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GNOSIS 2/2011
LA STORIA

FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE

Albania 1949
la missione tradita


Alain CHARBONNIER


Kim Philby
Foto da http ://en.wikipedia.org
 
I fallimenti sono parte integrante della storia dello spionaggio. Alcuni sono noti, altri sono rimasti nascosti per anni, nonostante siano costati la vita a uomini e donne, a intere famiglie. Come in Albania fra il 1949 e il 1953, quando americani e inglesi tentarono di rovesciare il regime comunista di Enver Hoxha, con operazioni sovversive condotte da albanesi riparati all'estero, dopo l'instaurazione del regime staliniano. Traditi da Kim Philby, bruciati dalla superficialità di chi organizzava le missioni, gli albanesi furono catturati, processati e uccisi dalla Sigurimi, la polizia segreta di Tirana. Alcuni particolari dell'operazione Valuable sono coperti ancora oggi dal segreto.



Quando nell'aprile del 1954, nel carcere di Tirana, Hamit Matjani salì sulla forca, a Washington e Londra tirarono una riga sull'operazione "Valuable". Era durato cinque anni il tentativo di fomentare una guerra rivoluzionaria in Albania, per rovesciare il regime comunista instaurato da Enver Hoxha.
In cinque anni avevano perso la vita un centinaio di albanesi anticomunisti, fedeli alla monarchia, repubblicani, liberaldemocratici, pronti a battersi con coraggio contro l'oppressione che avvolgeva il "Paese delle Aquile".
Allo scoppio della Guerra Fredda, Stati Uniti e Gran Bretagna si posero il problema di rendere pan per focaccia all'Unione sovietica che aveva appoggiato colpi di stato in Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Polonia, Bulgaria e stava sostenendo i partigiani comunisti nella guerra civile in corso in Grecia.
La scelta cadde sull'Albania per un serie di ragioni. Innanzitutto la lunghezza della costa, proprio dirimpetto all'Italia e la contiguità con la Grecia. Poi la povertà del paese, reso ancora più povero dal regime comunista. Numerosi fuoriusciti erano decisi a combattere il regime di Hoxha e a rientrare in Albania come liberatori. Per di più, durante le Seconda Guerra Mondiale numerose missioni dello "Special Operations Executive" (SOE) avevano operato con i partigiani, anche se poi Hoxha aveva mal ripagato la cortesia. E gli inglesi se l'erano legata al dito.
Nell'operazione "Valuable" si incrociarono diversi elementi: la professionalità e l'esperienza del SOE, la superficialità unita a un certo dilettantismo della neocostituita CIA, il volontarismo quasi sempre velleitario dei profughi albanesi, fra i quali venivano reclutati i "combattenti della libertà, il "fattore umano" non previsto: il tradimento di Kim Philby, agente del Secret Intelligence Service britannico e collegamento britannico con l'americano "Office for Policy Cooordination" (OPC), creato per organizzare la sovversione nei paesi europei ostili agli Stati Uniti. La sera del 3 ottobre 1949 una bella barca verniciata blu e oro, con le vele arancione, battezzata Stormie Seas, gettò l’àncora a mezzo miglio dalla costa della penisola di Karaburun. A un esame superficiale aveva tutte le caratteristiche di una imbarcazione da crociera. In realtà era la nave da sbarco dei "folletti", come erano chiamati i partigiani anticomunisti albanesi. E quella notte i primi nove sarebbero tornati in patria per dare fuoco alle polveri della rivolta. I "folletti" avevano concluso da pochi giorni il loro addestramento all'arte della guerriglia e del sabotaggio a Malta, nel forte di Bin Jema. Avevano avuto come "professori" ufficiali britannici del SOE che avevano combattuto contro i tedeschi in Albania.
Quando toccarono terra, i "folletti" non potevano sapere che la loro missione era destinata al fallimento. Kim Philby, in quel momento era in viaggio per gli Stati Uniti a bordo del transatlantico "Caronia". Si godeva la traversata pasteggiando a champagne e impegnandosi in amabili conversazioni. Ma poco prima di lasciare Londra si era incontrato con il suo "controllore" sovietico e lo aveva messo al corrente dell'operazione "Valuable" della quale era venuto a conoscenza in virtù del suo nuovo incarico a Washington. Evitando i passaggi facili e le fonti d'acqua, tutti luoghi ideali per le imboscate, il gruppo, in divisa, con armi, esplosivi, monete d'oro e radio, si mise i marcia verso il monte Tragjas. Quattro uomini, con a capo Bido Kuka, si diressero verso Kurvelesh, altri quattro puntarono su Valona. Appena il gruppo di Bido Kuka raggiunse il villaggio di Gjorm seppero che i loro compagni erano stati intercettati ed erano caduti in un'imboscata nella quale erano stati uccisi i cugini Lepenica e Zogoll Sheno, mentre il quarto era sparito. Una ragazza raccontò a Bido Kuka che reparti dell'esercito albanese qualche giorno prima avevano circondato tutta la fascia costiera. Dei nove "folletti" quattro furono uccisi, uno scomparve e quattro si salvarono.
La seconda missione fu divisa di nuovo in due: il Gruppo di Corizza, guidato da Sefer Musho e il gruppo di Argirocastro, comandato da Berdhyl Gerveshi. A differenza del gruppo di Bido Kuka, sfuggirono alla caccia dell'esercito e della polizia. Ma si accorsero ben presto della diffidenza che li circondava, nonostante il regime di Hoxha fosse inviso alla popolazione. Rientrati tutti in Grecia fecero un rapporto dettagliato sulla situazione.
Ne era nato un movimento antigovernativo, diversi albanesi erano stati arrestati, torturati dalla Sigurimi (la polizia segreta di Tirana) ed eliminati, la gente si mostrava interessata, ma voleva vedere prima l'impegno diretto e concreto di americani e inglesi. All'OPC e al SIS valutarono che tutto sommato non era andata poi così male. Con un migliore addestramento e una migliore preparazione politica, era possibile riuscire nell'unico paese comunista che non fosse contiguo all'Unione Sovietica.
Una missione apparentemente facile, ma resa difficile dalla concorrenza fra quanti avevano mire sull'Albania o su parte di essa, come Grecia e Jugoslavia. Oppure intendevano farne una zona d'influenza diretta, con gli Stati Uniti che puntavano a soppiantare la Gran Bretagna. Infine e non ultima l'Italia, punto d'arrivo dell'emigrazione albanese, con almeno una grossa comunità in Sicilia, e interessi mai celati verso il Paese delle Aquile, che avevano addirittura portato all'occupazione, poco prima della Seconda Guerra mondiale. Inoltre, i servizi segreti italiani avevano addestrato agenti albanesi durante la guerra e continuavano a servirsene anche dopo, soprattutto se cattolici o legati al partito indipendentista. Per di più, Roma gradiva poco che americani e inglesi usassero il territorio italiano come base per operazioni di sovversione.
Di conseguenza, potevano essere orchestrate fughe di notizie per i motivi più vari, "dispettucci" che però finivano per costare la vita di persone in buona fede e pronte al sacrificio per la libertà del loro paese. Fughe di notizie che andavano di pari passo con il doppiogioco di Philby, ormai insediato nel cuore dell'operazione "Valuable".
Tanto per fare qualche esempio, il 14 settmbre del 1949 il "New Chronichel" di Londra scriveva: "Il vulcano albanese è sul punto di esplodere".
Cyrus L. Sulzberger, corrispondente del "New York Times" prima scrisse che "l'indebolimento e il successivo rovesciamento del regime albanese erano un obiettivo base dell'Occidente". Poi parlò di resistenza anticomunista e di reclutamento di bande di guerriglieri.
Infine, il 27 marzo 1950 Sulzberger raccontò di due gruppi di agenti sbarcati in territorio albanese, con lo scopo di organizzare le comunicazioni con il movimento anticomunista". Nel frattempo Kim Philby tesseva contatti e inanellava simpatie. A babbo morto, cioè dopo che era stato scoperto il suo tradimento, in molti si ricordarono delle colossali sbronze precedute da lunghe chiacchierate su operazioni segrete, con il doppiogiochista sempre pronto a mettere a disposizione degli amici americani le conoscenze dell'"intelligence" inglese, con richiesta di reciprocità. Addirittura Philby condivise con James Mc Cargar, uno dei primi uomini reclutati all'OPC, l'ufficio nel quale venivano analizzate le operazioni in Albania e quindi venivano effettuati i debriefing, a missione conclusa. Proprio in quell'ufficio, con Philby, furono espresse le giuste preoccupazioni per la fine del gruppo Lepenica a sud di Valona e sul fatto che l'operazione di rastrellamento fosse stata guidata direttamente dal capo di stato maggiore dell'esercito albanese. Nonostante i fallimenti, i rovesci, la perdita di uomini e di materiali, intere famiglie sterminate per rappresaglia, le missioni dei "folletti" continuarono fino al 1953.
Philby era già finito sotto osservazione del controspionaggio, dopo che Guy Burgess e Donald Mac Lean, suoi compagni di sbronze e tradimenti, erano fuggiti a Mosca. Era stato rimosso già da un mese dall'incarico a Washington, quando fu deciso comunque di paracadutare tre gruppi. Dodici persone in tutto, in tre diverse zone dell'Albania, considerate "sicure".
Non fecero in tempo neppure a toccare terra. L'esercito, la polizia e agenti della Sigurimi li stavano aspettando. Quelli che non furono uccisi subito furono processati, anche se il processo non ebbe la risonanza clamorosa di altri processi "staliniani". Non tutti gli arrestati furono condannati a morte. Ma nessuno fu più visto vivo.
Il colpo finale però doveva ancora venire. La guerra di Corea imponeva di non fermare le operazioni sovversive. Ma nessuno si rendeva conto del livello di improvvisazione, dilettantismo e superficialità con la quale venivano condotte. Philby poteva nuocere poco, tagliato fuori dai gangli decisionali, ma quello che i servizi segreti sovietici e albanesi avevano saputo dai prigionieri, prima che li giustiziassero, aveva consentito di ricostruire tutta la trafila: dal reclutamento dei combattenti, all'addestramento, alle tecniche di infiltrazione, ai sistemi di trasmissione e relativi codici.
Mentre tutto questo accadeva, gli agenti della CIA si resero conto di aver trovato in Hamit Matjani l'uomo adatto. Era considerato una sorta di Robin Hood, capace di entrare e uscire dall'Albania, contattare gruppi della resistenza, allacciare relazioni, reclutare nuovi combattenti. Il 28 aprile 1952 Hamit Matjani, Xhelo Tresova, Zenel Shehu, Haxhi Gijle, Halil Branica, Hamir Prenci attraversarono il confine fra Albania a Grecia nella regione di Corizza. Branica si ammalò e dovette tornare indietro. Gli altri raggiunsero la zona di Mati, dove si incontrarono con gruppi anticomunisti reclutati proprio da Matjani. Con loro rimasero Prenci e Shehu, monarchici di provata fede e componenti della Guardia del Re. Gli altri rientrarono in Grecia.
Per tutta l'estate del 1952 all'OPC non parve vero di ricevere puntuali comunicazioni sui progressi delle operazioni sovversive in Albania. Hamir Prenci trasmetteva regolarmente, sollecitava lanci di materiali, denaro, armi, perfino un bidone di vernice beige. Indicava i punti di lancio e accusava ricevuta dei materiali. Peccato che era rimasto vittima di un infortunio: si era rotto un braccio e doveva trasmettere in morse con la mano sinistra, quindi i segnali non erano proprio perfetti.
La circostanza non era da poco e senza dubbio provocò più di qualche interrogativo. Ma come stabilire se a trasmettere era proprio Prenci o un altro operatore? La regina Geraldina suggerì come risolvere il problema.
"Mi ricordai - ha raccontato la sovrana d'Albania - che Zenel Shehu mi aveva affidato in custodia i propri valori. Dissi agli americani di chiedere a Zenel dove aveva lasciato le sue cose personali. Avrebbe dovuto rispondere: "alla padrona di casa", oppure "alla mamma". Gli Americani però si sentirono rispondere dagli agenti in Albania di lasciarli in pace e smetterla di fare domande stupide. Tanto bastò. Si fidarono di più delle domande e risposte in codice."
E fu il disastro. Prima fu paracadutato Branica. Poi toccò a Matjani con Naum Sula e Gani Malushi. Tutti atterrarono nei luoghi indicati da Prenci e furono regolarmente catturati. Solo alla fine del 1953, quando nessuna delle operazioni pianificate si era concretizzata, il dubbio sulle trasmissioni radio si fece prepotente. Alla vigilia di Capodanno il colpo di grazia. Radio Tirana annunciò che Matjani, i suoi compagni e i loro amici reclutati in Albania erano stati catturati. Il processo dell'aprile 1954 oltre alle numerose condanne a morte, rivelò le dimensioni del disastro e soprattutto che per 18 mesi gli agenti della Sigurimi con l'aiuto dei colleghi del KGB avevano composto e trasmesso i messaggi sui quali si basavano le decisioni americane.
Uno scacco cocente che consentì anche la macabra ironia di Enver Hoxha nelle sue memorie.
"Noi costringemmo gli agenti catturati a collegarsi per radio con i loro centri di spionaggio in Italia e altrove, facendo in tal modo il nostro gioco e raggirando vergognosamente i loro padroni, che avevano dato prova di essere incapaci e miopi. Riuscimmo persino a farci lanciare tutto quello che dettavamo ai loro agenti presi in trappola. Le bande dei criminali paracadutati o penetrati attraverso il confine, conformemente ai nostri messaggi, si lasciavano condurre come i montoni al mattatoio. Le armi e gli altri materiali lanciati o portati da loro andavano per conto nostro. Insomma le reti di spionaggio lanciavano quello che avevano da lanciare ed eravamo noi a raccoglierlo. I loro agenti venivano rinviati a giudizio e, dopo aver vuotato tutto il sacco delle loro infamie, ricevevano la pena meritata… Sono stati il nostro famoso trucco per radio, l'intelligenza, il buon diritto, la vigilanza rivoluzìonaria del popolo albanese e non il merito di un certo Kim Philby, come qualcuno vorrebbe far credere, che fecero fallire vergognosamente i disegni dei nemici esterni"
In realtà, soprattutto gli Americani non cedettero mai fino in fondo alla sovversione albanese. E, soprattutto, misero in piedi un'operazione suscettibile di "una plausibile smentita". Ancora oggi, nonostante gli archivi siano stati aperti e molti documenti desecretati, alcuni particolari dell'operazione "Valualble" rimangono coperti dal segreto.

Per approfondimenti l'autore suggerisce...

La mia guerra segreta
Autore:Kim Philby
Editore: Mondadori,1968

Albanian Assignment
Autore: David Smiley
Editore: Chatto & Windus, 1985




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