recensioni e segnalazioni 3/2020

SOE Agent Dick Mallaby’s Italian Missions 1943-45 Osprey, 2019 pp. 336 - £ 16,99 di Luca Rocchi
Nel numero 2/2014 di «Gnosis», l’autore del volume ha recensito L’inglese che viaggiò con il Re e Badoglio. Le missioni dell’agente speciale Dick Mallaby, avvincente e argomentato saggio che rivela, dopo settant’anni, i clamorosi e storici dettagli delle missioni italiane del britannico Dick Mallaby, agente dello Special Operations Executive. Grazie a ricerche approfondite e mirate è finalmente possibile conoscere il ruolo di protagonista e privilegiato testimone dell’agente Mallaby nelle trattative per la resa italiana agli Alleati del settembre 1943 e in quella dei tedeschi dell’aprile 1945. A corollario della notevole rilevanza storiografica di quanto scoperto, vicende come quelle ricostruite dall’autore confermano come la realtà riesca a superare spesso la fantasia.
Chi avrebbe mai potuto concepire o immaginare un agente speciale britannico che, nel settembre 1943, trasmette e riceve i segretissimi messaggi tra Badoglio ed Eisenhower dalla sede del Comando Supremo italiano di Palazzo Vidoni (dove ancora circolano gli addetti tedeschi)? Ma come spesso accade, i non professionisti della ricerca storiografica riescono a far emergere personaggi ed eventi rimasti nell’ombra per decenni. Il testo è adesso pubblicato anche in edizione in lingua inglese. Ma non si tratta semplicemente di una traduzione; infatti, rispetto alle tre versioni italiane, il saggio, particolarmente curato, beneficia di ulteriori aggiornamenti sulle due incredibili missioni di Dick Mallaby, scaturenti dalle sopravvenute interazioni dell’autore con il mondo accademico britannico, ed è inoltre corredato di documentazione fotografica in parte inedita, e di grande interesse documentario.

Pierre Nicole (1625-1695) fu uno dei massimi controversisti del Giansenismo di Port-Royal; compose con Antoine Arnauld la celebre Logique ou l'art de penser e offrì più di una suggestione al Pascal delle Provinciales (da Nicole tradotte in latino e poi imitate nelle Lettres sur l'hérésie imaginaire). Il suo capolavoro sono però i monumentali Saggi di morale che lo avvicinano più che formalmente a Montaigne. Qui ne viene presentato il saggio d’apertura che è un piccolo, quanto obliato, capolavoro di nichilismo. Nella storia della filosofia questo trattatello non rappresenta solo una non rilevata stazione del pirronismo francese – da Montaigne a Bayle – ma salda i greci più paradossali ai più paradossali moderni. In alcuni punti pare di leggere Emil Cioran o Albert Caraco (oppure il nostro Giuseppe Rensi), in parte per il semplice motivo che costoro, forti lettori del Grand Siècle, presero quasi testualmente da Nicole. Il volume opera quindi un atto di giustizia critica, mostrando che molta farina di quei sacchi era tirata da lui, macinata nel suo vecchio mulino. Inoltre, Miseria dell’uomo riesce oggi perfetto nel trattare le ipertensioni acute da superomismo e transumanesimo; anzi è tanto attuale – nel suo pessimismo lucifugo – da sembrare un instant book scritto durante l’infuriare del Covid-19. Marco Lanterna, se possibile, radicalizza gli intenti di Nicole, rivaleggiando a stile con lui e traendo infine un ficcante velenosissimo esiziale parergo, sorta di saggio nel saggio.

Sono la memoria individuale e il tormento per mancanza di libertà i perni su cui poggia l’intera narrazione di questo nuovo lavoro di Maurizio Lo Re, con buona dose di introspezione dei protagonisti che contrasta con gli ampi spazi geografici e temporali in cui è ambientato, dall’Italia del dopo 8 settembre 1943 sino a Mosca e a Riga nel 1981. Il risultato è un abile intreccio in cui vicende vere e tragiche, come la triste sorte dell’ebrea Jenny Cozzi o la prestigiosa figura dell’ambasciatore Michele Lanza, s’inseriscono in una complessa trama di pura fantasia ritmata come una spy story, fra Servizi segreti, il trafugamento di materiale top secret e la fuga in Occidente di una giovane lettone, Irina. Possiede, infatti, i toni di una rocambolesca evasione da un carcere, sia esso il triste abbandono, la solitudine e i soprusi subiti da Irina nel claustrofobico sistema sovietico, oppure quello intimo e psicologico del protagonista, in perenne lotta per superare un suo senso di inadeguatezza alla vita che lo sta devastando. Il ritmo della narrazione sembra infatti accelerare, proprio come quel treno da Mosca, man mano che la liberazione dalle loro penose costrizioni, per entrambi, sembra avvicinarsi, come fosse la tappa finale di un lungo e sofferto viaggio di riscatto dai propri destini.

«Gli agenti segreti, come Dio, mandano segni solo ai loro confidenti. Sono molto crudeli, e anche infelici, a volte. Comunque tacciono». Un tale che è un agente segreto parcheggia la macchina presa a nolo e sale sull’autobus per andare in città. Quel giorno compie quarantun anni e, buttandosi su un sedile a caso chiude gli occhi con i suoi pensieri venati di malinconia. Vede per la prima volta Thea, con un nastro di velluto nero. Inizia a scrivere lettere alla ragazza sconosciuta, alle quali allega sempre un disco di Mozart, con l’intento di poter ascoltare la stessa musica contemporaneamente, in luoghi differenti. «Non avrai mai l’occasione di farmi delle domande – spiega lo 007 – ma la mia voce ti giungerà nelle lettere. Da quando ho memoria di te, io ti ho cercata». Thea risponde al suo ‘Sconosciuto’. Sa che «Dio non è un ufficio», è sicura che lo riconoscerà dagli occhi, lo abbraccerà e poi «staremo a vedere quello che succederà». Diventata donna, laureatasi e dopo aver iniziato a insegnare, Thea incontra un uomo, G.R., che decide di sposare. Ma arriva la morte e lancia i suoi dadi. Una Lamborghini bianca giace spaccata in un canale, portandosi dietro altre valigie di incompiuti. Nikos Trianda ama quel Mediterraneo che gli porta i segreti dei Fenici, ma «nessun uomo ancora vivo avrebbe potuto competere con un fantasma» presente nel cuore di Thea. Aleksandr Abramov ha una storia lunga. Un libro gli ha spaccato le vene, il Michael Kohlhaas di Kleis: se vuoi avere ragione e vendicarti dei tuoi nemici, devi ricordarti che c’è un limite, è impossibile uccidere a caso centinaia di uomini a causa di alcuni cavalli. È un uomo solo, con i suoi tre cerchi della musica. Un tempo ha combattuto con un arabo in un guado dello Iabbok, come Giacobbe con l’Angelo, e ha vinto. Dal giorno in cui Aleksandr ha saputo il nome e l’indirizzo della ragazza ha cominciato a inviarle lettere scritte a macchina, senza firma. Qualche tempo dopo le ha proposto di scrivergli al fermo posta dell’ufficio centrale di Trafalgar Square, indirizzando le lettere a Franz Kafka. Ora è in prigione. «Ti prego, non morire – scrive la donna – svelami il tuo segreto, forse vorrò seguirti. Forse vorrò lasciarti e strappare le tue lettere». Thea pone rametti di santoreggia nella sottana dell’infelice Ingeborg, le scelte si pagano. Chi può dirlo? Lo sa il diavolo quando succederà.

Quando una mattina il campanello di John Taliabue, professore di letteratura comparata alla New York University, suona insistentemente, nessuno può immaginare che aprendo la porta si troverà davanti Mark Simonetti, agente dell’Fbi con tanto di tesserino, specializzato in ‘crimini letterari’. Il crimine letterario che il Bureau non ha mai smesso di investigare riguarda la scomparsa di J.D. Salinger dalla vita pubblica, e sembra coinvolgere anche una misteriosa donna, Olga Simoneova, presunta spia russa nonché vecchia amica dell’accademico. Taliabue non vorrebbe saperne niente – mal sopporta l’Fbi – ma qualcosa sa, e per la prima volta si troverà costretto a parlare...
La letteratura insegnata e amata dal professore e Il giovane Holden rappresentano l’occasione per analizzare il mito americano nell’epoca di Trump: tra rievocazioni e oblii, intuizioni geniali e false piste, l’autore si avvicina alla vita e alla scrittura di Salinger con intelligenza, curiosità e rara capacità di racconto. Se la memoria è un sentimento, quella di Deaglio e Taliabue è un sentimento di irrinunciabile avventura.

Una chiave di lettura Carocci editore, 2020 pp. 195 - euro 19,00 di Giuseppe Della Torre
Il libro affronta i rapporti tra archivi e ricerca storica. In particolare, il processo interno di formazione delle decisioni delle istituzioni e le informazioni che lo storico può trarre dalle carte d’archivio. Per il primo punto Melis, richiamando Sabino Cassese, suggerisce che oggetto della ricerca non è l’assetto dell’istituzione codificato nelle regole, piuttosto la zona grigia nella quale agiscono «le voci di dentro» (di Eduardo De Filippo): le persone che guidano l’istituzione e gli interessi che vi trovano udienza. Per studiare tali ‘voci’ è necessario guardare agli archivi dove esse si sedimentano. Si pensi alle revisioni dei documenti passati da un tavolo all’altro, quella che «Meuccio Ruini chiamava la “via crucis” del documento attraverso le scrivanie ministeriali». Per il secondo punto, l’autore ricorda che gli archivi sono i granai dei fatti, che conservano la materia prima per il ricercatore. «Suggestiva immagine, di Lucien Febvre, dalla quale però parzialmente dissento. Non c’è solo grano nei miei archivi, che mi son spesso apparsi “sconfinati bazar”». Anche per questo la ricerca d’archivio ha il fascino particolare dell’imprevisto: capita che da una busta poco interessante emerga un documento inatteso. Alla fine, l’abilità dello storico sta nel sapere abbandonare il percorso tracciato dalle carovane dei suoi predecessori e nell’imboccare viottoli procedendo verso l’ignoto.

Un “amerikano” alla scoperta dell’Italia
Intervista a Michael Ledeen Biblioni, 2019 pp. 206 - euro 20,00
Provate a digitare il nome Ledeen Michael su un qualsiasi motore di ricerca. Ne uscirà di tutto. Nel bene e nel male, il più delle volte nel male. Ma chi è questo Ledeen? Michael è uno degli intellettuali d’Oltreoceano che conosce meglio l’Italia. In quanto storico ebreo ha cercato di comprendere le origini della Shoah e di ogni altra discriminazione antisemita e, mosso da questa esigenza, ha ricostruito e reinterpretato gli anni del fascismo; come analista presso la Casa Bianca, il Dipartimento di Stato e il Dipartimento della Difesa si è rivelato non solo testimone ma protagonista di alcuni dei momenti più difficili per il nostro Paese: l’ultima fase degli anni di piombo, l’attentato a Giovanni Paolo II, la vicenda di Sigonella, Mani Pulite, la Seconda Repubblica. Le sue risposte ci svelano così pezzi di storia italiana: in certi casi Ledeen ci spalanca gli scrigni, in altri ce li socchiude permettendoci solo di intuire qualche verità, e in altri ancora li tiene chiusi liquidando le domande con sagacia e con spiazzante ironia. Questa è la versione di Michael, con tutti i limiti ma anche con gli indiscutibili pregi di una testimonianza unica nel suo genere.

«Non sarà più come prima dopo il Covid-19». È diffusa convinzione, ma c’è tempo per le analisi. Intanto il pamphlet di Bernard-Henri Lévy compendia la voce di chi, «raggelato» dalla gestione della pandemia, rischia l’etichetta di «negazionista» in un mondo che ha talmente perso il senso del colore da vedere solo in bianco e nero. Anzi, in bianco o nero. È articolato, invece, il ragionamento dell’autore. Non risposte ma dubbi: chi ricorda l’influenza di Hong Kong, che provocò un milione di morti nel 1968-1969? E l’asiatica una decina d’anni prima, o la spagnola, che fece 50 milioni di vittime un secolo fa? Nel raffronto «la cosa più sorprendente è il modo molto strano in cui abbiamo reagito questa volta». La sanitarizzazione sociale; il pensiero «magico e punitivo» che il virus rechi un messaggio all’umanità; la mitizzazione del lockdown; un contratto vitale che soppianta il contratto sociale; la disattenzione verso altre tragedie oscurate dal coronavirus. Come ne usciremo? Lévy invita a resistere «a questo vento di follia». Mentre l’Occidente – sottolinea l’autore – per la prima volta in un secolo vive una grave crisi ma non s’aspetta nulla dagli Usa, Xi combatte la «guerra vera» per fare della Cina la potenza numero uno.

La scelta di affiancare sicurezza, leadership e creatività tradisce, sin dal titolo, la volontà di far dialogare tra loro professionalità diverse. Ne è rivelatore il ruolo assegnato, nell’economia del volume, alla creatività, uno strumento indispensabile per una leadership efficace, chiamata a coordinare strutture distinte ma interconnesse, tra cui ripartire compiti e responsabilità, senza perderne una visione olistica. Il volume intende altresì sistematizzare i saperi relativi alla complessa natura della sicurezza. A un’analisi teorica di quest’ultima, seguono un esame delle nozioni di base, delle tecniche e delle strategie relative al security management nonché una riflessione sulle sfide contemporanee e sulle misure da porre in essere per individuare vulnerabilità, mitigare rischi ed esercitare azioni di deterrenza rispetto alle minacce. Particolare attenzione è prestata alla comunicazione in situazioni critiche, la cui inaccuratezza può comportare l’intensificarsi della crisi o addirittura l’insorgere di nuove pericoli. Il saggio è corredato di una prefazione di Nir Ran, direttore della Homeland Security Academy israeliana e arricchito della competenza e delle abilità divulgative dell’autore, generale in congedo, già alto funzionario del ministero dell’Interno bulgaro e docente universitario.