GNOSIS
Rivista italiana
diintelligence
Agenzia Informazioni
e Sicurezza Interna
» ABBONAMENTI

» CONTATTI

» DIREZIONE

» AISI





» INDICE AUTORI

Italiano Tutte le lingue Cerca i titoli o i testi con
GNOSIS 1/2012

LA STORIA
FATTI, ANEDDOTI e LEGGENDE
Partita doppia a Venlo


Alain CHARBONNIER


Foto da http://en.wikipedia.org

Nell’autunno del 1939, subito dopo la liquidazione della Polonia, gli inglesi coltivarono la speranza di fermare Adolf Hitler sostenendo un complotto interno che faceva capo ai militari. Il Secret Intelligence Service finì, però, per ritrovarsi invischiato in un gioco degli inganni condotto dai tedeschi che alimentarono l’idea del complotto antinazista proprio per infiltrare il “servizio” inglese.
Tutta la partita si svolse al confine fra Olanda e Germania e culminò con il rapimento di due agenti inglesi a Venlo. Un rapimento ordinato da Hitler in persona, convinto che gli inglesi fossero i mandanti dell’attentato alla birreria di Monaco, dove aveva parlato fino a pochi minuti prima che la bomba scoppiasse, la notte dell’8 novembre 1939. Passato alla storia come “incidente di Venlo”, il prelevamento dei due agenti britannici ebbe conseguenze gravissime e offrì a Hitler il pretesto giuridico per violare la neutralità olandese, quando decise di attaccare a Occidente.



L’idea di “rimuovere” Adolf Hitler dal vertice del Terzo Reich serpeggiava all’interno della Germania già dal giorno dopo l’ascesa al potere del Nazismo. Erano attive cellule di resistenza di matrice cattolica e comunista, mentre spinte antinaziste emergevano anche nell’alta borghesia, nella nobiltà e perfino nell’esercito. Prima dell’invasione della Cecoslovacchia, i vertici militari tedeschi avevano studiato un colpo di stato affidato al conte Hans-Jurgen von Blumenthal. Prevedeva l’arresto e l’eliminazione di Hitler. Contemporaneamente, reparti militari avrebbero “incapsulato” il partito nazista e le sue formazioni armate.
Il colonnello del controspionaggio Hans Oster, anima della resistenza fra i militari, aveva coinvolto ufficiali superiori come Ludwig Beck, Walther von Brauchitsch, Franz Halder, Erwin von Witzleben, l’ammiraglio Wilhelm Canaris. Ancora Oster ebbe approcci confidenziali con il segretario di Stato Ernst von Weizsäcker, allo scopo di ottenere informazioni riguardo al piano d’invasione della Cecoslovacchia, e con i diplomatici Theodor ed Erich Kordt. Il ruolo di Theodor era considerato molto importante: i suoi contatti con Winston Churchill avrebbero permesso il coinvolgimento della Gran Bretagna nel complotto, evitando l’invasione stessa. Gli accordi di Monaco, però, vanificarono gli sforzi dei cospiratori. Ma non rimasero lettera morta, anzi convinsero gli inglesi che non tutti i tedeschi erano con Hitler.
A Londra prese corpo l’idea di agganciare la resistenza e alimentare il complotto antinazista. Numerosi fuoriusciti tedeschi erano approdati in Gran Bretagna e negli Stati confinanti con la Germania. Nell’autunno del 1939, conclusa la campagna polacca, era evidente che l’attenzione di Hitler si sarebbe rivolta a Occidente. Il Secret Intelligence Service (SIS) decise, per questo di attivare il capitano Sigismund Payne Best e il Maggiore Richard H. Stevens, distaccati presso l’ambasciata inglese all’Aja, con l’incarico di scoprire se in Germania esistesse un gruppo di opposizione credibile.
Operando nell’ambiente dei fuoriusciti, Payne Best e Stevens entrarono in contatto con Franz Fischer, un rifugiato politico che da qualche tempo viveva nei Paesi Bassi e forniva informazioni a Londra. In realtà, il transfuga era un agente segreto tedesco, coperto dalla sigla F479.
Nel corso di alcuni colloqui, i due britannici si convinsero che Fischer era collegato con un forte gruppo di opposizione che agiva all’interno della Wehrmacht. Cominciò, così, una doppia partita. Una la giocavano gli inglesi che puntavano ad alimentare una rivolta di palazzo per spodestare Hitler. L’altra la giocavano i Nazisti, ed esattamente il RSHA, (Reichssicherheitshaupamt – Ufficio centrale di sicurezza del Reich) diretto da Reinhard Heydrich, deciso a infiltrare e manipolare l’Intelligence Service. Un piano in parte già riuscito, perché Fischer aveva carpito la fiducia degli inglesi al punto che i suoi rapporti erano trasmessi direttamente a Londra, alimentando un flusso di informazioni manipolate a tutto vantaggio dei tedeschi.
Al confine fra Olanda e Germania, nella zona di Arnhem, nome destinato a portare sfortuna agli Alleati, la partita doppia e delicatissima, con F479 nel ruolo del jolly, era inevitabilmente destinata a raggiungere il punto critico in tempi relativamente brevi. Il momento del “rien ne va plus” arrivò nella prima settimana di novembre, quando Payne Best e Stevens sollecitarono un contatto diretto con i più alti esponenti del gruppo antinazista in seno ai militari.
A quel punto, Berlino doveva decidere fino a che punto seguitare a giocare la partita degli inganni. Heydrich, d’accordo con Heinrich Himmler, il potente capo delle SS, convocò uno dei più attivi organizzatori del servizio di sicurezza e spionaggio nazista: Walter Schellenberg. Nel suo libro di memorie racconta che Heydrich gli fece questo discorso: “Intratteniamo rapporti diretti e interessantissimi con il servizio segreto britannico e, fornendo loro materiale falso, abbiamo potuto insinuarci nella loro organizzazione. Ora siamo arrivati al punto in cui bisogna decidere se continuare in questo gioco redditizio ma pericoloso o interromperlo, accontentandoci di ciò che sappiamo. Penso che lei sia l’uomo adatto per occuparsi di questo problema e voglio che esamini subito e studi con cura i documenti relativi. Quando si sarà fatta un’opinione esatta, verrà a riferirmi”.
Schellenberg lesse i documenti, parlò con i “supervisori” di Fischer e decise che valeva la pena continuare nella delicata operazione, essendo probabilmente maggiori i vantaggi che la Germania poteva trarne, rispetto ai rischi. Anzi, decise di gestire in prima persona il contatto con gli inglesi, presentandosi come il capitano Schaemmel, del Servizio Trasporti del Comando Supremo della Wehrmacht. Un’identità mutuata da un ufficiale realmente esistente, con quell’incarico, inviato in una lunga missione d’ispezione nelle zone orientali. Se gli inglesi avessero controllato, si sarebbero imbattuti in uno Schaemmel effettivamente in servizio al Dipartimento Trasporti.
Schellenberg si preparò con cura all’incontro. Imparò ogni particolare della falsa cospirazione: i nomi, i presumibili rapporti intercorsi fra le diverse persone. Inoltre, tutto quello che era possibile sapere sui due agenti britannici. Infine vita, morte e miracoli del capitano Schaemmel, i suoi modi, il suo aspetto. Comprò anche un monocolo, perché lo portava l’ufficiale del quale aveva preso l’identità.
Il 20 Ottobre un messaggio fissava l’incontro fra Schaemmel, Payne Best e Stevens per il giorno dopo a Zutphen, in Olanda. Secondo quanto racconta ancora Schellenberg l’incontro creò immediatamente una corrente di simpatia con Payne Best, un po’ perché entrambi usavano il monocolo, un po’ perché condividevano l’interesse per la musica. Ad Arnhem avvenne l’incontro vero e proprio fra il falso Schaemmel, Stevens e un altro ufficiale, presentatosi come tenente Coppens. Schellenberg raccontò che a capo del gruppo di opposizione c’era un generale del quale non era autorizzato a fare ancora il nome, l’obiettivo era abbattere Hitler e instaurare un nuovo regime. I cospiratori, però, volevano sapere se la Gran Bretagna sarebbe stata favorevole a un governo controllato dall’esercito e ad accettare un accordo segreto che avrebbe, quindi, portato al trattato di pace.
Agli inglesi stava a cuore, soprattutto, di non allargare il conflitto all’Occidente e, quindi, il rovesciamento di Hitler sarebbe stato accolto con il massimo favore. Ma al successivo incontro avrebbe dovuto partecipare o il generale a capo del complotto o un altro generale con opportune credenziali. Data dell’incontro il 30 Ottobre, all’Aja, negli uffici dell’Intelligence Service.
Il fatto curioso è che, in realtà, l’RSHA non era al corrente del vero complotto contro Hitler né dei nomi dei cospiratori e, quindi, doveva immaginare e rendere credibile il tutto. La posta in gioco era così alta che il “via” da Berlino arrivò in brevissimo tempo. Schellenberg coinvolse nell’inganno anche un illustre psichiatra, il professore Max De Crinis, dell’università di Berlino e primario all’ospedale La Charité. Doveva farsi passare per il braccio destro del capo del complotto.
L’appuntamento era fissato ad Arnhem, ma un incidente, o forse uno stratagemma degli inglesi per controllare i loro interlocutori, rischiò di rovinare l’intera operazione. Schellenberg, De Crinis e il loro autista furono fermati dai poliziotti olandesi che li condussero nei loro uffici, controllarono i documenti, perquisirono auto e bagagli e li trattennero per oltre due ore. Tutto era in ordine, salvo una confezione di compresse di aspirina tipica dell’esercito tedesco, ma con aggiunto il marchio: “SS Sanitaethauptamt” (Ufficio medico centrale delle SS), saltata fuori dall’astuccio da toeletta dell’autista. Se scoperta, avrebbe provocato i sospetti degli olandesi e, quel che era peggio, degli inglesi. Schellenberg racconta che riuscì a ingoiarla con carta e tutto senza che nessuno lo vedesse.
Dopo oltre due ore, il tenente Coppens li fece rilasciare, mostrando credenziali che convinsero i poliziotti. Payne Best e Stevens spiegarono che si era trattato di un errore, dovuto a una loro svista. Ma la spiegazione convinse poco Schellenberg. In ogni caso il controllo, vero o pilotato che fosse, aveva rafforzato la sua credibilità. L’incontro dell’Aja condusse addirittura a preliminari di soluzioni politiche a largo raggio: fine dell’occupazione della Polonia, dell’Austria e della Cecoslovacchia, possibilità se non di un ritorno, quantomeno di un accesso alle colonie ex tedesche, soprattutto la rinuncia della Germania alla sua politica economica e il ritorno allo standard aureo. Un promemoria inviato subito a Londra ricevette l’ok preliminare del Foreign Office. Ma Stevens fece anche sapere ai falsi congiurati che la Gran Bretagna si sarebbe battuta con determinazione fino alla fine e, in caso di invasione, avrebbe continuato la guerra dall’estero. Era un messaggio anche quello, per contribuire a cancellare eventuali dubbi dell’ultimo momento dalla mente dei congiurati. Gli inglesi consegnarono a Schellenberg una ricetrasmittente e una sigla di chiamata, O-N-4, per i futuri contatti.
Se gli incontri con gli inglesi apparivano molto promettenti, nelle alte sfere di Berlino serpeggiavano i dubbi. Soprattutto Hitler, con la sua diabolica intuizione, era molto titubante. Il 6 novembre Schellenberg non aveva ancora ricevuto istruzioni, nonostante le sollecitazioni inglesi. Il 7 decise di fare di testa sua ed ebbe un incontro con Payne Best e Stevens appena oltre il confine.
Preso dal gioco, l’agente tedesco arrivò a proporre che il capo del complotto antinazista andasse a Londra per trattare direttamente con gli inglesi. Ma Hitler era sempre più restio e riteneva che il gioco fosse andato già troppo oltre. Schellenberg ebbe ancora un incontro velocissimo con gli inglesi e fissò l’appuntamento per il giorno dopo con tappa all’aeroporto di Schipol e trasferimento via aerea a Londra. La notte fra l’8 e il 9 novembre una bomba collocata in un pilastro dal falegname Georg Elser esplose a Monaco, nella Burgerbraukeller, poco dopo il discorso di Hitler per commemorare il fallito putsch del 1923. Il Furher era già in viaggio con i suoi maggiori collaboratori e la notizia dell’attentato lo raggiunse in treno. Fra uno scoppio d’ira e propositi di vendetta, Hitler affermò che l’attentato era stato ispirato dagli inglesi e quindi Schellenberg doveva rapire Payne Best e Stevens e trasferirli in Germania, dove sicuramente avrebbero confessato l’attentato. L’ordine raggiunse Schellenberg in piena notte a Düsseldorf e sul momento lo gettò nel panico. Appena si riebbe dallo sbigottimento, mise in piedi un piano molto pericoloso, perché era possibile l’uso delle armi e non era prevedibile come sarebbe andata a finire. In caso di fallimento, poi, avrebbe messo la Germania in una difficilissima posizione. Un reparto scelto di SS, dodici uomini in tutto, fu incaricato del rapimento.
Poco dopo le 13, Schellenberg e il suo autista attraversarono ancora una volta il confine e andarono ad aspettare i due agenti inglesi al solito caffè.
Trascorsero quasi due ore prima che l’automobile con i due inglesi arrivasse in vista del caffè. Schellenberg e il suo autista andarono incontro ai loro bersagli che si erano infilati in un posteggio sul retro del caffè. Subito sentirono il rombo della macchina delle SS agli ordini di Alfred Naujocks che, infrante le sbarre di confine della parte tedesca, aveva dato il via a una confusa sparatoria che aveva disorientato le guardie olandesi.
Il primo a reagire fu il tenente Coppens: cercò di sparare a Schellenberg, ma fu costretto a ingaggiare un duello a colpi di pistola con un ufficiale delle SS che lo ferì gravemente. Payne Best, Stevenson e il loro autista, Jan Lemmens, furono afferrati di peso, messi sulla macchina tedesca e portati oltre il confine. Seguiti da Schellenberg e dai suoi uomini. A Dusseldorf il comandante delle SS riferì che era stato rapito anche Coppens, benché gravemente ferito. Dall’esame dei suoi documenti, risultò essere in realtà un ufficiale olandese, Dirk Klop. Morì in ospedale e la salma fu restituita all’Olanda qualche tempo dopo. Lemmens, l’autista di Payne Best, anch’egli olandese, fu rilasciato nel 1940. Payne Best e Stevens rimasero prigionieri fino alla fine della guerra. Elser, l’attentatore di Monaco, fu ucciso nel campo di Dachau nell’aprile del 1945. Sebbene il mancato assassino stesse agendo da solo, la Gestapo trovò comodo dare soddisfazione a Hitler, implicando i due agenti britannici nell’attentato, senza tuttavia esibire una prova.
L’incidente di Venlo ebbe conseguenze gravissime. A Londra, la scomparsa dei due agenti chiave dell’Europa Occidentale fu un colpo durissimo per la MI-6. La rete di spionaggio di Stevens era un canale fondamentale per accedere ai segreti nazisti e adesso, privata del proprio capo, era destinata a crollare e scomparire in brevissimo tempo. Al momento della cattura Stevens aveva con sé la lista degli agenti operativi in Germania, e dopo un ulteriore interrogatorio a Düsseldorf, la Gestapo iniziò ad arrestare diversi agenti inglesi, in particolare quelli attivi in Cecoslovacchia; oltre ciò ottenne informazioni circa l’organizzazione interna del SIS e una lista di agenti che dovevano essere arrestati dopo l’invasione dell’Inghilterra. L’incidente rese notevolmente sospettosi gli inglesi circa la reale presenza di formazioni di resistenza al regime nazista. Dal canto suo, Hitler usò questo pretesto per denunciare la complicità olandese con gli agenti inglesi nell’attentato contro la sua persona. Era la giustificazione legale per violare la neutralità dell’Olanda. In Germania il risultato più vistoso del ratto di Venlo, oltre alla promozione di Schellenberg, fu la crescita a dismisura del prestigio del Sichereit Dienst che, da quel momento, non trovò più ostacoli sul suo cammino.



Per approfondimenti l'autore suggerisce...

The Venlo incident
Autore: S. Payne Best
Editore: Hutchinson
Le memorie di Schellenberg
Autore: W. Schellenberg
Editore: Longanesi, 1960



© AGENZIA INFORMAZIONI E SICUREZZA INTERNA