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GNOSIS 3/2007
L'INTERVISTA

Una vita blindata contro le mafie
parla il Procuratore Generale Antimafia
Piero Grasso

a cura di Fabrizio Feo




1945: Nato a Licata
- Laureato in Giurisprudenza
1969: Entra in Magistratura
1972: Sostituto Procuratore a Palermo
1984: Giudice al Tribunale di Palermo, giudice a latere del I° maxi processo a Cosa Nostra
1989: Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia
1992: Coordinatore degli Affari Penali, subentra a Giovanni Falcone nella Commissione programmi di protezione e nel Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza
1993: Sostituto Procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia
1999: Procuratore capo di Palermo
2005: Procuratore Nazionale Antimafia

A chi ha parlato di inviare in Sicilia ancora una volta l'esercito, come ai tempi dell'operazione "Vespri Siciliani", il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso ha risposto di preferire "un esercito fatto di commercianti e imprenditori, di associazioni della società civile, impegnati contro la mafia...".
Così con poche parole, con la schiettezza di sempre, il Procuratore Grasso ha riassunto uno dei punti centrali di quella che definisce la necessaria "rivoluzione culturale contro la mafia"..., ne parla anche in "Pizzini, veleni e cicoria", il libro edito da Feltrinelli, che raccoglie una conversazione del magistrato con l'inviato de La Stampa Francesco La Licata.
Grasso e la Licata nel libro affrontano non solo i temi centrali della lotta a Cosa Nostra, ma anche - diffusamente - alcune questioni scomode legate ai rapporti tra lo Stato, la politica, il sistema economico e le mafie, senza trascurare una riflessione sui problemi, in qualche caso i veri e propri malanni, che affliggono il fronte che alla criminalità si contrappone, l'antimafia, spesso lacerata da sospetti, veleni e divisioni.
La ricostruzione del Procuratore Grasso con il giornalista La Licata ha il pregio di proporre, senza veli, questioni spesso eluse o trattate - per quel che riguarda Cosa Nostra ma anche altre organizzazioni criminali italiane e straniere - con logori stereotipi o banalità, in alcuni casi anche a forza di slogan.
Una riflessione schietta che è da considerare ancor più utile quando, a poco più di due mesi dalla pubblicazione del libro, in Germania, a Duisburg, arrivano agghiaccianti conferme della tracotanza, della potenza e della capacità di infiltrazione delle organizzazioni mafiose, in questo caso la ‘ndrangheta, non solo in regioni diverse da quelle di origine, nel nostro Paese ma anche all'estero….una riflessione utile, quella del Procuratore Antimafia, quando si assiste all'inarrestabile stillicidio dei morti delle infinite guerre della camorra in provincia di Napoli, ... quando si rifanno vivi in modo eclatante gli esattori del pizzo, su vasta scala, in diverse province siciliane e le cosche tornano a minacciare e a compiere atti di intimidazione nei confronti di giornalisti come Lirio Abate.
Insomma, viene posta con chiarezza l'esigenza di risposte immediate, urgenti, a due interrogativi di fondo, legati non soltanto alle continue prove del florido stato di salute delle organizzazioni criminali.
Innanzitutto: è ancora possibile vincere la guerra contro un sistema di potere che pare assai difficile da sgretolare? Un sistema che, pur colpito, appare capace di riprodursi all'infinito a cominciare dai propri componenti essenziali: dall'esercito degli affiliati alla vastissima platea formata dalla rete delle solidarietà più prossime, quella dei congiunti, ai fiancheggiatori, alla rete della microcriminalità asservita, utilizzata, fino all'area del cosiddetto ‘concorso esterno’ fatta di commercianti, imprenditori, professionisti, pubblici funzionari, tecnici, politici... rapporti costruiti su conoscenze, legami complessi, ma anche su un mercato di informazioni e favori che intervengono per vincere un concorso come gli appalti, per pilotare il consenso, ottenere voti ….
E ancora: con quali armi si combatte una guerra in cui, spesso, sembrano impegnati in prima linea (o almeno questa è la sensazione netta della pubblica opinione) quasi esclusivamente investigatori e magistrati? E' un dato di fatto che dopo stragi e attentati del '92 e del '93 è andata man mano calando la tensione, la passione, la partecipazione civile per la lotta ai fenomeni criminali, mentre man mano si sono susseguite proposte e scelte legislative che pur non riguardando ed anzi escludendo i reati di mafia, di fatto nell'applicazione spuntano anche le armi e le indagini contro le organizzazioni criminali ... dalla sostanziale depenalizzazione dell'abuso d'ufficio che mette le indagini nell'impossibilità di colpire e neutralizzare realmente le infiltrazioni negli enti locali, alle modifiche del codice di procedura penale, dalle limitazioni alle intercettazioni ... alla riforma della legge sui pentiti, che disincentiva la collaborazione … fino all'indulto al centro di mille polemiche per i vantaggi che avrebbero ottenuto anche criminali che non sono proprio di mezza tacca.
Per non parlare dell'inadeguatezza di alcuni strumenti normativi. Basta pensare al funzionamento farraginoso della normativa sui sequestri, le confische e il riutilizzo dei patrimoni mafiosi. Messe insieme, le tappe percorse negli ultimi 13 anni su questo versante presentano un quadro desolante. Che ha fatto parlare di "normalizzazione".
E' dunque utile affrontare questi temi proprio con il Capo della Procura Nazionale Antimafia, un magistrato che quando ha rivestito il ruolo di pubblica accusa o quando ha diretto il lavoro delle procure ha sempre obbedito alla regola di portare in aula degli imputati solo quando c'erano prove sufficienti a sostenere l'accusa, un uomo che in 40 anni di attività ha sempre trovato la forza di combattere le organizzazioni mafiose nel rispondere alla propria coscienza … e ha continuato a non arrendersi anche quando lo Stato non considerava prioritario l'impegno contro la mafia, anche quando sono morti amici e colleghi o magari si è trovato da solo …
L'incontro con il Procuratore Grasso si svolge nel suo ufficio alla Procura Nazionale Antimafia, nel palazzo che fu il Carcere Nuovo, l'antico carcere papalino di via Giulia, una strada ove Papa Giulio II aveva pensato di riunire tutte le Corti Giudiziarie e dove poi Papa Innocenzo X, nel 1652, aveva costruito la nuova prigione … nelle intenzioni doveva essere più umana di quelle viste fino ad allora a Roma … più umana naturalmente per quei tempi … e rimase in funzione per quasi 250 anni, fino alla costruzione di Regina Coeli sull'altra riva del Tevere. L'architettura degli interni, nonostante le modifiche, è quella delle carceri di quel tempo, rimasta tale almeno per due secoli ancora …, così la sede della Direzione Nazionale Antimafia appare spoglia, un po' tetra, ma cambia quando si passa nell'ufficio del Procuratore, luminoso, alte volte affrescate, grandi dipinti a tema religioso non sembra essere stato disegnato dall'architetto del Carcere Nuovo come il resto dell'edificio, cioè come un luogo ove i peccati venivano espiati, o confessati … Su alcuni mobili intorno alla scrivania del Procuratore sono raccolti soprattutto ricordi della sua attività di anni, foto e una raccolta di eleganti statuine … gendarmi, magistrati … Molta la posta e i carteggi su cui deve lavorare il Procuratore, costantemente in movimento tra le procure distrettuali, all'estero, o per parlare di legalità nelle scuole e nelle Università …. non si stanca a girare il Procuratore Grasso … per parlare ai giovani, come non si stancò a stare inchiodato alla scrivania per scrivere quella “Treccani di Cosa Nostra” che è la sentenza del primo maxi processo alla mafia … il punto da cui comincia il nostro colloquio con un aneddoto significativo, e istruttivo....



Mi ha colpito sentirle raccontare un episodio che considero istruttivo: … Le capitò una volta di imbattersi in un mafioso condannato nel corso del maxi processo che non doveva essere per strada , libero, … anche perché lei aveva sempre risposto negativamente alle sue istanze di scarcerazione… mi sono chiesto … …Accadeva più o meno 20 anni fa . Non le sembra che tanti piccoli o grandi episodi come quello diano ragione a Nando dalla Chiesa che parlava di "uno Stato che non pensa alla lotta alla mafie tutti i giorni mentre queste ogni giorno sono impegnate a guadagnare terreno"… e quante altre volte ha dovuto provare la stessa sensazione . Come potrei definirla … di impotenza? Sconfitta? Disgusto? Cosa si è detto per andare avanti, per continuare il suo lavoro?


E' accaduto che un giorno, proprio mentre scrivevo la sentenza del maxi processo e proprio mentre scrivevo la scheda di uno dei mafiosi, un personaggio condannato ad 8 anni di reclusione, me lo trovo davanti, in un negozio… questa persona, che lì per lì non riconosco, mi ferma e mi dice che ero stato cattivo con lui, mentre altri giudici gli avevano concesso la libertà provvisoria, Questo ha provocato in me una reazione, un trauma,che però ho superato. In momenti simili o si impazzisce o si manda tutto all'aria, oppure si dice " beh ho la coscienza a posto". In me è scattata una molla, mi sono detto: …tutto quello che ho fatto, l'ho fatto obbedendo alla mia coscienza… l'ho valutato in relazione alla mia coscienza. poi se intervengono fattori esterni che non fanno raggiungere il risultato, pazienza, io continuo per la mia strada, con il mio impegno, per le cose in cui credo, con la mia volontà di sempre e con l'entusiasmo di sempre… Bisogna superare i momenti di scoramento perché nella lotta alla mafia l'impegno deve essere continuo, non può avere gli alti e bassi a cui siamo stati abituati. Veda, ho sempre visto la lotta alla mafia come un diagramma in cui ci sono delle vette e delle paludi, cioè quando diminuisce, scende, l'impegno, ma non solo dello Stato,della società civile, di tutto quel complesso di elementi che servono per la lotta alla mafia. Spesso è stata un’emergenza a provocare una reazione ,in genere un’emozione collettiva molto vigorosa, che ha spinto tutte le forze, la magistratura, la polizia, la politica ad impegnarsi a fondo, ... poi però questo impegno fatalmente è scemato, mentre, invece, è necessario farlo diventare ordinario… C'è poi un'altra considerazione da fare: a guardar bene, stranamente, pare come ci sia una sorta di patto di non belligeranza con la mafia, … un patto che si rompe, ma non si è rotto mai per iniziativa dello Stato. Si è rotto, storicamente, per una qualche azione eclatante commessa dalla mafia: gli esempi sono tanti, dalla strage di Ciaculli nel ‘64, a quella di viale Lazio nel ‘69, al periodo degli omicidi eccellenti, dal ‘79 all'’84, da Giuliano a La Torre, a Dalla Chiesa, a Chinnici, a Mattarella, al procuratore Costa… e altri ancora, e poi le stragi Falcone e Borsellino. Sono stati i punti emergenziali della lotta alla mafia. Da ultimo, ... dopo la repressione, c'è stata la strategia di Provenzano, la scelta di Cosa Nostra di abbassare i toni e cercare di raggiungere una certa invisibilità per recuperare, per lavorare alla riorganizzazione di Cosa Nostra…. Lì abbiamo reagito al tentativo di buttare una coltre sul fenomeno e ci sono stati dei successi che poi hanno portato alla cattura di Provenzano…

Per battersi contro la mafia con efficacia non basta occuparsi del nemico, si devono tenere costantemente sotto controllo le condizioni dell'esercito schierato in campo contro le cosche, mezzi e uomini… motivazione delle truppe, organizzazione delle retrovie …


Sono passato dalla trincea di Palermo, dove vedevo il nemico negli occhi sentivo le voci dei mafiosi nelle intercettazioni, alla Pocura Nazionale Antimafia che è come una sorta di comando generale, dove hai una visione dei fenomeni più ampia, globale, non solo di Cosa Nostra, ma anche della 'ndrangheta , della Sacra Corona Unita, della camorra … da questo osservatorio privilegiato devi andare a verificare cosa serve nella lotta alla mafia, guardare i mezzi necessari, cercare di coordinare le forze in campo. E poi, qualsiasi indagine è il frutto di un insieme di indizi, elementi che riesci a trovare non solo nell'ambito locale, perché le organizzazioni criminali si spostano sul territorio nazionale - e quindi non puoi pensare ad un'indagine che sia soltanto locale - , trovi elementi a Palermo come a Milano o in altre parti del mondo, si deve svolgere un lavoro che è difficilissimo, si tratta di evitare spesso le sovrapposizioni... due organismi diversi possono muoversi su percorsi investigativi che possono incontrarsi e magari intralciarsi e quindi c'è bisogno di qualcuno che dica chi, come e quando deve muoversi, che regoli le attività......Le forze in campo ci sono, sono molto spesso encomiabili, soprattutto al Sud, dove le condizioni sono veramente terribili... e comunque non sono forze sufficienti... parlo di mezzi e uomini. Non si può fare un pedinamento e a un certo punto interromperlo perché è finita l'ora di straordinario che si può pagare, oppure perché è finita la benzina della macchina che si sta usando per seguire un latitante. Non si può pensare ad un'azione contro la mafia che venga svolta ad intermittenza a causa delle carenze di risorse. Le risorse per l'Interno, per la Giustizia devono essere adeguate al fenomeno che si deve affrontare. In Italia ci sono tante priorità, me ne rendo conto, ma dal mio punto di vista la lotta alla criminalità organizzata, la sicurezza, continuano ad essere una priorità. Ma non solo al Sud, si tratta di un problema nazionale perché non c'è dubbio che la sicurezza in generale è un bene essenziale per i cittadini. E poi c'è un problema di norme che vanno adattate all'evoluzione dei fenomeni, alle dinamiche criminali. Pensi ai rapporti tra i vari tipi di criminalità e tra quelle locali e le criminalità di altri paesi... tutto questo impone di essere al passo con quello che accade...

Si è occupato di recente anche delle disattenzioni dei governi e della politica…Lei ha sostenuto che non ci si puo' interrogare sul perchè non si siano più nuovi collaboratori di giustizia quando le norme ordinarie consentono sconti di pena tali che non conviene piu' collaborare …. quando con i mezzi e con le norme che ci sono si può fare ben poco…?


Gli strumenti per contrastare la criminalità organizzata li abbiamo ben individuati. Due soprattutto: le intercettazioni; in particolare quelle ambientali, che, con l'individuazione del posto giusto per piazzare le microspie, consentono la conoscenza dall'interno delle aggregazioni criminali, dei loro progetti, della loro attività, delle loro azioni e poi i collaboratori di giustizia. È questo un bagaglio, un know how che, si può dire, esportiamo in tutto il mondo. Dobbiamo cercare di non perderlo. È necessario, …dobbiamo fare in modo che non ci vengano tolti i poteri che riguardano le intercettazioni sul versante della criminalità organizzata. Adesso c'è una legge in discussione alla Camera su questa materia e credo che ci riusciremo. Per quel che riguarda il capitolo dei collaboratori di giustizia si riscontra una diminuzione non tanto numerica quanto qualitativa. Voglio dire che di collaboratori ce ne sono ancora, ma invece mancano collaboratori che con le loro dichiarazioni riescano a smantellare un'organizzazione, quei personaggi che per essere stati ai vertici conoscano tanti di quegli episodi criminali, tanti di quei soggetti, da poter dare un contributo notevole. Gli ultimi collaboratori di rango…, di qualità, risalgono a un bel po' di tempo fa. Perché accade questo? Non è tanto un problema legato alla legislazione antimafia, dove pure ci sono cose da cambiare, da correggere, quanto a come è andato modificandosi l'ordinamento giudiziario ordinario. Io sono un garantista. Ci sono le garanzie che servono ad evitare gli errori giudiziari, ma ci sono anche delle norme che in realtà incidono solo sulla effettività della pena e sui tempi della giustizia, con quello che ne consegue. Ma soprattutto ci sono dei benefici che hanno prodotto possibilità di avere sconti di pena. Il rito abbreviato consente un primo sconto, poi il patteggiamento allargato in appello è un'altra di quelle opportunità che fanno scendere ulteriormente la pena... ed è possibile applicarlo anche a reati tipici delle organizzazioni mafiose. Abbiamo avuto esempi di grandi trafficanti di stupefacenti che avrebbero potuto subire condanne a ventiquattro o trent'anni di carcere e alla fine hanno, invece, riportato condanne ad otto anni. Poi con la buona condotta in carcere, la liberazione anticipata, le pene realmente scontate si riducono ulteriormente. Finiscono con l'essere pene minime, minori di quelle che invece vengono inflitte a un collaboratore di giustizia, che deve comunque scontare un quarto della pena in carcere ed inoltre deve consegnare tutti i suoi beni, senza che venga fatta una distinzione se si tratti di beni ottenuti in modo illecito o piuttosto di un'eredità. Analizzando questo fenomeno si potrebbe quasi dire che un buon avvocato pesa più delle misure, di quanto è previsto dalla legge antimafia o sulla collaborazione di giustizia. Dunque servono incentivi che rimettano in moto il meccanismo della collaborazione, soprattutto delle collaborazioni di personaggi di rango del crimine organizzato, e poi vanno mantenuti fermi, difesi gli spazi di indagine, di raccolta di prove consentiti dalle intercettazioni ambientali.

Ha ribadito spesso la priorità dell'impegno contro il traffico internazionale di droga, in particolare contro il fiume di cocaina che invade il Paese e l'Europa … ma ha anche posto il problema delle motivazioni che spingono la crescita della domanda ……non crede che le organizzazioni criminali sfruttino la diffusione dell'uso della cocaina non solo,ovviamente, come grande occasione di guadagno, di accumulazione di capitali, ma anche come strumento per infiltrare, corrompere e conquistare ai loro progetti pezzi di società …?


Guardi, Cosa Nostra cerca di ottenere consenso, spesso attraverso i servizi che dà alla comunità dei territori che controlla o che punta a controllare, ad esempio anche con il recupero delle cose rubate. Ricordo che sono stati commessi omicidi per imporre ai ricettatori di mantenere, per un determinato periodo di tempo, presso di sé la roba ricettata, in modo da poter consentire il recupero ….e dunque garantire un servizio. Qualcosa che ha a che vedere anche con i sistemi che le organizzazioni mafiose usano per convincere imprenditori, commercianti, che il pizzo non è altro se non un'assicurazione contro i rischi, i rischi di danni che poi è la stessa organizzazione criminale a porre in essere... attraverso questi meccanismi si crea un rapporto con il tessuto sociale, ... ed è quello che accade anche con la droga, quando si crea un collegamento, magari addirittura con persone che agiscono a livelli istituzionali , dovuto alla dipendenza. Naturalmente tutto questo avviene attraverso il livello dello spaccio degli stupefacenti. Attraverso questo livello intermedio si tengono legati, ad esempio, professionisti che hanno bisogno dello spacciatore, dunque sono ricattabili, perché la loro reputazione non può essere inquinata...
Nei progetti criminali il traffico di droga è prioritario per la capacità che ha, rispetto all'impiego di capitali, di produrre profitti. Ricordo anche che la droga è prodotta, come molte merci, in un determinato luogo ed è consumata in luoghi diversi, in Stati diversi: questo ne fa un reato transnazionale. Ed è dunque importante la collaborazione internazionale, io direi che sia decisiva. È necessario avere norme omogenee, procedure omogenee, è necessario che le polizie, le magistrature dei vari Stati agiscano in sintonia. La Procura Nazionale Antimafia dedica una parte importante della sua attività proprio a garantire questi collegamenti, a creare prassi comuni. E devo dire che su questo terreno si sono avuti diversi successi, non solo sul fronte della lotta al traffico di droga ma anche in tema di tratta di esseri umani. Abbiamo sperimentato operazioni congiunte con arresti contestuali in Europa in America Latina...
E comunque c'è ancora molta strada da fare. Ce lo dicono anche i fatti di Duisburg... abbiamo sempre ricordato in molte sedi il problema posto da una criminalità organizzata che riesce con grande velocità a spostarsi in paesi dove non c'è sensibilità per reati di criminalità organizzata, dove i reati di mafia spesso non vengono avvertiti come pericolo, compresi. Paesi nei quali una rapina, degli omicidi, una strage fanno immediatamente scattare un meccanismo di reazione che invece non scatta quando si parla di grandi traffici di droga o di riciclaggio di danaro sporco, reati pericolosissimi ma che non hanno impatto perché non sono visibili. Lì è importante avere investigatori che abbiano capacità di interpretare questi fenomeni, comprendere le ragioni, il modo di manifestarsi di questi reati e dunque intervenire….

La lotta ai capitali di mafia, al riciclaggio di danaro sporco, cammina anche di pari passo con la ricerca di grandi latitanti che risiedono all'estero, spesso individuati dalle vostre inchieste, eppure, in alcuni casi, apparentemente intoccabili, … un esempio per tutti quello di Vito Roberto Palazzolo … in alcuni casi "collaborazione internazionale" sembra un'espressione vuota…cosa si può fare per renderla effettiva in un numero sempre maggiore di paesi?


Ricordo spesso un'intercettazione fatta proprio nel giorno della caduta del muro di Berlino. Un mafioso diceva al suo interlocutore, che si trovava in Germania, "vai a Berlino est". Quando quello chiedeva perché il mafioso aveva risposto "è caduto il muro di Berlino". "E che devo fare "diceva ancora l'interlocutore. Spazientito il mafioso aveva risposto " devi comprare tutto, tutto, tutto, compra discoteche, bar, pizzerie, tutto, tutto, tutto". Dei mafiosi lo stesso giorno della caduta del muro di Berlino avevano avuto la capacità di intravedere i nuovi mercati che si aprivano, nuove possibilità di investimento e di guadagno... questi investimenti in molti paesi non vengono visti come un pericolo, anzi spesso vengono interpretati come fatti positivi, come opportunità... pecunia non olet, il denaro non puzza, tutto fa girare l'economia, e questo denaro d'altra parte non costa nulla, ma ha il vantaggio di produrre un potere enorme... che però rischia di influenzare soprattutto le democrazie più fragili e non produce sviluppo, ma solo inquinamento dell'economia… Ricordo che quando ero a Palermo mi imbattei in operazioni di riciclaggio che portavano a Santo Domingo. Scrissi allora una lettera ad una banca, chiedendo informazioni per capire e indicare, connotazioni, natura dei protagonisti delle operazioni. La banca mi rispose dopo sei mesi, chiedendomi notizie che non avevo e che erano poi quelle che io avevo chiesto loro... un esempio di mancanza di collaborazione. Voglio dire che finché la comunità internazionale tollererà paradisi fiscali capaci di nascondere e di lavare capitali sporchi o grigi - intendo anche quelli che vengono dalle tangenti, dalla corruzione, le operazioni estero su estero - sarà difficile, se non impossibile, seguire le tracce del riciclaggio di capitali criminali. Le tracce del danaro sporco così si perdono. E del resto chi vuole nascondere quel danaro è pronto a pagare anche grosse somme. Poi se guardo alle statistiche dei processi per riciclaggio di denaro sporco in Italia trovo risposte deludenti... ci saranno 4 o 5 processi in tutto, a fronte di ricchezze incalcolabili... A Palermo - ma è solo un esempio - abbiamo fatto molto con sequestri, confische …ma quelle ricchezze sono solo una minima parte di quello che viene prodotto dalle mafie….

Lei ha anche ricordato che vi sono tanti progetti che giacciono in Parlamento e tanti altri non sono stati approvati ….e che quando ci si chiede cosa faccia la Direzione Nazionale Antimafia ci si deve anche domandare quante volte la Dna abbia chiesto di avere poteri maggiori per contrastare la criminalita' organizzata e quante volte siano stati negati…può indicarci alcune delle misure necessarie e più urgenti ?


Noi abbiamo chiesto di avere qualche strumento in più rispetto a quelli che usiamo nelle attività di coordinamento che svolgiamo oggi. È necessario avere mezzi per attuare un coordinamento più concreto, avere la possibilità di intervenire direttamente per alcuni reati, ad esempio quelli transnazionali, con il coordinamento tra attività delle autorità italiane e quelle estere. Ad esempio andrebbe proposta una normativa che consenta di avere un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia nelle squadre investigative comuni, in modo da poter meglio organizzare il lavoro e coordinare gli sforzi. Abbiamo chiesto di avere la possibilità di proporre misure patrimoniali contro l’organizzazione mafiosa. Uno strumento di questo tipo rafforzerebbe l'azione antimafia, se è vero che tante Procure della Repubblica non hanno le forze per seguire questi aspetti, perché devono impegnarsi, con quelle che hanno, sui fatti strettamente criminali, ed invece emerge la possibilità di colpire anche interessi economici di soggetti ed organizzazioni. Siamo sempre stati disponibili ad occuparci di questo settore che consideriamo importantissimo. Ricordo che un mafioso, diventato poi collaboratore di giustizia, Gaspare Mutolo, diceva che gli affiliati a Cosa Nostra sopportano il carcere, ma quello che non sopportano è il fatto che qualcuno gli possa mettere le mani in tasca... ed è la verità perché esponenti criminali che finiscono in carcere possono anche essere sostituiti ma ci vogliono anni per ricostruire un patrimonio sequestrato e poi confiscato. Poi abbiamo chiesto di poter intervenire su un altro versante. Abbiamo colto significativi elementi di collegamento tra organizzazioni terroristiche e criminalità organizzata. Basta pensare al fatto che tante organizzazioni terroristiche si finanziano con il traffico di stupefacenti, ci sono agenzie internazionali che producono documenti falsi, che aiutano nel riciclare danaro, e non ci sono solo questi aspetti. Tutto questo dovrebbe indurre a puntare ad un coordinamento delle investigazioni sul terrorismo e sui suoi collegamenti con la criminalità organizzata. Abbiamo chiesto di poterlo fare e, tra l'altro, e per così dire, a prezzi stracciati, magari solo con qualche magistrato in più, un procuratore aggiunto che si occupi di questo specifico settore. Abbiamo anche una banca dati già pronta, che funziona..... Sento che sono tutti d'accordo ma poi diventa sempre difficile passare dalle intenzioni ai fatti...

Lei ha anche ripetuto spesso che, soprattutto nel Mezzogiorno, non ci si può limitare alla repressione... occorrono cambiamenti sotto il profilo della sicurezza sociale, del lavoro, si devono eliminare piaghe come la disoccupazione, l'emarginazione…. . E ha sottolineato che la lotta alla criminalità organizzata deve essere un fatto corale…e convinto…. qualche tempo fa ha fatto quasi un appello alla politica perché venisse fatta pulizia nelle liste elettorali… con quali risultati ….?


Nel gennaio del 2006, quando la legge ha dato ai partiti la possibilità di fare liste, per così dire, più rigide, quando i margini per scegliere i candidati si sono ristretti e il cittadino ha dovuto votare magari anche persone non gradite, ho fatto una considerazione, più che un appello: ho detto che era l'occasione,un'occasione unica per i partiti, per togliere dalle liste non genericamente le persone sospette ma chi aveva avuto condanne, chi era indagato... e ho ricordato che se c'è una responsabilità penale poi c'è anche una responsabilità politica. Non era un tentativo di far decidere le liste alla magistratura, io sono convinto che il primato della politica va riconosciuto. Oggi però c'è un distacco dei cittadini dalla politica, la gente capisce poco di quello che accade, assiste a scontri continui, non si sente ben rappresentata... e comunque io credo che questo rapporto possa essere recuperato... ma il mio appello, le mie considerazioni, sono cadute nel vuoto. Poi è passato il messaggio che la magistratura facendo il suo lavoro- e possono essere anche stati commessi degli errori- può comunque condannare o assolvere, può indagare... può fare quello che vuole ….ma la politica non ne tiene conto. E il messaggio, mi creda, è davvero terrificante.

Lei non si sottrae mai, quando può, e spesso a costo di sforzi enormi, alle tantissime richieste di intervenire a dibattiti, seminari con i giovani, nelle scuole, sulla legalità… …una volta ha raccontato di una madre spinta dalle due figliolette ad abbandonare il sistema mafioso e a collaborare con la giustizia. Le figlie di 12 e 13 anni erano state influenzate dall'impegno per la legalità nella loro scuola….


Io dedico molto del mio tempo libero dal lavoro a questo tipo di contatti, perché se è vero che la mafia è anche ricerca del consenso bisogna agire preventivamente su coloro che sono destinatari di questa ricerca di consenso, perché la mafia è sinonimo di potere, di danaro, di ricchezza: sono i miti del nostro tempo, però sbagliati… perché in realtà, come poi spieghiamo ai giovani la mafia dà lutti, dà sangue, carcere, alla fine non paga. Questo è il messaggio che i giovani devono ricevere. Però registro anche il problema che mi pongono spesso giovani, soprattutto quelli che sono all'ultimo anno e stanno per uscire dalla scuola, che hanno deciso di non andare all'università e dunque finito di essere studenti diventano disoccupati... Mi dicono: "ora ho questo bagaglio di cultura della legalità, ma chi risolverà il mio problema, chi mi aiuterà a trovare un'occupazione, a chi mi devo rivolgere, cosa devo fare"? Io rispondo sempre che è necessario dare a tutti le stesse opportunità, eliminando i favoritismi, poi ognuno deve conquistare un posto nella società in base alle proprie capacità. Un discorso difficile, tanto più difficile dove la disoccupazione è molto alta, così alta che spesso non si immagina quanto, perché i dati vengono annacquati dal dato nazionale. Le nostre giovani intelligenze sono costrette ad andare via, verso il centro Nord Italia, oppure all'estero, dove forse non serve nemmeno quella educazione alla legalità che faticosamente è stata inculcata dagli insegnanti, dalla scuola, che si impegnano in modo eccezionale. E chi resta? Spesso restano quelli che si adattano al sistema. E finché andrà così sarà difficile cambiare il sistema, perché per cambiarlo occorre una nuova classe dirigente, occorre isolare il fenomeno mafia, isolare il meccanismo dei favoritismi, il ricorso all'intermediazione per ottenere il rispetto dei propri diritti... occorre una vera e propria rivoluzione culturale, ecco perché mi dedico tutte le volte che posso a incontrare giovani, a parlare di legalità…




"....gli uomini passano, le idee restano,
restano le loro tensioni morali,
continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini...."

Giovanni FALCONE




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