GNOSIS 4/2007
RECENSIONI Spie, scienziati e bombe atomiche |
Alain CHARBONNIER |
vedivatelnoe Upravlenie), il servizio segreto militare dell’Unione Sovietica, che aveva consegnato a Mosca i piani per costruire la bomba atomica. Ancora oggi rimane un mistero come Koval trasmettesse le informazioni e la loro esatta portata.
Negli stessi giorni, in Italia arrivava in libreria un volume molto interessante di Simone Turchetti: "Il caso Pontecorvo " Fisica nucleare, politica e servizi di sicurezza nella guerra fredda", pag. 285, Sironi Editore. Romano, emigrato a Manchester, Simone Turchetti riapre il discorso su un altro dei “misteri atomici” degli anni Cinquanta: la fuga in Russia del fisico Bruno Pontecorvo. Scomparve nel 1950, lo stesso anno dell’arresto per spionaggio di un altro scienziato atomico, Klaus Fuchs. Soltanto cinque anni dopo rivelò di trovarsi in Unione Sovietica. Ma all’epoca si preferì quasi subito non dar enfasi alla vicenda. E poiché dall’Unione Sovietica prima e dalla Federazione Russa oggi non è mai filtrato molto, anche in questo caso rimangono irrisolte molte questioni legate allo spionaggio atomico. Certo è che quando, nel 1949, si apprende che Stalin ha la bomba, per l’Occidente è uno choc. Tutte le informazioni dicevano che, nonostante gli sforzi, nella Russia di Stalin la ricerca nucleare segnava il passo e non era prevedibile a breve scadenza la realizzazione dell’arma atomica. Il ragionamento era assiomatico: soltanto documenti, piani, disegni, trasmessi segretamente, avevano consentito ai russi il balzo in avanti. Nessuno sapeva allora il nome e il ruolo-chiave di George Koval, oggi rivelato da Putin, ma i nomi di Fuchs e Pontecorvo divennero sinonimo di tradimento. Una parola che, incollata sulla schiena dei coniugi Julius ed Ethel Rosenberg, li porterà nel 1953 sulla sedia elettrica. Pagarono per Pontecorvo, fuggito in Unione Sovietica, e pagarono per Klaus Fuchs, considerato il più grosso cervello teorico dopo Einstein. Originario della Germania, entrato nel progetto atomico angloamericano fin dal 1944, Fuchs era stato reclutato da agenti sovietici appena messo piede negli Stati Uniti e aveva passato all'Unione Sovietica i segreti della bomba atomica e della bomba all’idrogeno. Arrestato nel 1950 dagli agenti di Scotland Yard, nel corso dell’interrogatorio aveva rivendicato così il suo comportamento: “Sono fiero di avere impedito la guerra nucleare e di aver dato ai Russi il mezzo di opporsi con la stessa efficacia ad eventuali attacchi della bomba H.....". Condannato a 14 anni di carcere, cinque dei quali condonati, nel 1959 Fuchs si ritrovò a Mosca con Pontecorvo che con i suoi studi aveva dato un notevole impulso all’arsenale nucleare dell’Unione Sovietica. Mentre però erano chiari i motivi politici per i quali Fuchs aveva tradito, su Pontecorvo erano possibili solo congetture più o meno azzardate. Uno dei più brillanti “ragazzi di via Panisperna”, allievo di Fermi, ricercatore in Francia nel gruppo Joliot-Curie, Pontecorvo si avvicina ai gruppi antifascisti e si iscrive al Partito Comunista d’Italia. Costretto a fuggire in America, Pontecorvo partecipa in prima persona allo sviluppo della bomba atomica con la soluzione dei problemi teorici e con la sperimentazione sul campo. L’inizio della Guerra Fredda porta gli scienziati atomici all’attenzione del controspionaggio inglese e americano, per le loro prese di posizione, per antiche simpatie o militanze politiche. Pontecorvo, che nel frattempo è andato a insegnare in Inghilterra, è costretto a dimettersi, data la sua parentela con esponenti comunisti italiani. Con l’aggiunta della preoccupazione per le possibili ricadute in termini di campagna scandalistica di una causa, intentata contro il Governo degli Stati Uniti da Fermi e altri scienziati del Progetto Manhattan, con richiesta di risarcimento per milioni di dollari per lo sfruttamento industriale di alcuni brevetti. Tanto che lo stesso Fermi chiederà di soprassedere. Simone Turchetti ha consultato archivi pubblici e privati, documenti fino ad ora inesplorati, compresi quelli dell’MI5 (Il servizio segreto militare inglese) e del Foreign Office depositati presso l’Archivio Nazionale Britannico. Se ne deduce che Pontecorvo non era ideologicamente e politicamente molto impegnato, ma di certo era sotto pressione. Si era consultato con i suoi parenti circa la posizione pacifista dell’Unione Sovietica, temeva come altri scienziati atomici la proliferazione nucleare le campagne antinucleari lanciate in occidente gli fanno ritenere che la Russia sia il luogo dove sarà possibile sfruttare l’energia nucleare soltanto a fini pacifici. Puntualizza Turchetti: “Certo, è possibile che Pontecorvo coltivi una passione politica segreta, senza farne professione pubblica per via del suo impiego nei progetti pubblici alleati; ma questa passione non culmina mai in prese di posizione, neppure dopo il suo trasferimento (almeno fino alle dichiarazioni in favore di Sakharov, ben vent’anni dopo). Insomma Pontecorvo si occupa principalmente di scienza e alle volte di tennis”. E lo spionaggio atomico? Qui Turchetti procede con cautela: è possibile che Bruno Pontecorvo fosse una spia, ma non ci sono elementi per dimostrarlo. Ma il ricercatore approfitta anche per addentrarsi nelle indagini sulla scomparsa del fisico e soprattutto sul comportamento delle autorità e dei servizi di sicurezza inglesi e americani, al punto di parlare di “omissioni e manipolazioni”. Sul caso viene steso un velo di silenzio che, scrive Turchetti “fa comodo anche ai servizi di intelligence statunitensi e britannici: dovrebbero attivarsi per investigare sulla scomparsa di Pontecorvo, ma preferiscono insabbiare l’episodio: la loro gestione delle informazioni riservate prima della fuga del fisico lascia piuttosto desiderare e se questa condotta finisse sotto gli occhi dell’opinione pubblica sarebbe un vero guaio”. Di sicuro l’esperienza che Pontecorvo si porta dietro nel suo viaggio verso l’URSS è pressoché unica. Ma secondo Turchetti, la sua esperienza con i reattori ad acqua pesante non riveste un aspetto decisivo. “sono piuttosto le conoscenze di Pontecorvo nella prospezione dei materiali strategici a risultare ghiottissime per una filiera atomica dove proprio la carenza di uranio è l’anello debole.” La conclusione che Turchetti trae dalle sue ricerche è non poco intrigante soprattutto quando afferma che il caso Pontecorvo fu minimizzato se non addirittura insabbiato per privilegiare accordi sulla gestione delle informazioni e dei materiali nucleari, sia per lo sfruttamento industriale, commerciale e militare dell’atomo. Rimane il fatto che la vicenda è stata punto di riferimento di scienziati, diplomatici, servizi di sicurezza, militanti di partito, giornalisti e il “caso Pontecorvo” si impone come un episodio cruciale della Guerra Fredda.
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