GNOSIS 3/2011
La caduta dei regimi post moderni Violenza rivoluzionaria e delegittimazione del potere |
Marco GIACONI |
In un video del febbraio 2008 (1) , la TV iraniana mostra i cartoons di una ipotetica riunione, alla Casa Bianca, tra Gene Sharp, il teorico della nonviolent revolution, George Soros e John McCain che organizzano la rivoluzione a Teheran. Di Soros sappiamo molto, soprattutto per le attività del suo Open Society Institute (2) e le sue teorie economiche, in contrasto con l’eccesso di finanziarizzazione dell’Occidente, che ipotizzano la creazione di un nuovo mercato globale il quale possa consentire flussi universali di beni e servizi, in un contesto di democratizzazione mondiale (3) . L’Iran, come il jihad “della spada” e alcuni Paesi emergenti, vogliono il contrario: la fine dell’età del Dollaro come lender of last resort e la regionalizzazione degli USA, ridotti a potenza regionale in un contesto fortemente multipolare. Basti pensare, in questo senso, alla “Borsa del Petrolio” iraniana dell’Isola di Kish, che tratta il barile in Euro e altre divise non legate al Dollaro (4) . John MacCain era il candidato alla Presidenza USA più incline, secondo la propaganda iraniana, a consentire azioni militari americane e/o NATO sul territorio della repubblica sciita. Ma chi è Gene Sharp? Il teorico della “rivoluzione non violenta”, i cui testi sono stati alla base delle azioni in Serbia, quando i ragazzi di OTPOR organizzarono le loro azioni di massa contro il regime di Milosevic (5) , e nelle varie colour e velvet revolutions che hanno avuto luogo in tutti quei paesi-cuscinetto tra aree geopolitiche in concorrenza: Ucraina, Georgia, Filippine, Panama e, per alcuni versi, anche in Germania Orientale e nella Cina della rivolta di Piazza Tienanmen. Per Sharp (6) i fondamenti del potere sono sostanzialmente cinque: a) l’autorità politica; b) le Risorse Umane, ovvero coloro che collaborano attivamente con il regime; c) la Conoscenza e le Capacità specifiche detenute dai membri delle Risorse Umane del regime; d) le Risorse Materiali, ovvero il controllo del regime sulle risorse scarse e le tecniche che il potere usa per distribuirle al popolo e ai suoi sostenitori; e) i Fattori Intangibili, ovvero le credenze, i valori, lo stile di pensiero che modella la legittimità e la capacità di un regime politico ad esercitare il suo potere. A queste forme naturali del potere politico, si aggiunge la sanzione, ovvero la punizione inflitta ad un soggetto o ad un gruppo non cooperativi che sfidano il “tiranno”. La rivoluzione tradizionale, violenza contro violenza, rende facile la repressione al regime, dato che esso, per usare la vecchia formula di Max Weber, “detiene il monopolio della forza legittima”. Nei modelli bolscevichi o fascisti, la rivoluzione è dialettica e duale, secondo il modello hegeliano rielaborato da Marx o dal particolare marxismo di Giovanni Gentile (7) . Ed è, tecnicamente, un colpo di Stato, una azione breve e violenta che invia al potere una nuova élite uguale e contraria a quella distrutta (8) . Per Pareto, le élites e la loro circolazione incessante sono un fatto naturale in ogni società (9) . In ogni caso, le masse rimangono estranee e del tutto strumentali all’azione rivoluzionaria. Ma è appunto la legittimità weberiana il punto di rottura dell’analisi di Sharp per l’analista statunitense. Se, per un determinato periodo di tempo, la legittimità di un tiranno viene messa in dubbio o apertamente osteggiata, il suo regime si indebolisce in modo irreparabile. Non è detto: l’esperienza della Libia di Muammar Gheddafi, per esempio, dimostra ancora oggi che un leader può perdere parte del sostegno popolare, ma mantenere, proprio con le sue ingenti risorse, una quota non trascurabile di militanti. È una massa di distribuzione, che si sostiene poiché il Capo ha riserve di denaro e di beni da consegnare ai suoi sudditi, comprandoli (10) . Né è prevedibile un limite soggettivo del Tiranno all’uso della violenza contro il suo popolo, come dimostra la Siria attuale di Bashar el Assad (11) o le azioni contro animisti e cristiani nel Sudan di Omar al Bashir (12) . Un tiranno può arrivare fino al limite massimo di repressione per far sopravvivere la “quantità minima” di popolazione che permette al suo apparato economico e militare di funzionare. Nel rapporto tra il Tiranno (13) e il suo popolo, l’utilità massima della quantità di popolazione è contrastata dall’aumento di spese per la repressione o per il mantenimento, fatti salvi gli aiuti internazionali, della popolazione eccedente la quota dei suoi retribuiti sostenitori. Inoltre, la dialettica non è quella duale, ipotizzata da Sharp, tra Tiranno e Democrazia. Ogni leader politico autoritario gestisce una fascia di sostenitori, di dirigenti, di burocrati che non sono irrilevanti, ma essenziali per il suo potere (14) . Si pensi, in questo senso, alla “Rivoluzione dei Gelsomini” in Tunisia: Ben Alì è caduto perché si è trovato sostanzialmente contro le Forze armate, ed ha curato una classe dirigente fatta di suoi familiari il clan Traboulsi (15) e, soprattutto, ha di fatto sostituito la sua tradizionale base di consenso tra il ceto medio tunisino con la rete delle aziende partecipate da stranieri e addette all’export (16) . Una classe dirigente disinteressata al mantenimento della famiglia Alì-Traboulsi. Per l’Egitto di Hosni Mubarak la “rivoluzione del 25 gennaio 2011” è stata la verifica che il “re è nudo”, visto che le Forze armate erano ormai fuori controllo da parte del Regime e che il Partito Nazionale Democratico di regime non aveva più controllo sulla società civile, organizzata da rappresentanze islamiste tra i nuovi ceti medi proletarizzati e dalle varie reti della Fratellanza Musulmana, che ha pure fondato, con dei suoi ex dirigenti, un suo partito democratico dove possono militare anche i cristiani copti (17) . Quindi la dialettica della politica postmoderna non è quella tra masse “democratiche” e “tiranni”, ma tra organizzazioni stabili e intermedie che mobilitano, acquisiscono o perdono il sostegno della popolazione, rendendo “nudo” il re o modificando la sua agenda politica (18) . Diversamente da quello che sostiene Sharp, il dittatore non tende sempre ad eliminare i corpi intermedi, ma desidera soprattutto controllarli ed usarli come inevitabile copertura del suo potere, anche per deviare la rabbia popolare su qualcuno, al momento giusto. Ritornando alle tecniche di Gene Sharp, l’analista USA ritiene che le tecniche di resistenza nonviolenta di massa funzionino nella misura in cui cambiano la “situazione del conflitto” e costringono il potere ad agire in modo diverso dal solito. La nonviolent action trasforma, per usare i termini della psicologia della Gestalt, la forma e lo sfondo della comunicazione politica verticale (19) e permette la “copertura del segnale” emesso dal regime, o la sua contraddittorietà. È come la genesi della nevrosi secondo gli psicologi di Palo Alto: un comando simultaneo e contradditorio che induce nel ricevente la nevrosi (20) . Sempre secondo la tecnologia della rivolta di Sharp, i passaggi sono: 1) la conversione dei membri del regime; 2) la mediazione (accomodation); 3) la coercizione non violenta, quando ormai il potere non è più nelle mani del Tiranno; 4) la disintegrazione del sistema politico autoritario. Una fenomenologia che presuppone che: a) la conversione sia legata alle idee e non alla distribuzione dei beni da parte del Tiranno, o alla sua capacità di ricatto; b) che esista la possibilità da parte del regime di non “vedere” l’accomodation come una tecnica di massificazione della protesta, il che spesso non è, poiché i regimi sono meno ingenui di quanto non si creda e conoscono anch’essi le tecniche di dezinformatsjia o le operazioni asimmetriche della “guerra politica”; c) che l’aumento della massa degli oppositori porti automaticamente alla “copertura del segnale” emesso dal Tiranno o che questa separazione tra massa e potere porti automaticamente alla disruptiondella tirannia. Sono ipotesi che funzionano per le società già democratiche e pluraliste, ma possono non funzionare per i regimi autoritari e che non possiedono la cultura politica e identitaria diffusa in Occidente. La questione è religiosa: per il Cristianesimo, la separazione tra Dio e Cesare è radicale e originaria (21) e Cristo scaccia i mercanti dal Tempio (22) sulla base della separazione tra la “casa della preghiera” (e del pane, Bethelem) e quella della pratica economica. Sulla base della Salvezza soggettiva, e della “autonomia del politico” definita dal Vangelo, il patto sociale è creato tra singoli che concedono una parte del loro potere al Sovrano, perché ne faccia buon uso e li protegga dal “male visibile”, mentre quello inavvertito appartiene alla pratica della Imitatio Christi. Il contratto sociale, nella sua versione negromantica per Hobbes (23) e ingenua per Rousseau, è il meccanismo per cui i soggetti reali, oggettivi detentori della sovranità naturale nella loro comunità, cedono il loro potere, per delega, al sovrano, che lo usa, secondo il dettame di Sant’Agostino, per il bene di tutti. Per l’Inviato di Allah, la questione è radicalmente diversa. La sovranità sulla terra appartiene solo ad Allah, che la concede solo ai suoi Inviati, muniti di segnali evidenti (24) e come temporanei ammonitori della ummah. Il velayat-e-faqih, il “governo del giurisperito” dell’Islam sciita iraniano di Khomeini si giustifica perché il Dodicesimo Imam, il Mahdi, non è ancora arrivato, ma è presente, vivo (25) e nascosto, e il potere dei “turbanti” lo sostituisce temporaneamente (26) . Ovvero, mentre la “società civile”, nelle culture politiche occidentali, ha una sua specifica autonomia, nell’universo islamico è derivata dalla teologia dell’Unico e delle sue apparizioni successive. Muhammad crea la sua religione sovrapponendo tradizioni meccane, medinesi, accettando i rituali dell’era politeista in funzione del comando politico, che egli acquisisce sostenendo i riti e le attività lucrose delle tribù dei mercanti (27) e promettendo il bottino infinito del jihad (28) . Quindi, non esiste autonomia del politico nell’Islam, anche laicizzato, e quindi la democrazia parlamentare, sia essa “guidata” da Raìs autocratici o da capi religiosi, è destinata nell’universo islamico a seguire le linee e le direttive della legge coranica (29) . Per approfondimenti l'autore suggerisce...
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(1) V. il video al link http://www.youtube.com/watch?v=lL9MaZQORfI
(2) V. il sito della struttura di Soros al link http://www.soros.org/ (3) V. il testo di G. Soros, The Age of Fallibility, Consequences of the war on Terror, New York, Perseus Books, 2006 e il recente The New Paradigm for Financial markets: the Credit Crisis of 2008, New York, Persues Books, 2008. (4) V., per la Borsa di Kish, http://kish.ir/DesktopModules/News/NewsView.aspx?TabID=1&Site=DouranPortal&Lang=en-US&ItemID=2407&mid=13946&wVersion=Staging (5) Sul nesso tra le teorie di Sharp e OTPOR, v. http://nonviolentaction.net/?p=70 (6) V. il testo di G. Sharp, From Dictatorship to Democracy, Albert Einstein Institute, scaricabile al link http://www.aeinstein.org/organizations/org/FDTD.pdf. In edizione italiana: Come Abbattere un Regime, Manuale di Liberazione nonviolenta, Milano, Chiarelettere, 2011. (7) V. per la struttura delle rivoluzioni del XX secolo, V.I. Lenin, Che fare? Milano, La Città del Sole, 2002 e per Gentile, Genesi e Struttura della società, Firenze, Sansoni, 1946. Per il teorico fascista il comunismo era “un corporativismo impaziente”. (8) Per l’analisi delle rivoluzioni come “colpi di Stato”, tra fascismo, bolscevismo e “golpe” di Stalin contro Trotzky, v. C. Malaparte, Tecnica del Colpo di Stato, Milano, Mondadori, 2002. (9) V. V. Pareto, Trattato di Sociologia Generale, Firenze, Barbera, 1916. (10) V. per le “masse di distribuzione” Elias Canetti, Massa e Potere, Milano, Adelphi, 1981. (11) V. R. Rotberg, Assessing Repression in Sirya, Belfer Center , Harvard University, 2008. (12) V. S. Totten, An oral and Documentary History of the Darfur genocide, Santa Barbara, ABC CLIO, 2011. (13) È bene ricordare come, secondo Alberto Savinio, il Tyrannòs era, nella pòlis greca originaria, il “guardiano dei formaggi”, ovvero il detentore unico delle risorse per la sopravvivenza comune. Il rapporto tra potere e vita dei sudditi è analizzato anche da E. Canetti, Potere e Sopravvivenza, Milano, Adelphi, 1974. (14) V. per la classe dirigente autoritaria R. McCarthy, Dictatorship, a primary source analysis, New York, Rosen Books, 2005. (15) V. il video di TJ TF1 al link http://www.wat.tv/video/tunisie-rien-39-echappait-3an3r_2i6xp_.html (16) V. A. Ahmed and H. Donnan, (eds.) Islam, Globalization, and Postmodernity, London, Routledge, 1994. Per il regime di Ben Alì e la sua struttura interna, v. Oxford Business Group, Report Tunisia 2010, Oxford 2010. (17) Si tratta del Wasat (il Centro) il cui sito ufficiale è al link http://www.alwasatparty.com/ (18) Su Mubarak e il suo “sistema”, v. F. Miller, A. Vandome, J. McBrewster, Hosni Mubarak, VDM Publishing House, Saarbrueken, 2009. (19) V. J. LeRider, Modernity and crises of Identity, New York, Continuum Books, 1993. (20) V. sulla “double bind theory” il testo di Van Alan Piercy, Double Bind Theory the Subject and Ideology, Berkeley, University of California, 1988. (21) V. Matteo, 22, 21; Marco 12, 17; Luca 20, 25, e in quelli non sinottici di Tommaso (100, 2-3) e in quello “Egerton” -3, 1-6. (22) V. Giovanni 2, 13-21. (23) È Carl Schmitt a supporre un sapere “nero” in Thomas Hobbes, v. C. Schmitt, Der Leviathan in der Staatslehre des Thomas Hobbes, Hamburg, UniversitaetsRePrint, 1938, 1966 e si ricordi che, nel commento alle Scritture di San Gerolamo, Behemot e Leviathan sono immagini del maligno che mette alla prova Giobbe. (24) Ammonisci dunque tu, che non sei altro che un ammonitore, e non hai alcuna autorità su di loro, Sura 88, Al- Gashijya, “L’Avvolgente”, vv. n. 21-22. (25) Sulla teologia politica dell’Ultimo Imam, v. http://www.al-islam.org/masoom/bios/12thimam.html (26) V. sul velayat-e-faqih v. H. Dabashi, Theology of Discontent, the Ideological Foundation of the Islamic Revolution in Iran, Brunswick, Transaction Publishers, 2006. Per la definizione di “turbanti”, v. A. Negri, Il Turbante e la Corona, Napoli, Tropea, 2009. (27) V. sulla elaborazione del sistema coranico, C. Snouck Hurgronje, Il Pellegrinaggio alla Mecca, Torino, Einaudi 1989. (28) “dì: il bottino appartiene ad Allah e al suo Messaggero”, vv. 1-2, Sura 8 “Al ‘Anfal”, il bottino. (29) Nel Wasat, il partito formato in Egitto da ex dirigenti della Fratellanza Musulmana, vi è una forte separazione tra “Islam come civilizzazione” (che è un obiettivo universale) e “Islam come religione”, che è un obiettivo dei soli credenti. V. a questo proposito Y. Takayuki, Democratization and Islamic Politics, A study on the Wasat Party in Egypt, “Kyoto Bulletin of Islamic Area Studies”, 1-2, 2007. |