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GNOSIS 3/2009
LA STORIA

FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE

I 'Cinque di Cambridge' al servizio dei sovietici


di Alain Charbonnier

 
Nessuno potrà mai calcolare quanto abbiano contribuito a scatenare e alimentare la “Guerra Fredda” Anthony Blunt, Donald Maclean, Kim Philby, Guy Burgess e John Cairncross, i “cinque di Cambridge”, la combriccola di spie inglesi al servizio dell’Unione Sovietica in nome dell’antifascismo.
Gelosi segreti politico-militari, analisi economiche, progressi sulle ricerche nucleari e la decisione di produrre la bomba atomica, furono puntualmente trasmessi a Mosca per una quindicina di anni, mentre decine di agenti infiltrati nei Paesi comunisti furono “bruciati” e persero la vita a causa delle loro informazioni.
Una storia tornata alla ribalta con il memoriale di Anthony Blunt, pubblicato a 25 anni dalla sua morte.



“Diventare una spia per i russi fu il più grande errore della mia vita”. Un errore per il quale Anthony Blunt, conservatore della pinacoteca reale inglese e affermato storico dell’arte, ha pagato un prezzo assai modesto, rispetto agli agenti segreti britannici “bruciati” dai “Cinque di Cambridge”, arrestati e spesso assassinati dal KGB.
La storia delle “spie di Cambridge” è una delle più brillanti operazioni dello spionaggio sovietico. A partire dalla metà degli anni Trenta, in piena epoca del Comintern, Anthony Blunt, Donald Maclean, Kim Philby, Guy Burgess e John Cairncross, tutti passati per le aule di Cambridge, trasmisero alla Russia importanti informazioni politico-militari, compresi i progressi nel settore nucleare. A differenza, però, di molte spie che hanno tradito e venduto informazioni al nemico per denaro, “i magnifici cinque” erano mossi da motivi in un certo senso “estetizzanti” e ideologici, in particolare dall’antifascismo: vedevano nel comunismo russo l’unico modo per combatterlo efficacemente.
Nel memoriale, pubblicato dopo 25 anni dalla morte, ricco di molte recriminazioni e giustificazioni, ma privo di vere e proprie rivelazioni, che del resto dovevano essere piuttosto scarse, dopo le ampie confessioni rese nel 1964, in cambio dell’immunità che gli evitò il carcere, ma non la perdita dei titoli e degli incarichi, Blunt racconta: “L’atmosfera era così eccitante e intensa, il nostro impegno, l’entusiasmo per ogni attività antifascista era così totale che io trovai naturale avvicinarmi al Partito comunista”.
Appartenevano tutti alla classe agiata, alcuni, come Burgess, erano inclini alla vita disordinata e dichiaratamente omosessuali, altri come Blunt usavano la loro posizione di tutor di francese al Trinity College per reclutare spie e ottenere informazioni da altri omosessuali.
Il reclutatore dei Cinque, il sessuologo viennese Arnold Deutch, che predicava la liberazione politica e sessuale di Wilhelm Reich, affermava che nessuno di loro era adatto a vivere nell’Urss, ma erano perfetti per “infiltrarsi nelle istituzioni borghesi”.
Ci riuscirono talmente bene che alcuni, come Kim Philby, si “spogliarono” della patina di comunista e salirono i gradini del controspionaggio inglese rendendo ai sovietici servizi incommensurabili.
Alcuni esempi.
Un ruolo di primo piano nel furto dei segreti atomici fu ricoperto a Washington da Donald Maclean. Come membro dell’ambasciata britannica, aveva accesso all’Atomic Energy Commission e non gli fu difficile sottrarre documenti che furono utilizzati dall’Unione Sovietica per mettere a punto la bomba atomica sperimentata nel settembre del 1949. Per l’Occidente fu un vero e proprio shock e immediatamente sorsero gli interrogativi su come fosse stato possibile, data l’arretratezza tecnologica dei sovietici.
Benché sospettato di essere un tossicodipendente, Guy Burgess, era stato ammesso nell’Information Research Departement, creato con lo scopo di controbattere la guerra psicologica sovietica. Con le sue “soffiate”, il Dipartimento fu del tutto compromesso.
Per quanto riguarda Kim Philby, fece fallire molti dei tentativi fatti da Gran Bretagna e Stati Uniti di inviare agenti in Russia, nei Paesi Baltici, in Albania. Le segnalazioni di Philby consentivano al KGB di intercettarli e catturarli. Se non accettavano di fare il doppio gioco, venivano immediatamente eliminati.
Con l’incarico ufficiale di Primo segretario dell’ambasciata britannica, nel 1949 Philby fu mandato a Washington come ufficiale di collegamento tra il SIS e la neonata Agenzia di spionaggio americana, la CIA. Nel 1951 il sistema di decrittazione congiunta anglo-americano VENONA scoprì una fuga di notizie sulle installazioni nucleari alleate proprio da Washington. Fu un grande successo, perché per interpretare un messaggio sovietico era necessario sostituire a ogni parola, o addirittura a ogni lettera, un numero di cinque cifre dato da un codice, quindi a ogni numero bisognava aggiungerne un altro di altrettante cinque cifre, tratto da un codice sempre diverso, di cui ne esisteva solo una copia a Mosca.
Philby doveva collaborare all’identificazione del traditore e così apprese che la decifrazione era stata possibile per la disattenzione di un agente sovietico, nome in codice Homer. Era la copertura di Donald MacLean, all’epoca ufficialmente Secondo Segretario all’ambasciata inglese.
Philby lo avvertì e nel maggio 1951, MacLean fuggì a Mosca insieme con Guy Burgess. Questi, notoriamente omosessuale e dedito all’alcool, fu la causa dell’allontanamento di Philby da Washington, a causa del pessimo comportamento tenuto per quasi un anno.
Dopo la fuga, Philby fu sospettato di essere il “terzo uomo” del gruppo dei traditori, ma resistette a tutti gli interrogatori e continuò a fornire informazioni ai sovietici.
Nessuno saprà mai se a perdere il “terzo uomo” fu una chiacchiera da salotto o un’abile soffiata del Mossad. Nel 1962 discorrendo con alcuni conoscenti durante un party a Tel-Aviv, Flora Solomon, un’ebrea britannica, parlò di “un certo Philby”, giornalista inglese a Beirut, simpatizzante degli arabi. Lasciò cadere nella conversazione che Philby lavorava per i sovietici da sempre. Il controspionaggio inglese raccolse l’informazione e mise sotto osservazione Philby che però riparò tempestivamente a Mosca, dove morì nel 1988.
Il “quarto uomo” era Anthony Blunt, che era stato la prima maglia della catena. Quando la rete dei sospetti calò su di lui, Bill Skardon, capo investigatore ufficiale del MI5, lo interrogò 12 volte. In cambio del silenzio sul suo nome, Blunt ammise la sua attività in favore dei sovietici e raccontò: “Compresi che avrei corso ogni rischio in questo Paese piuttosto che andare in Russia con un aereo messo a disposizione dall’Urss”.
Per impedire che l’Urss continuasse a destabilizzare il Secret Intelligence Service, nel 1979 Margaret Thatcher rivelò la sua identità alla Camera dei Comuni.
Blunt morì nel 1983, senza aver scontato un giorno di prigione.
Il nome di John Cairncross, il “quinto uomo”e l’ultimo a essere identificato, fu fatto per la prima volta da Oleg Gordievskij. Cairncross studiava a Cambridge e il suo supervisore per la letteratura francese era Antony Blunt che lo segnalò a Burgess per le sue tendenze comuniste. Nel 1936, dopo aver reciso ogni contatto con il partito comunista, Cairncross fu assunto al Foreign Office e due anni dopo passò al Ministero del Tesoro. Durante la guerra, Cairncross trasmise quasi tutta la documentazione sulle strategie pianificate da Churchill nel War Cabinet, il Consiglio di Guerra, fornì notizie sui comitati creati per studiare l’applicazione delle scienze allo sforzo bellico e, probabilmente, fu il primo agente a informare i sovietici della decisione di inglesi e americani di costruire la bomba atomica.
Dopo la fuga di Burgess, incaricato dal SIS di perquisirne l’abitazione, Blunt sfruttò l’occasione per nascondere documenti compromettenti, senza accorgersi dei fogli che nominavano Cairncross. Durante gli interrogatori, il “quinto uomo” non poté nascondere di avere trasmesso alcune informazioni alla Russia, ma riuscì a nascondere il suo ruolo di spia.
Subito dopo Cairncross si dimise dal Ministero del Tesoro, si trasferì in Nordamerica e poi a Roma, dove lavorò presso la FAO fino al 1964, quando fu definitivamente smascherato.
Si chiude così la storia del “Circolo di Cambridge”. Una storia degli anni della “Guerra Fredda”, astralmente lontana nel tempo e ormai dimenticata, se non fosse stato per la pubblicazione delle memorie di Anthony Blunt.



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