GNOSIS 3/2011
LA CULTURA 'STUDI' DI INTELLIGENCE Improving United Nations Intelligence Lessons from the Field |
Nicola Pedde |
GCSP Geneva Centre for Security Policy
Lessons from the Field Ha un approccio insolito e particolare questo breve ma interessante paper di ricerca realizzato da Melanie Ramjoué del Geneva Centre for Security Policy. Il tema principale verte sulla capacità delle Nazioni Unite di gestire una autonoma funzione di intelligence, soprattutto a supporto delle delicate missioni di peacekeeping condotte, e sulla posizione degli Stati membri nel sostenere e, eventualmente, ampliare tale capacità. Un tema assai delicato, e quanto mai attuale, quello delle Nazioni Unite di potersi dotare di capacità atte a raccogliere ed elaborare informazioni utili alla pianificazione ed alla condotta delle proprie operazioni operative. L'incremento nell'ultimo decennio delle attività dell'ONU in aree di crisi, ed il contestuale aumento delle unità militari - e non - impegnate ad assolvere i compiti di sempre più delicate missioni, ha imposto per i comandi operativi la necessità di sviluppare e gestire una propria autonoma capacità di intelligence. Questa esigenza, peraltro, è condivisa anche sul piano strategico dai vertici dell'ONU, al fine di poter pianificare, organizzare e gestire le attività operative dei comandi sul campo in modo efficace e sicuro. Al contrario, tuttavia, i governi degli Stati membri sono sempre stati assai freddi sulla necessità e sulla possibilità di concedere all'ONU una propria specifica prerogativa in materia di intelligence, ritendo preferibile il diretto apporto delle singole agenzie nazionali di volta in volta coinvolte nelle operazioni. Questa strategia, però, ha penalizzato la capacità informativa delle missioni di più lunga durata, a maggiore alternanza di contingenti e, soprattutto ,quelle dove hanno partecipato Stati membri con strutture proprie di intelligence non in grado di svolgere i propri compiti nelle aree di missione. Questi fattori, quindi, hanno imposto la necessità di dotare le Nazioni Unite di una propria autonoma capacità di intelligence, che nel 2005 è stata attribuita al Joint Mission Analysis Centre (JMAC), una struttura multidisciplinare dell'Organizzazione il cui compito prioritario è quello di produrre analisi integrate e ad ampio spettro per i vertici dell'ONU e per i comandanti delle missioni operative sul campo. La struttura del JMAC è composta da personale civile e militare, da delegati dei corpi di polizia dei singoli Stati membri, e risponde ad un vertice civile espressione dell'Organizzazione. Lo staff produce analisi, rapporti e studi particolareggiati ad uso delle missioni, alimentando al contempo un flusso informativo dai teatri operativi ad uso degli analisti e degli specialisti di settore. Si tratta, quindi, di una struttura con una propria capacità di raccolta delle informazioni sul terreno, sebbene il più delle volte attraverso strutture o personale non proprio, e con una sempre maggiore capacità di analisi interna. Lo scopo primario delle attività del JMAC è quello di contribuire al regolare svolgimento delle missioni dell'Organizzazione fornendo, al contempo, ogni utile informazione per la protezione del personale civile e militare e per favorire lo svolgimento delle attività di CiMiC, di valenza strategica per il successo delle missioni. Secondo l'autrice del rapporto, la collaborazione tra personale civile e militare di diverse agenzie ed enti ha costituito la chiave del successo del JMAC, che in soli sei anni ha saputo acquisire un ruolo di primaria importanza. In particolar modo, oltre alla multidisciplinarietà, il successo del JMAC deriva da una chiara attribuzione di mandato e dall'assegnazione di risorse adeguate allo scopo. Combinazione di elementi che ha permesso un costante incremento qualitativo della struttura, ed una sua sempre più estesa capacità d'azione geografica. Il JMAC dipende formalmente dallo UN Department of Peacekeeping Operations (DPKO), che nel 2005 - e poi con una revisione nel 2010 - ne ha così definito il mandato: "Il JMAC realizza prodotti analitici integrati, fornendo ai Capi Missione e ai Gruppi di Comando delle Missioni una incisiva capacità di comprensione dei principali fattori e dei più significativi trend in atto, le loro implicazioni ed i potenziali sviluppi, così come le valutazioni su argomenti trasversali e sulle minacce che possono interessare lo svolgimento del mandato di missione". Questo significa, per il JMAC, lo specifico compito di produrre analisi integrate ad uso delle missioni, con una prospettiva multipla sui fattori politici, sociali, della sicurezza ed umanitari. Provvedendo autonomamente alla raccolta delle informazioni, sul terreno e non, e adottando una propria indipendente ed autonoma strategia di classificazione, analisi e valutazione delle informazioni e delle fonti. L'autrice, tracciando un bilancio dei primi sei anni di operazioni del JMAC, formula, in conclusione, quattro raccomandazioni. La prima concerne la necessità per gli Stati membri di continuare a sostenere l'azione indipendente del JMAC, anche attraverso il contributo alla professionalizzazione del suo staff o all'interazione tra Agenzie per lo scambio di esperienze e tecniche. La seconda, dato lo straordinario successo riscontrato, concerne la necessità di difendere e rafforzare la multidisciplinarietà della struttura, dove la collaborazione tra personale civile e militare ha generato uno straordinario risultato operativo. La terza, come derivazione della seconda, concerne la possibilità di sperimentare il modello del JMAC a livello NATO o dell'Unione Europea, in ogni ambito in cui coesistano finalità civili e militari nelle missioni in atto. Il quarto, ed ultimo punto, verte sulla necessità per gli Stati membri di accettare l'apparente ossimoro di Nazioni Unite ed attività di intelligence, laddove ancora si possano riscontrare delle resistenze, data la straordinaria capacità dimostrata dal JMAC di svolgere il compito assegnato e di contribuire concretamente alla protezione delle missioni ed al conseguimento delle finalità del mandato.
| |