GNOSIS 1/2012
LA CULTURA RECENSIONI di Alain CHARBONNIER La memoria del testimone Soldi sporchi nell’economia |
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Non c’è processo che non abbia un testimone, anzi, un “supertestimone”. L’iperbole giornalistica risale alla metà del secolo scorso, all’epoca dello “scandalo Montesi”, dal nome di una ragazza trovata morta sulla spiaggia laziale di Capocotta. Da quella tragedia presero il via un’inchiesta ed un processo che fecero epoca, per i nomi coinvolti, per gli avventurieri implicati, per i politici “bruciati”. Ogni tanto spuntava il personaggio che “sapeva tutto”, che avrebbe fatto “clamorose rivelazioni”, il “supertestimone” appunto. Da allora non avviene processo di una certa rilevanza, un caso clamoroso, senza che questo “deus ex machina” non appaia puntualmente sulla scena. Eppure, quante volte testimoni ritenuti sicuramente attendibili, per aver assistito personalmente al fatto, sono stati messi in difficoltà o, addirittura, distrutti nella loro credibilità da abili avvocati e pubblici ministeri che hanno bene appreso le tecniche della “cross examination”. Decine e decine di fiction televisive e di film americani mostrano come sia complicato affrontare una testimonianza, verificarne l’attendibilità, stimolare i ricordi, collocarli nella giusta dimensione. La scientificità della prova testimoniale è ancora di là da venire, perché è una prova soggettiva, legata alla personalità del testimone, alla sua capacità di memorizzare i particolari, di richiamarli alla memoria e, quindi, di riferire ciò che ha visto, senza elaborazioni successive che risentano di sensazioni indotte. Il compito dell’investigatore, inteso nel senso etimologico come “colui che segue le tracce”, in questi casi è oltremodo complicato e, quasi sempre, legato alla sua esperienza, alla perspicacia personale, alla sua particolare psicologia. L’esame del testimone, e ancor più del “supertestimone”, si trasforma così in una ricerca empirica, nella quale si cimentano i due contendenti del processo: accusa e difesa. A seconda di chi avrà introdotto il testimone, l’esame punterà a esaltarne il valore oppure a sminuirlo o annullarlo. Con “La Memoria del testimone – La tecnica dell’intervista cognitiva per l’adulto e il minore – Aspetti giuridici, teorici e pratici”, pagine 278, FrancoAngeli editore, Milano, collana “Strumenti per il lavoro psico-sociale ed educativo”, il professore e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e criminologico Antonio D’Ambrosio, offre un manuale sulle tecniche di interrogatorio e di valutazione dell'attendibilità della memoria del testimone. Preziosi i contributi del dottor Alfonso D’Avino, del professore Enrico Volpe e della dottoressa Marcella Luna, oltre alla prefazione di Ron Fisher, docente di Psicologia Cognitiva presso la Florida International University, di Miami. L’obiettivo principale delle scienze psicologiche applicate è lo studio della memoria, in particolare la valutazione della sua accuratezza e affidabilità, allo scopo di stabilire l’attendibilità del resoconto testimoniale. In questo quadro, il volume del professore D’Ambrosio offre risposte soprattutto alla domanda-chiave: come interrogare il testimone di un crimine o di un evento traumatico? La testimonianza è essenzialmente un'operazione di recupero d'informazioni. Già il modo di porre le domande in questa fase può influenzare l'attendibilità e l’accuratezza del ricordo. Da qui il rilievo fondamentale della tecnica di raccolta della testimonianza e di ricostruzione del ricordo del soggetto esaminato, liberandolo dalle interferenze indotte, dalle influenze involontarie provocate da altri soggetti o da eventi secondari connessi all’evento principale. L'intervista cognitiva utilizza le teorie della psicologia cognitiva per limitare le interferenze soggettive, ricreando, con varie tecniche, nella mente dell'interrogato il contesto dell'evento traumatico. Il manuale del professore D’Ambrosio tratta le basi giuridiche e procedurali della testimonianza nelle sue varie tipologie; gli aspetti psicologici e neurofunzionali dell'attenzione e della memoria; i fattori che possono influenzare la testimonianza; la tecnica dell'intervista con l’adulto e il minore. Il minore, in particolare, richiede maggiore attenzione, proprio a causa della sua influenzabilità. La testimonianza è, infatti, una ricostruzione della memoria e, come detto, può essere condizionata proprio da errori della memoria, sia dovuti a processi mentali che alle influenze dell’intervistatore, specialmente riguardo alla suggestionabilità come, e soprattutto, nel caso di bambini. Si aggiungono poi l’effetto della disinformazione, i falsi ricordi e la falsa testimonianza (come riconoscerla, secondo le ricerche più recenti). Il libro nasce dall’esperienza di ricerca e di studio di D’Ambrosio presso il Dipartimento di Psicologia cognitiva della Florida International University di Miami, diretto dal professore Ron Fisher, ideatore della procedura. Il manuale si compone di sei parti. Nella prima parte si approfondiscono gli aspetti legislativi e forensi sulla testimonianza, trattati dal dottor Alfonso D’Avino Sostituto Procuratore del Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale Penale di Napoli. Nella seconda parte è illustrata una panoramica sulla neurofisiologia della memoria, affidata al Professore Enrico Volpe, Docente di Neurologia della II Università di Napoli. Nella terza parte, dedicata alla psicologia dell’attenzione e della memoria (la meta-memoria, le varie ipotesi relative alla dimenticanza), si analizzano le teorie cognitive più rilevanti, per comprendere meglio i meccanismi alla base dell’intervista cognitiva. La psicologia forense è oggetto della quarta parte, sottolineando in particolare le problematiche riguardanti: il monitoraggio della fonte, l’informazione errata, la falsa testimonianza (come riconoscerla), la suggestionabilità. Nella quinta parte è descritta, in dettaglio, l’intervista cognitiva (IC), le sue fasi, le ipotesi e l’efficacia. Gli aspetti particolari della memoria del bambino (le teorie dell’oblìo infantile, la falsa testimonianza) sono trattati nella sesta e ultima parte. Viene proposto anche un protocollo specifico per la raccolta della testimonianza nel minore con sospetto di abuso, allo scopo di suggerire una raccolta di informazioni standardizzata, che eviti il rischio di alterare la genuinità del racconto: il Protocollo NICHD (National Institute of Child Health and Human Development). Se la testimonianza racconta fatti, basandosi sulla memoria, l’indagine ricostruisce fatti basandosi sui documenti, cioè su dati certi, oltre che su testimonianze. E i dati sono certi nella misura in cui si riduce lo spazio dell’opinabilità. È il caso dei movimenti di denaro che sono le strade percorse dai capitali sporchi, dai guadagni della criminalità organizzata. "Secondo il Fondo monetario internazionale il riciclaggio muove almeno il 5 per cento del Pil del pianeta. In Italia, Bankitalia ha stimato che le mafie muovano con il denaro sporco almeno il doppio. A conti fatti si tratta di 150 miliardi di euro, come dire 4.750 euro al secondo. Se il riciclaggio fosse una holding, sarebbe la prima azienda italiana. Si tratta di cifre impressionanti capaci di sovvertire le regole del libero mercato, di inquinare l'economia di un Paese e di attentare alla stessa tenuta del sistema. Con questa enorme massa di denaro liquido, le mafie entrano in Borsa, rilevano aziende e si infiltrano nel mondo bancario: giocano la loro partita come un'azienda in salute dentro a un mercato in crisi. Soprattutto in fase di recessione economica, il denaro sporco mostra tutta la sua pericolosità, rischiando di essere l'unico denaro in circolazione per nuovi investimenti e per rilevare aziende in difficoltà". Così rispondeva il Procuratore Antimafia Pietro Grasso a chi gli chiedeva a quanto ammontasse il business dei soldi sporchi. Che le mafie non siano solo quelle che sparano è noto da sempre. Che ci sia un livello in cui i soldi mafiosi si mescolano con i giochi di banchieri e imprenditori è ormai un luogo comune di cui non si coglie la gravità. Ma nessuno, finora, aveva raccontato questo mondo sommerso, nel quale le indagini sono difficili, i processi dall’esito incerto, certe leggi non aiutano e la gente considera questi argomenti distanti dal sentire quotidiano. Ora, però, c’è la possibilità di attingere ad un documento di prima mano, opera di un protagonista della lotta alla mafia e alla criminalità organizzata in genere: Pietro Grasso e Enrico Bellavia: “ Soldi sporchi – Come le mafie riciclano miliardi e inquinano le economie mondiali”, pagine 359, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano. La prima scoperta che emerge dalla lettura di questo libro è che il denaro mafioso non “gronda sangue”. Sono soldi puliti, anonimi, sempre più “invisibili”, come per tutte le speculazioni finanziarie. Rintracciarli è la sfida del Terzo millennio. Il denaro delle mafie si nasconde negli assalti a società quotate in borsa, impingua le tasche di nuovi finanzieri che improvvisamente diventano le star del mercato, sostiene i patrimoni di manager dal volto pulito e dal nome rispettabile. Bankitalia ha lanciato l’allarme indicando la possibilità di ulteriori inquinamenti con l’apertura di nuovi mercati e le ricorrenti crisi economiche. Pietro Grasso ed Enrico Bellavia narrano storie e offrono dati inediti, raccontano le forme e le figure del riciclaggio: dai paradisi fiscali a quelli virtuali, fino ai money transfer, dai banchieri fino ai semplici prestanome. La storia di Grasso è tutta legata all’impegno nel contrasto delle attività mafiose e del crimine organizzato, ne ha seguito l’evoluzione e i cambiamenti degli ultimi trent’anni, fino a quando lasciati il mitra e la lupara (salvo casi estremi) gli “uomini d’onore” si sono fatti strada nei salotti buoni della finanza ed hanno infiltrato l'economia italiana coi proventi dei loro affari. Grasso e Bellavia spiegano che i soldi generati da tutte le attività illegali di per sé sono poco "liquidi". Fino a quando non vengono “lavati” possono essere usati solo all'interno del sistema economico criminale, nell’ambito del quale sono stati raccolti. Per attecchire sui territori, stringere relazioni, ampliare la propria influenza, le organizzazioni mafiose hanno bisogno di “liquidità” pulita, per fare affari nell'economia cosiddetta sana. Un lavoro di avvicinamento durato anni, tanto che oggi si può arrivare a dire che l’infiltrazione criminale si è fatta costume e, soprattutto, le banche non sono riuscite (ma qualcuno afferma che non hanno voluto) a difendersi. In uno dei primi capitoli del libro, Grasso e Bellavia spiegano con un esempio la filiera tipica del riciclaggio e si vede bene quale sia stato, e continui a essere, il ruolo degli istituti di credito in questa circolazione frenetica di denaro. Secondo quanto è descritto in "Soldi sporchi", ci sono interi settori dell'economia che nel tempo hanno assunto un profilo ambiguo, duplice, a cominciare da quello immobiliare, con le mille possibilità di essere infiltrato, tramite il meccanismo degli appalti pilotati. La ristorazione, negli ultimi anni è salita prepotentemente alla ribalta per le possibilità che offre di riciclare ingenti quantitativi di denaro attraverso acquisti, ristrutturazioni e "clienti che possono anche non entrare mai e sedersi a tavola". Qui i numeri di Grasso e Bellavia sono impressionanti: 5.000 locali e 16.000 addetti per un fatturato di oltre un miliardo l'anno. L'arte poi comporta un bassissimo rischio di conseguenze giudiziarie e offre la possibilità di istituire giri di compravendite fittizie che permettano di far lievitare i prezzi delle opere. L'eolico, e le energie rinnovabili in genere, sono il terreno di nuove scorrerie da parte delle organizzazioni criminali. Scrivono Grasso e Bellavia: "poiché sono necessari ingenti capitali per realizzare i parchi eolici, le aziende devono valersi di garanzie bancarie. Il sistema delle garanzie si innesta nel circuito dei finanziamenti pubblici al quale gli interessi criminali guardano con grande attenzione. Compaiono, così, sulla scena imprese assistite da denaro mafioso che, in realtà, godono della fiducia di istituti di credito blasonati e con queste credenziali corrono a fare incetta di pubblici finanziamenti, inserendosi nel giro dell'economia legale, con una quota di profitti rilevantissima e, spesso, senza neppure condurre in porto l'opera per la quale hanno concorso". Grasso non si limita al racconto e all’analisi, ma indica anche la strada da seguire per limitare al massimo la comunione fra economia criminale ed economia legale: nuove leggi antiriciclaggio che sappiano tener conto di quello che è successo negli ultimi anni. Ma anche una nuova capacità di “leggere” correttamente la profonda accelerazione subìta dal cambio culturale che ha visto la criminalità organizzata assumere forme e strutture di aziende dinamiche, velocissime nell'allestire vie sempre nuove per riciclare i propri capitali. |
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