recensioni e segnalazioni 4/2015
Michaela Sapio
Spie in guerra.
L’intelligence americana dalla caduta di Mussolini alla Liberazione. 1943-1945 Mursia, 2015 pp. 369 - euro 17,00
di Daimyo
L’intelligence americana dalla caduta di Mussolini alla Liberazione. 1943-1945 Mursia, 2015 pp. 369 - euro 17,00
di Daimyo
Michaela Sapio affronta il tema dello spionaggio militare negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale con la precisione della giurista e la passione della storica. Il lavoro è il frutto di una ricerca documentale attenta e ponderosa, svolta presso la National Archives and Records Administration di Washington. L’autrice compie un minuzioso excursus delle azioni condotte dall’Office of Strategic Services (Oss) in direzione dell’Italia e all’interno del nostro territorio, dallo sbarco degli alleati in Sicilia sino alla liberazione. Gli anni in cui il nostro Paese fu lacerato dalla guerra civile e in cui fu combattuta la guerra sommersa e asimmetrica dello spionaggio alleato, messo in campo per spianare la strada alle truppe combattenti che risalivano la penisola e porre le basi per la ricostruzione politico-amministrativa delle zone sottratte al nazifascismo.
La storia durissima di quegli anni drammatici è letta attraverso l’ottica operativa delle varie articolazioni dell’Oss, impegnate clandestinamente sulla penisola in operazioni di infiltrazione, propaganda, sabotaggio e sostegno progressivo alla resistenza. Un’attività complessa e febbrile che avrebbe potuto trovare la fine ben prima del 1945 se i comandi tedeschi non fossero riusciti ad affermarsi saldamente sulla ‘linea gotica’ e se la pur traballante Repubblica Sociale non avesse, a sua volta, dispiegato un’efficiente rete di controspionaggio e di guerra non convenzionale.
Attraverso l’operato del Servizio americano − delle sue pianificazioni operative e delle direttrici d’intervento − il lettore è introdotto nella dimensione ‘coperta’ del conflitto, in cui le logiche dello scontro appaiono in tutta la loro complessità e sofisticatezza. L’esposizione evidenzia, in particolare, i binari seguiti dall’intelligence americana per collaborare con gli agguerriti colleghi inglesi dello Special Operations Executive (Soe), le diverse posizioni circa i rapporti con le formazioni partigiane sia di fede comunista che cattolica, i necessari quanto difficili raccordi con i Servizi italiani, rimasti fedeli alla monarchia dopo l’8 settembre, spesso infiltrati da spie repubblichine. Uno scenario insidioso e frastagliato nel quale, mentre la ‘campagna d’Italia’ proseguiva a stento, ponendo l’accento sulla necessità di risolvere principalmente i problemi tecnico-militari, la Sezione italiana dell’Oss tesseva le fila delle sue operazioni in prospettiva più lunga. La visione strategica statunitense teneva conto di tutte le informazioni e valutazioni in grado di configurare e influenzare il futuro assetto socio-politico del nostro Paese. I dati raccolti e analizzati dall’autrice, infatti, pongono la questione in un’ottica originale, poiché consentono di apprezzare la significativa divergenza d’approccio degli anglo-americani. I primi, sostenitori della linea dura, finalizzata a punire gli ondivaghi e inaffidabili italiani, i secondi, forse più lungimiranti e attenti alla centralità dell’Italia nello scacchiere mediterraneo, raffinati tessitori di maggiori opzioni collaborative con le numerose forze in campo che, di lì a poco, avrebbero originato un nuovo Stato. I capitoli del libro corrono su questo filo recuperando, da atti desecretati solo da pochi anni, i particolari di operazioni speciali svolte durante tutto il periodo della guerra, le ragioni di scelte tattiche e strategiche che avevano dato vita a missioni occulte dietro le linee nemiche, il profilo di numerosi agenti che operarono nell’ombra, i dettagli delle sapienti campagne di disinformazione, le manovre d’indirizzo o smobilitazione delle bande partigiane nei territori liberati, i rapporti riservati sugli attriti tra Churchill e Roosevelt circa il tipo di governo da propiziare per l’Italia del dopoguerra. Tutto questo ribolliva nel mondo nascosto degli apparati d’intelligence, mentre la guerra sul campo faceva il suo corso. Il tracciato tocca, infine, il contenuto di alcuni documenti inediti che consentono di ricostruire gli ultimi giorni di Mussolini e Claretta Petacci, spesso travisati o distorti da una cronaca incompleta quanto inclemente. L’attività e la cura della documentazione proposta sul punto aiutano il giudizio della storia, lontano dalle enfasi e dalle strumentalizzazioni della prima ora. Spie in guerra è un’opera di pregio, utile e dallo stile raffinato. Un esempio di storiografia, completa e onesta, che tiene il lettore attaccato alle pagine senza affaticarlo con riflessioni di maniera o banali dietrologie. Il racconto non chiosa su vincitori e vinti ma si limita a raccontare il lavoro posto in atto da professionisti militari dello spionaggio. Alcuni di essi, anni dopo, avrebbero fondato l’organo d’intelligence per eccellenza, orientato su obiettivi planetari e parametri d’impiego mutevoli: la Cia. Il libro arricchisce gli appassionati di storia e alimenta le conoscenze dei cultori d’intelligence e, come tale, costituisce punto d’eccellenza nella vasta letteratura di settore.
I Colori dell’intelligence
Nuova Argos, 2015
pp. 300 - euro 19,00
Trattare il tema dell’intelligence nella sua interezza è un cimento arduo, se non impossibile. Storia, letteratura, sociologia e altri campi del pensiero l’hanno posta al centro delle loro attenzioni per la principale ragione che i suoi scopi e le sue innumerevoli declinazioni convergono inevitabilmente su contingenze umane; sui vizi e sulle virtù delle comunità, sulle contrapposizioni degl’interessi statali, sulle piccole e grandi tragedie della convivenza. Un mondo, quello dell’intelligence, gravato da una seriosità imposta dall’esigenza dominante dell’epoca in cui viviamo: la ricerca di una sicurezza stabile e sostenibile. Su uno scenario del genere pare impossibile rinvenire spazi e criteri d’osservazione e di riflessione che ne preservino l’importanza senza cadere nel banale o nel superfluo.
I Colori dell’intelligence, con selezionati e coraggiosi focus, affronta comunque la sfida, con l’aiuto di alcune firme di prestigio a cui è stato assegnato il compito di esplorare il mondo dello spionaggio con leggerezza, arguzia e, perfino, irriverente ironia. È una dimensione originale, affrontata con competenza e stile, fluidificata dall’accattivante alternanza di testi e immagini, nel coerente impegno di offrire al lettore − anche esperto e occhiuto − un prodotto di nicchia, sincretico e disincantato, capace di esaltare la robustezza del tema di fondo attraverso le ottiche della storia, delle arti descrittive e della cultura a tutto tondo. Le realtà impervie dell’intelligence sfumano, senza mai scomparire, dietro l’eleganza con cui gli argomenti vengono proposti; frutto di creatività, fantasia e rigore. Il risultato è un policromatico acquarello dai toni tenui, appetibili, rilassanti. Una miscellanea intelligente di sfumature ben articolate che danno merito all’impegno degli autori e alle loro diverse sensibilità artistiche. Seppure diviso in capitoli ben definiti, la struttura del volume mantiene l’armonica unitarietà del ‘testo importante’, in cui le diverse focali si sono armonizzate, senza mai derivare in fughe solitarie e autoreferenziali. Le arti visive, la fumettistica, il cinema, la sintesi storiografica e la grande letteratura ci accompagnano in un intrigante excursus, senza ostacolarsi o prevalere, perfettamente conducenti e piacevolmente complementari.
È un esercizio congiunto e apprezzabile di attenzioni per un mestiere vecchio come il mondo, che meritava di essere praticato proprio con le categorie espressive prescelte. Un volume che si legge e si guarda con gioia e stupore, perché accende le curiosità e gli interessi più variegati, stimola considerazioni etiche e artistiche, fa sorridere e riflettere, avvicina a una disciplina troppo spesso avvolta solo da misteri.
Umberto Broccoli
Spiedi. Cibo e servizi segreti
collana «Segreti» 1, Nuova Argos, 2015
pp. 180 - euro 10,00
di Minoru
di Minoru
L’assenza e l’approvvigionamento del cibo hanno determinato le dinamiche e i conflitti tra le comunità sociali di ogni epoca e, a tutt’oggi, i flussi migratori più consistenti sono causati dalla povertà, che accende scompensi geopolitici a discapito della sicurezza globale. L’intelligence assume questo problema come fattore primario di instabilità da analizzare, per suggerire alle autorità statali e soprannazionali corrette politiche d’intervento e soluzioni di lungo periodo. Broccoli s’inserisce in questo tema serio e annoso affrontando l’argomento del cibo nell’intelligence da un’angolazione agiografica, allegorica e originale al tempo stesso, operando un’accurata ricerca letteraria tra gli innumerevoli testi di spy stories, dove immaginari agenti e spie si cimentano con le passioni e i vizi della tavola. Da buon archeologo sa individuare e cogliere i migliori frammenti letterari che trattano il tema, per ricomporne un mosaico armonico e accattivante, dove profumi e sapori si condensano riga dopo riga. Il lavoro è minuzioso, cammina sullo sfondo della storia traendo dalle pagine dei più riusciti romanzi di spionaggio succose descrizioni dei personaggi che hanno fatto grande e appassionante la letteratura di settore. Ognuno di questi personaggi, nel labirinto tortuoso delle proprie imprese, incontra il cibo, che diventa cifra caratteriale o biglietto da visita, traccia o spunto d’azione, cimento voluttuoso o irrinunciabile appagamento al termine di frenetiche peripezie. Gli autori che Broccoli seleziona, pur inconsapevoli della garbata ‘predazione’ subita, gli devono sicuramente gratitudine per aver saputo esaltare gli aspetti più intimi che legano i loro beniamini ai piaceri della gastronomia; una scienza o un’arte che diviene, in letteratura, il respiro valoriale e umano di tanti eroi dello spionaggio. La carrellata offerta ha lo stile del romanzo e questo consente libere incursioni nelle spirali del possibile e del probabile, terreno assolutamente dominato dall’intelligence, dove anche le passioni degli uomini, frugali o voraci che siano, fanno la differenza. Il volume ha il merito di superare la cornice storico-gastronomica, trasportandoci in una dimensione che Feuerbach potrebbe certamente apprezzare: quella in cui «l’uomo è ciò che mangia», affrontando una quotidianità che affligge o esalta. Questo scarno realismo s’attaglia anche agli agenti segreti della fantasia, abituati al caviale piuttosto che alla mortadella, in un turbinio di emozioni vissute a tavoli suntuosi o nel buio di vicoli suburbani. Realismo da intelligence!... realismo appetibile. Se, nella realtà, l’intelligence si occupa di alimentazione, le fantasie della letteratura, brillantemente inanellate da Broccoli, ne colgono gli aspetti ludici, meritevoli di attenzioni a corollario di quelli istituzionali.
Paolo Sellari
Geopolitica, intelligence, alimentazione
collana «Segreti» 2, Nuova Argos, 2015
pp. 124 - euro 9,90
di Daimyo
pp. 124 - euro 9,90
di Daimyo
Il saggio affronta un tema di strettissima attualità e cogenza storica che, ponendosi alla base del soddisfacimento primario delle esigenze delle comunità, costituisce fattore fondante di ogni agire del potere politico: l’alimentazione. In ogni epoca della storia la disponibilità di beni primari quali il cibo garantisce benessere, stabilità e progresso. I detentori del potere, qualsiasi sia la declinazione delle forme di governo, devono confrontarsi con questo problema, per esercitare il controllo delle masse e contenere le conflittualità che derivano dall’assenza di risorse o da scompensi nei processi di produzione e approvvigionamento. Tutta la storia dell’uomo ruota attorno alle esigenze di una soddisfacente economia alimentare che, in epoca moderna ha sostenuto numerose correnti filosofiche del materialismo storico, tra cui il pensiero marxiano. La distorsione dei processi di produzione e distribuzione alimentare ha segnato le sorti dei grandi imperi e di ogni aggregazione sociale, ponendo le basi sia delle politiche espansionistiche che dei ribellismi più radicali. Con sintesi e considerazioni critiche, il tema è distribuito in quattro capitoli: l’uomo al cospetto della natura, tra religione e scienza; il piano Marshall, un ponte per l’Europa; la sicurezza alimentare tra tecnologia e finanza; la sicurezza alimentare tra tecnologia ed ecologia. L’esposizione ha il pregio della ricerca storica permeata da particolare sensibilità multidisciplinare che, valorizzata da uno stile asciutto ed essenziale, incornicia gli argomenti entro una prospettiva geopolitica. Prospettiva che passo dopo passo coniuga indissolubilmente l’alimentazione alla sicurezza globale e, conseguentemente, ai campi d’intervento dell’intelligence, chiamata non solo all’elaborazione di analisi previsionali circa l’evoluzione del problema ma a validare le scelte strutturali delle autorità mondiali. Un intelligence in grado di stimolare rinnovati modelli di governance capaci, a loro volta, di garantire direttrici geopolitiche svincolate dal dominio esclusivo del profitto, attraverso coraggiose iniziative di concertazione sopranazionale che superino gli interessi dei singoli attori di scenario. Con l’obiettività e l’ineludibilità dei dati contenuti, il volume pone il lettore dinanzia a una realtà incontestabile, che presenta i profili di una sfida assai difficile da affrontare e che affida numerose priorità all’esercizio dell’intelligence.
Domenico Vecchioni
Ana Belén Montes. La spia americana di Fidel Castro
Greco & Greco, 2014
pp. 144 - euro 12,00
di Margot
di Margot
Sono l’eccessivo entusiasmo e il morboso attivismo di Ana a insospettire un collega. Il dubbio sulla fedeltà di lei s’infittisce in occasione dell’abbattimento di due Cessna 337, appartenuti a un’organizzazione di sostegno agli esuli dell’Isola Grande, colpiti in pieno da missili aria-aria lanciati da Mig cubani, quando Ana diviene quasi aggressiva pur di acquisire informazioni riservate e sensibili. Ana Belén Montes, esperta analista della Defence Intelligence Agency (Dia) sulle questioni politico militari di Cuba, ha l’incarico di esaminare le capacità di quelle Forze armate di interferire nelle operazioni militari statunitensi in altri paesi. La Montes, invece, avrebbe svolto per circa sedici anni attività di spionaggio in favore dell’isola caraibica, fino a quando non viene scoperta e condannata nell’ottobre del 2002 a venticinque anni di carcere duro. L’arresto della donna è un fatto eclatante, non solo perché si scopre essere stata una delle spie più attive all’interno delle istituzioni americane – che l’hanno pure apprezzata e premiata – ma perché la circostanza ha dimostrato che Fidel Castro, contrariamente alla sua tesi ufficiale, era interessato alla conduzione di attività informative in territorio statunitense. La scarsità delle notizie ufficiali sull’indagine, svolta dal’Fbi, non consentono di trarre valutazioni autonome e critiche sul processo e sul suo esito, ma si compensano con il quadro disegnato dall’autore, già ambasciatore d’Italia a Cuba, profondo conoscitore delle questioni cubane e della storia mondiale dello spionaggio. Resta il fatto che Ana, figlia di un medico dell’esercito statunitense, specializzato in psichiatria e di origine portoricana, da sola è stata in grado di costituire una minaccia grave per la sicurezza statunitense e per i rapporti, già difficili, con Cuba e i Paesi amici di Cuba. Per il suo successo Ana ha pagato un prezzo altissimo: ha sacrificato tutta la sua vita, tutti i suoi affetti per partecipare come eroina silenziosa e invisibile alla causa cubana e al sogno di riscatto della cultura latino americana. Il suo sacrificio, e soprattutto il permanere del suo stato di detenzione, appaiono oggi, alla luce del riavvicinamento tra gli Usa a Cuba, un vano tributo alla storia di un secolo ormai troppo lontano.
Paolo Bertinetti
Agenti Segreti.
I maestri della spy story inglese Dell’Asino, 2015 pp. 201 - euro 12,00
di Masao
I maestri della spy story inglese Dell’Asino, 2015 pp. 201 - euro 12,00
di Masao
Il libro ci propone un piacevole viaggio nella letteratura contemporanea che affronta il tema dell’intelligence. Il lavoro, arricchito da riflessioni culturali e sociali sulla improvvida disputa tra alta e bassa letteratura – quella di consumo per intenderci! – si occupa della produzione dei più affermati autori del Novecento, cogliendo gli aspetti peculiari del loro stile e dei diversi piani narrativi adottati. Il testo, introdotto da Goffredo Fofi, svolge una raffinata selezione di brani tratti dalle opere di Greene, Fleming, Deighton, Forsyth, Follett, le Carré, confrontandone le peculiarità espositive e analizzandone l’impatto sull’evoluzione letteraria degli ultimi anni. L’antologia offerta, pur inquadrandosi nel perimetro della sempre più attenta e vasta critica di settore, raramente inciampa in valutazioni erudite o compiacenti, ponendosi su livelli di tenore più elevato, in grado di distillare i due principali fattori delle moderne spy stories: il ricorso all’esame psicologico dei protagonisti del mondo dello spionaggio e il loro inquadramento nella realtà storica considerata dai plot in cui le azioni si sviluppano. Il lavoro non rinuncia a riflettere sull’importanza del divertimento, dell’evasione e dell’evocazione che ogni opera immaginifica deve saper coltivare, anche per soddisfare le aspettative del mercato. È questa la dimensione complessiva verso cui Bertinetti s’indirizza poiché, pur accennando le principali diversità tra le penne degli scrittori prescelti, contestualizza il portato di ognuno di essi, in termini intellettuali e ideologici. Se ne trae un filo conduttore capace di profilare le caratteristiche fondamentali della letteratura di settore, al netto di enunciazioni cattedratiche ed enfatizzazioni editoriali. La buona letteratura d’intelligence, con i suoi percorsi adattivi, è capace di tradurre le parabole della storia in favole utili a percepirne i drammi e i misteri, avvicinando i lettori alle intimità nascoste di protagonisti e a vicende fantasiose quanto realistiche. La passione dell’autore accende questa consapevolezza con chiarezza, registrando come leggere i grandi romanzieri – in particolare quelli appartenenti all’imponente tradizione anglofona – significhi entrare nel vivo di una questione cruciale del nostro tempo, quella del funzionamento del potere.
James Grady
Il ritorno del Condor
Rizzoli, 2015
pp. 334 - euro 18,00
di Kasumoto
di Kasumoto
Il romanzo racconta l’ultima avventura di Malcam, un agente della Cia che negli anni 70 era stato al centro di una drammatica spy story: i colleghi d’ufficio erano stati misteriosamente uccisi e lui sospettato di essere stato il regista di quella sofisticata opera di pulizia. Condor – questo il nome in codice del protagonista – diviene così, e suo malgrado, un agente operativo che, strappato alla vocazione di tranquillo analista, si ritrova in una dimensione sconcertante e paradossale che gli cambierà la vita per sempre. È costretto a imparare il mestiere in fretta, Condor, per capire qual è il nemico e perché lo vogliono morto, in un susseguirsi affannoso di colpi di scena, in cui il doppio gioco e le verità si accavallano senza sosta. La sua intelligenza e il suo istinto faranno di lui una preda difficile e per anni riuscirà a ingannare i suoi cacciatori. Sullo sfondo rimane l’angoscia di un uomo che ha saputo combattere una battaglia sofisticata e insidiosa che lo ha sfiancato, ma non gli ha tolto lucidità e intuito, nemmeno dopo una lunga degenza in un manicomio criminale dove i suoi capi lo avevano rinchiuso, per ‘congelarlo’ ed evitare che da preda potesse trasformarsi in predatore di segreti inconfessabili. Ora è vecchio, canuto, forse demoralizzato ma sa ancora fare il proprio mestiere, imparato sul campo, per sopravvivere; è ancora valido per valutare le qualità e le capacità dei giovani agenti che la Cia recluterà. Ed è questo lavoro che i nuovi ‘papaveri’ dell’Agenzia gli avevano proposto di fare, in una sorta di riabilitazione professionale. La storia, però, si ripete e una sera trova il cadavere di un suo allievo nel salotto di casa, a Capitol Hill, dove vive in incognito. L’incubo riappare, l’adrenalina riaccende la sua capacità di fiutare il pericolo, di raccordare gli indizi, di rileggere il passato e capire che altri ancora lo vogliono eliminare. È di nuovo battaglia! Condor comincia una nuova fuga, aiutato da una giovane allieva, scaltra e coraggiosa, che si mette al suo fianco per capire cosa e chi ci sia dietro questo nuovo attacco, quali le ragioni di altri agguati, di altri nascondimenti e, soprattutto, quali siano i potenti manovratori che vorrebbero ucciderlo, come trent’anni prima. La coppia si muove come una cellula d’intelligence in gara col tempo, per costruire un mosaico di dati e fare luce su una cospirazione dai contorni inquietanti.
La dinamica del racconto è serrata, tesa, a tratti febbrile ma è lo scenario giusto per esaltare i sentimenti e i pensieri che una vecchia spia in azione deve saper gestire e programmare per uscire dal sacco e colpire di rimessa.
Nel romanzo il mondo dello spionaggio, quello vero, riconosce una sua cifra credibile e il lettore è piacevolmente trascinato in una dimensione che esiste davvero, al di là dei fatti narrati e dei misteri sottesi.