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GNOSIS 1/2006
L'orizzonte nucleare del regime di Kim Jong-il

Giuseppe CURSIO

L’adozione di una “dichiarazione di princìpi”, il 19 settembre 2005, al termine del IV round dei negoziati multilaterali di Pechino (26 luglio-8 agosto; 13-19 settembre) ai quali hanno partecipato gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, il Giappone e le due Coree, segna indubbiamente un passo importante verso una soluzione diplomatica della seconda crisi nucleare nord-coreana scoppiata nel Nord-est asiatico nell’ottobre del 2002, a seguito della rivelazione del regime di P’yongyang di aver prodotto per anni, in segreto, uranio altamente arricchito (HEU), che può essere impiegato come combustibile nei reattori nucleari o per fabbricare armi atomiche. Rimane, tuttavia, l’incertezza sulla reale volontà del leader nord-coreano Kim Jong-il di voler abbandonare del tutto - in modo completo, irreversibile e verificabile - il suo programma nucleare, che impiegato come deterrenza (o dissuasione psicologica) nei confronti del suo antico e odiato nemico, gli Stati Uniti, e dei loro alleati, ha garantito, fino ad oggi, la sovranità e integrità territoriale della Corea del Nord, mentre la crisi nucleare ha consentito allo Stato comunista di uscire dall’isolazionismo internazionale della “guerra fredda” in cui l’aveva relegato l’ideologia “chuch’e”, e di sottoporre i problemi economici del Paese, affiorati per la prima volta in maniera evidente agli inizi degli anni ’90, all’attenzione internazionale, consentendogli di ottenere, fra l’altro, gli aiuti umanitari, energetici ed economici necessari per la sua sopravvivenza, in attesa che la riforma del sistema economico socialista, sull’esempio cinese, sortisca gli effetti sperati.


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Alcuni cenni storici

La Penisola coreana è un’area geografica del Nord-est asiatico dove coesistono due diversi ed opposti sistemi politici e sociali, uno comunista, l’altro democratico di indirizzo filo-americano. La Repubblica Popolare Democratica di Corea (o Corea del Nord) e la Repubblica di Corea (anche Corea del Sud) sono difatti separate da una striscia di terra, un’area smilitarizzata (DMZ) lunga 248 km e larga pressappoco 4 km, che taglia in due la Penisola coreana all’altezza del 38° parallelo. L’origine della divisione territoriale del Paese risale alla fine della seconda guerra mondiale. L’8 agosto 1945, con la resa ormai imminente del Giappone che aveva annesso la Corea nel 1910 (1) , l’Armata Rossa occupò la parte settentrionale della Penisola, mentre gli Stati Uniti avrebbero stabilito il loro comando militare a sud del 38° parallelo il successivo mese di settembre.
L’idea di sottoporre la Corea ad un’amministrazione fiduciaria territoriale (2) , ad interim, a lungo caldeggiata dal presidente americano Franklin D. Roosevelt poiché avrebbe garantito sia gli interessi economici-finanziari delle grandi Potenze che le aspirazioni indipendentiste dei Paesi assoggettati, ma che si adattava poco alla realtà rivoluzionaria del Paese ed era avversata dal popolo coreano, fu accantonata definitivamente nel 1947. I lavori della commissione sovietico-americana istituita con gli accordi di Mosca (3) , che aveva il compito di formare un governo coreano provvisorio, giunsero presto ad una impasse, allorché si dovette procedere con la formazione della lista dei partiti e delle organizzazioni sociali da consultare allo scopo, dovuta all’affiorare delle contraddizioni ideologiche della guerra fredda. Il 14 novembre 1947 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì la Commissione provvisoria delle Nazioni Unite per la Corea (UNTCOK) (4) che avrebbe dovuto garantire la regolarità delle elezioni politiche nel Paese, che ebbero luogo però solo nel Sud. Nel dicembre del 1948 con la ris. n. 195 (III) intitolata “Il problema dell’indipendenza coreana” l’Assemblea generale approvava la relazione finale dell’UNTCOK e proclamava la Repubblica di Corea legittima rappresentante di quella parte del Paese dove la commissione aveva potuto accedere per esercitare il proprio mandato. Il 25 agosto le elezioni politiche si tennero anche nel Nord. La Repubblica Popolare Democratica di Corea fu proclamata il 9 settembre 1948. Kim Il-song, eletto presidente, dichiarava, al pari di Syngman Rhee, di essere il solo rappresentante del popolo coreano. Sul finire del 1948 i sovietici ritirarono le loro truppe dalla Corea. Gli americani nel giugno del 1949.


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Questa divisione innaturale, perché separava con una linea artificiale dettata da considerazioni strategiche uno stesso popolo, fu all’origine del conflitto fra le due repubbliche scoppiato il 25 giugno 1950 e conclusosi con la firma dell’armistizio di Panmunjom il 27 luglio, che ripristinava lo status quo ante bellum. Da allora, tuttavia, gli Stati Uniti e la Corea del Nord non hanno mai stipulato un trattato di pace. Il conflitto fu il momento più acuto della guerra fredda: si temette lo scontro armato fra Stati Uniti e URSS.
A differenza degli Stati Uniti e della Cina, i sovietici non furono coinvolti direttamente nel conflitto. Tuttavia inviarono nella Penisola a sostegno delle forze sino-nordcoreane loro aerei e piloti (5) .


Kim Il-song al potere, 1948-1994

Kim Il-song approfittò dell’emergenza militare della guerra (di Corea) per consolidare il suo potere. Eliminò i suoi più acerrimi avversari, tra i quali molti dei suoi ufficiali accusati di non essere stati all’altezza del compito che gli era stato assegnato, cioè di unificare il Paese entro il 15 agosto del 1953, data di ricorrenza della fondazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Una delle vittime più illustri fu il generale Mu Chong Kim Tu-pong, comandante della II Divisione dell’esercito nord-coreano (PRA), il quale aveva preso parte insieme a Mao Tzedong alla “lunga marcia” (1934-35) verso gli altopiani dello Shaanxi, a nord della grande ansa del fiume Giallo, dopo che le forze comuniste erano state sconfitte dall’esercito nazionalista di Chang Kai-shek. Accusato di aver lasciato la capitale P’yongyang in mano ai nemici, fu espulso dal Partito Comunista dei Lavoratori (WPK) e mandato in esilio, dove morirà in circostanze poco chiare. La politica repressiva condotta con arresti, deportazioni, fucilazioni ai danni degli oppositori del neo-costituito regime si protrasse fino a metà degli anni ‘60; due terzi dei posti chiave del governo e del partito rimasero vacanti. Vittime di innumerevoli processi-farsa non furono solo membri di spicco della dirigenza, ma anche personaggi minori del partito e dell’esercito.
Egli si servì dell’ideologia “chuch’e” (che vuol dire autonomia, autosufficienza ecc.), una “creativa” rielaborazione del marxismo sovietico di Lenin e Stalin che teorizza un modello ideale di governo fondato sull’autosufficienza dell’economia nazionale (charip), l’autodifesa negli affari militari (chawi) e l’indipendenza nella politica estera (chaju), per consolidare il regime militare e rendere legittima la trasmissione ereditaria del potere” (6) . Ricostituite le fila del KWP, fondato nel 1947, il regime di P’yongyang adottò diversi piani di sviluppo economico che privilegiavano lo sviluppo dell’industria pesante, sul modello sovietico. Inoltre gettò le basi per la creazione di un esercito moderno ed efficiente (7) . Diversamente da quanto sosteneva il regime di Kim Il-song, la Corea del Nord dipendeva in realtà economicamente e militarmente da Mosca. Sul finire degli anni ’40 e nel corso dei successivi anni ’50 P’yongyang ottenne più aiuti militari dall’Unione Sovietica che dalla Cina di Mao Zedong (8) .
Durante la “guerra fredda” il regime di Kim Il-song fu particolarmente abile nell’assicurarsi gli aiuti economici e militari di entrambe le potenze (9) . In politica estera, il regime di P’yongyang assunse una posizione di equidistanza da Mosca e Pechino evitando che legami troppo stretti con le due potenze potessero, in qualche modo, pregiudicare l’indipendenza del Paese. Ciò spinse Kim Il-song a concludere due trattati militari di natura difensiva separatamente con l’Unione Sovietica e la Cina nel luglio del 1961 (10) . La cooperazione con le due potenze fu estesa anche al settore nucleare. Nel marzo del 1956 il leader nord-coreano Kim Il-song inviò uno staff di scienziati a Mosca in occasione di un meeting internazionale che aveva per obiettivo la definizione dei tempi e dei modi della costruzione di un istituto per la ricerca nucleare a Dubna (11) .
Nel 1959 la Corea del Nord sottoscrive un accordo con l’Unione Sovietica per la cooperazione nel settore nucleare e la formazione di uno staff di scienziati. Nel 1964 la Cina, che pur aveva messo a disposizione le sue conoscenze tecnologiche per l’estrazione di uranio naturale dalle miniere nord-coreane, si rifiutò, tuttavia, di cooperare con la Corea del Nord nell’attuazione di un secondo programma nucleare parallelo (12) . L’Unione Sovietica intanto fornisce alla Corea del Nord un reattore atomico di ricerca, del tipo IRT-2M, collabora al suo assemblaggio nel sito nucleare di Yonbyon (80 chilometri circa a nord di P’yongyang), come avrebbe successivamente dichiarato (13) , e fino al 1973 fornisce il 10% del carburante nucleare (14) . Nel 1974 la Corea del Nord aumenta la sua potenza da 2 a 8 Mw elettrici, il che comporta un proporzionale aumento, fino all’80%, della quantità di carburante nucleare.
Nel luglio del 1977 la Corea del Nord stipula con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) l’Accordo relativo alle “Misure sulle Salvaguardie” (il cosiddetto Type 66) in base al quale sia il reattore di ricerca IRT-2M che un impianto critico di 0.1 Mw elettrici, entrambi di fabbricazione sovietica, sono sottoposti al monitoraggio internazionale. Ormai, la Corea del Nord aveva acquisito le conoscenze tecnologiche e scientifiche necessarie per costruire da sé un reattore atomico. Nella primavera del 1982 i satelliti americani mostrarono che a Yongbyon erano in corso i lavori per la costruzione di un reattore di 5 Mw elettrici, moderato a grafite ed alimentato con uranio, attivato, poi, nel 1987.
Altri due reattori nucleari, moderati a grafite, di 50Mwe e 200Mwe, di cui il secondo a Taech’on sono in costruzione dal 1989, in violazione del Trattato di Non-Proliferazione nucleare (NPT) (15) , firmato il 12 dicembre 1985, sotto le pressioni di Mosca. Ma, soltanto nel 1992 la Corea del Nord sottoscrive con l’IAEA l’accordo concernente le misure di salvaguardia nucleare in conformità con gli obblighi assunti con la ratifica del NPT, benché il Trattato di Non-Proliferazione stabilisca all’art. 3, quarto comma, che ciò debba avvenire entro diciotto mesi dalla ratifica del NPT. L’accordo è entrato in vigore il 10 aprile 1992 (16) .


La riforma del sistema economico
socialista


L’economia della Corea del Nord negli anni ’50-’60 crebbe con un ritmo maggiore rispetto a quella della Corea del Sud, grazie ai piani di sviluppo pluriennali e animata dal proposito di unificare la Penisola. A partire dagli anni ’70, però, l’economia centralmente diretta cominciò a manifestare i primi segni di declino.
Tutti i maggiori indici economici erano in calo. L’economia della Corea del Nord diventò sempre più dipendente dai prestiti e finanziamenti dell’Unione Sovietica e della Cina.


foto ansa

Un’economia che per anni aveva privilegiato l’industria pesante a discapito dell’agricoltura, che doveva fornire le risorse per l’industrializzazione sia mantenere se stessa, mentre nessuna risorsa poteva essere sottratta all’industria per effettuare investimenti agricoli, portò il Paese sull’orlo del baratro.
La situazione divenne ancor più grave con la riduzione degli aiuti economici e finanziari dell’Unione Sovietica a partire dal 1991. Agli inizi degli anni ’90 l’economia nord-coreana versava ormai in una crisi gravissima. Inoltre, la frequenza di fenomeni naturali calamitosi come la siccità e le inondazioni, gli smottamenti del terreno dovuti al disboscamento di ampie aree ad opera della mano scellerata dell’uomo che hanno ridotto la superficie coltivabile, nonché la mancanza di pesticidi, fertilizzanti e di carburante per le macchine agricole contribuirono ad aggravare la situazione economica del Paese.
E, per la prima volta, nel 1993, il regime di Kim Il-song ammise pubblicamente la gravità della situazione. Nel periodo 1995-99 la produzione di cereali non superò i quattro milioni di tonnellate all’anno rispetto al fabbisogno nazionale di cinque milioni di tonnellate all’anno. Il sistema di distribuzione pubblico degli alimenti (PDS) fu quasi del tutto abbandonato negli anni ’90. Si ritiene che in questi anni circa due milioni o più persone siano morte a causa dell’inedia. Secondo un rapporto dell’UNICEF del 1998, il 62% dei bambini nord-coreani era affetto da denutrizione cronica, mentre il 16% non aveva niente di cui nutrirsi (17) . Per alleviare le difficili condizioni del Paese e ridare nuovo slancio all’economia nazionale la Corea del Nord sta cercando, seguendo l’esempio della Cina, di riformare gradualmente il sistema economico centralmente diretto attraverso l’introduzione di princìpi di libero mercato come la liberalizzazione dei prezzi e dei salari. Si tratta di un tentativo di conciliare la necessità di importare tecnologia occidentale con quella di salvaguardare la cultura orientale, come era avvenuto durante la Restaurazione Meiji (1868).
Un’economia “informale” esiste, pertanto, a fianco di quella nazionale diretta dallo Stato. La legislazione nazionale è stata modificata per favorire gli investimenti stranieri, il leasing di proprietà nord-coreane, garantire alcuni privilegi e tariffe speciali, e, soprattutto, offrire garanzie certe contro la nazionalizzazione di beni stranieri.
La prima legge sulle “joint ventures” fu approvata nel 1984, mentre nel 1991 fu creata la prima area di libero commercio internazionale (FTZ), nella parte nord-orientale della Penisola, dove si trovano i porti di Rajin e Sonbong, scelti in quanto sono un punto di collegamento tra il nord-est della Cina e il Mar del Giappone. Inoltre, dal 2002 la città di Sinuiju, situata in prossimità del confine con il Liaodong, è diventata una “regione amministrativa speciale” dove sperimentare un’economia di mercato, mentre nei “distretti speciali” di Kaesong e Kumgangsan, che si trovano a nord-est della linea di divisione territoriale con la Corea del Sud, si sta sviluppando l’iniziativa privata nel settore del marketing e in quello della proprietà intellettuale, similmente a Hong Kong e Shanghai.
L’Italia, che è stato il primo dei Paesi del G7 a normalizzare le relazioni diplomatiche con la Corea del Nord (gennaio 2000), intrattiene con P’yongyang rapporti economici e culturali. Nel luglio del 2001 i due Paesi hanno sottoscritto infatti alcuni accordi per la cooperazione nel settore calzaturiero e dell’abbigliamento, e la formazione culturale e scientifica di studenti nord-coreani in Italia.
Nonostante questi cambiamenti sul piano economico, il controllo del regime nord-coreano sulla società, perpetrato attraverso il partito e l’esercito, rimane molto stretto. E, sebbene siano in molti (18) a ritenere che il regime nord-coreano sia vicino alla sua fine, per il momento non vi sono segni di un suo imminente collasso. Kim Jong-il resta al potere, e mantiene in vita l’intero sistema politico-sociale della Corea del Nord, saldamente ancorato all’ideologia “chuch’e”.


La deterrenza nucleare e la
“guerra fredda”


Benché nella guerra di Corea del 1950-53, nella guerra Indocinese del 1962 e nel corso della crisi missilistica cubana del 1962 fosse paventata seriamente la possibilità di un impiego di armi atomiche, in realtà, nessuno Stato appartenente a uno dei due blocchi le utilizzò mai dato il loro elevato potenziale distruttivo e il pericolo di un annientamento reciproco, rivelandosi, così, un fattore determinante per la stabilità del sistema politico internazionale.
In netto contrasto con l’ideologia e la retorica della “guerra fredda”, Stati Uniti e Unione Sovietica agirono in base al presupposto che una coesistenza pacifica tra i due blocchi, Est e Ovest, fosse possibile. Lo dimostra il fatto che quando si arrivò al dunque, entrambe le superpotenze agirono con raziocinio e moderazione, anche quando la guerra sembrava alle porte o erano impegnate in essa. Anche la minaccia di impiegare armi nucleari sarebbe servita, in realtà, per altri scopi.
Ad esempio, gli Stati Uniti vi fecero ricorso per accelerare i negoziati di pace in Corea nel 1953 e nel Vietnam nel 1954, mentre l’URSS la impiegò contro la Gran Bretagna e la Francia per costringerle a ritirarsi da Suez nel 1956. Tuttavia, le due superpotenze evitarono che gesti inconsulti e ostili potessero essere erroneamente percepiti dall’altra parte come una dichiarazione di guerra. Né gli Stati Uniti, né l’Unione Sovietica volevano infatti essere coinvolti direttamente in un confronto militare, per giunta nucleare. Così, ad esempio, durante la guerra di Corea del 1950-53, nella quale gli americani erano direttamente coinvolti, Washington sapeva perfettamente che circa 150 aeroplani cinesi erano in realtà aeroplani sovietici guidati da piloti sovietici, ma l’informazione fu tenuta nascosta, perché si pensò correttamente che l’ultima cosa che gli Stati Uniti volevano era una guerra contro l’Unione Sovietica.
L’esistenza di due blocchi, all’interno dei quali era garantita la sicurezza degli Stati che vi facevano parte, aveva ostacolato la proliferazione nucleare internazionale. Ad esempio, sia il Giappone che la Germania rinunciarono a dotarsi di un proprio arsenale nucleare dal momento che erano sotto l’ombrello nucleare americano.
L’appartenenza a uno dei due blocchi condizionò la politica difensiva della Corea del Sud e Taiwan che sospesero la costruzione di un loro arsenale nucleare dopo che gli Stati Uniti avevano, dopo la guerra del Vietnam, deciso di non smantellare le loro basi militari nell’Est asiatico. La Corea del Nord, invece, aderì sotto le pressioni politiche dell’URSS, come già detto, al Trattato di Non-Proliferazione nucleare nel dicembre del 1985.
Ma il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 e la fine del conflitto ideologico tra l’Est e l’Ovest ha reso assai problematico il controllo sull’attività nucleare nei Paesi che appartenevano al blocco sovietico.
Uno di questi è la Corea del Nord, dove il regime comunista di Kim Jong-il nutre infatti, da diversi anni, l’ambizione di diventare uno Stato nucleare (19) . Ciò suscita negli Stati del Nord-est asiatico vive preoccupazioni per la loro sicurezza, e, che oltre ad essere, quindi, un fattore di destabilizzazione politica nella regione, rischia di minare il processo di pace e unificazione nazionale della Penisola coreana, intrapreso dalle due Coree con la firma del “South-North Joint Communiqué” il 4 luglio 1972 e il successivo “Agreed Framework on Reconciliation, Non-aggression, Exchange and Cooperation” siglato il 13 dicembre 1991.


L’origine della crisi nucleare
nord-coreana


La Penisola coreana è oggi al centro di una crisi internazionale scoppiata il 10 gennaio 2003 a seguito della denuncia del Trattato di Non-Proliferazione nucleare da parte della Corea del Nord. Il regime di P’yongyang già nel marzo del 1993 si era rifiutato di ottemperare agli obblighi internazionali in materia di sicurezza nucleare, contratti con la ratifica del trattato.
Nella circostanza, fu decisiva la mediazione dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter che, recatosi nella capitale nord-coreana subito dopo l’annuncio da parte della Corea del Nord del suo ritiro dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica il 13 giugno 1994, convinse Kim Il-song ad accettare la proposta americana di sospendere il programma di sviluppo nucleare in cambio di aiuti economici e della concessione delle relazioni diplomatiche. Il 21 ottobre 1994 Stati Uniti e Corea del Nord firmarono a Ginevra un accordo quadro – The Agreed Framework – in base al quale P’yongyang si impegnò a “congelare” l’attività nucleare e a cooperare con Soul per facilitare la ripresa dei lavori della Commissione congiunta sulla non proliferazione nucleare istituita con la “Joint Declaration on the Denuclearization of the Korean Peninsula” (20 gennaio 1992), sospesi nel marzo del 1994. Un consorzio internazionale, ossia, l’Organizzazione per lo Sviluppo Energetico nella Penisola coreana (KEDO) avrebbe dovuto finanziare i costi, quattro miliardi di dollari, della costruzione di due reattori ad acqua leggera di 1.000 MW elettrici ciascuno. I maggiori finanziatori del progetto sono Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. L’Unione Europea finanzia il progetto KEDO dal 1997.
Il suo contributo finanziario annuale, relativo al periodo 2002-2006, è di 20 milioni di euro (5 milioni di euro in più rispetto al quinquennio precedente 1997-2001). Da parte loro, gli Stati Uniti accettavano di rifornire la Corea del Nord, fino al termine dei lavori della costruzione del primo reattore ad acqua leggera (LWR), con 500.000 tonnellate di greggio annuo, a mezzo di trasporto navale. Il reattore di ricerca di 5 MW elettrici di Yongbyon e i due impianti di 50 e 200 MW elettrici, in costruzione a Yongbyon e Taech’on, sarebbero stati smantellati dopo che i due nuovi reattori nucleari di 1.000 MW elettrici venivano attivati.


Il nuovo programma di sviluppo
nucleare


Dopo la rivelazione fatta da alti ufficiali del regime di Kim Il-Song, nel corso di un incontro con l’assistente segretario di Stato americano James A. Kelly, in visita ufficiale a P’yongyang nell’ottobre del 2002, di aver condotto per anni, in segreto, un programma di sviluppo nucleare per l’arricchimento dell’uranio naturale (High Enriched Uranium) nell’ambito del più generale programma per gli armamenti nucleari, la crisi nucleare nord-coreana è entrata in una nuova fase.
Mentre l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica invitava la Corea del Nord ad ottemperare agli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica del Trattato di Non-Proliferazione nucleare, il Consiglio esecutivo della KEDO, di cui fanno parte gli Stati Uniti, la Repubblica di Corea, il Giappone e l’Unione Europea ordinava la sospensione dei lavori della costruzione del primo reattore nucleare di 1.000 MW elettrici, già in notevole ritardo rispetto ai tempi previsti per la consegna (2003).
Per tutta risposta, il 10 gennaio 2003 la Corea del Nord si ritirava dal NPT, ufficialmente, per protestare contro l’ingerenza degli Stati Uniti che avevano deliberatamente provocato l’intervento dell’IAEA. Nel comunicato ufficiale (20) diramato dalla “KCNA news agency” nord-coreana, P’yongyang oltre ad accusare gli Stati Uniti di adottare una politica “ostile” e “viziosa” nei propri confronti, asserisce che il programma di sviluppo nucleare risponde a fini pacifici.
I programmi di sviluppo nucleare della Corea del Nord sono quindi due: il primo concerne il riprocessamento di 8.000 barre di combustibile spento, da cui si ottiene plutonio (Pu-239) che può essere utilizzato per la costruzione di armi atomiche; il secondo invece riguarda l’arricchimento dell’uranio naturale (U-238) (21) attraverso la centrifugazione gassosa. Il rettore nucleare di 5Mwe, moderato a grafite, situato a Yongbyon, 80 chilometri a nord-ovest di P’yongyang, attivato nel 1986 era rimasto in funzione fino al 1994 quando l’attività nucleare veniva “congelata” a seguito degli accordi di Ginevra.
Le 8.000 barre di combustibile spento sarebbero state custodite in un luogo sicuro prima di essere trasferite in uno Stato terzo. Nel gennaio del 2003 la Corea del Nord rimetteva in funzione il reattore di 5 MW elettrici di Yongbyon. E, successivamente, il 13 luglio 2003 P’yongyang dichiarò che il programma di riprocessamento delle 8.000 barre di combustibile era stato completato (22) .
Sebbene i satelliti americani rilevassero alcuni movimenti sospetti nel sito di Yongbyon nell’aprile del 2003, il dipartimento di Stato americano non fu in grado di confermare se fosse in corso un’attività di riprocessamento, su ampia scala, a Yongbyon (23) .
Se le dichiarazioni di P’yongyang corrispondessero al vero, la Corea del Nord dovrebbe essere in possesso di circa 25-30 chilogrammi di Pu-239, un quantitativo sufficiente per costruire 5 o 6 bombe nucleari (24) .
Il Nippon Keizai Shinbun, un quotidiano economico giapponese, ha, invece, nell’aprile del 2004 riportato la notizia secondo la quale il regime di Kim Jong-il sarebbe in possesso di una bomba atomica di 6kg più pesante di quella sganciata sulla città di Hiroshima dagli americani sul finire della seconda guerra mondiale (25) .
È’ opinione comune che il regime nord-coreano sia in possesso di una o due bombe atomiche. Inoltre, va detto anche che la Corea del Nord potrebbe aver accumulato materiale fissile già prima del 1994.
Secondo un rapporto della DIA (Defense Intelligence Agency) tra il 1986 e il 1994 la Corea del Nord avrebbe estratto e riprocessato una quantità di plutonio sufficiente per costruire almeno due testate nucleari (26) .
Infine, di recente, P’yongyang ha dichiarato di essere in possesso di armi nucleari, di aver sospeso l’attività nucleare al reattore di 5MW elettrici di Yongbyon (il reattore era stato riattivato come abbiamo visto nel gennaio del 2003) per estrarre plutonio dalle barre di combustibile spento, e di accingersi ad effettuare un test nucleare sotterraneo nelle vicinanze di Kilchu (27) .


Il confronto tra Stati Uniti e Corea
del Nord


Dal luglio del 1953 gli Stati Uniti e la Corea del Nord sono “tecnicamente in stato di guerra” (28) . L’armistizio di Panmunjom (27 luglio 1953) con cui si concluse la guerra di Corea non è mai stato sostituito da un trattato di pace tra le due parti.
Gli Stati Uniti, che sono legati alla Corea del Sud da un trattato di mutua difesa (29) , in base al quale le parti contraenti, in caso di attacco da parte di uno Stato terzo, debbono prestarsi reciproco soccorso armato, si rifiutano di stipulare con il governo di P’yongyang un trattato di non-aggressione che garantisca la sovranità e integrità territoriale della Corea del Nord. Inoltre, i due Paesi non hanno relazioni diplomatiche.
L’intervento americano contro il regime “talebano” in Afghanistan e la guerra contro l’Iraq hanno reso il regime nord-coreano di Kim Jong-il più sospettoso e timoroso di un intervento militare unilaterale degli Stati Uniti nelle Penisola coreana.
Il 29 gennaio 2002 il presidente americano George. W. Bush parlando all’Unione degli Stati americani del terrorismo internazionale e del pericolo per la pace e sicurezza internazionali che esso costituisce, aveva asserito che la Corea del Nord “è un regime che si arma con missili e armi di distruzione di massa, mentre sta affamando la popolazione”.
Il regime di Kim Jong-il è stato incluso da Bush nella lista degli Stati appartenenti al cosiddetto “asse del male” che supportano il terrorismo internazionale, di cui fa parte anche l’Iran. La possibilità di un intervento armato americano contro la Corea del Nord, a “preemptive strike” (destinato ad eliminare o ridurre il pericolo di una rappresaglia militare) è diventata pertanto più reale.
E, anche se il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha dichiarato, in più di un’occasione, che gli Stati Uniti considerano la Corea del Nord uno Stato sovrano, l’opzione militare non è stata mai del tutto accantonata dall’amministrazione Bush.
Un conflitto militare tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord coinvolgerebbe gli altri Stati che si trovano nel Nord-est asiatico, in primis, la Cina legata alla Corea del Nord dal trattato di mutua difesa, siglato nel 1961. L’impiego di armi atomiche avrebbe poi effetti devastanti sulla popolazione e l’ambiente non solo nella Penisola coreana, ma in tutto il Nord-est asiatico.
L’escalation militare avrebbe infine delle forti implicazioni sull’economia internazionale. Se la questione nucleare nord-coreana fosse invece portata davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per l’autorizzazione dell’uso della forza o l’applicazione di sanzioni economiche contro la Corea del Nord per la minaccia alla pace, la Cina eserciterebbe il diritto di veto.
Il governo di Pechino, tradizionale alleato della Corea del Nord, si oppone infatti alla politica americana di isolamento e coercizione economica nei confronti di P’yongyang, in quanto ciò causerebbe un crollo del regime, con una serie di conseguenze negative per il Paese sia sul piano politico che economico, prima fra tutte, la scomparsa della “buffer zone” (zona cuscinetto) che divide in Asia Orientale gli interessi geopolitici cinesi da quelli americani.


foto ansa
Washington ha applicato una serie di sanzioni economiche contro la Corea del Nord, tra le quali, la sospensione della fornitura delle 500.000 tonnellate di greggio annua prevista dall’Accordo quadro di Ginevra (1994), per destabilizzare il regime di P’yongyang, ma con scarso successo.
La Cina, oltre ad alimentare il regime di Kim Jong-il con continui aiuti energetici ed economici ed assisterlo nella fase di transizione verso il liberismo economico, svolge un importante ruolo di mediatore tra i due contendenti. I negoziati, che la Cina si è offerta di ospitare nella sua capitale, costituiscono anche un’occasione per accrescere il suo prestigio e credibilità internazionali.
Qualora, però, gli sforzi della diplomazia cinese volti a risolvere in modo pacifico la crisi nucleare insorta nella Penisola coreana, non dovessero andare a buon fine, e la sua mediazione rivelarsi infruttuosa, la Corea del Sud, il Giappone e Taiwan per il cosiddetto “effetto domino” si doterebbero di armamenti nucleari (30) , destabilizzando il Nord-est asiatico e intensificando il rischio di una seconda guerra di Corea.


La deterrenza nucleare ed il regime
di Kim Jong-il


Hans J. Morgenthau, padre del “realismo” teorico nel campo delle relazioni internazionali, identifica l’interesse nazionale con la sopravvivenza della Nazione. Il suo concetto di interesse nazionale racchiude il significato di “integrità del territorio della nazione, delle sue istituzioni politiche e della sua cultura” (31) .
La Corea del Nord per salvaguardare la sua integrità politica e territoriale si avvale della deterrenza nucleare, dato che le bombe atomiche per il loro elevatissimo potenziale distruttivo sono particolarmente temibili per qualunque avversario (32) . A ciò si aggiunga che le armi nucleari conferiscono una nuova dimensione agli Stati poiché amplificano il loro potere. Il possesso di armi nucleari rappresenta, dunque, un vantaggio militare non indifferente nei confronti di un potenziale nemico dotato solo di armi convenzionali (vedi, per esempio, gli Stati Uniti contro il Giappone durante la seconda guerra mondiale).
Ma se entrambi gli Stati possiedono armi nucleari, ciò funge da deterrente. In altri termini, in una ipotetica guerra nucleare lo Stato che sta per subire un’aggressione deve far capire al suo nemico che in caso di attacco, (first strike) risponderà al fuoco, e infliggerà danni gravissimi alla sua popolazione e al territorio, così da farlo desistere da propositi bellicosi. Diversamente dalla difesa militare fisica, la deterrenza nucleare è psicologica; essa inibisce l’aggressione incutendo il timore di una guerra nucleare (33) . Se insorge una guerra tra due Stati, la deterrenza psicologica è da ritenersi fallita, mentre la difesa del loro territorio è affidata alle armi convenzionali. Nel caso della Corea del Nord, le armi nucleari servono al regime del leader nord-coreano Kim Jong-il per scoraggiare un intervento militare unilaterale degli Stati Uniti, come contro l’Iraq, e, altresì, in caso di guerra, come potenziale difensivo contro il nemico, a salvaguardia del proprio territorio. In una situazione nella quale il regime di Kim Jong-il non avrebbe più nulla da perdere, il rischio di un impiego di armi atomiche sarebbe inoltre più alto.
Una serie di esercitazioni militari e decisioni strategiche degli Stati Uniti nel corso del 2003 sembrarono giustificare i timori del regime nord-coreano che Washington stesse vagliando l’ipotesi di colpire con un attacco militare preventivo gli impianti nucleari che si trovano a Yongbyon, seguendo l’esempio del raid israeliano nel 1981 contro il reattore nucleare di Osirak, situato in Iraq.
Dopo aver trasferito nel giugno del 2003 sei caccia F-117 in Corea del Sud e ventiquattro caccia bombardieri B-52 e B-1 nella base militare di Guam, isola del Pacifico, alla fine di agosto gli Stati Uniti assieme ad altri dieci Stati annunciarono una serie di esercitazioni militari congiunte di terra, navali e aeree, tra le quali la nota “Proliferation Security Initiative” (PSI), aventi come obiettivo quello di bloccare le esportazioni di armi nucleari e missili della Corea del Nord, che costituiscono la sua principale fonte di risorse economiche finanziarie internazionali.
A ciò si aggiunga la decisione degli Stati Uniti di spostare i loro 37.000 uomini, di stanza in Corea del Sud, più a sud della linea di divisione territoriale, al fine di mettere i soldati al riparo da una rappresaglia militare, dopo un probabile “first strike” contro la Corea del Nord (34) .
La giustificazione fornita dal ministro deputato della Difesa americano Paul Wolfowitz, che il nuovo posizionamento sul territorio delle forze americane avrebbe assicurato una difesa più efficace del territorio sud-coreano, non ha convinto nessuno.
E, anche se gli Stati Uniti, come afferma Condoleezza Rice, non hanno alcuna intenzione di muovere guerra alla Corea del Nord, avendo spostato il loro contingente militare più a sud rispetto alla linea di divisione territoriale delle due Coree, hanno creato le condizioni per un futuro attacco militare preventivo contro il regime di Kim Jong-il.


Possesso di un arsenale nucleare e
relativi vantaggi


Uno “Stato nucleare” oltre a poter contare sulla superiorità militare, che gli viene garantita dal possesso della bomba atomica, gode sotto il profilo politico di un grande prestigio e autorità sul piano internazionale. Si ritiene che uno Stato ha prestigio e credibilità sul piano internazionale quando la sua reputazione in termini di potere è tale che il ricorso alle armi diviene non necessario. Per acquisire detta reputazione occorre destare in un altro Stato una grande impressione “in virtù del potere che si possiede, o che si vuol far credere di possedere” (35) .
La Corea del Nord persegue, sull’esempio dell’India e del Pakistan, una politica di prestigio ed autorità internazionale, e, allo scopo, cerca di entrare a far parte del consenso delle grandi potenze nucleari.
Inoltre, in termini di spesa militare, costruire armi atomiche costa molto meno che mantenere un esercito per giunta molto numeroso come quello nord-coreano (più di 1.100.000 soldati), e equipaggiarlo con mezzi ed armi ad alta tecnologia. D’altra parte, il sottosuolo della Corea del Nord è ricco di giacimenti di uranio; il regime ha dovuto importare dal Pakistan soltanto la tecnologia nucleare per la centrifugazione e l’esafluoro di uranio (UF-6). La riduzione della spesa militare e la canalizzazione delle risorse economiche e umane verso lo sviluppo economico del Paese determinerebbero, poi, un miglioramento generale del tenore di vita nello Stato comunista (36) .
Ma la crisi nucleare nord-coreana serve anche al regime di Kim Jong-il per richiamare l’attenzione internazionale sui problemi economici del Paese ed esercitare pressioni politiche sulla Comunità Internazionale per ottenere gli aiuti economici ed energetici di cui ha bisogno per alleviare le condizioni di vita della popolazione, e, al contempo, assicurarsi i capitali e i finanziamenti per lo sviluppo.
L’Ucraina e il Kazakistan, per esempio, rinunciarono al possesso delle armi nucleari ereditate in seguito alla dissoluzione dell’URSS nel 1991 in cambio di prestiti e altre importanti concessioni e benefici economici da parte degli Stati Uniti e delle Potenze occidentali. Gli Stati del Nord-est asiatico, poichè temono che un’escalation della crisi possa coinvolgerli in un conflitto nucleare dalle conseguenze catastrofiche e inimmaginabili per la loro popolazione e per il territorio, preferiscono, di conseguenza, adottare una politica conciliante verso il regime nord-coreano.


Conclusioni

L’esito positivo del IV round dei negoziati multilaterali di Pechino, cui ha dato ampio risalto la stampa internazionale, lascerebbe presumere che si è vicini ad una soluzione della crisi nucleare nord-coreana. Nel documento finale si legge che la Corea del Nord rinuncia al programma di sviluppo del nucleare, che smantellerà gli impianti, che distruggerà le armi nucleari di cui è in possesso, e che ottempererà agli obblighi internazionali previsti dal Trattato di Non-Proliferazione nucleare in cambio di un trattato di sicurezza, di aiuti economici e della concessione di relazioni diplomatiche da parte degli Stati Uniti.
Premesso che una soluzione diplomatica della crisi nucleare nel Nord-est asiatico richiede tempo, resta il dubbio se la Corea del Nord stia usando lo spettro di un arsenale nucleare che incombe sul futuro della pace e della sicurezza del Nord-est asiatico principalmente per ottenere benefici economici e politici dagli Stati Uniti e i loro alleati o se intenda diventare, a tutti gli effetti, uno Stato nucleare, come il Pakistan o l’India, per acquisire prestigio e autorità sul piano internazionale. Al momento, inoltre, la deterrenza nucleare costituisce il baluardo più sicuro contro la politica di “contenimento” americana.
Probabilmente, la Corea del Nord continuerà a coltivare la sua ambizione di diventare uno “Stato nucleare”, e la partecipazione ai negoziati di Pechino serve soltanto per nascondere il suo vero obiettivo e, per, al contempo, assicurarsi gli aiuti economici e finanziari che rendano più agevole il cammino verso il liberismo economico.


(1) Il Giappone dopo aver sconfitto la Cina nel 1895 e la Russia nel 1904, aveva trasformato la Penisola coreana in un protettorato nel 1905 per, poi, procedere all’annessione formale nel 1910.
(2) La questione dell’indipendenza della Corea fu discussa per la prima volta nella Conferenza tenutasi nella capitale egiziana, Il Cairo, dal 22 al 26 novembre del 1943. Nella Dichiarazione ufficiale pubblicata il 1° dicembre si legge testualmente: “Le tre grandi Potenze, consapevoli dell’asservimento del popolo coreano, sono determinate a restituire alla Corea la propria libertà e indipendenza”.
(3) Il 22 dicembre 1945 i rappresentanti degli Stati Uniti, Inghilterra e Unione Sovietica dichiararono che la Corea sarebbe stata sottoposta ad un regime di amministrazione fiduciaria internazionale per un periodo non superiore a 5 anni, trascorso il quale avrebbe riottenuto l’indipendenza.
(4) La commissione era composta dai delegati dell’Austria, Canada, Cina (nazionalista), El Salvador, Francia, India, Filippine e Siria.
(5) Cfr. John Holliday, “Hair Operations in Korea: The Soviet Side of the Story”, in A Revolutionary War: Korea and Transformation of the Postwar World, edited by William J. Williams, Chicago 1993, pp. 149-170.
(6) Cfr. Chin-wee Chung, Seoksoo Lee, “Kim Jong Il Regime and the Structure of Crisis: Its Source, Management and Manifestation”, in Understanding Regime Dynamics in North Korea, Seoul, Yonsei University Press, 1998, p. 150.
(7) Più di un milione di soldati, un ventesimo circa della popolazione, costituiscono gli effettivi dell’esercito, mentre altri sette milioni fanno parte delle riserve. Il KPA (Esercito del Popolo Coreano) è il quinto al mondo per numero di uomini. La Corea del Nord possiede anche 4.000 carri armati, 2.500 mezzi di trasporto corazzati, circa 1.000 mezzi navali e 1.700 aerei.
(8) Cfr. Michael Yahuda, “The International Politics of the Asia-Pacific”, Routledgecurzon, London-New York 2004, p. 143.
(9) Cfr. Dae-Ho Byun, “North Korea’s Foreign policy: The Juche Ideology and the Challenge of Gorbachev’s New Thinking”, The Research Center for Peace and Unification of Korea, Computer Press, Seoul 1991, p. 15.
(10) L’art. 1 del “Treaty of Friendship, Cooperation and Mutual Assistance” concluso con l’Unione Sovietica il 6 luglio 1961 stabiliva «che in caso di un attacco armato da parte di uno Stato terzo o di una coalizione di Stati a una delle due parti contraenti, l’altra parte avrebbe dovuto immediatamente fornire la sua assistenza militare ed ogni altro tipo di aiuto che era nelle sue possibilità». Ritenuto obsoleto, il trattato è stato sostituito nell’aprile del 2001 da un nuovo accordo tra i due Paesi avente ad oggetto la cooperazione nell’industria per la difesa e gli equipaggiamenti militari. Il trattato che il regime di Kim Il-song stipulò con la Cina alcuni giorni dopo (11 luglio), sancisce, all’art. 2, lo stesso principio.
(11) L’Istituto Unito per la Ricerca Nucleare (UNIR) fu inaugurato nel 1965.
(12) Cfr. Don Oberdorfer, “ The Two Koreas: A Contemporary History”, Revised and Updated Edition, Basic Books, New York 2001, p. 252.
(13) Cfr. So Yong-ha, Hoguk (Seoul), luglio 1989, pp. 119-122.
(14) Cfr. Cheon Seongwhun, “North Korea’s Nuclear Issue: Problems and Prospects”, in North Korea’s Weapons of Mass Destruction, edited by Kim Kyoung-Soo, Hollym International Corp., Elizabeth 2004, p. 32.
(15) Il Trattato di Non-Proliferazione di armi nucleari, entrato in vigore il 5 marzo 1970, proibisce agli Stati firmatari di disporre di armamenti, di ricevere o fabbricare tali armamenti o di procurarsi tecnologie e materiale utilizzabile per la costruzione di armamenti nucleari. Ugualmente il trattato proibisce agli Stati nucleari firmatari di cedere a Stati no-nucleari armi nucleari e tecnologie o materiali utili alla costruzione di dette armi. Inoltre, il trasferimento di materiale o tecnologie nucleari, da utilizzare per scopi pacifici, deve, secondo il trattato, avvenire sotto lo stretto controllo dell’IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica).
(16) “The Agreement of 30 January 1992 between the Government of the Democratic People’s Republic of Korea and the International Atomic Energy Agency for the Application of Safeguards in Connection with the Treaty of the Non-Proliferation of Nuclear Weapons”, fu approvato dal consiglio esecutivo dell’IAEA il 12 settembre 1991 e firmato a Vienna il 30 gennaio 1992.
(17) UNICEF, “Child Nutrition Survey Shows Improvements in DPRK”, 20 febbraio 2003.
(18) Cfr., ad esempio, Andrew Ward, “S&P Warns Seoul That North Korea’s Collapse is Only Matter of Time”, Asia Financial Times, 4 novembre 2003.
(19) Si definisce “Stato nucleare” uno Stato che abbia costruito un’arma nucleare, l’abbia testata, e possegga i vettori per trasportarla e condurla a bersaglio per fini strategici.
(20) “Text of North Korea’s statement on NPT withdrawal”, KCNA news agency, P’yongyang 10 gennaio 2003.
(21) L’uranio allo stato naturale non ha una sufficiente concentrazione di isotopi fissili (U-235) (solo lo 0.7%) da renderlo utilizzabile nei reattori nucleari come combustibile o per la costruzione di armi atomiche, pertanto è necessario arricchirla attraverso la centrifugazione gassosa, durante la quale viene altresì utilizzato esafluoro di uranio (UF-6).
(22) David E. Sanger, “North Korea Says It Has Made Fuel For Atom Bombs”, New York Times, 15 luglio 2003.
(23) Cfr. David E. Sanger, “US Suspects North Korea Moved Ahead on Weapons”, New York Times, 8 maggio 2003.
(24) Cfr. Sharon A. Squassoni, “North Korea’s Nuclear Weapons: How Soon an Arsenal?”, CRS, Report for Congress, 2 febbraio 2004.
(25) Cfr. “Öbakuhatu no kibo gennbaku ni hitteki” (Le dimensioni della bomba sono le stesse di quella atomica) , Nippon Keizai Shinbun, 25 aprile 2004.
(26) Cfr. Lee Kyo-kwan, “DIA: North Korea Has Two Nuclear Weapons”, Chosun Ilbo, 20 dicembre 2004.
(27) Cfr. David E. Sanger, William J. Broad, “U.S. Cites Signs of Korean Preparations for Nuclear Test”, New York Times, 6 maggio 2005.
(28) Cfr. Victor D. Cha, David C. Kang, “Nuclear North Korea: A Debate on Engagement Strategies”, Columbia University Press, New York 2003, p. 138.
(29) Il presidente americano Eisenhower ratificò il “U.S-R.O.K. Mutual Defense Treaty” il 29 gennaio 1954, alcuni mesi prima dell’inizio della Conferenza di Ginevra, ma dopo che fu introdotta la clausola secondo la quale gli Stati Uniti sarebbero intervenuti in difesa della Corea del Sud solo se questa fosse stata attaccata, per dissuadere il presidente sud-coreano Syngman Rhee dal proposito di riunificare la Penisola con la forza.
(30) Cfr. Graham Allison, “A Cascade of Nuclear Proliferation”, Herald International Tribune, 17 dicembre 2004.
(31) Cfr. Hans. J. Morgenthau, “Another Great Debate: The National Interest of the United States”, American Political Science Review, LXVI, Dicembre1952, p. 961.
(32) Cfr. Steve Chapman, “Unhappy Choices”, Washington Times, 22 ottobre 2002.
(33) Cfr. David W. Ziegler, “War, Peace, and International Politics”, 5^ ed., Scott, Foresman, Glenview -London, 1990, p.277.
(34) Cfr. Christopher Cooper, “U.S. Plan Puts Korea on the Edge”, Wall Street Journal, 21 ottobre 2003.
(35) Cfr. Hans J. Morgenthau, “Politics Among Nations”, Knof, New York 1978.
(36) Cfr. Barbara Demick, “N. Korea: Nuclear Weapons Cut Costs”, Los Angeles Times, 10 giugno 2003.

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