(Seconda parte) Le sette sataniche tra libertà religiosa e delitto di plagio |
Stefano D'AURIA |
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(57 )“… (la nozione di buon costume) non può essere fatta coincidere con la morale o la coscienza etica – vivendo la legge morale nella coscienza individuale, e non potendo quindi formare oggetto di un regolamento legislativo – ma risulta da un insieme di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale di relazione, l’inosservanza dei quali comporta in particolare la violazione del pudore sessuale” (da sentenza Cort. Cost. 9 febbraio 1965 n. 9).
(58) Tale scelta, adottata dall’Assemblea costituente, è stata dettata dalla paura che il legislatore ordinario ed anche l’autorità amministrativa avrebbero potuto commettere degli arbìtri – come il sindacare a loro piacimento sulla religiosità di un particolare gruppo di culto – derivanti da un possibile applicazione del limite del “buon costume” anche ai principi professati da una confessione religiosa. Sul punto si consulti: Barresi F., “Sette religiose criminali. Dal satanismo criminale ai culti distruttivi”, EdUP, Roma, 2000, pp. 147-149. (59) «Posto che il sentimento religioso, quale nasce nell’intimo della coscienza individuale e si estende anche a gruppi più o meno numerosi di persone legate tra loro dal vincolo della professione di una fede comune, è da considerare tra i beni costituzionalmente rilevanti, come risulta coordinando gli artt. 2, 8 e 19 Cost., ed è indirettamente confermato anche dal 1° comma, dell’art. 3 e dell’art. 20, il vilipendio di una religione può legittimamente limitare l’ambito di operatività di quella libertà, sempre che, beninteso, la figura della condotta vilipendiosa sia circoscritta entro i giusti confini, segnati, per un verso, dallo stesso significato etimologico della parola (che vuol dire “tenere a vile”, e quindi additare al pubblico disprezzo o dileggio), e per altro verso, dalla esigenza di rendere compatibile la tutela penale accordata al bene protetto dalla norma in questione con la più ampia libertà di manifestazione del proprio pensiero in materia religiosa, con specifico riferimento alla quale non a caso l’art. 19, anticipa, in termini quanto mai espliciti, il più generale principio dell’art. 21 Cost.»; «Il vilipendio di una religione non si confonde né con la discussione su temi religiosi, così a livello scientifico come a livello divulgativo, né con la critica e la confutazione pur se vivacemente polemica; né con l’espressione di radicale dissenso da ogni concezione richiamatesi a valori religiosi trascendenti, in nome i ideologie immanentistiche o positivistiche od altre che siano. Costituiscono, invece, vilipendio di una religione e pertanto esclusi dalla garanzia dell’art. 21 Cost. (e dall’art. 19 Cost.), la contumelia, lo scherno, l’offesa, per dir così, fine a sé stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato» (da sentenza Cort. Cost. 8 luglio 1975 n. 188). (60) Gallo S., “Compendio di Diritto Ecclesiastico”, V Edizione (a cura di), Edizioni Simone, Napoli, 2006, p. 7. (61) Art. 8 della Costituzione italiana: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”. L’art. 8 Cost. rappresenta la principale fonte di regolamentazione delle confessioni religiose diverse dalla cattolica. (62) Gallo S., “Compendio di Diritto Ecclesiastico”, V Edizione (a cura di), Edizioni Simone, Napoli, 2006, p. 87. (63) In considerazione della loro importanza, le norme di ordine pubblico sono inderogabili. Nel diritto civile, l’“ordine pubblico” è un concetto mobile che consente una continua evoluzione del diritto vigente permettendo l’adattamento alle esigenze giuridiche che ispirano la società. Esso può essere inteso anche come garanzia di pace, di tranquillità e sicurezza collettiva; in questo senso assume un valore di ordine sociale in quanto con esso si difende lo svolgimento dei rapporti della vita sociale. (64) Intesa soprattutto in senso liturgico. (65) Storicamente, le principali svolte verso una maggiore tolleranza nei confronti delle confessioni religiose minoritarie - e di una loro conseguente tutela - risalgono alla Rivoluzione americana e all’Illuminismo. La prima ha sancito il principio dello Stato pluriconfessionale introducendo un regime di maggiore democrazia religiosa; il secondo, invece, ha esteso il principio della libertà religiosa anche ad altre confessioni. Nell’ordinamento italiano, viene superata la tutela della libertà religiosa del singolo per arrivare a quella della collettività (66) Botta R., “Manuale di diritto ecclesiastico”, Giappichelli, Torino, 1998. (67) Come, per esempio, avviene per i cittadini all’art. 3 Cost.: «tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge senza distinzione …». (68) Nel punto 1 del Protocollo addizionale al nuovo Concordato – stipulato tra lo Stato italiano e la Santa Sede il 18 febbraio 1984 – è riportato esplicitamente: «Si considera non più in vigore il principio originariamente richiamato dai Patti Lateranensi della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano». Quest’affermazione sancisce ufficialmente la scomparsa dall’ordinamento giuridico italiano del “principio del confessionismo statale” che, in maniera più o meno larvata, aveva informato il diritto ecclesiastico post-unitario anche dopo la promulgazione della Costituzione (1948). (69) Da allora, la Corte Costituzionale – con una serie di Pronunce – ha fatto venir meno la condizione di disparità tra la religione cattolica e le altre confessioni religiose. Da ultimo, con sentenza del 20 novembre 2000 n. 508, la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 402 del Codice Penale cancellando così il reato di “Vilipendio contro la religione dello Stato”. Il nuovo Concordato ha rappresentato senz’altro un passo in avanti verso la cosiddetta “laicità dello Stato”. (70) Le intese, così come il Concordato, rispondono al principio generale per cui la legislazione statale – in materia ecclesiastica – deve essere preventivamente concordata e non unilaterale (c.d. “principio pattizio”). La prima delle intese che lo Stato italiano ha stipulato è stata quella con le chiese appartenenti alla Tavola Valdese (1984). Altre intese sono state raggiunte: con l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno (1986), con i c.d. Pentecostali (1986), con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (1987), con l’Unione Cristiana Evangelica Battista (1993), con la chiesa Evangelica Luterana (1993), con l’Unione Buddista italiana (2000), con la Congregazione dei Testimoni di Geova (2000). Una volta raggiunta l’intesa, ne consegue per lo Stato l’obbligo di emanare una legge conforme all’intesa raggiunta. Le intese ex art. 8 comma 3 Cost. sono considerate “Convenzioni di diritto pubblico interno”. I fondamentali principi cui si ispirano le stesse, caratterizzanti il “regime giuridico delle confessioni religiose” stipulatarie sono: possibilità di svolgere assistenza spirituale ai militari, ai degenti in istituti ospedalieri, ai ricoverati in case di cura o di riposo, ai ristretti in istituti di prevenzione e pena; migliori garanzie per l’esonero dall’insegnamento religioso cattolico nella scuola pubblica; riconoscimento degli effetti civili ai matrimoni celebrati secondo le norme delle confessioni religiose stipulatarie; riconoscimento della personalità giuridica degli enti ecclesiastici appartenenti a dette confessioni, autonomia di gestione degli enti; ecc.. Sul punto si consulti: Gallo S., “Compendio di Diritto Ecclesiastico”, V Edizione (a cura di), Edizioni Simone, Napoli, 2006, pp. 88-90. (71) La Corte Costituzionale ha introdotto, con varie pronunce, dagli anni Cinquanta, diverse modifiche finalizzate ad apportare alla L. 1159/1929 gli opportuni adattamenti resi necessari dall’emanazione della Costituzione. (72) Gallo S., “Compendio di Diritto Ecclesiastico”, V Edizione (a cura di), Edizioni Simone, Napoli, 2006, pp. 87-89. (73) I culti satanici – qualora non sfocino nella commissione di reati – godono di quelle garanzie e di quelle libertà che l’ordinamento italiano accorda alle varie confessioni religiose, quantomeno a quelle che non hanno raggiunto intese con lo Stato italiano. (74) Treccani Enciclopedia in http://www.treccani.it. Secondo altre fonti, la parola plagio deriva dal latino “plaga” (zona, riva del mare) e si riferisce ai furti di donne e bambini effettuati dai pirati nell’epoca medievale e rinascimentale (Bruno F., “Dipendenza, conformazione, autonomia. Uomini bomba o cittadini del mondo?”, AIASU, Roma, 2005, p. 132). L’avvocato e studioso americano di storia del diritto penale Albert Borowitz – in un articolo pubblicato sulla rivista di scienze giuridiche “American Bar Association Journal” nel 1971 – ha proposto l’espressione psychological kidnapping (letteralmente “rapimento psicologico o sequestro psicologico”) per tradurre in inglese il termine italiano “plagio”. (75) Bruno F., “Dipendenza, conformazione, autonomia. Uomini bomba o cittadini del mondo?”, AIASU, Roma, 2005, pp. 132-133. (76) Per perseguire lo stesso fine viene usata un’alimentazione non adeguata. (77) Questo processo è noto anche come “riforma del pensiero”. Sulle tecniche di plagio e sulla “riforma del pensiero” si consulti: Bruno F., “Dipendenza, conformazione, autonomia. Uomini bomba o cittadini del mondo?”, AIASU, Roma, 2005, pp. 133-134. (78) Il legislatore ha agito in contrasto con le opinioni della Commissione parlamentare incaricata della stesura del codice, oltre che delle Commissioni reali degli avvocati e procuratori di Napoli e Roma e della Corte di Appello di Napoli. (79) Flora G., “Plagio: la problematica penalistica. Il Plagio tra realtà e negazione” in Di Fiorino M., “La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello”, I, Centro Studi di Psichiatria & Territorio, Lucca, 1991. (80) Art. 25 della Costituzione italiana: «Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge». (81) Flora G., “Plagio: la problematica penalistica. Il Plagio tra realtà e negazione” in Di Fiorino M., “La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello”, I, Centro Studi di Psichiatria & Territorio, Lucca, 1991. (82) Il caso Braibanti – negli anni della rivoluzione sessuale – ha suscitato un clamore non comune, ed un interesse da parte degli intellettuali e degli uomini politici dell’epoca: Pasolini, Eco, Moravia, Morante, Pannella, ecc.. (83) Introvigne M., “Perché diciamo di no alla proposta di legge italiana sulla manipolazione mentale”, in Il Foglio, 19 marzo 2004. (84) Flora G., “Plagio: la problematica penalistica. Il Plagio tra realtà e negazione” in Di Fiorino M., “La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello”, I, Centro Studi di Psichiatria & Territorio, Lucca, 1991. (85) In merito, le obiezioni sono diverse e di differente matrice: c’è chi sostiene che la singolarità dell’”io” è di per sé inattaccabile e inoffendibile per cui nessun comportamento aggressivo potrebbe scalfirla; agli antipodi sostengono, in una prospettiva prettamente deterministica, che la singolarità dell’essere costituisce una fictio essendo la personalità di un individuo la risultante di un’infinita serie di condizionamenti – biopsichici, ereditari o acquisiti, e socio economici oltre a quelli derivanti dai comuni rapporti interpersonali, ecc. – per cui appare impossibile individuare una “reale” e “propria” configurazione dell’uomo. (86) Flora G., op. cit.. (87) Nell’aprile 1988, veniva presentato alla presidenza del Senato – su iniziativa dei ministri Russo Jervolino e Vassalli – un disegno di legge nel quale veniva formulato il “nuovo” art. 549 del Codice penale volto alla tutela della personalità del minore; nel marzo 2005, nel corso della XIV Legislatura, la Commissione Giustizia del Senato approvava un disegno di legge finalizzato all’introduzione nel Codice penale del reato di “Manipolazione mentale” (art. 613-bis). In entrambi i casi, l’iter legislativo non ha avuto seguito. Sul punto si consulti: Flora G., “Plagio: la problematica penalistica. Il Plagio tra realtà e negazione” in Di Fiorino M., “La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello”, I, Centro Studi di Psichiatria & Territorio, Lucca, 1991. (88) In Italia, il problema si presenta sicuramente con un’intensità minore – da un punto di vista qualitativo ma soprattutto quantitativo – rispetto ad altri Paesi. (89) Tale forma di “misticismo” ha condotto tanti individui ad approdare al mondo delle sette ma anche nella direzione dei movimenti integralisti e fondamentalisti delle confessioni tradizionali. (90) L’orientamento del Consiglio d’Europa è riscontrabile anche in singoli Paesi, quali: Svezia in primis, Germania, Svizzera e Italia. Esso utilizza una pluralità di fonti e ritiene estremamente importante avviare sempre ulteriori ricerche e studi sul problema; rappresenta sicuramente un atteggiamento più evoluto rispetto a quello di altri Paesi che danno maggiormente voce alle organizzazioni anti-setta più che agli specialisti pervenendo spesso a posizioni dure ed a rozze generalizzazioni. In Italia, sulla scia di quest’orientamento, nel 1987, è stato creato il G.R.I.S. (attualmente denominato “Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa”) con finalità prettamente informative. Sul punto si consulti: Pavone G., “Confessioni religiose e sette sataniche. Profili di tutela dell’ordine pubblico”, 2005, in http://www. altalex.com. (91) Al momento, una discreta tutela legislativa per coloro che sono vittime delle sette è rappresentata dal reato di stalking – previsto dall’art. 612-bis Cod. pen. (Atti persecutori) introdotto nell’ordinamento dal D.L. 23 febbraio 2009 n. 11 – che punisce le molestie, i comportamenti assillanti e reiterati, le persecuzioni che portano chi li subisce a temere per la propria incolumità e per quella dei suoi cari. L’argomento è stato affrontato ed approfondito nel corso del convegno “Libertà religiosa tra libertà e manipolazione”, organizzato dalla comunità Papa Giovanni XXIII e tenuto presso la Pontificia Università Lateranense di Roma nel febbraio 2011. Per coloro che commettono stalking, infatti, è prevista una pena che va dai 6 mesi ai 4 anni di reclusione e, dopo la recente pronuncia della Corte di Cassazione, sono sufficienti due episodi per la sua configurazione purché “… abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta a modificare le proprie abitudini di vita” (Sent. Cass. Pen. 2 marzo 2010 n. 25527). Sul punto si consulti: “Lo stalking per affrancarsi dalle sette, a convegno con la Comunità Papa Giovanni XXIII” in http://www.maracarfagna.net pubblicato in Rete il 17 febbraio 2011. (92) Altri tentativi di pervenire a validi strumenti giudiziari non hanno portato al conseguimento di migliori risultati. Tra questi va ricordato: la possibile configurazione di un reato di tipo associativo (come nel caso di Scientology, sentenza della Corte di Cassazione n. 1329/1997); il disegno di legge 800 del 2001 sulla manipolazione psicologica e la proposta di legge n. 3770 del 2003 che, introducendo il reato di “Abuso di rituale esoterico-satanista”, aveva come obiettivo proteggere i cittadini dai crimini commessi dalle sette (qui le sette sataniche venivano equiparate alle associazioni segrete). Sul punto si consulti: Pavone G., “Confessioni religiose e sette sataniche. Profili di tutela dell’ordine pubblico”, 2005, in http://www.altalex.com. (93) De Fazio F., "Il plagio: un vuoto di tutela nel nostro ordinamento. La valutazione del rapporto interpersonale quale momento metodologicamente determinante nel giudizio di circonvenzione di incapace" in Di Fiorino M., "La persuasione socialmente accettata, il plagio e il lavaggio del cervello", I, Centro Studi di Psichiatria & Territorio, Lucca, 1991. |