ad un corretto svolgimento delle elezioni, in linea con gli standard internazionali), recupero della legalità, lotta alla frode, alla corruzione e al crimine organizzato, tutela della stabilità economica e del progresso sociale. L'Unione Europea provvede a sostenere il Paese durante il processo di adeguamento all'Accordo con un programma di aiuti (c.d. Cards), organizzato dall'Albania Reconstruction Equity Found (AREF), che dispone di un fondo di dotazione di 14 milioni di USD da utilizzare in 10 anni a partire dal '98.
(10) L'Albania si è dotata nel 1994 di un codice civile sul modello italiano; nel 1995 di un codice penale più sensibile alle garanzie personali quali la libertà di espressione ed il diritto alla difesa, scegliendo peraltro un sistema di civil law; nel 1998, a seguito di referendum popolare, di un profilo costituzionale più moderno, efficace e "laico".
(11) Sin dai tempi di Hoxha le attività legate al contrabbando hanno costituito una entrata apprezzabile.
(12) Il fenomeno riguarda soprattutto i dirigenti dei presidi doganali, portuali e di polizia avvicendati spesso a seguito di "scandali" o di "indagini condotte anche da magistrature estere".
(13) A maggio è iniziata la costruzione della nuova strada che unirà la capitale montenegrina Podgorica a quella albanese, a sua volta di recente collegata a Scutari con una superstrada.
(14) Benché sussista uno schieramento "scettico" che vorrebbe rivitalizzare la rete della c.d. via Egnatia.
(15) In quest'ambito di recente si è discussa la interconnessione fra Bulgaria, Macedonia, Albania e Puglia.
(16) Macedonia, Kosovo, Bosnia, Montenegro e Grecia. In quest'ultimo caso è emersa una annosa questione sul nord Epiro che ha costituito una delle priorità dell'intelligence albanese negli ultimi anni ed ha reso più difficili i rapporti con la Grecia. Tale situazione, per certi versi, riproduce la criticità del "Sangiaccato".
(17) La cui responsabilità, secondo Fatos Nano, è da ascrivere a "strutture parallele amministrative e paramilitari che alimentano l'isolamento etnico e /o sollecitano la divisione del Kosovo".
(18) Non a caso qualche leader di gruppi di trafficanti di migranti, risultati variamente collegati ad ambienti islamici, tenta di sfuggire all'azione di contrasto riparando in Kosovo.
(19) Maggiormente diffusi nel sud del Paese tra Valona, Permet, Erseke e Leskovik.
(20) Halvetiyya, Kadiriyya, Rifaìiyya, Saìdyya, Tijaniyya
(21) Sino al 1967 l'Albania ha stretto relazioni privilegiate con la Cina, assorbendo modelli rivoluzionari maoisti, pur successivamente abbandonati.
(22) Gli artt. 37 e 55 del C.P. albanese sanzionavano duramente, sino alla pena capitale, la promozione religiosa.
(23) I gruppi bektashi avevano solide ramificazioni in Grecia ed in Turchia.
(24) "Le Organizzazioni Non Governative" costituiscono il perno di manovra socio-politica ed economica attraverso cui molti Stati, lobby internazionali e strutture religiose cercano di "occupare" il territorio ospite. Attualmente, la maggioranza di queste ONG si è trasferita in Kosovo delegando, però, la gestione delle loro attività a cittadini albanesi che hanno compiuto i loro studi nei paesi arabi.
(25) Tale situazione aumenta sensibilmente il rischio sia di radicamento di strutture logistiche terroristiche sia di possibili atti dimostrativi in loco contro interessi occidentali.
(26) Da 127 nel 1996 a 563 nel 2004.
(27) La figura del "passeur" ha recuperato la sua centralità anche in considerazione delle rotte terrestri che presuppongono l'impiego di soggetti esperti in traffici transfrontalieri.
(28) La centralità assunta dall'Albania per tutti i tipi di droga ha consentito anche forme di baratto e di compensazione attraverso cui i gruppi schipetari possono variamente e "strategicamente" porsi sui mercati internazionali, espandendosi secondo direttrici di volta in volta più remunerative.
(29) La Lombardia costituisce lo snodo internazionale ed il volano nazionale del traffico di cocaina dal sud America e di eroina dalla Turchia.
(30) Prevalentemente in Lombardia, Liguria, Toscana e Lazio.
(31) Molti latitanti campani e pugliesi hanno eletto il loro domicilio criminale prima in Albania, poi in Montenegro e successivamente in Grecia, da dove provvedevano alla gestione "sul campo" sia del contrabbando che di altri servizi illegali.
(32) Rispetto agli anni novanta si avverte una minore percezione dell'allarme sociale provocato dal carattere criminogeno albanese.
(33) Che rimane comunque un problema di polizia che potrebbe essere risolto con un aumento qualitativo del controllo del territorio e della percezione di sicurezza.
(34) Soprattutto nel sostegno logistico georeferenziato e criminale, in quest'ultimo caso soprattutto in merito al falso documentale.
(35) Lo spazio residuale del mercato italiano, appannaggio della criminalità mafiosa, esaspererà il confronto con le matrici etniche più chiuse ed autoreferenziate.
(36) L'Occidente (e l'Italia) ha sempre stigmatizzato il carattere delinquenziale albanese senza però focalizzare - come per altre matrici magrebine - il rischio terroristico.

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