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GNOSIS 2/2012
ATTUALITA'

OSSERVATORIO MEDITERRANEO

La diplomazia italiana e l'Egitto


Matteo PIZZIGALLO


1954 - Nasser
 
2012 - Morsi
 
Il vento popolare della primavera araba, alimentato dalle speranze e dalle passioni dei giovani, ha fatto crollare palazzi del potere e regimi dispotici. E il vento soffia ancora. Un giorno si placherà e si dovrà pur incominciare a ricostruire. E, con spirito di cooperazione, la comunità internazionale dovrà favorire la transizione dei Paesi arabomediterranei verso nuove forme di governo rispettose dei diritti politici e sociali, delle libertà fondamentali e, soprattutto, sorrette da un autentico consenso popolare. Sarà questo il banco di prova effettivo per l’Unione Europea che, con l’originario spirito dei padri fondatori, finalmente potrà confermare i vincoli di solidarietà che la legano ai Paesi arabomediterranei. Ora, con questa rubrica, che non ha alcuna pretesa di completezza, si vuole soltanto richiamare, di volta in volta, l’attenzione sul ruolo e sulle iniziative che l’Unione europea e in particolare l’Italia, Ponte sul Mediterraneo, potrebbero mettere in campo, nei prossimi mesi, per riannodare i fili del dialogo e della cooperazione.



Domenica 24 giugno 2012, dopo circa dieci giorni dall’annuncio dei risultati del secondo turno elettorale fra i due candidati (separati da pochi punti percentuali) alla presidenza; giorni di attesa snervante in un clima politico avvelenato da denunce, sospetti, inquietanti minacce, esibizioni muscolari dei militari, oscure trattative, finalmente la Commissione elettorale egiziana ha proclamato ufficialmente Mohammed Morsi, autorevole esponente dell’Associazione dei Fratelli Musulmani, presidente della Repubblica egiziana.
Il 29 giugno il nuovo presidente Mohamed Morsi (che vanta studi e incarichi accademici anche all’estero) ha prestato un non ufficiale ma altamente simbolico giuramento in Piazza Tahrir, luogo sacro ove la rivoluzione dei giovani ebbe inizio, seguìto poi il giorno successivo dal giuramento formale (stante il recente scioglimento dell’Assemblea del Popolo eletta sei mesi fa) davanti alla Corte Costituzionale. Lo stesso giorno Morsi è andato alla prestigiosa Università del Cairo, accolto con grande entusiasmo. “Allah è grande ed è al di sopra di tutto – ha detto il nuovo presidente, aggiungendo – voltiamo una brutta pagina della nostra storia e ne apriamo un’altra luminosa. L’Egitto non tornerà mai indietro!”.
Certo, per la sua completa realizzazione, il processo di transizione democratica richiederà tappe intermedie di assestamento, per stemperare possibili nuove tensioni e scontri istituzionali come, da ultimo, quello relativo al controverso scioglimento dell’Assemblea del Popolo.
Sul piano della politica estera, il presidente Morsi ha ribadito l’impegno del suo Paese al rispetto di tutti gli accordi istituzionali esistenti (a cominciare da quello con Israele). Posizione che è stata molto apprezzata dal segretario di Stato americano Hillary Clinton, giunta al Cairo sabato 14 luglio per incontrare subito il neopresidente Morsi e “riaffermare il forte sostegno degli Stati Uniti al popolo egiziano e alla sua transizione democratica”. Anche da Roma si segue con grande attenzione ed amicizia il processo di transizione in Egitto cui, come ha sottolineato il presidente Giorgio Napolitano, “l’Italia guarda come a un partner di primaria importanza e ad un attore imprescindibile per la stabilità e la pace in Medio Oriente”.
Infatti, le relazioni diplomatiche italo-egiziane sono basate su una solida amicizia, lunga sessanta anni, che risale fino ai tempi di Nasser.
Dopo la fase di iniziale assestamento seguita alla rivoluzione degli “Ufficiali Liberi” (luglio 1952) ed alla proclamazione della repubblica, Nasser avviò subito un’intensa stagione di riforme volte alla modernizzazione dell’Egitto, imboccando, al tempo stesso, la via dello scontro aperto contro tutti i residui di colonialismo ancora presenti nell’Africa mediterranea e contro tutti i condizionamenti diretti o indiretti di due ex grandi Potenze europee gelose custodi di quel che restava dei loro possedimenti d’Oltremare. Invece l’Italia, liberatasi da ogni vecchio retaggio colonialista, si presentava come un credibile interlocutore dell’Egitto di Nasser, a cominciare dalla cooperazione economica. “Auspico che questa collaborazione possa continuare anche per l’avvenire nell’interesse dei nostri due Paesi”. Così Nasser, rivolgendosi ad Enrico Mattei, concludeva il suo discorso ufficiale in occasione della inaugurazione, il 24 luglio 1956, dell’oleodotto (lungo circa 150 chilometri dalla raffineria statale di Suez al Cairo) costruito dalla Snam del Gruppo Eni. Dal suo canto Mattei assicurò che l’Eni (peraltro presente sul territorio anche con l’Agip ed altre società del gruppo) sarebbe stato sempre vicino all’Egitto “in quest’opera tanto difficile, quella del petrolio, così importante per lo sviluppo del Paese”.
Ma nel luglio del 1956 sui cieli d’Egitto si stava addensando una grande tempesta. Infatti, in seguito al ritiro del finanziamento internazionale promesso per la costruzione della diga di Assuan, Nasser aveva deciso di reagire duramente annunciando la nazionalizzazione della Compagnia anglo-francese del Canale di Suez, che avrebbe innescato un micidiale contenzioso culminato, alla fine di ottobre, nella sciagurata “operazione moschettiere” con lancio su Suez di paracadutisti inglesi e francesi. Un’operazione sfortunata, destinata a creare intenso allarme in Europa, negli Stati Uniti e in Unione sovietica (subito schieratasi a fianco dell’Egitto) nonché spaccature all’interno della stessa Alleanza occidentale.
In questo difficile e agitato scenario, la diplomazia italiana si mosse con estrema prudenza e cercò, comunque, di ritagliarsi un sia pur limitato ruolo di mediazione sostenendo altresì le iniziative volte ad incanalare la soluzione della crisi di Suez nell’alveo dell’Onu. Per quanto all’epoca alcuni Governi europei considerassero l’Egitto di Nasser un Paese problematico, il Governo di Roma comunque mantenne sempre aperti i canali di comunicazione, ispirandosi alla “diplomazia dell’amicizia”. Ossia quell’originale modello politico tipicamente italiano di relazioni mediterranee concepito per privilegiare, sempre sotto il segno della pace, del rispetto del principio dell’autodeterminazione e del confronto paritario, la ricerca del dialogo e della cooperazione con i Paesi arabi.
Pur negli anni difficili della guerra fredda che allungava la sua ombra minacciosa fin sul Mediterraneo, l’Italia, per ragioni delicate e complesse derivanti anche dall’esigenza di garantire la sicurezza dei suoi approvvigionamenti energetici, non mancò mai di conferire una dimensione “mediterranea” alla sua politica estera, impegnandosi (anche a costo di creare qualche disappunto nei suoi stessi alleati) a dialogare con tutti i Paesi della Sponda Sud, Egitto in testa, nella prospettiva di favorire la ricerca dell’equilibrio e, soprattutto, della pace messa a dura prova dalle guerre arabo-israeliane destinate a produrre sofferenze e prolungati effetti destabilizzanti in tutta l’area.
Decisiva, ancora una volta, fu l’azione dell’Egitto che impresse una svolta storica alla propria politica estera, sganciandosi dal Fronte della fermezza anti-israeliana, per imboccare invece la via degli Accordi di Camp David seguiti dalla firma a Washington, il 26 marzo 1979, del Trattato di Pace con Israele osteggiato dai Paesi arabi intransigenti e, per converso, molto apprezzato dagli Stati Uniti e dai Paesi occidentali.
Il riposizionamento dell’Egitto sulla scena mediorientale (che precedeva di dieci anni quello praticato dagli altri Paesi arabi solo all’indomani della dissoluzione dell’Urss sempre prodiga di aiuti e forniture militari) creava altresì una migliore cornice politica alle relazioni diplomatiche con l’Italia destinate a intensificarsi negli anni seguenti soprattutto sulla base di condivise visioni e valutazioni politico-internazionali di largo respiro. Infatti a differenza di altri Governi, più inclini a privilegiare soluzioni parziali e settoriali, Roma e il Cairo, più correttamente, ritenevano invece che i problemi della pace e della stabilità in Medio Oriente richiedessero un approccio complessivo e multilaterale, con il coinvolgimento di tutti gli Attori statuali e non statuali interessati. Sia nel contesto dell’Unione Europea che nei suoi canali bilaterali l’Italia, nel corso degli ultimi vent’anni, ha sempre mantenuto e proseguito nella sua costante azione di sostegno politico, economico ed umanitario ai vari piani di pace in Medio Oriente concepiti dalle Organizzazioni internazionali e, purtroppo, non sempre giunti a buon fine, malgrado le buone intenzioni e le speranze di molti.
Questa continuità d’azione italiana (al di là dei vari cambi della guardia politici che, nel corso degli ultimi anni, si sono succeduti a Palazzo Chigi e alla Farnesina) è stata in larga parte garantita proprio dalla nostra efficiente struttura diplomatica, impegnata, ai vari livelli, a riannodare e tenere insieme tutti i fili, anche quelli più intricati, del dialogo mediterraneo, contribuendo decisamente a far assumere al nostro Paese la sua preziosa funzione di Ponte fra le due Sponde del grande Mare.
Intanto, l’8 settembre 1998 al Cairo, a conferma degli eccellenti rapporti fra Italia ed Egitto ispirati a “sentimenti di amicizia e di collaborazione”, veniva firmato un importante Memorandum d’intesa che prevedeva “consultazioni costanti” fra i due Governi “sui problemi internazionali e sulle questioni di interesse bilaterale”.
In attuazione del Memorandum, dal 10 al 15 febbraio 1999, al Cairo si svolgevano i primi incontri fra le delegazioni diplomatiche, italiana ed egiziana, per definire i “criteri delle consultazioni rafforzate” finalizzate a dare vita ad uno strumento strutturato di collaborazione e di elaborazione di linee condivise di azione diplomatica sulle questioni in cui (come ad esempio in quella del sostegno al processo di pace in Medio Oriente) si registravano costanti “convergenze di vedute e di intenti”.
L’attacco alle Twin Towers, la drammatica diffusione del terrorismo di matrice integralista (che avrebbe colpito anche l’Egitto) e soprattutto le destabilizzanti ripercussioni nel mondo islamico delle operazioni militari in Afghanistan e in Iraq, spinsero i Governi di Roma e del Cairo a far compiere un salto di qualità alla collaborazione italo-egiziana elevando il grado dei soggetti istituzionali coinvolti.
Il 7 novembre 2007 a Roma in un vertice fra i ministri degli Esteri italiano Massimo D’Alema ed egiziano Abul Gheit veniva deciso di “strutturare le relazioni italo-egiziane in un meccanismo stabile di consultazioni intergovernative” al massimo livello politico e diplomatico.
Il primo vertice ebbe luogo a Roma il 4 luglio 2008, l’anno seguente si tenne a Sharm-el-Sheik e il terzo vertice ancora a Roma il 19 maggio 2010. A Roma venne firmata anche una serie di importanti accordi e protocolli di attuazione, nonché un’intesa tecnica fra Poste Italiane e Egypt Post per la riorganizzazione della logistica dell’operatore postale egiziano.
Eccellenti sono le relazioni economiche fra i due Paesi. L’Italia è il primo partner commerciale europeo dell’Egitto e ospita una fiorente e ben integrata comunità egiziana. Particolarmente intensa è anche la cooperazione culturale finalizzata al recupero di centri storici e di aree archeologiche, nonché all’assistenza tecnica alle istituzioni egiziane. Esemplare, sotto questo profilo, il significativo supporto italiano alla riqualificazione del sistema museale egiziano e della Nuova Biblioteca Alessandrina.
Insomma fra Italia ed Egitto una storia di buoni rapporti lunga oltre sessant’anni, basata sulla cooperazione e soprattutto sulla diplomazia dell’amicizia, recentemente confermate nella visita ufficiale al Cairo, il 9 e 10 aprile 2012, del presidente del Consiglio Mario Monti.
In conclusione, dunque, la diplomazia italiana, che ha seguito con attenzione prioritaria i cambiamenti innescati dalla primavera araba è, a mio avviso, oggi più che mai, nelle migliori condizioni per continuare a sostenere, come sempre in maniera trasparente e senza pregiudizi ideologici comunque declinati, la transizione democratica nel nuovo Egitto del presidente Morsi. In quest’ottica, non è certo privo di significato che il presidente Morsi, nella fitta agenda delle sue prossime missioni all’Estero, abbia programmato, probabilmente già per settembre, la sua prima visita ufficiale in Italia.



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