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GNOSIS 1/2012
Pandemie e bioterrorismo
Dalle biotecnologie e nanoscienze
scoperte scientifiche a doppio uso


Alessandra ROSSODIVITA


Foto Ansa
 
Nella storia dell'umanità ogni nuova scoperta scientifica è accompagnata dal rischio di un impiego "duplice" (dual use) per scopi pacifici o per fini bellici.
Nel campo delle armi non convenzionali (chimiche, biologiche e nucleari), il recente sviluppo di biotecnologie, di tecnologie informatiche complesse, di nuove tecniche di bioingegneria e l'utilizzo di nanoscienze e nanotecnologie ha aperto la strada ad una serie di strumenti innovativi in grado di contrastare questo tipo di minacce e di potenziare le capacità difensive di protezione e decontaminazione e di sviluppo di nuovi strumenti di contrasto ma, allo stesso tempo, rappresentano minacce sempre più insidiose e difficili da contrastare.
In particolare i rischi associati al deliberato rilascio di agenti biologici nocivi alla salute umana e l'esigenza di un sistema sanitario efficiente, uniti all'esigenza di più sicurezza per le popolazioni per combattere tali minacce aprono nuovi scenari di risposta e preparazione a livello transnazionale. I numeri pubblicati nell’articolo fanno riferimento alle pubblicazioni ed ai siti internet citati nell’elenco bibliografico.




La saggezza non consiste nel prendere indifferentemente
ogni sorta di precauzione, ma nello scegliere quelle che
sono utili e nel trascurare le superflue......
( J. J. Rousseau)




Introduzione

Anche se definito come evento infrequente, per gli sporadici episodi avvenuti in passato, il potenziale uso di agenti biologici nocivi rappresenta oggi un capitolo preoccupante, anche alla luce della crescente instabilità sociale e politica ed all’aumento di zone di conflitto in molte nazioni.
Molti Stati sono a rischio di conflitti interni di matrice etnica o religiosa e sono, spesso, anche caratterizzati da un’estrema vulnerabilità dovuta alla crescita incontrollata della popolazione, all’invecchiamento delle popolazioni stesse, alla povertà, alla maldistribuzione delle popolazioni in aree a rischio di eventi calamitosi ed in aree urbane degradate per processi incontrollati di urbanizzazione, di emarginazione sociale unitamente ad un’inadeguata preparazione in termini di risposta a tali emergenze.
Se, inoltre, prendiamo in considerazione le nuove patologie infettive, quelle ri-emergenti e le emergenti ci accorgeremo che siamo di fronte ad un fenomeno complesso e difficile da fronteggiare e che il rischio di assistere e dover combattere nuove forme di pandemia ed epidemie non è più remoto.
La gestione di emergenze infettive complesse, quali ad esempio le pandemie che hanno colpito tutto il mondo negli anni 2009-2011, la tubercolosi resistente ai molti farmaci e l’ultima epidemia da E.Coli O104H:4 che ha colpito la Germania e la Francia nel luglio 2011, ne sono un esempio chiaro. (1)
Tali emergenze infettive hanno stimolato molte nazioni a rivedere i loro sistemi di sanità pubblica e di lotta alle emergenze, a preparare piani nazionali di risposta a tali minacce, a partecipare attivamente a progetti di cooperazione internazionale per aumentare le proprie competenze e conoscenze in campo di diagnosi precoce di agenti biologici, al fine di preparare risposte rapide ed efficaci, intese a rafforzare i piani di sanità pubblica e creare network di allarme e risposta, nel contempo cercando la collaborazione interdisciplinare nei campi della difesa, delle Forze governative e di Intelligence. (2, 3, 4)
Negli ultimi venti anni abbiamo assistito alla scoperta di più di 30 nuove patologie infettive ed all’identificazione di nuovi virus, tra cui annoveriamo il riscontro del virus da immunodeficienza acquisita HIV, il virus Ebola, l’Epatite C, gli hantavirus, i rotavirus, per non parlare delle patologie riemergenti quali il colera, la difterite, la malaria, la febbre gialla, la tubercolosi multi-resistente, spesso dovuti all’influenza di fattori ambientali alterati, ad esempio, la deforestazione di aree incontaminate, o a fattori demografici, come un aumento delle aree urbanizzate e un aumento dei viaggi e del commercio per tutto il globo. (2, 5)
Esempi ben noti sono rappresentati dalla pandemia, prodotta dal virus dell’influenza, nel 1918, che fu caratterizzata da una mortalità elevata, circa 100 milioni di persone persero la vita, di cui solo 500.000 negli Stati Uniti di America. Durante l’epidemia del 2009 - 2010 si è assistito, solo negli Stati Uniti d’America, a circa 59 milioni di persone affette, di cui 265.000 pazienti hanno necessitato di ospedalizzazione, registrando 12.000 decessi tra il 2009 e metà del 2010. (2, 6, 7)
L’AIDS ha ucciso più di 11.7 milioni di persone nel mondo. (1, 7, 12)
Alcune malattie si prestano meglio di altre ad essere usate come armi non convenzionali, a causa della facilità con cui possono essere gestite, incubate od immesse nell’ambiente, oltre che per le caratteristiche quali un elevato tasso di mortalità o morbilità. Pertanto ci troviamo di fronte ad un possibile utilizzo di agenti biologici come armi di distruzione di massa non convenzionale a scopo terroristico e di conflitto, che rappresentano un importante fattore di rischio implicato nei disastri prodotti dall’uomo e della sua interazione con l’ambiente circostante. (8, 9, 10, 11, 12)


L’uso deliberato di agenti biologici

Le armi biologiche (batteri, virus ed altri microbi) vengono ad oggi definite nella categoria dei cosiddetti “rischi spaventosi” (dreaded risks), cioè quei rischi capaci di evocare nell’uomo paure sproporzionate. Tra gli elementi che possono rendere particolarmente preoccupante un determinato fattore di rischio si citano l’invisibilità, gli effetti ritardati di un agente biologico, la difficoltà di sapere quante persone siano state esposte o nel prevedere gli effetti a lungo termine, la scarsa conoscenza dei meccanismi d’azione di rischio. (13).
Storicamente i codici di comportamento professionale in tempo di guerra, adottati dai militari, prevedevano la proibizione dell’uso di agenti biologici e di microrganismi per colpire le popolazioni. Sin dall’antichità i codici di condotta si sono sempre adeguati a tali princìpi, dal codice saraceno, basato sulle leggi coraniche, passando per il codice di Lieber nel 1863 negli Stati Uniti di America, sino al protocollo di Ginevra nel 1925: tutti proibivano l’utilizzo di agenti biologici contro le popolazioni. (12)
Ma il XXI secolo ci ha visti testimoni del deliberato utilizzo di agenti biologici come arma di distruzione di massa. Nel 2001, una settimana dopo gli attacchi dell’11 settembre, ebbero inizio gli attacchi con spore di antrace via posta, indirizzate ad esponenti dei mass media e a due senatori. Queste provocarono complessivamente 22 casi di malattia da antrace (carbonchio), con 5 morti. I sospetti casi di contagio furono stimati in circa 32.000 e, di questi, oltre 10.000 pazienti dovettero essere sottoposti a profilassi con antibiotici per evitare il contagio, per la durata di 60 giorni. Gli effetti collaterali indotti furono enormi. Si è assistito alla necessità di bonificare una serie di uffici postali e centri di smistamento, che ha creato serie difficoltà al sistema postale statunitense, comportando un rallentamento delle operazioni, con effetti a cascata su tutta l’economia, per non descrivere l’attività che ha visto coinvolto tutto il sistema di sanità pubblica e di sicurezza per garantire le emergenze e le cure e l’incolumità della popolazione. Forti furono le ricadute sulla società, sull’economia sulla struttura sociale e governativa di un intero paese, creando disgregazione e disordine sociale. L’attacco all’antrace dimostrò come il potenziale rischio legato al bioterrorismo è capace non solo di causare morte e disabilità, ma di creare una difficile problematica a livello dell’intera struttura sociale ed economica di un paese. Simile preoccupazione deriva dal pericolo dal vaiolo, già debellato. Infatti, il vaiolo fu debellato ufficialmente nel 1979 e la campagna vaccinale fu successivamente sospesa a livello mondiale, dopo l’eradicazione. Ma rimane la paura che lasciando la popolazione non-immunizzata si possa creare una nuova generazione di persone che potrebbero essere colpite dalla recrudescenza di tale malattia od in seguito ad un attacco deliberato che comporti l’utilizzo di tale agente. Nel 2003 la SARS e, successivamente, le pandemie degli ultimi tre anni hanno confermato le paure derivanti da un nuovo agente patogeno, da un possibile pericolo di bioterrorismo, poiché l’impatto di un nuovo e non familiare agente patogeno potrebbe avere profonde implicazioni nella vita sociale nazionale ed internazionale di numerosi paesi, in termini di sanità pubblica ma anche, soprattutto, di sicurezza nazionale. In particolare, la SARS definì nuove problematiche, classificando una patologia come di interesse e di implicazione internazionale, come pericolo per la sicurezza di una o più nazioni e di ordine di sanità pubblica a livello mondiale, con il contagio da uomo ad uomo, senza necessità di vettore, senza confini geografici, dall’incubazione silente per più di una settimana e, spesso, mimando i sintomi di altre patologie e fuorviando la diagnosi, coinvolgendo e contaminando ospedali interi, ponendo problemi da risolvere in tempi rapidi non solo di sanità pubblica ma di sicurezza internazionale. Il deliberato utilizzo di agenti biologici non crea solo un potenziale rischio di salute pubblica ma può causare panico di massa e isteria globale. Il pericolo più reale è di contrapporsi alla società globale. Se comparate con le armi chimiche e nucleari, le armi biologiche richiedono una minor complessità tecnologica per convertire e acquisire le materie prime. Tuttavia non tutti i microrganismi possono essere utilizzati come agenti biologici nocivi (armi di bio-terrorismo) a causa delle loro caratteristiche di virulenza, infettività, letalità, la facilità di produzione, la stabilità nelle condizioni ambientali, la suscettibilità in una popolazione vulnerabile, la perdita o l’ inadeguatezza di mezzi di prevenzione. Le informazioni su come utilizzare e produrre agenti biologici sono facilmente acquisibili attingendo informazioni dalla letteratura e dalle pubblicazioni scientifiche internazionali sull’argomento, se comparate con la tecnologia della scienza nucleare e le informazioni rilasciate in ambito internazionale.( 2, 3, 8, 12, 13)
Negli ultimi decenni sono state indagati centinaia di microrganismi patogeni per il loro potenziale utilizzo militare ma, in realtà, solo circa 40 sono stati trovati capaci di rispondere a tali requisiti. Il Centro di Prevenzione e Controllo delle malattie degli Stati Uniti d’America (CDC - Centers for Disease Control and Prevention), ha classificato tali sostanze in 3 categorie a seconda della loro idoneità ad essere utilizzate come armi biologiche. (A, B; C) (8)
Cat. A. La categoria rischio più elevato. Gli agenti biologici sono facilmente diffusi, ad alta mortalità, di grave impatto medico sulla sanità pubblica, possono causare panico sociale e distruzione sociale, e richiedono specifiche azioni di risposta in ambito di sanità Pubblica. Appartengono a tale categoria il vaiolo, l’antrace, la peste, il botulino, la tularemia e i virus emorragici.
Cat. B. Categoria a rischio intermedio. Relativamente facili da disseminare, caratterizzati da morbilità moderata e bassa mortalità; appartengono a tale categoria la Coxiella Burneti; Brucella species, Burkholderia Mallei, Epsilon Tossina (CI Perfrigens), Stafilococcus, Enterotossine B, Salmonella e Shigella.
Cat. C. Patogeni emergenti che possono essere modificati geneticamente o progettati per divenire arma di distruzione di massa. Appartengono a tale categoria il Nipah virus, gli Hantavirus, febbre emorragica da Rickettsiosi , meningoencefalite virale, febbre di Crimea-Congo, febbre emorragica di Omsk, virus da febbre gialla, tubercolosi multi esistente.
Solo pochi anni fa un attacco con agenti biologici sembrava impensabile. Purtroppo, ad oggi, la minaccia di bioterrorismo sta divenendo sempre più reale e crescente. La diffusione di un agente biologico per aerosolizzazione sembra un evento difficile e raro da preparare per le difficoltà tecniche e che, quindi, ne precluderebbero il successo, ma bisogna considerare questi eventi a bassa probabilità di verificarsi ma ad alto impatto sociale ed umano qualora si verifichino. Non vanno né sovrastimati né sottostimati, ma sottoposti alla giusta osservazione e pianificazione. (8)


L’impatto delle nuove tecnologie e la ricerca scientifica ‘Dual Use’


La moderna tecnologia di manipolazione genetica apre nuovi scenari per produrre nuovi agenti biologici. L’utilizzo delle biotecnologie ha offerto opportunità per migliorare le condizioni di salute pubblica e della nutrizione delle popolazioni, ma offre un lato oscuro rappresentato dal possibile utilizzo di tale conoscenze a scopo nocivo, per produrre agenti più aggressivi e letali, modificando le proprietà genetiche di un microrganismo per renderlo più virulento, più resistente alla terapie specifiche e da rilevare con maggiore difficoltà con gli esami di routine. Inoltre, l’ingegneria genetica offre la possibilità di rendere accessibili sostanze tossiche che sono state rilevate in quantità troppo piccole per essere ostili. Ad esempio, la tecnologia ricombinante è stata utilizzata per inserire geni in microrganismi non patogeni, in modo da renderli altamente patogeni se modificati nella espressione genica, in modo da poterli produrre su larga scala. Ma, d’altro canto, anche i nuovi vaccini e gli agenti biologici possono essere sviluppati e modificati, a loro volta, per contrastare gli agenti biologici nocivi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha preso parte alla discussione internazionale sul bioterrorismo sottolineando che la maniera più sicura per combattere efficacemente il rischi bioterrrorismo o di rilascio deliberato di agenti biologici nocivi è quello di rafforzare il sistema di sorveglianza e rilevamento, che è lo stesso che si utilizza in caso di scoperta di malattie infettive e proponendo un network di allerta e risposta a minacce biologiche (GOARN- Global Outbreak Alert & Response Network), ovvero un network di collaborazione tecnica delle istituzioni esistenti e di networks che riuniscano risorse umane e tecnologiche per una rapida identificazione, conferma e risposta in caso di contagio o malattie infettive a livello internazionale. (11, 14)

Tali scenari sono il risultato di ricerche scientifiche volte a finalità di progresso scientifico ed umano a fine pacifico, ma sono spesso affiancati a propositi per fini bellici; tale doppia anima pacifico/bellica viene definita come “il dilemma da uso duale“ (dual use dilemma) degli agenti biologici. Attualmente nella comunità scientifica si sta assistendo ad un vivace dibattito su ciò che sia lecito pubblicare per favorire il progresso e le scoperte scientifiche e ciò che non sia consentito pubblicare o addirittura censurare per motivi di sicurezza nazionale o mondiale, nonché sui limiti della sicurezza nei confronti della libertà scientifica. Ma gli scienziati pur comprendendo i possibili pericoli derivanti dalla loro scoperte difendono il loro operato, convinti della necessità di avere sufficiente libertà intellettuale accademica e di poter sperimentare liberamente. È auspicabile che la comunità scientifica comprenda come alcune pubblicazioni svolgano un ruolo cruciale nell’allertare la comunità scientifica sull’importanza di sviluppare sistemi di protezione dell’informazione scientifica e protezione delle informazioni più pericolose. Tuttavia la volontà di autocensurarsi da parte della stessa comunità scientifica è molto difficile da realizzare. (4, 15, 16, 17)
Promuovere la sicurezza al servizio della scienza rappresenterà la chiave di volta per far sì che l’uso duale della scienza sia equilibrato e possa promuovere nuove scoperte scientifiche nel rispetto dei diritti umani e della sicurezza delle popolazioni.


Conclusioni


L’uso duale della scienza è sicuramente etico nel suo valore intrinseco. Attualmente la bioetica è indirizzata prevalentemente sulle ricerche etiche e sulle implicazioni morali, sociali e legali della genetica ovvero è focalizzata sulle problematiche inerenti la protezione dell’uomo o degli animali nell’ambito della ricerca, ma pone poca attenzione sui concetti dell’ utilizzo duale della ricerca per fini pacifici o bellici, in ambito etico e di sicurezza.
La scienza non è mai malvagia di per se, ma l’uso che ne deriva può esserlo.

La comunità medica è la componente essenziale di un sistema multidisciplinare che viene coinvolto nei meccanismi di pianificazione, prevenzione, identificazione e risposta in caso di emergenza biologica. L’organizzazione e i meccanismi di risposta hanno bisogno di essere pianificati con cura e devono tenere conto delle vulnerabilità di ogni nazione specifica, delle politiche locali di sanità pubblica, della legislazione in tema di disastri e maxi-emergenze, delle problematiche tecnologiche ed amministrative nonché coinvolgere le istituzioni in campo di sicurezza nazionale. Alcuni continenti come, ad esempio, l’Asia e l’Africa sono più a rischio rispetto ad altri e, spesso, sono state la culla di nuove patologie infettive. Tutte le nazioni hanno un sistema di sanità pubblica che risponde in caso di epidemia ed istituisce delle misure di controllo, prevenzione e risposta. Ogni possibile attacco biologico viene gestito dalle stesse istituzioni che sono coinvolte durante un contagio non intenzionale. Nella fase iniziale può essere molto difficile differenziare i contagi di natura non intenzionale da quelli “intenzionali”, da quelli derivanti da rilascio deliberato di microorganismi nocivi. Vi è sicuramente bisogno, in molte nazioni, di testare e convalidare i propri sistemi di allerta, risposta e difesa e di predisporre una piattaforma di infrastrutture che cooperino in maniera sinergica durante tali evenienze. In alcuni paesi sono stati istituiti dei team di risposta rapida per iniziare celermente le operazioni di contromisure.
Un sistema di allerta globale e di risposta è stato creato dall’OMS nel 2000 (GOARN) per aiutare le nazioni ad una più rapida risposta in caso di contagio. Il GOARN è collegato con più di 130 networks, istituzioni ed esperti internazionali per dare tutto il supporto necessarie alla comunità internazionale ed ai singoli paesi coinvolti. Il Canada ha istituito, ad esempio, il Network Globale di Salute Pubblica e Intelligence GPHIN - Global Public Health Intelligence Network (18), un motore di ricerca che continuamente scandaglia la Rete alla ricerca di referti/relazioni e notizie, anche non verificate. Questo network viene utilizzato dall’OMS, come da tutte le nazioni, per avere informazioni aggiuntive su un evento contagioso o naturale o deliberato che sia. La tecnologia informatica avanzata viene utilizzata con successo per creare networks virtuali di esperti ed istituzioni che possano, a loro volta, raccogliere e consolidare esperienze globali e lotta alle patologie emergenti o poco note. L’acquisizione delle competenze in questa materia così specifica e l’aggiornamento delle competenze professionali sono un processo dinamico ed in continua evoluzione sia per l’evolversi continuo del mondo microbico e del suo relazionarsi con la comunità scientifica sia per la progressione scientifica e tecnologica in atto nel nostra società.
L’applicazione e l’implementazione del Regolamento Internazionale di Salute Pubblica proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (IHR- International Health Regulation) iniziato nel 2005-2006 e rivisto negli anni successivi, faciliterà il contenimento delle malattie infettive e le regolamentazioni internazionali in tale materia. (19, 20).
L’epidemiologia sul campo dei processi formativi deve essere continuamente programmata e predisposta da tutta la comunità internazionale e dalle comunità scientifiche delle varie nazioni a livello locale e transnazionale. È necessario integrare i concetti multi-disciplinari e inter-disciplinari che tengano conto di problematiche di sicurezza nazionale, di sicurezza della Rete stessa prevedendo un coinvolgimento interdisciplinare di tutte le componenti civili e militari, mediante l’utilizzo di risorse istituzionali, centrali e periferiche, anche attingendo ai nuovi strumenti dalla ricerca, dal mondo accademico, da gruppi di studio dedicati a stilare linee guide specifiche e programmi di training, nonché programmi di educazione civico-sanitaria. Cio’ al fine di fornire adeguati mezzi di risposta, efficaci ed in tempo utile, con l’intento di salvaguardare il benessere delle popolazioni colpite.
L’augurio per il futuro è che la gestione dei rischi biologici sia centrata sulla “gestione globale dell’evento”, dal punto di vista organizzativo, di politiche dedicate, di ricerca di fondi che coinvolga tutte le istituzioni a livello nazionale e sopranazionale con un approccio multidisciplinare. È necessario, pertanto, recuperare e sviluppare i concetti di protezione umanitaria e civile, con particolare attenzione ai bisogni psico-sociali delle popolazioni, garantire i diritti umani e le libertà civili, applicare i concetti di neutralità, imparzialità ed indipendenza in nome di un’esigenza etica sempre più crescente nel mondo globalizzato.


Bibliografia

1. Rasko D. A. et al Origins of the E. Coli Strain Causing an Outbreak of Hemolytic–Uremic Syndrome in Germany N Engl J Med;365:709-17, 2011
2. Arnold JL: Disaster Medicine in the 21st Century: Future Hazards, Vulnerablities and Risk. Prehospital and Disaster Medicine, 17 (1) 3-11, 2002
3. Hogan D.E. and Burnstein J.L. Disaster Medicine. Lippincott Williams & Wilkins, 2002.
4. Guidotti M, Ranghieri M: Nanotecnologie e armi di distruzione di massa: una speranza o una minaccia per il futuro? La Chimica e l’Industria. Gen/Feb, 2010.
5. Risk Reduction and Emergency Preparedness. WHO. 2007. sito web www.who.int, accesso Febbraio 2012.
6. Writing Committee of the WHO Consultation for Clinical Aspects of Pandemic (H1N1). Clinical Aspects of Pandemic 2009 Influenza A (H1N1) Virus Infection. N. Engl J Med 362: 1708 - 1719 , 2010.
7. Kolata G. Flu The Story of the Great Influenza Pandemic of 1918 and the search for the Virus that caused it. 1st ed. New York. NY. Farrar, Straus, and Giroux 1999.
8. Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Bioterrorism sito web, http://emergency.cdc.gov/bioterrorism/overview.asp; accesso Febbraio 2012.
9. Ministero della Salute . Sito web, http//: www.salute.gov.it; Febbraio 2012.
10. US Envirnomental Agency Protection: Sito web, http//:www.epa.gov, accesso Febbraio 2012.
11. Organizzazione Mondiale della Sanità –WHO (World Health Organization) Sito web http://www.who.int/emc; accesso Febbraio 2012.
12. S. Plianbangchang Strategies of Prepardnes againts the Threat of Biological Warfare and Bioterorrism in South-East Asia. Asian Biotecnology and Development Review, vol 8, n°1, pp 77-98, 2005, RIS, Research and Information System for Developing Countries, sito web htpp//:www.ris.org.in, accesso Marzo 2012.
13. Stern J. Dreaded Risks and the Control of Biological Weapons International Security, Vol. 27, No. 3, pp. 89–123, 2002/2003;
14. GOARN – Global Outbreak alert and Response Network. Sito web, http://www.who.int/csr/outbreaknetwork/en/, accesso Marzo 2012.
15. The World Health Report. New Health Threats in the 21th Century. Sito web http://www.who.int, accesso Febbraio 2012.
16. Check E. Synthetic biologists try to calm fears, Nature, 441, 338, 2006.
17. National Research Council. Biotechnology in an Age of Terrorism. Whashington D.C. The National Academies Press, pp 34, 2004.
18. Public Health Agency of Canada Global Public Health Intelligence Network GPHIN. Sito web http//:www.publichealth.gc.ca, accesso Febbraio 2012.
19. IHR International Health Regulations (IHR); Sito web http//:www.who.int/entity/ihr/about/en, accesso Febbraio 2012.
20. The world health report 2007 - A safer future: global public health security in the 21st century Sito web http//:www.who.int/entity/ihr/about/en; accesso Febbraio 2012.



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Pandemics and Bioterrorism
Autore:A.Trufanov, A.Rossodivita, M.Guidotti
Editore: IOS Press, 2010



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