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GNOSIS 3/2005
RECENSIONI

L'OSS nella campagna d'Italia
'Operazione Sunrise'


Alain CHARBONNIER

I servizi segreti alleati e la campagna d’Italia tornano di attualità con la pubblicazione di due volumi: “Operation Sunrise” e “L’altra Resistenza”. Il primo è un aggiornamento con nuovi e importanti documenti della pubblicazione che risale al 1979 sulle trattative per la resa delle truppe tedesche in Italia. Il secondo fa parte delle memorie dell’agente dell’OSS Peter Tompkins. Nell’uno come nell’altro emergono le contraddizioni, i conflitti intestini e la spregiudicatezza dell’OSS americano come del SOE inglese, intenzionati a concludere la Campagna d’ Italia al minor prezzo possibile per poi affrontare la guerra fredda...

29 aprile 1945: a Caserta, il colonnello della Wermacht Hans Lothar von Schweinitz e il maggiore delle SS Eugen Wenner firmano la resa per conto delle armate tedesche in Italia e per conto dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana.
Si conclude così l’ “Operation Sunrise-crossword”, la lunga e segretissima trattativa condotta a partire dalle ultime settimane dell’inverno, tra l’OSS, il servizio segreto americano, diretto da Allen Dulles, e il comandante delle SS, Karl Wolff.
È la prima capitolazione di ingenti forze tedesche ed è anche la fine della guerra sul fronte italiano.
Un successo senza precedenti che fa scrivere a Churchill: “Nella storia della guerra , questa capitolazione è unica: con essa non solo si ritira dal campo di battaglia un esercito enorme ma viene anche liberato un territorio straordinariamente esteso e di estrema importanza.”
Un’operazione gestita con spregiudicatezza dal servizio segreto americano che, con pragmatismo, non esita ad assicurare l’impunità allo stesso comandante delle SS e ai suoi collaboratori, responsabili di eccidi, rappresaglie, distruzioni, pur di non impegnare le truppe alleate in una logorante battaglia, più che nella pianura padana, nelle valli delle Alpi.
Del resto la Campagna d’Italia si era rivelata per gli Alleati oltremodo dispendiosa e malamente condotta. Nel marzo del 1945 la Linea Gotica tagliava l’Italia da Pisa a Rimini e bloccava da mesi l’avanzata delle truppe angloamericane. L’esercito tedesco non era stato impegnato in battaglie di annientamento dall’invasione della Sicilia ed era riuscito a ritirarsi ordinatamente fino alla roccaforte che faceva perno sull’Appennino Tosco-emiliano.
Ed ora per gli Alleati si affacciava la prospettiva di una resistenza nella “ridotta alpina”.
Così, quando fra la fine di febbraio e i primi di marzo iniziano i cauti sondaggi di emissari tedeschi cui seguono colloqui informali, soprattutto fra esponenti delle SS e rappresentanti alleati, Allen Dulles non ha dubbi: bloccare i piani per la fortezza alpina è così importante da giustificare qualsiasi mancanza di scrupoli.
Si sviluppa allora una girandola di colloqui, contatti diffidenti e veri e propri bluff, con contorno di mosse e contromosse da parte di una costellazione di capi di stato e premier, ministri degli esteri e diplomatici, capi di stato maggiore e marescialli inglesi e tedeschi, industriali e prelati, ufficiali delle SS e agenti segreti, affaristi e delatori.
Ciascuno è impegnato a condurre in porto l’operazione - o a bloccarla - d’accordo col disegno generale che appare in superficie, o con gli interessi propri e particolari del momento e di un dopoguerra ormai imminente. I protagonisti si muovono in un intrigo di cambi continui di strategia, di mezze verità e di molte menzogne, di millanterie e di minacce che rischiano più volte di far fallire i colloqui - imbastiti in Svizzera, fra Zurigo, Berna, Lugano e Ascona - in un clima di sospetto e di sfiducia mai del tutto diradato, affievolito solo nelle ultime fasi dalla fretta di concludere.
Una storia tutta raccontata con ricchezza di particolari e documenti nelle 294 pagine di “Operation Sunrise - La resa tedesca in Italia - 2 maggio 1945”, di Elena Aga Rossi e Bradley F. Smith, Le Scie, Mondadori Editore. Pubblicato negli Stati Uniti nel 1979, tradotto in italiano nel 1980 con il titolo La resa tedesca in Italia, il libro, da tempo fuori commercio, appare ora in una nuova edizione aggiornata, con l’inserimento della documentazione archivistica dell’OSS, resa disponibile negli ultimi anni negli Stati Uniti, anche in seguito al dibattito sul trattamento dei criminali di guerra nazisti.


In contemporanea nelle librerie arriva un altro libro dedicato all’azione dell’OSS nella Campagna d’ Italia: “L’altra Resistenza” di Peter Tompkins, 432 pagine, Il Saggiatore. Un libro scritto da un protagonista che si legge come un romanzo.


Fra documenti d’archivio e memoria personale, dai due volumi emerge che in Italia fra il 1943 e il 1945 fu combattuta una vera e propria guerra parallela e segreta, all’interno dello stesso schieramento alleato, comprese le forze della Resistenza. Una guerra segreta che aveva come substrato il contrasto all’interno dell’OSS fra il puritanesimo, e quindi l’intransigenza antifascista e antinazista, e la spregiudicatezza e il pragmatismo, legati alle esigenze politico-militari che comprendevano il principio del massimo risultato con il minimo sforzo, vale a dire ridurre al minimo le perdite umane, impedire la distruzione dell’apparato industriale italiano e soprattutto un’insurrezione guidata dai comunisti nelle zone fino a quel momento sotto controllo delle truppe tedesche e del governo fascista.
Una simile situazione era connaturata con la nascita dell’OSS. Scrivono Aga Rossi e Smith: “ Gli uomini che si insediarono nei più importanti uffici amministrativi dell’ente erano, come Donovan e i suoi amici David Bruce e Allen Dulles, avvocati di grandi corporation, dirigenti del mondo degli affari e banchieri. Conservatori e tutti d’un pezzo, spesso repubblicani provenienti dalle più ricche famiglie del paese, erano uomini la cui presenza nei circoli ufficiali di Washington era rassicurante e che d’altra parte non erano sentiti come una minaccia dall’alto comando militare.
Ma a livello operativo, Donovan scelse i suoi agenti con scarso riguardo alla posizione sociale o le convinzioni ideologiche. Singoli individui vennero selezionati per entrare nell’OSS in quanto sembravano ‘temerari ma con prudenza’ e promettevano di possedere una ‘audacia non priva di autodisciplina’, se ‘addestrati a prendere iniziative operative’. Di conseguenza, uomini di tutti i livelli sociali e di tutte le persuasioni politiche servirono l’OSS come agenti informatori o come ufficiali di collegamento con i vari movimenti di resistenza d’Europa e d’Asia.”
Ed ecco che “uomini dell’OSS che erano conservatori liberali e comunisti lavorarono per assistere i gruppi partigiani e per combattere il nemico, contemporaneamente bisticciando spesso fra di loro”.
Uno di questi uomini era Peter Tompkins, giovane e idealista che nel suo libro scrive: “Mi ero arruolato come volontario nell’OSS per una ragione semplice e del tutto politica: era necessario sconfiggere il nazifascismo, che, come democratici americani, aborrivamo per la sua ideologia. Il nostro intento era di aiutare a ristabilire in Italia e in Europa sistemi di governo democratici. Il Re e Badoglio con i loro dipendenti del SIM, volevano al contrario mantenere una forma di governo simile a quello che avevano favorito e lasciato fiorire per vent’anni: lo stato fascista di Mussolini, ma senza Mussolini e i suoi fedeli ministri. In questo furono sostenuti da Churchill con l’apparente motivazione di un utile anticomunismo”.
L’OSS americano e il SOE inglese operano nell’Italia occupata dai nazisti, collaborando con i partigiani, ottenendo lanci di armi e di viveri, mantenendo i collegamenti con il Comando Alleato di Caserta. Ma la Resistenza crea non poche preoccupazioni agli Alleati, soprattutto per il timore di una insurrezione comunista. E’ così che nasce la “missione Mallaby”, dal nome di un giovane capitano del SOE, Richard Mallaby.
Il generale Alexander gli propose di avvicinare il cardinale di Milano, Idelfonso Schuster, per essere poi messo in contatto con il comandante delle truppe della Repubblica Sociale, il maresciallo Rodolfo Graziani.
Deve trasmettergli la proposta di Alexander di organizzare le forze dell’esercito repubblicano come baluardo per impedire qualsiasi tentativo dei comunisti di prendere il potere nel Nord. Secondo Tompkins, Alexander “offriva di inviargli truppe aerotrasportate per coprire le zone dove le forze della RSI non avessero potuto mantenere l’ordine”.
Dunque non basta il nemico “nazifascista”, già si profila all’orizzonte il “pericolo comunista”. E per cominciare gli ufficiali sovietici di collegamento con gli angloamericani non vengono messi al corrente delle trattative in Svizzera fra Allen Dulles e gli emissari del generale Wolff fino all’ultimo momento. L’accordo fra gli Alleati era che non ci sarebbero state trattative separate e rese parziali di truppe.
Non è un caso che al generale sovietico Aleksei Kislenko viene impedito di partecipare al primo incontro con gli emissari tedeschi a Caserta, dove è prevista una resa puramente militare delle forze tedesche in Italia. Kislenko accetta di non partecipare all’apertura delle trattative e assiste in silenzio alle due successive sedute. La presenza del generale fu poi letteralmente cancellata dai sovietici che cercarono così di accreditare la tesi dell’Operazione Sunrise come un “tradimento” perpetrato dagli alleati occidentali nei loro confronti.
L’azione dell’OSS e quanto accadde a Berna e a Caserta nel corso dell’Operazione Sunrise, secondo Aga Rossi e Smith “non fu l’inizio di un’era di pace, ma un momento di transizione fra la guerra guerreggiata e la guerra fredda, un’anticipazione di un nuovo ordine mondiale in cui i ruoli di alleati e nemici si sarebbero rovesciati.
Ben presto l’Unione Sovietica sarebbe venuta a rappresentare la potenza pericolosa e aggressiva, e la Germania occidentale denazificata il bastione europeo contro l’avanzamento del regime sovietico”.
Gli americani pagarono il loro debito nei confronti di Karl Wolff per la resa delle truppe tedesche in Italia. “Sulla base della documentazione recentemente declassificata - è scritto in Operation Sunrise - è possibile ora affermare che Allen Dulles, il quale fino a quel momento sembrava essersi disinteressato di Wolff, ebbe un ruolo cruciale nella decisione presa dalla Commissione di escluderlo dalla lista di Norimberga”.
Qualcosa di inconfessabile per l’OSS doveva pur esserci, se Dulles scrive a Donovan il 23 agosto 1945: “Ritengo possibile che Wolff sarà incluso in qualche lista per processi contro criminali di guerra. Propongo, invece, che egli non venga incluso nel primo gruppo, in modo da impedire che faccia uso per difendersi della sua versione di Sunrise”
Quando però, dopo quindici anni di impunità, Wolff finì comunque sotto processo, solo uno dei vecchi amici di Sunrise, Gero von Gaevernitz si presentò in tribunale per deporre a suo favore.
Peter Tompkins del resto recrimina sulla linea dell’OSS che, invece di “reclutare sinceri democratici”, preferì utilizzare nazisti e fascisti per attuare la politica anticomunista americana”. Secondo Tompkins “questa divenne la politica di Allen Dulles a Wiesbaden e di James Angleton a Roma: salvare e riorganizzare nazifascisti per una guerra segreta contro l’Unione Sovietica, contro i suoi paesi satelliti e contro i partiti comunisti interni”.
Una recriminazione onorevole sul piano ideale, ma non adatta alla brutale realtà della guerra fredda. D’altra parte l’idealismo e l’intransigenza di agenti come Tompkins non avrebbero consentito “Sunrise”. E’ facile immaginare con quali conseguenze in termini di distruzioni di impianti industriali, che senza dubbio interessavano il capitalismo americano, e di vite umane, sia da parte tedesca sia da parte alleata.



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