GNOSIS 4/2007
Il FORUM |
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L'analisi dei polimorfismi del DNA, nell'ultimo decennio, ha cambiato radicalmente l'investigazione scientifica diventando un mezzo di indagine potente ed efficace per identificare l'autore di un reato. Oggi le analisi delle tracce biologiche provenienti dalla scena del crimine (es. sangue, capelli, saliva, liquido seminale, tracce epiteliali) grazie a sistemi di analisi sempre più sofisticati consentono, con affidabilità, precisione e sicurezza l'identificazione della persona. Con il progredire delle tecniche di analisi si è sentita l'esigenza di unificare i sistemi polimorfici nell'ambito della biologia molecolare forense soprattutto per lo scambio dei dati e l'uniformità di parametri. I laboratori forensi, grazie all'utilizzo di un sistema informatizzato, sono in grado, qualora siano stati individuati tutti i 14 sistemi necessari a formare il codice del profilo genetico, di attribuire le tracce biologiche ad un individuo con una probabilità di corrispondenza calcolabile in uno su un milione di miliardi. Quando si parla di Banca Dati del DNA non è corretto riferirsi esclusivamente all'uso criminalistico del profilo genetico. Basti pensare agli incidenti aerei, ai cadaveri bruciati o irriconoscibili, ai resti scheletrici. In alcuni di questi casi l'unica alternativa per l'identificazione è l'analisi del DNA. Lo scopo di una Banca Dati DNA è quella di permettere l'identificazione dell'autore del crimine, alla stessa stregua dell'impronta digitale, nonché di collegare i dati dei profili di DNA ottenuti da diverse scene del crimine, nei casi di reati compiuti dalla medesima persona, cioè con caratteristiche "seriali", quali le violenze sessuali, gli omicidi, i sequestri di persona, le rapine. Tale correlazione tra vittima e indagato rende il test del DNA di straordinaria valenza processuale. Lo sviluppo eccezionale raggiunto dalle tecnologie e dalle metodiche viene, però, nel nostro Paese rallentato da due vacatio legis che riguardano l'impossibilità da parte dell'A.G. di imporre il prelievo biologico (sentenza Corte Costituzionale n. 167 del 13/12/95), sia pure non invasivo, ad indagati e/o imputati (ad eccezione di quanto previsto dall'art. 10 della legge 31.7.2005 n. 155, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo) e dalla mancanza, allo stato attuale, di una legge che renda possibile la costituzione della Banca Dati Nazionale DNA. In assenza di tali strumenti, sia pure a fronte di una criminalità sempre più organizzata e senza frontiere, risulta più difficile garantire una piena efficienza investigativa. Il Consiglio dei Ministri del 30 ottobre scorso ha approvato la presentazione al Parlamento del disegno di legge, redatto da una commissione congiunta dei Ministeri dell'Interno e della Giustizia, riguardante sia l'adesione dell'Italia al Trattato di Prüm che l'istituzione di una Banca Dati Nazionale del DNA a fini giudiziari. Infatti, il 4 luglio 2006 l'Italia aveva manifestato la volontà di aderire, quale primo Paese europeo, al Trattato di Prüm, che era stato sottoscritto il 27 maggio 2005 dai sette Stati firmatari (Germania, Belgio, Spagna, Francia, Lussemburgo, Austria e Paesi Bassi) allo scopo di rafforzare la collaborazione transfrontaliera tra le polizie dei Paesi aderenti per il contrasto alla criminalità organizzata, al terrorismo internazionale ed all'immigrazione clandestina: in particolare, il Trattato prevede l'interconnessione delle rispettive banche dati nazionali del DNA e delle impronte digitali, lo scambio di informazioni su persone inquisite, sugli autoveicoli e i proprietari degli stessi, sulla falsificazione dei documenti; inoltre, propone l'utilizzo di Sky Marshalls a bordo degli aerei, di rimpatri congiunti e di pattugliamenti congiunti alle frontiere, nonché di squadre miste per forme di intervento comune nel territorio di uno degli Stati contraenti e la mutua assistenza in occasione di manifestazioni di massa, catastrofi e calamità. Proprio in vista dell'attivazione di una rete europea delle Banche Dati sia delle impronte digitali (presso il Servizio Polizia Scientifica della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato è già in funzione da oltre un decennio l'AFIS, Banca Dati delle impronte digitali), che dei profili del DNA, ancora da costituire in Italia, era necessario al più presto varare un disegno di legge in materia. I tempi per una determinazione così importante, attesa la presenza di Banche Dati del DNA in ormai quasi tutti i Paesi europei, non sono stati altrettanto celeri, vista l'importanza di garantire i profili confliggenti relativi alla tutela della privacy e la necessità che fosse trovato il giusto equilibrio tra la tutela della sicurezza e la tutela della libertà. La bozza di disegno di legge prevede che venga istituita presso il Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la Banca Dati Nazionale del DNA per la raccolta ed il confronto dei profili del DNA (i codici verrebbero raccolti, per il confronto ai fini di identità, come già avviene per le impronte digitali in AFIS) rimandando ad uno o più regolamenti di attuazione, proposti di concerto dai Ministri dell'Interno e della Giustizia, la disciplina della materia. Contestualmente si prevede l'istituzione presso il Ministero della Giustizia, Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria, del Laboratorio Centrale per la Banca Dati Nazionale del DNA, per la tipizzazione dei profili di DNA e la conservazione dei campioni biologici (saliva) prelevati nei confronti dei soggetti che, per i soli delitti per i quali è previsto l'arresto facoltativo in flagranza con una serie di eccezioni (vedasi tabella*), sono sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari, arrestati in flagranza di reato, sottoposti a fermo di indiziato di delitto, detenuti o sottoposti a misura alternativa a seguito di sentenza irrevocabile per un delitto non colposo, sottoposti a misura di sicurezza detentiva. Al riguardo, quindi, i profili di DNA (associati ad un codice a barre) ottenuti dai soggetti di cui sopra verranno trasmessi alla Banca Dati Nazionale DNA presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ove potranno essere utilizzati per i necessari confronti con i profili di DNA ottenuti dalle tracce biologiche repertate sulla scena del crimine dalle Forze di Polizia nel corso delle attività investigative, al fine di giungere, con la stessa modalità attualmente utilizzata per le impronte digitali, all'identificazione della persona che ha lasciato la propria traccia biologica sul luogo del delitto con quella eventualmente inserita nella Banca Dati per i suoi specifici precedenti giudiziari. La raccolta dei dati del DNA in un archivio informatico di persone implicate in procedimenti penali permetterebbe inoltre la comparazione dei profili dei DNA di tali soggetti con i profili dei DNA già ottenuti da tracce biologiche rinvenute in passato sulle scene di gravi reati (omicidi, violenze sessuali, rapine, sequestri di persona, ecc.) non ancora risolti, per poterne così identificare gli autori. Appare inutile in questa sede elencare gli innumerevoli casi che, in assenza di elementi concreti sulla individuazione dell'autore, sono stati a distanza di tempo chiariti in virtù della possibilità di accoppiare al profilo genetico di un sospettato una traccia biologica tratta sulla scena di un delitto, rimasta come unico e anonimo elemento di un'attività investigativa pur completa e scrupolosa. In estrema sintesi, questa è la evidente forza risolutiva di una Banca Dati del DNA: poter dare un nome ai segni lasciati sul luogo del crimine da persone che non hanno mai avuto alcun rapporto con la vittima, scelta per caso, e questo avviene quando operano recidivi della rapina, della violenza sessuale, dell'omicidio senza apparente movente, dell'azione predatoria in genere. La presenza di una Banca Dati del DNA rappresenterebbe, comunque, oltre a un valido strumento di tipo repressivo, anche e soprattutto un deterrente nei riguardi dei soggetti appunto inseriti nella Banca Dati, svolgendo così una compito sociale di tipo preventivo, come è dimostrato dalle statistiche criminali di Paesi dotati di questa banca dati, che hanno registrato un calo di delitti violenti o a carattere seriale. Poiché l'impronta genetica è anche utile nei casi di rinvenimento di resti umani, in quanto permette di poter risalire all'identità della persona, l'archivio dei profili del DNA potrà contenere quelli delle persone scomparse o dei loro congiunti, qualora si rendano disponibili, proprio per facilitare la identificazione di persone o resti umani non identificati. L'interconnessione delle Banche Dati DNA europee porteranno poi ulteriori evidenti effetti positivi in termini di contrasto al crimine. Basti citare, tra i primi successi del collegamento già in atto tra diversi Paesi a noi vicini , che più di 700 tracce di DNA su casi aperti in Germania hanno trovato un profilo genetico corrispondente nella Banca Dati DNA in Austria, soltanto nel periodo dal Gennaio 2006 al Febbraio 2007. Il disegno di legge attualmente al vaglio del Parlamento delinea, peraltro, un sistema di massima tutela per la privacy dei cittadini, atteso che la Banca Dati conterrà solo profili genetici, ossia sequenze digitali del codice genetico, che possono permettere soltanto l'identificazione di un individuo (oltre a determinarne il sesso); i campioni biologici, invece, che potrebbero rivelare malattie o predisposizioni genetiche, quindi notizie più sensibili sulla persona, verranno conservati, e non archiviati, nel Laboratorio Centrale. Inoltre, l'archivio dei dati sarà anonimizzato e verrà consultato, esclusivamente al fine della identificazione criminale, da personale autorizzato ed i cui accessi saranno tracciati proprio per garantire il sistema da indebite interrogazioni del database. Infine, sono stati individuati due organismi di controllo indipendenti dall'Autorità Giudiziaria e dagli Organi di Polizia: il Garante per la protezione dei dati personali, per la Banca Dati Nazionale del DNA istituita presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza; il Comitato Nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie, per il Laboratorio Centrale per la Banca Dati Nazionale del DNA istituito presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. Presentiamo, di seguito, un FORUM sull’argomento, curato dal Dottor INTINI ed al quale hanno partecipato autorevoli esponenti quali, il Sottosegretario al Ministero della Giustizia Avvocato Luigi LI GOTTI, il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali Professor Francesco PIZZETTI, il Direttore dell’Ufficio Studi, Ricerche, Legislazione e Rapporti internazionali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - Ministero della Giustizia - Dottor Giuseppe CAPOCCIA e il Professore Ordinario di Genetica medica presso l’Università Tor Vergata di Roma Giuseppe NOVELLI. ( Il contributo fotografico è stato fornito dal curatore del Forum) Sottosegretario Li Gotti, innanzitutto, quali previsioni si possono fare sui tempi dell'iter parlamentare del disegno di legge che disciplina l'istituzione della Banca Dati del DNA e quali aspetti dell'articolato ritiene possano essere oggetto di più ampia discussione o, eventualmente, di modifica? Il testo del disegno di legge è il risultato di un notevole lavoro di approfondimento a livello interministeriale conclusosi nello scorso giugno, senonchè il problema della copertura finanziaria ha rallentato l'iter dell'approvazione del Consiglio dei Ministri. Una volta risolto tale aspetto, si è ritenuto di inserirlo nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" (composto da cinque disegni di legge che avranno, quindi, autonomi percorsi). Nello specifico questo disegno di legge è stato assegnato, in prima lettura, al Senato. Sempre al Senato, dopo l'approvazione da parte della Camera, dovrà prendere l'avvio dell'esame del testo sul prelievo coatto del profilo del DNA. L'augurio è che possa procedersi speditamente. I punti che, probabilmente, saranno materia di discussione sono quelli relativi alla "platea" dei soggetti cui potrà estrarsi (con procedure non invasive) il profilo del DNA e la conservazione del profilo nonché del reperto. È di ovvia considerazione il fatto che la Banca del DNA, avrà una positiva finalità se proporzionata al numero dei profili conservati e, quindi, la conservazione ed il tempo d'essa, appare assolutamente collegata alla validità dello strumento. Professor Novelli, con l'efficacia e la sintesi di un docente universitario, cosa è il DNA e come può identificare una persona; inoltre, la traccia biologia da cui viene estratto è databile? Il DNA può essere definita come la molecola depositaria dell'informazione genetica di una cellula, di una specie e di un individuo. L'informazione genetica è unica e quindi altamente selettiva per identificare appunto una cellula, una specie, un individuo. Ogni essere umano con l'eccezione dei gemelli monozigoti, condivide con un altro il 99,5% dell'informazione genetica contenuta in una molecola di DNA. Ciò significa che ogni persona differisce da un'altra per lo 0.5% che sembra poco, ma considerata la lunghezza del nostro DNA di circa 3 miliardi di elementi (lettere del codice) significa una differenza nell'ordine di qualche milione di lettere! Per le sue peculiarità possiamo affermare con certezza che su questo pianeta non esistono e non sono mai esistite due persone con la stessa sequenza di lettere del DNA (con l'eccezione sempre dei gemelli!). Pertanto attraverso il DNA è praticamente sempre possibile identificare una persona attraverso il suo confronto con una traccia lasciata in un certo luogo oppure mediante lo studio dei suoi consanguinei. Allo stato attuale della ricerca, una traccia non è databile nel senso che non possiamo risalire facilmente attraverso la lettura del codice genetico, al momento in cui è stata lasciata. Tuttavia si stanno facendo ricerche interessanti che permettono di identificare la presenza di altre sostanze chimiche nella traccia (ad esempio aminoacidi modificati, etc.) che come per il carbonio 14 entro certi limiti permettono di stabilire se un reperto è molto vecchio o piuttosto recente. Professor Pizzetti, come è possibile contemperare l'esigenza di disporre di una Banca Dati del DNA, che consentirebbe un più efficace contrasto al crimine violento e predatorio, con la protezione dei dati personali? La delicata materia del trattamento dei dati genetici nel settore della sicurezza e della giustizia necessita indubbiamente di una normativa organica. Il Garante da tempo ha rilevato l'esigenza di un intervento legislativo che disciplini l'interazione di banche dati e il loro rapporto con la raccolta e utilizzazione delle informazioni per finalità di sicurezza e giustizia, con particolare riferimento al trattamento e alla conservazione dei campioni biologici e dei codici identificativi del DNA. Come è noto, infatti, tutto ciò che attiene all'utilizzo, trattamento e conservazione del DNA è motivo di grande preoccupazione, in ragione delle delicatissime informazioni, appartenenti non solo alla persona interessata ma a tutto il suo gruppo biologico, che possono desumersi da un dato genetico, quali quelle concernenti lo stato di salute e le correlate prospettive di vita. Il Codice in materia di protezione dei dati personali prevede una specifica autorizzazione, adottata dal Garante, in ordine alla raccolta, trattamento e conservazione dei campioni del Dna soprattutto per fini scientifici e di ricerca. Nel settore della sicurezza e della giustizia manca, invece, una normativa che disciplini la materia. L'intervento del legislatore è, dunque, inevitabile e già da tempo necessario. Peraltro, la sottoscrizione da parte dell'Italia del Trattato di Prüm e della correlata proposta di Decisione del Consiglio dell'Unione Europea ha oggi reso ancora più urgente questo intervento. Il Consiglio dell'Unione Europea, infatti, ha approvato l'integrazione nel quadro giuridico dell'Unione delle "parti essenziali" del Trattato mediante una decisione di terzo pilastro sul rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, in particolare nella lotta al terrorismo e alla criminalità e l'Italia ha più volte dichiarato la sua volontà di dare piena attuazione a questa normativa. Sia il Trattato di Prüm sia la Decisione del Consiglio, però, si limitano a prevedere l'obbligo per gli Stati membri di creare e gestire archivi nazionali per l'analisi e la conservazione dei profili del Dna unicamente a fini identificativi e soltanto per lo scambio tra gli Stati membri, riservando alla normativa interna la disciplina sul trattamento dei dati. La materia impone inoltre complessi e importanti interventi anche per quanto riguarda il rafforzamento dei poteri di controllo su questi dati, sia nella fase della raccolta sia nel momento successivo della loro utilizzazione. Dottor Capoccia, atteso che Lei ha seguito i lavori preparatori della bozza assunta dal Consiglio dei Ministri per la presentazione del disegno di legge, quali criteri e valutazioni sono stati alla base della distinzione di collocazione delle due diverse strutture nell'ambito del Ministero della Giustizia e del Ministero dell'Interno? Attorno alla costituzione di una Banca Dati del DNA si agitano timori che non sembrano dettati da problemi reali, bensì dalla confusione con questioni che attengono alla bioetica e che nulla hanno a che vedere con una procedura scientifica finalizzata esclusivamente alla identificazione personale; ho sempre sostenuto che l'identificazione mediante il profilo del DNA rappresenta l'evoluzione - straordinaria - di metodi (quali l'identificazione fotografica o mediante impronte digitali) che largamente si utilizzano quotidianamente. Le resistenze alla istituzione di una Banca Dati del DNA sono, quindi, legate alla ipotetica possibilità che dai campioni biologici in essa conservati si possa, in maniera abusiva e criminale, trarre informazioni affatto diverse dal profilo del DNA a fini identificativi, quali ad esempio gli orientamenti sessuali, la predisposizione a malattie ed altri elementi personalissimi. Premesso che gran parte di questi traguardi sono ben lontani dall'essere raggiunti, v'è in primo luogo da osservare che nel mondo non si è mai dato il caso di un utilizzo illecito dei campioni biologici conservati in una Banca Dati. Mai. Ma v'è di più. Nello schema generale della Banca Dati del DNA si è sempre prevista una rigida separazione tra il laboratorio che analizza i campioni biologici e la Banca Dati dei risultati: tra queste due entità deve sempre esistere totale distinzione, senza possibilità di commistioni. In mezzo vi è un terzo modulo operativo che immediatamente separa il campione biologico dal nome della persona a cui appartiene, sostituendoli con un codice identificativo di tipo criptico. L'attuale disegno di legge, poi, cristallizza questa separazione, ponendo i due moduli presso Ministeri differenti: si tratta a mio avviso di una soluzione critica che pone problemi maggiori di quelli che intende risolvere. Vedremo come si svilupperà il dibattito in Parlamento. Sottosegretario Li Gotti, la previsione della distinzione tra un Laboratorio Centrale presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e la Banca Dati Nazionale del DNA presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, quindi in due distinti Dicasteri, quello della Giustizia e quello dell'Interno, a quali criteri funzionali e giuridici risponde, o rappresenta una mera esigenza di garanzia? Nella relazione che accompagna il disegno di legge è chiaramente spiegata la ragione. Ossia: "Si è voluto mantenere elevato il livello delle garanzie, tenendo distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (Banca Dati nazionale del DNA), dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (Laboratorio Centrale presso l'Amministrazione Penitenziaria) nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti dai reperti (laboratori delle forze di polizia o altrimenti specializzati), evitando promiscuità che si potrebbero rivelare pregiudiziali per la genuinità dei dati raccolti od analizzati". Professor Novelli, il profilo del DNA di una persona che verrà custodito nella futura Banca Dati in cosa consiste e quali informazioni sulla medesima persona potrà rendere intelligibili? In sostanza, chi avrà modo di leggere questo codice quali segreti della persona potrà carpire? Il profilo di DNA appartenente ad un individuo e conservato in una Banca Dati a scopo forense non consente altra identificazione che l'identità biologica di quel soggetto. L'unica altra informazione derivabile da questi dati sono i rapporti di filiazione, cioè che avendo a disposizione il profilo dei suoi consanguinei sarà sempre possibile stabilire i rapporti di paternità, maternità, e fratria. Professor Pizzetti, l'attuale disegno di legge istitutivo della Banca Dati del DNA soddisfa le esigenze del Garante della Privacy (tra le quali ha nei mesi scorsi indicato le finalità specifiche di identificazione, le modalità di conservazione, la tracciabilità di chi accede al dato) o pone tuttora profili che secondo Lei andrebbero corretti nel corso dei lavori parlamentari? Il Garante nella segnalazione del 19 settembre 2007 ha sensibilizzato il Parlamento e il Governo verso scelte normative che assicurino garanzie effettive e concrete. Successivamente, in data 15 ottobre 2007, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dimostrando grande sensibilità, ha chiesto per sua autonoma decisione il parere del Garante su uno schema di disegno di legge volto a istituire una Banca Dati Nazionale del Dna e un connesso laboratorio centrale. Il Garante, nell'esprimere il parere, ha sottolineato che lo schema presentava aspetti positivi rispetto a un progetto già sottoposto all'esame dell'Autorità dal precedente Governo, il c.d. "Progetto Santi", elaborato, nel corso della passata legislatura, dal Gruppo di lavoro sulla biosicurezza istituito nell'ambito del Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie. Ha anche precisato, però, che il d.d.l. in questione richiedeva taluni miglioramenti al fine di contemperare l'avvertita esigenza di efficace contrasto del crimine con un'adeguata tutela dei diritti degli interessati. In primo luogo è stata prospettata al legislatore la necessità di definire un modello di banca dati attivata solo per finalità specifiche di identificazione di persone, in armonia con quanto previsto dal menzionato Trattato di Prüm e dalla Decisione adottata a livello europeo. Inoltre, l'Autorità ha chiesto al Governo di individuare garanzie idonee ad assicurare che le operazioni di prelievo dei campioni, di analisi degli stessi e di conservazione e successiva distruzione dei reperti siano eseguite da personale altamente specializzato. Si è segnalata, infine, l'opportunità di rivalutare la previsione contenuta in quello schema relativa al prelievo obbligatorio di campioni nei confronti di intere categorie di soggetti, nonché la assoluta necessità di determinare modalità idonee a prevenire il rischio che il prelievo di un campione biologico venga eseguito più volte sulla stessa persona senza giustificato motivo. Dopo il pronunciamento del Garante, il testo del d.d.l. è stato oggetto di alcune modifiche che hanno tenuto conto anche di queste osservazioni. Tuttavia non si può tacere il fatto che il testo licenziato dal Consiglio dei Ministri presenta ancora profili che meritano ulteriori approfondimenti. Il contemperamento tra esigenze investigative correlate alla lotta al crimine e il diritto alla protezione dei dati, infatti, appare ancora precario. Dottor Capoccia, il Dipartimento per l'Amministrazione Penitenziaria avrà, secondo l'articolato all'esame del Parlamento, un ruolo rilevante, nella raccolta e nella conservazione delle tracce biologiche e nella estrazione del profilo del DNA, in quanto nel suo ambito sarà collocato il Laboratorio Centrale; quali problematiche potranno rappresentare l'attivazione e l'organizzazione di questa struttura? Per il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria si tratta di una grande sfida e al contempo di un'opportunità irripetibile. La Polizia penitenziaria è chiamata a dare ancora una volta conferma della sua maturità ed ha l'occasione di completare la riforma del Corpo, con l'istituzione del ruoli tecnici per acquisire quelle professionalità (biologi, informatici e personale tecnico) necessarie ad avviare e gestire il laboratorio centrale. Si tratterà di una struttura interamente composta da appartenenti alla Polizia penitenziaria e collocata in posizione di diretto rapporto con il Capo del Dipartimento. Avvocato Li Gotti, Lei, oltre ad essere Sottosegretario al Ministero della Giustizia, è un noto penalista, con una lunga esperienza professionale ed una vasta conoscenza processuale; quali possono essere i vantaggi che una Banca Dati del DNA così delineata può determinare proprio per il processo penale, in particolare a favore dell'indagato? L'esperienza dei paesi che si sono già dotati di una banca dei profili genetici dimostra una drastica riduzione degli autori ignoti di reati caratterizzati da violenza. Questi risultati sono collegati alla oggettività del tasso di recidiva, sicché la conservazione del profilo genetico estratto da un reperto raccolto sulla scena di un crimine ad opera di ignoti, consente la comparazione con il profilo genetico di un arrestato e la possibilità, proprio a causa del fenomeno della recidiva, di attribuire un reato commesso in precedenza ad opera di ignoti. Peraltro la raccolta e la conservazione dei profili del DNA, può servire a scagionare un indagato, ossia rappresentare una prova a discarico nella ipotesi di incompatibilità tra il profilo estratto da reperto raccolto sulla scena del crimine e quello della persona indagata per quel crimine. Dottor Capoccia, secondo il magistrato, che in tante inchieste ha probabilmente avvertito la necessità di poter cercare in una Banca Dati il profilo del DNA di uno sconosciuto autore di un delitto, cosa rappresenterà l'istituzione di questa Banca Dati per l'indagine? La Banca Dati del DNA è il sogno di ogni investigatore. Sebbene tutti possano comprendere le enormi possibilità di un tale strumento, solo chi lavora sul campo intende lo straordinario balzo in avanti che possono compiere le indagini ove sia reso disponibile un simile grande archivio. Oggi, senza Banca Dati del DNA, pur trovando tracce biologiche sulla scena di un crimine (capelli, sangue, cicche di sigaretta) l'identificazione del soggetto a cui appartengono somiglia alla ricerca del classico ago nel pagliaio: ci vuole solo tanta fortuna. Con la Banca Dati del DNA, basterà chiedere, in tempi rapidissimi, se nell'archivio esiste un profilo comparabile ed in caso di risposta positiva le investigazioni potranno immediatamente essere orientate in una direzione precisa e concreta. Professor Novelli, su quali presupposti scientifici due profili genetici, quello del DNA estratto da una traccia biologica repertata sul luogo di un delitto e quello di un DNA custodito nella futura Banca Dati, possono essere giudicati identici e, comunque, attribuibili alla medesima persona? Il profilo della traccia e quello della persona con cui confrontarlo devono essere ottenuti nelle migliori condizioni analitiche e di laboratorio oltre che inserite nella Banca Dati da personale esperto. Infatti gli unici errori possibili di un eventuale confronto di profili sono quelli dell'errore manuale (tecnico), di contaminazione del reperto con altri profili di DNA e quelli dell'immissione manuale nella Banca Dati da parte degli operatori. Professor Pizzetti, quali sono, in realtà, gli aspetti delicati per la privacy che potranno emergere nell'applicazione della legge attualmente all'esame parlamentare, anche sulla base dell'esperienza delle banche dati DNA in Europa che sono attive in sintonia con le direttive del Garante europeo? Innanzitutto va detto che il nuovo testo del d.d.l. sembra ancora non circoscrivere a sufficienza il novero dei soggetti da sottoporre al prelievo obbligatorio dei materiali biologici. Ne consegue il rischio che dati sensibili di intere categorie di persone vengano inclusi per numerosi anni in una Banca Dati nazionale solo per essere state sottoposte, anche per un breve periodo, a determinate misure restrittive della libertà personale. Se questo aspetto non venisse adeguatamente corretto nel corso dell'esame parlamentare, la raccolta riguarderebbe casi e situazioni molto diversi tra loro e sarebbe spesso effettuata in ragione di circostanze del tutto estrinseche e di fattori più disparati. Tra le disposizioni che destano maggiori perplessità si segnala, inoltre, la norma che richiede la conservazione dei profili del Dna per 40 anni. Si tratta di un termine molto ampio che appare "ictu oculi" di dubbia conformità rispetto al principio di proporzionalità. Una dissonanza che diventa ancora più evidente se si considera la novità, introdotta in questo testo e non presente invece nel già citato "Progetto Santi", di custodire per 20 anni anche i campioni biologici trattati e successivamente conservati a cura del Laboratorio di analisi istituito presso il Ministero della Giustizia. Il combinato disposto della norma che prevede la conservazione per 40 anni dei profili (presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza) e di 20 anni dei campioni biologici (presso il Laboratorio centrale) determina un sistema difficile da accettare, anche a fronte del Trattato di Prüm che considera i soli profili genetici sufficienti ai fini dell'identificazione. Inoltre, la volontà di conservare anche i campioni biologici appare pericolosa e comporta la necessaria individuazione di precise finalità di utilizzo dei dati e una attenta riflessione in ordine anche al periodo di conservazione di 20 anni. Nonostante tali forti perplessità, non si può tuttavia negare che costituisce pur sempre un passo avanti la precisazione, contenuta nello stesso d.d.l., di considerare tale termine, analogamente a quello di 40 anni previsto per la conservazione dei profili biologici, quale termine massimo. Si affida, infatti, a un successivo regolamento, da sottoporre al parere del Garante, la modulazione dei tempi di conservazione con la conseguente possibilità di prevedere tempi di custodia più brevi in rapporto alle diverse situazioni che possono determinarsi. Su tutta questa tematica sarà comunque necessario lavorare ancora molto in sede di discussione parlamentare e il Garante si augura di poter dare anche in questa sede il suo fattivo contributo. Si auspica, inoltre, che il Parlamento svolga un'attenta valutazione dell'esperienza maturata in altri Paesi europei riguardo all'architettura della Banca Dati, essendosi già sperimentati modelli diversi di banche centralizzate gestite da un unico soggetto presso cui le forze di polizia e la magistratura fanno confluire dati. In questo contesto anche la scelta attuale, che prevede la costituzione di due banche dati, entrambe centralizzate presso diversi Ministeri, meriterà di essere attentamente valutata dal Parlamento. Si segnala infatti che ad oggi solo alcuni Stati si sono dotati di banche dati Dna contenenti campioni biologici. Quella più sviluppata è quella dell'UK che contiene circa 3 milioni di dati. Sottosegretario Li Gotti, una domanda più politica: quali problemi hanno determinato il ritardo, nel nostro Paese, del varo di una normativa istitutiva della Banca Dati del DNA, quando, come è noto, quasi tutti gli Stati Europei, oltre a molti extraeuropei, sono ormai dotati di tale Banca Dati, anche alla luce del fatto che notoriamente l'Italia è sempre stata all'avanguardia nella produzione legislativa di contrasto al crimine? Io non so dare una spiegazione del ritardo con cui il nostro paese ha avviato la costituzione della Banca Dati. Posso dire che, appena ricevuta la delega agli affari penali dal Ministro della Giustizia, mi sono messo al lavoro, tant'è che il 3 agosto 2006, il Ministro Mastella ha potuto dichiarare in conferenza stampa che si stava operando in detta direzione. Nel settembre del 2006, dopo una prima fase di studio, interna al Ministero della Giustizia, si è provveduto alla istituzione di apposita commissione, d'intesa con il Ministro dell'Interno e sino all'elaborazione del disegno di legge interministeriale. Dottor Capoccia, atteso che nella futura Banca Dati del DNA, secondo le indicazioni che ci sono in materia, il profilo del DNA di una persona non sarà collegato alle generalità della persona stessa, come può avvenire l'accoppiamento profilo-nominativo per le esigenze dell'attività di indagine? Sul punto occorre chiarezza: la separazione tra i due moduli (laboratorio e Banca Dati dei profili) esclude che si possa legare il nome di una persona al campione biologico conservato nel laboratorio; in altri termini, il campione biologico è identificato da un codice criptico che, a sua volta, solo presso la Banca Dati (dove non ci sono i campioni biologici) può essere legato ad un nome. Sicché chi opera nel laboratorio non potrà mai sapere se sta analizzando il campione biologico di un famoso criminale o di un piccolo spacciatore. D'altra parte, chi lavora nella Banca Dati potrà conoscere il DNA identificativo relativo ad una persona individuata ma, attenzione, quel profilo del DNA non è in grado di rivelare nulla oltre l'identità della persona, escludendo in radice, quindi, possibili analisi abusive ulteriori: al Dipartimento della Pubblica Sicurezza saranno in possesso di una sequenza alfanumerica identificativa di alcuni punti del DNA che la stessa norma si preoccupa di indicare come "non codificanti" ossia inidonei a fornire informazioni ulteriori sulla persona cui appartiene. Professor Novelli, quali rischi possono derivare dal fatto che la traccia biologica riconducibile all'autore di un delitto venga attribuita ad una persona sulla base di un profilo del DNA contenuto in una Banca Dati, o meglio quali margini di errore possono esserci in questa attribuzione informatica? I margini di errore oltre a quelli tecnici indicati possono riguardare eventuali rapporti di parentela tra indagati o persone sottoposte all'esame oppure che il profilo ottenuto dalla traccia sia incompleto (per degradazione parziale del DNA della traccia) e quindi parziale limitando l'attribuzione di tipo statistico. Sono oggi comunque già disponibili esami tecnici più sofisticati come la tecnologia SNPs che stiamo sviluppando e sperimentando in collaborazione con la Polizia Scientifica di Roma che può molto aiutare in queste circostanze. Professor Pizzetti, l'art. 15 della bozza approvata dal Consiglio dei Ministri prevede da parte del Garante per la protezione dei dati personali il controllo della Banca Dati Nazionale del DNA. In cosa consisterà questo controllo: riguarderà l'intera attività, ovvero farà riferimento esclusivamente alla protezione dei dati personali? Il Garante apprezza la previsione normativa contenuta nel d.d.l. che rafforza i compiti di vigilanza e controllo dell'Autorità estendendoli non solo alle problematiche strettamente correlate alla sfera della protezione dei dati ma anche all'intera attività della Banca Dati. La protezione dei dati, infatti, non costituisce una disciplina a sé stante che possa essere concepita come una sorta di "monade" chiusa in sé stessa. Al contrario, deve sempre trovare attuazione ed essere pensata in una prospettiva di sistema. Proprio in questa logica, infine, i risultati di tale controllo dovrebbero, per completezza e trasparenza, trovare compiuta rappresentazione in un eventuale rapporto periodico dell'Autorità Garante al Parlamento che illumini periodicamente le Camere e tutta la comunità nazionale sul funzionamento e la gestione della Banca Dati e dei connessi trattamenti che riguardando i dati genetici toccano per definizione gli aspetti più intimi della personalità e della dignità di ognuno di noi. Sottosegretario Li Gotti, infine, avendo Lei avuto un ruolo determinante nella predisposizione del disegno di legge in materia, c'è qualche aspetto o previsione normativa in riferimento alla istituzione della Banca Dati del DNA che non ha avuto spazio nell'articolato presentato in Parlamento e che Lei avrebbe voluto inserire? Penso che il lavoro compiuto sia esaustivo, essendosi avvalso dei contributi di più soggetti. Ovviamente il testo dovrà essere esaminato ed approvato dal Parlamento e, qualunque contributo migliorativo, sarà ben accetto dal Governo. Professor Novelli, da accademico, da studioso di genetica forense, cosa può rappresentare per il nostro Paese la futura istituzione della Banca Dati del DNA, soprattutto alla luce del contesto europeo che ci vede in forte ritardo su questo fronte? E' un grande risultato, perché ci allinea con gli altri Paesi avanzati nella lotta al crimine e perché stimola a mio avviso anche la ricerca in questo campo sia di natura strettamente scientifica che tecnologica (software, hardware, tecnologia del freddo etc.). Dottor Capoccia, la domanda finale al magistrato, per toccare l'importante tematica delle garanzie dell'indagato: come si inserirà nel contesto processuale la risposta positiva della ricerca di un profilo genetico nella Banca Dati del DNA, ai fini della formazione della prova? La polizia giudiziaria o il pubblico ministero potranno chiedere alla Banca Dati del DNA (e mai al laboratorio centrale) se nell'archivio vi è un profilo corrispondente a quello rintracciato nel corso delle investigazioni e non attribuito ancora a persona nota (ovvero: se nell'archivio esiste il profilo del DNA di Tizio). La risposta della Banca Dati sarà simile a quella che attualmente fornisce l'archivio centrale delle impronte dattiloscopiche: se positiva, si comunicherà che quel profilo corrisponde a Tizio (ovvero: se positiva, si dirà che si è in possesso del profilo del DNA di Tizio). Una tale informazione costituisce tecnicamente solo un indizio, sufficiente a sottoporre ad indagine Tizio al fine di stabilire, nel procedimento e con ogni garanzia difensiva, il suo profilo del DNA per mezzo di perizia o consulenza disposta dall'autorità giudiziaria. Deve essere chiaro che la Banca Dati del DNA non è una macchina che forma la prova dei processi, ma è solo un archivio che fornisce un indizio, decisivo, ma pur sempre solo un indizio: la prova si dovrà formare nel procedimento nel quale è stato acquisito il reperto biologico. Da qui l'importanza che l'istituzione della Banca Dati del DNA sia accompagnata dalla definitiva approvazione del nuovo articolo 224 bis del codice di procedura penale in tema di prelievi coattivi; il testo è già stato approvato da un ramo del Parlamento e pertanto vi sono ottime speranze che esso giunga al traguardo in tempi ragionevoli.
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